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All'epoca dell'uscita della Sierra avevo appena sei anni. Eppure, proprio quelle forme cosi diverse e anticonvenzionali rispetto a quello che si vedeva per le strade a quei tempi, me la facevano apparire modernissima; e quelle linee morbide e tondeggianti, con la calandra liscia, mi piacevano molto. Paradossalmente la seconda serie, che pure non era certamente brutta, mi colpì di meno. La trovavo più normale per la sua epoca.
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La minuscola scritta su due righe che segue la dicitura "FIAT 132" penso che si riferisca a qualcosa di ben più raro di una semplice 132 2000. Ma mi è impossibile decifrarla.
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Comunque quella Sierra è tre volte rara: intanto perchè in giro non ne vedo più da una vita; station wagon poi non ne parliamo! E poi perchè un duemila a benzina non credo fosse così diffusa nemmeno ai tempi.
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I fari me li immaginavo messi molto peggio; in fin dei conti, stando a quello che si vede in foto, sembra appena iniziato il processo di opacizzazione. Io ne vedo circolare in condizioni assurde, tipo le Mercedes A prima serie o le Hyundai Atos, ma anche Renault Clio come la tua. Roba che di trasparente non c'è praticamente più nulla, le parabole all'interno non si vedono più e il colore del faro è ormai virato sul giallognolo. Nei casi più avanzati la superficie di quello che era il trasparente appare addirittura spelacchiata. Hai considerato la possibilità di farli rigenerare? Credo che un buon carrozziere, con i prodotti specifici per la rigenerazione dei trasparenti, te li rimetta a nuovo. E risparmieresti un gruzzoletto di €.
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Mmmm...? A parte il discorso delle frecce ci sono tante cose che non mi quadrano, sai? La più palese è l'incernieratura delle portiere anteriori: come si evince dalle altre due che hai postato dovrebbero essere controvento, lì invece sono incernierate davanti. Non mi torna il paraurti, che nell'esemplare da te fotografato è molto più recente (peraltro ha una bella botta). Non mi torna la terza luce laterale: a quei tempi il montante posteriore era pieno. Anche questo ben evidenziato sulle altre due foto che hai postato. Anche la posizione degli specchi, tra l'altro due, sulle portiere non convince, ma questo potrebbe essere un fatto marginale anch'esso dovuto magari a qualche adeguamento di norme, chissà. Manca la modanatura di alluminio che corre al centro del cofano, ma anche questo potrebbe essere relativo. Ci sono infine le coppette cromate sui cerchi che di certo non esistevano sugli esemplari più vecchi, e non escluderei che fossero diversi anche i cerchi. Conclusione: non è che si tratti di una ben più recente 2CV 6, diciamo così, "antichizzata"?
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Hai ragione, non avevo fatto caso al fatto che lì è in Svizzera. Ad ogni modo di 2CV con le frecce in quella posizione io non ne ricordo...?
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Quelle frecce sui parafanghi hanno tutta l'aria di adeguamento alle nuove norme del codice della strada del '59. E' quindi presumibile che l'auto sia databile verso la metà degli anni '50 o poco più.
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Ragazzi, qualcuno se le ricorda le trasformazioni su base maggiolino/one da utilitaria plebea a finto-blasonata? Non so se il periodo fosse "ottantesco" o "settantesco", però da bambino qualcuna in giro la vedevo...? Non so chi fosse l'azienda che produceva il kit di trasformazione, fatto sta che il cofano allungato col Partenone e tanto di statuina (non sarebbe una violazione del copyright? ...?); i parafanghi allargati e allungati con doppi fari circolari e le altrettante modifiche di allungamento dei parafanghi e del cofano posteriori, facevano della VW una sorta di piccola Silver Cloud. I pezzi che sostituivano gli originali credo fossero ovviamente in materiale plastico ad eccezione dei paraurti.
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Sarebbe interessante sapere sui libretti di circolazione pre-'59 che cosa fosse riportato alla voce "numero posti totali ammessi"; e se dopo il '59 si sia reso necessario aggiornare i libretti di quelle auto che non rispondevano più ai requisiti per il trasporto del terzo passeggero davanti o siano rimasti invariati.
