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Probabilmente non ci capiamo, spero di essere più chiaro: La tua classificazione, secondo il tuo modo di percepire quei determinati modelli, è un conto. E a me, tutto sommato potrebbe anche trovarmi parzialmente d'accordo. Ma, francamente, che quella o quell'altra automobile fosse di seg. C piuttosto che D, perchè io o tu abbiamo stabilito che sta meglio di qua piuttosto che là, non mi interessa. Quando parlerò di queste automobili ne parlerò come auto di seg. C oppure D o altro ancora secondo quelli che all'epoca erano i posizionamenti ufficiali di mercato che le case davano e che ho sempre conosciuto da letture decennali di riviste del settore. La Mègane Classic, tanto per dire, era giustamente una seg. C perchè era "solo" una Mègane a 3 volumi. La Marea, già nella scelta del nome, nonchè alcune differenze estetiche nel frontale (fari, maschera, paraurti ecc.) sottintendeva una chiarissima volontà di FIAT di spingere più in alto la sedan rispetto alla Brava. E detto per inciso, Marea non si percepiva affatto come una mera Brava a 3 volumi come invece era per la Mègane Classic. Capitolo motori: la soglia di accesso di Marea era l'1,6 litri e non l'1,4 (poi diventata 1.2) di Brava, a maggior conferma del fatto che FIAT aveva l'esigenza di diversificare i segmenti. Mègane Classic replicava fedelmente la gamma motori della 5 porte, a dimostrazione del fatto che non c'era nessuna intenzione (e nessuna necessità) di collocare la Classic più in alto, che di fatto non lo era. Marea inoltre aveva in gamma anche motorizzazioni 5L da 2 litri 147/154 cv e un 5L da 2,4 litri turbodiesel 124/131 cv che non erano esattamente motorizzazioni da seg. C e nel contempo non mi pare figurassero nella gamma Mègane, dove non avrebbero avuto ragione di esistere. Poi, per ciascuno di noi, può essere vero tutto e il contrario di tutto e potremmo discuterne da qui all'infinito. Io mi attengo alle classificazioni ufficiali e STOP.
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Può darsi, anche se non mi convince molto la tua tesi. In ogni caso, quali che fossero le intenzioni di FIAT, il posizionamento di mercato di riferimento quello era. Quattroruote, all'epoca autorevole rivista di settore, nella classifica di vendite per segmento le collocava tutte nel D, proprio insieme a tutte quelle che hai citato. Forse addirittura anche le Jetta/Vento/Bora e poi di nuovo Jetta, ma non vorrei ricordare male.
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Sicuramente di derivazione. Ma Regata, Tempra e Marea in gamma FIAT si collocavano un gradino sopra A Ritmo, Tipo e Bravo/a, quelle sì, segmento C per definizione.
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Non sempre era una questione di sole lampadine e plastiche colorate in maniera differente. In alcuni casi, come sulla Y10 e sulla Uno ad esempio, non era la lampadina a essere colorata, che era quella bianca tradizionale, ma era la plastica bianca ad essere dotata all'interno di un bulbo arancio, una specie di calottina, che andava a coprire la lampadina. Quindi erano dotate di un pezzo in più che le plastiche arancio non avevano. Per questo, forse, è probabile che costassero qualcosa in più.
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Concordo pienamente. Mai avuta la fissa delle frecce bianche in luogo delle arancioni, tanto più se queste ultime sono montate in origine. Ricordo che per anni amici e colleghi mi rompevano le pelotas affinchè cambiassi le frecce arancio della mia Uno con le bianche, cosa che non ho mai voluto fare. Anche a seguito di rotture da urti, che nel corso degli anni mi sono capitate più volte, sempre sostituite con le arancio. E più di una volta i ricambisti si stupivano che non le cambiassi con le bianche, come se fosse ovvio che una volta trovandosi a cambiarle, le si cambiasse con le bianche. Boh... La Delta per tutto il decennio le ha sempre avute arancio, anche se erano forse meno evidenti perchè le ottiche erano inglobate sotto il vetro del faro che, da certe angolazioni e in certe condizioni di luce, un po' dissimulava il colore. Anche Delta fu convertita al bianco con l'ultimo restyling, del '91. Anche io. Che poi quelle della Regata erano le stesse che montava anche la Ritmo coeva.
