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Riapre il MoMa a New York..


Guest DESMO16

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Guest DESMO16
New York – Quando Picasso e Van Gogh decretavano il termometro della modernità. Quando le “Demoiselles d’Avignon” e “La notte stellata” erano celebrità assolute e imprescindibili, tali da far percepire tangibilmente la “modernità” del Museo d’Arte Moderna di New York. Ma era solo un’effimera illusione, figlia di un attaccamento troppo emotivo alla storia dell’arte. Certo il MoMa, o semplicemente “Modern” come lo chiamano i newyorkesi, rimane il museo di Picasso e Van Gogh, ma si può permettere il lusso di non dare prerogative individuali, e di giocare con una super-squadra di artisti. Perché il MoMa, di fatto, è il museo di Monet e di Matisse, di Cézanne e di Braque, di Mondrian e Mirò, di Boccioni e Malevic, di Pollock e Newmann, di Warhol e Rothko…Ed ora, alla sua riapertura, dopo quattro anni di lavori di ristrutturazione e ampliamento, che hanno fatto raddoppiare la sua superficie (fino a 65mila metriquadrati), dopo due anni di esilio nel quartiere del Queens, ospite di un capannone industriale, e una parziale tournée in Europa, dopo un concorso internazionale per il progetto architettonico aggiudicatosi sette anni fa dal giapponese Yoshio Taniguchi, con un costo dei lavori pari a 858 milioni di dollari (di cui 65 sono denaro pubblico, 500 frutto di donazioni private con circa 7 milioni per singolo donatore, e 300 come bond gestito dalla Goldman Sachs), ora, il suo direttore Glenn Lowry si può permettere di rimischiare le carte.

Magari cambiando il quadro che un tempo apriva il percorso della collezione, sostituendo “Il bagnante” di Paul Cézanne” con “Il ritratto di Felix Fénéon” di Paul Signac, perché, rappresentando un collezionista e critico d’arte, rivela il debutto del nuovo corso dell’arte moderna di natura politico-sociale ed economica; ancora, vendendo un Picasso, un Braque, un Matisse o un de Chirico, a fronte degli altri diciassette che il museo possiede, per poi ricomprare, per esempio, un monumentale trittico di Francis Bacon, l’ultimo lavoro prima di morire nel 1992, il “Monumental Diver” insieme ad una “Flag” di Jasper Jones, o le “Great Cardboxes” di Donald Judd, o la “Donna incinta”, una scultura di Picasso.

Il MoMa riapre, dunque, il fatidico sabato 20 novembre, con la filosofia del rinnovamento a più livelli, con una nuova concezione dell’involucro architettonico, con una visione multiverso degli spazi espositivi, con una collezione sempre straordinaria che vuole riscrivere la storia dell’arte moderna, con l’ambizione di trascendere il concetto stesso di modernità dell’arte, dopo oltre 75 anni di vita istituzionale, e di varcare la soglia dell’attualissima contemporaneità. Nessuna sequenza cronologica, nessuna evoluzione lineare a scandire movimenti o scuole, ma giochi di affinità elettive, di riflessi e scatole cinesi, di accessi multipli e letture in competizione. Un esempio, subito sopra l’ingresso, il primo accordo rivoluzionario tra la gigantesca scultura di Barnett Newmann l’”Obelisco Rotto” e le “Ninfee” di Monet. Per usare lo slogan promozionale dell’evento che ha tappezzato la città, con la riapertura del nuovo MoMa “New York is modern again”, truly modern.

Trasformato, concettualmente, spiritualmente oltre che fisicamente, è l’edificio del MoMa, una sorta di piccola “grande mela”, di micro-città, di microcosmo, di “Manhattan in miniatura” per dirla col suo architetto Taniguchi, che ha creato un monumento della stratificazione. Occupa oramai un intero blocco urbano, definito dalla 5th e la 6th Avenue, la 53rd (dove c’è l’ingresso al MoMa store) e la 54th Street (dove si apre l’ingresso vero e proprio). E’ un grande sfoggio di architettura minimalista e zen, lineare per blocchi rigorosamente geometrici, privo di sezioni curve, dove l’angolo retto è il leit motif dell’intera struttura, e dove il vetro diventa il tessuto connettivo dell’intero corpo. E’ una presenza che si fa sentire, che pulsa nella parte più centrale della città, nel cuore della midtown.