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In realtà il punto di riferimento vero era la "S", rispetto alla quale, a livello di allestimento, offre qualcosa in meno ma anche qualcosa in più. Rispetto alla base invece si differenzia nettamente. In più della base la CS offre specchi con regolazione interna, con snodo a soffietto; orologio al quarzo; tergilavalunotto; copricerchi integrali; gomme maggiorate; poggiatesta sellati; pannelleria porte e fianchetti laterali posteriori integrali, cioè senza lamiera a vista; poggiabraccia anteriori di dimensioni maggiori; poggiabraccia posteriori integrati; posacenere su ciascun lato; accendisigari; vano portaoggetti sul tunnel centrale; vano portaoggetti in plancia dotato di sportello, impugnatura sterzo e pomello cambio di dimensioni maggiori, per quello che mi ricordo. Non so la "S" specificamente se avesse qualche dotazione in più della "CS", ma di certo non ha le gomme maggiorate e i copricerchi integrali. Una differenza tra la CS e, credo, entrambi gli allestimenti italiani sta nel rivestimento del sottotetto, che sulla CS è in vinile traforato, una soluzione robusta ma un po' vecchia a vedersi, mutuata dalla 127 e altre auto del periodo, mentre sulle Uno italiane era in materiale termoformato. Questo faceva sì che fossero diverse anche le plafoniere interne: uguale a quella della 127, posta davanti allo specchietto retrovisore, di dimensioni piccole e non molto luminosa; di dimensioni più generose e più luminosa, posta al centro del sottotetto sulle Uno italiane. Sono d'accordo. Indipendentemente dal fatto che si sia rivelata o meno una strategia di successo, l'idea era furba: invece di proporre come low cost un modello completamente diverso dalla best seller del momento, la Uno CS ne ricalcava quasi completamente le sembianze tanto da poter essere considerata dall'acquirente medio una Uno a tutti gli effetti. L'intenzione era probabilmente quella di proporre un mezzo più a buon mercato, tecnicamente più vetusto, ma che tuttavia non apparisse esteticamente e funzionalmente più modesta rispetto all'utilitaria di riferimento. Ecco ancora qualche foto della mia: la vista anteriore, dove si dovrebbe intravedere il taglio particolare del cofano (come Duna e Fiorino) Qui invece una panoramica del vano motore con la specifica disposizione della ruota di scorta.
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Non conosco le cifre esatte, ma nel 1988, quando la CS arrivò in Italia, costava sensibilmente meno della sua corrispondente 60 S 3 porte e poco più di una 45, rispetto alla quale però vanta un allestimento superiore. Il rovescio della medaglia è un progetto complessivamente più datato, una meccanica meno raffinata, consumi un po' elevati, reperibilità di alcuni ricambi specifici talvolta difficoltosa. Però è più robusta; è una costruzione differente, fatta per strade difficili e impieghi più gravosi e si vede. Praticamente è un mulo. Esattamente. Il cofano è del tipo "a coperchio", sotto il quale trova posto sul lato sinistro la ruota di scorta che sulle Uno italiane si trova nel vano bagagli. L'assetto è più alto in virtù di sospensioni dall'escursione più ampia e di pneumatici più grandi. Dietro c'è il vecchio sistema a balestra trasversale invece del ponte. Un'altra differenza è il bocchettone del carburante posto sul lato sinistro invece che destro, che dà accesso ad un serbatoio molto più capace della Uno Italiana: 55 litri contro 40.
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Questa è la mia: è una brasiliana, quindi meccanicamente e strutturalmente c'entra poco con quelle fin qui citate. Ma le considerazioni sugli interni (cruscotto, plancia, comandi, spaziosità), sulla versatilità di utilizzo e quant'altro, sono equivalenti e mi trovano sostanzialmente d'accordo.
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Questa più che altro mi sembra un condizionatore: la metti in un ambiente chiuso, punti il telecomando, si aprono le alette ed esce l'aria fresca...? Questa ha uno sguardo alieno. Che venga da galassie sconosciute?
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Oddio ragazzi, il kit della Ritmo l'avevo rimosso (non è difficile capire il perchè), ma a rivederlo mi si è subito riaccesa la lampadina! ? Credo di averne visti più d'uno quand'ero bambino. Ciò che non ricordavo affatto è che il cofano motore perdeva gli incavi dei fari anteriori diventando tutto liscio, mica roba da niente trattandosi di un lamierato. Mi domando se fosse un lamierato da sostituire ex-novo oppure era un cofano in materiale plastico, tipo vetroresina o materiali simili. E quanto cavolo costasse il tutto...?