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Dalla Regata Weekend in poi la ribaltina è stata sempre una caratteristica peculiare delle familiari di segmento D di FIAT.
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Negli ultimi tempi noto anche io un'impennata di immatricolazioni Ucraine in giro, non solo di auto popolari. Un mesetto fa, nel parcheggio del Penny di Casavatore, non lontano da casa mia, c'era una Mercedes CLS, i cui occupanti, una giovane coppia dai caratteri somatici tipicamente dell'Est, sembravano appena arrivati e un po' spaesati. La scorsa settimana, sull'Asse Mediano, ho superato un Volkswagen Transporter stracarico; anche qui occupanti palesemente stranieri. Solo per citare gli ultimi due. Molti si rifugiano presso congiunti che lavorano e risiedono qui; altri trovano sistemazione presso qualche famiglia generosa che offre loro ospitalità. I bambini ospitati hanno anche concluso l'anno scolastico presso gli istituti del mio comune. Ci fu anche una cerimonia di accoglienza organizzata dal Municipio.
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Tempo fa lessi da qualche parte che il motivo sarebbe stato proprio quello, una sorta di scelta cautelativa. E considerando che quel nome andò effettivamente sul portellone dell'auto e ci rimase fino al lancio della Panda '86, e che non ci furono altri modelli FIAT interessati da questo stratagemma, tutto lascia pensare che non si trattasse di una mera operazione di marketing, ma che temessero realmente la possibilità di fastidi legali. A scanso di equivoci, alla bisogna, se qualcuno avesse contestato qualcosa sul nome Panda, FIAT avrebbe potuto obiettare che il vero nome dell'auto non era Panda ma FiatPanda.
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Forse la Junior, se non ricordo male...
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Il '79 probabilmente è l'anno in cui fu siglato l'accordo con FIAT-IVECO. Ma In realtà Alfa Romeo aveva già siglato molto prima, a metà anni '60, l'accordo con SAVIEM per la produzione su licenza dei commerciali francesi, a partire dal '67, presso la ARPOMI, successivamente ribattezzata ARVECO, di Pomigliano d'Arco. Quanto alle forniture statali, le FF.O. non erano certo l'unico ente; tutti gli enti militari e civili dello stato venivano dotati di una quota: FF.AA., VF, CRI, ENEL, ANAS, SIP, ACI, PT, RAI ecc.. In ogni caso le immatricolazioni statali non potevano di certo bastare a coprire gli investimenti se non fossero state sostenute dalle vendite ai privati, anche se non raggiunsero mai grandi numeri.
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Ti dirò: quasi quasi mi sorprende di più vedere un 900 in condizioni ancora più che dignitose, per di più in versione furgone, che un "bulli", per quanto tirato a lustro. Quest'ultimo è ormai vive una sorta di mitizzazione dal punto di vista storico/collezionistico, al punto da diventare un piccolo fenomeno di moda. Non è affatto raro anche qui dalle mie parti vederne di restaurati di tutto punto da parte di agenzie pubblicitarie; autonoleggi per cerimonie; attività commerciali per finalità pubblicitarie. E infatti, da quanto sembra dalla foto, mi pare sia proprio il caso di quel Bulli. Il 900 invece, e tanto più i suoi predecessori 850, possono ritenersi quasi completamente spariti, salvo qualche sempre più rara eccezione. Qui da me, l'ultimo 900 E furgone in circolazione lo vedevo fino a poco tempo fa; era l'unico superstite ancora rimasto di una colonia un tempo foltissima; era di colore beige, targato Brescia. Ma è da un po' che non lo vedo più. A parte gli scudetti sul muso, le scritte e pochissimi dettagli estetici esterni ed interni, non credo ci fosse altro. I lamierati e la componentistica erano gli stessi; i motori erano i medesimi SOFIM montati sulle corrispondenti versioni FIAT e IVECO. Lo stesso valeva anche per i derivati francesi di SAVIEM, i quali, a parte le scritte e le sigle di riconoscimento dell'Alfa Romeo, non avevano nemmeno lo scudetto sul muso a caratterizzarne un po' di più l'aspetto.