Gli spazi crescono, si moltiplicano per gemmazione continua, fluttuano e si incastrano secondo una logica personalizzata. Luce, soprattutto naturale, e purezza formale segnano il bioritmo di questo posto, che si sviluppa per gigantismo e misticismo. Un’architettura che non pecca d’esuberanza, che non ruba la scena alle opere d’arte, ma cerca un’osmosi con esse, che vive per assecondare la loro grandezza e il loro prestigio. Il piano terra è attraversato da un atrio che si affaccia sul giardino delle sculture, dove spicca “La capra” di Picasso, che, come sottolinea lo stesso architetto, diventa il Central Park del museo, ma il sesto piano, con il suo monumentale open space, destinato agli eventi speciali, evoca da vicino l’idea del loft stile “Village”.

Poi, su, sempre più in alto, in questa salita vertiginosa di capolavori, su percorsi di scale che sembrano un ammiccamento al visionario Piranesi, al secondo livello con le opere di più trascendentale contemporaneità, da Andreas Gursky a Jeff Koons, da Bruce Nauman a Rachel Whiteread, fino alla sezione dedicata ai new media, alle stampe e le grafiche; e, ancora, al terzo piano sfilano la raccolta dei disegni, quella dedicata all’architettura e al design, lo stesso design che il MoMa lanciò come forma d’arte negli anni Cinquanta, compresa la fotografia, tra quarto e quinto livello, la pirotecnica raccolta di dipinti e sculture.

Non solo. Anche tre mostre accompagneranno la riapertura del MoMa, studiate ad hoc per raccontare il nuovo corso del museo. Un ovvio omaggio a Yoshio Taniguchi, che nel ’97 ha vinto con il MoMa, la sua prima competizione ad invito e la sua prima commissione internazionale, e ai suoi nove musei (aperta fino al 31 gennaio 2005), perché questo 67enne signore del sol levante, cha ha studiato alla Graduate School of Design di Harvard, in realtà, è chiamato “l’architetto dei musei”, avendone realizzati, in venti anni, già nove, tutti esclusivamente nel suo paese, luoghi espositivi fatti di pura geometria, nobili materiali, raffinate evoluzioni costruttive, ma sempre in stretta sinergia con l’ambiente. In scena, modellini in scala che ripropongono canoni estetici e funzionalità pubblica dal Shiseido Museum of Art del ’78 alla “Centennial Hall” parte del National Museum di Kyoto che si concluderà nel 2007.

Singolare, poi, l’intervento dell’americano Marc Dion, 43enne, che compie un’operazione “nostalgia” di spirito archeologico: dall’ottobre del 2000, quando di fatto sono iniziati i lavori di ampliamento, intaccando l’ Abby Aldrich Rockefeller Sculpture Garden per l’ampliamento, Dion ha cominciato a recuperare dagli scavi, artefatti storici appartenenti agli edifici acquistati dal MoMa nel ’96 e poi abbattuti per i lavori di ampliamento, come il Dorset Hotel. Ecco camini e cornicioni, carte da parati e ceramiche, frammenti di architettura e di design. Infine, la registrazione della crescita e dello sviluppo fino al suo completamento, del New MoMa, attraverso gli scatti in bianco e nero del tedesco Michael Wesely, immagini trasfigurate dalla tecnica della lunghissima esposizione della pellicola, aperture dell’obiettivo di oltre un mese, tipica per riprendere i movimenti delle stelle, e che qui immortala una “modernità” in fieri, un cantiere in progress, un’evoluzione quasi biologica, una massa che gradualmente prende forma vitale, una creatura che cresce nella città. Insomma, a sette anni dal concorso, a quattro dall’inizio dei lavori, che hanno superato anche la tragedia dell’11 settembre, non senza strascichi di polemiche ancora accese, il MoMa riapre, fregiandosi di un altro appellativo “il museo più caro del mondo”, per il suo nuovo ingresso a 20 dollari. Cifra nient’affatto sproporzionata, replica il direttore Lowry, rispetto a quello che offre.

Notizie – “MoMA Reopening”, The Museum of Modern Art riapre a Midtown Manhattan il 20 novembre. 11 West 53 Street, New York.

Orari: per il 20 novembre, giorno d’inaugurazione, l’ingresso è libero, dalle 10 alle 22 (ultima entrata alle 21); dal 21 novembre, da sabato a giovedì, 10:30-17:30, venerdì 10:30-20, martedì chiuso. Chiuso per le feste del Giorno del Ringraziamento e di Natale; venerdì 24 dicembre e venerdì 31 dicembre aperto fino alle 17:30.

Ingresso: interno £20 (include le gallerie del museo e la programmazione dei film), oltre i 65 anni £16, studenti £12, ragazzi under 16 gratis.

..1/2 italiano, vista la presenza di art. italiani ... :wink:

www.moma.org

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