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Esatto, eccola qua. Bella, veramente bella. Di aspetto non troppo vetusto ma ancora più che mai uguale a se stessa. Era sempre lei, ma coi nuovi paraurti avvolgenti, nuovi specchi e tante piccole migliorie estetiche, nonchè importanti aggiornamenti meccanici a cui facevi riferimento, si inseriva ancora a meraviglia nella sua epoca. Questa mi fa sangue non poco.
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Per carità, gran macchina. Però stilisticamente stava un po' annacquandosi, allontanandosi da quei caratteri originari scolpiti nella roccia. Ad esempio, i fari più annegati nei parafanghi e più inclinati non mi entusiasmavano. La rossa, non per il colore ma come serie, resta "La Porsche", quella per antonomasia, quella che mi viene alla mente in automatico, per associazione mnemonica quando penso alla 911. C'era comunque una serie di mezzo tra le due in esame: aveva gruppi ottici inseriti nei paraurti, come questa. Ma manteneva ancora parafanghi/fari delle serie precedenti.
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E' una '89, quindi una delle ultime prime serie. Credo che sia tutto giusto così com'è.
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Lessi anche io questo particolare sul volume Lancia di "Passione Auto", la collana di Quattroruote dedicata a svariate case costruttrici. Però lì è riportato che la 1300 non si chiamasse Beta, ma solo coupè, fin dall'esordio del '76, cioè nel corso della seconda serie che era uscita l'anno prima. In effetti questa scelta stupì anche me: a tal proposito lessi da qualche altra parte, ma non ricordo bene dove, che la scelta sarebbe stata fatta per rimarcare le distanze tra la versione d'attacco 1300, più economica e abbordabile se così si può dire, e il resto della gamma, per non contaminarne l'immagine di maggior pregio. Scelta che in ogni caso trovo opinabile perchè è un po' come averla fatta e poi rinnegata, quasi come se ce ne si vergognasse.
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Ah ecco, era Auto Oggi. Nei miei ricordi nebulosi ero convinto che si trattasse di Quattroruote e che fossero partiti dalla sede di Rozzano. Invece era dal Brennero: praticamente dalla cima alla punta con un pieno! Quindi balle non ne raccontava la casa sui consumi.
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Forse era un'altra prova. Il test che fecero per rilevare l'autonomia con un pieno credo che riguardasse la sola TDi.d.
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Quattroruote la provò. Ora non ricordo il mese e l'anno di quel fascicolo, ma la provò. Sarà stato l''89 o giù di lì. Vado a tentoni con i ricordi, ma mi pare che si trattasse di testare con il pieno di gasolio (70 litri) quanti km effettivi la macchina riuscisse a percorrere mantenendo una guida normale e nei limiti del codice. Partirono dalla sede di Quattroruote in direzione sud, e arrivarono a Reggio Calabria (circa 1300 km). Quel test dovrebbe stare anche qui da qualche parte su AP, perchè a suo tempo mi pare che lo pubblicò @PaoloGTC.
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Ne hai beccata una su tre: CX e Gamma non avevano il portellone ?
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Non male; tutto sommato direi interessante. Il posteriore ha un che di Fulvia Sport Zagato.
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Non saprei. Posso solo confermare, con rammarico, che era assai trascurata e dall'aspetto stanco. Sembrava fosse in uso quotidiano senza nessun riguardo. E un oggetto del genere oggi non lo meriterebbe affatto.
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La permanenza forzata in casa mi permette di avere il tempo stasera di mostrarvi un po' di materiale che giaceva in attesa dall'inizio dell'anno. Alfa Romeo 146 Junior, del marzo '98 Audi 80 1.8 S, dell'agosto '87 Audi A4 1.8, del gennaio '98 FIAT 128 Sport L 1100, del novembre '73 FIAT Tipo 1.4, del dicembre '94 FIAT coupè 20v turbo, del febbraio '97 Ford Puma, del febbraio '99 Lancia Prisma 1.5, del giugno '89 Lancia Delta 1.8, del settembre '93 Lancia k 2.0, del febbraio '99 Opel Astra 1.4, del settembre '98 Renault Twingo, dell'aprile '00 Volkswagen Golf cabriolet, del giugno '96