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Alfa Romeo ha sempre avuto la divisione veicoli commerciali e anche industriali fin dal 1914. In tempi più recenti, il commerciale più noto della casa è stato senza dubbio il Romeo degli anni '50 che, con le varie serie e aggiornamenti ricevuti nel corso degli anni, arrivò fino ai primi anni '80. Poi vi furono dei semplici rimarchiamenti di automezzi di altre case prodotti su licenza, come i francesi SAVIEM degli anni '60 e '70 e successivamente FIAT e IVECO negli anni '80 che furono gli ultimi mezzi con lo scudetto sul muso. L'AR6 era su base FIAT Ducato I serie e fu in effetti l'ultimo commerciale del Biscione ad essere venduto, credo fino agli albori degli anni '90. L'AR8 era invece su base IVECO Daily I serie; le vendite cessarono qualche anno prima, mi pare agli inizi del 1988.
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Credo che abbiamo fatto tutti un po' di confusione riguardo alla cugina inglese dell'Opel Kadett III serie: non è la Viva ma la Chevette. Eccola in versione due volumi... Qui invece una tre volumi a due porte... La tre volumi a quattro porte... ...e la familiare. A parte i lamierati del frontale, tutte le varianti di carrozzeria erano di derivazione Opel. (Fonte: Wikipedia)
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Me ne ricordo qualcuna in circolazione, sia a due volumi che a tre volumi, di Vauxhall Viva su base Kadett III serie. Avevano dei musi più aerodinamici e con fari rettangolari incassati; dietro il vano targa era occupato da una fascia, e la targa era sotto il paraurti. Tutto sommato le trovavo gradevoli e più originali delle Opel da cui derivavano; avevano un che di esotico nel loro aspetto, ma furono delle vere e proprie mosche bianche.
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Beh, non direi tanto, sai... Dipende da che concezione si ha della storica: se ci si accontenta di un buon esemplare, senza andare troppo per il sottile, è un conto; se la si vuole come Dio comanda ne è un altro. Io l'ho sempre pensata così: se storica dev'essere deve essere ORIGINALE, per cui anche una maniglia, che su quella versione originale non è, è una discrepanza che a me, e a tanti appassionati del dettaglio come me, sicuramente fa storcere il naso.
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Infatti, completamente originale non lo è. L'apertura del cofano motore a maniglia non era prevista sulla "L", che era invece dotata di apertura a pulsante. Posso solo dirti che è allestito con un modulo di soccorso antincendio della Fulmix, ditta specializzata in questo tipo di allestimenti. Il mezzo non ho idea di che modello sia e chi lo produca, ma si direbbe uno di quei piccoli costruttori semisconosciuti che producono automezzi di dimensioni compatte, per usi specifici, da usarsi in luoghi e condizioni di utilizzo angusti.
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Sì, lo era. Panca unica e leva cambio al volante.
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Secondo me anche la 405 resta ancora bella da vedere tutt'oggi. Coniugava alla perfezione la classicità di una berlina a tre volumi con uno stile fresco e dinamico.
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La coupè da 150.000 € cos'ha... Gli interni sono in pelle umana?
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Inoltre, il passaggio da "4WD" a "integrale" portava in dote degli accessori che diventavano di serie, se non ricordo male, come i fendinebbia e i tergilavafari. Oltre, ovviamente, alle nuove scritte identificative "integrale" anteriore, posteriore e sulle minigonne.
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Mancano anche i fendinebbia e l'impianto lavafari, che sull'integrale era equipaggiamento standard, per quanto ne so... Permettimi, ma non vedo nulla di diverso da una normalissima 1.5. Magari l'unica incongruenza sta proprio in quella scritta integrale sulla mascherina.
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Una integrale coi lattoni e i copricerchi da supermercato, e con la scritta posteriore "Prisma 1.5"...
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Dici? Era invece un'automobile dalle caratteristiche, estetiche, dinamiche, di abitabilità (omologata per 4) e quant'altro prettamente da coupè. Impossibile solo lontanamente pensare di collocarla nel segmento C, come concorrente di Tipo, Golf, Kadett, Escort et similia. Semplicemente, non aveva senso immaginarle come concorrenti. Tieni presente che la 480 nasceva per raccogliere il testimone della vecchia P1800, che tu stesso annoveri come coupè, giustamente.
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Anche la Uno D, il cui allestimento grosso modo corrispondeva a una 45 base. Mio zio ne ebbe una del gennaio '84 ed era priva sia dello specchietto destro che del tergilunotto.