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AndreaB

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  1. Ayrton Senna

    Ayrton Senna da Silva nasce il 21 Marzo 1960, secondogenito di Milton da Silva, proprietario terriero e uomo d’affari.

    Suo padre, grande appassionato di gare motoristiche, nota che Ayrton è molto attratto dalle macchine e, al quarto compleanno del figlio, gli regala un kart.

    E’ uno studente svogliato ma, per non perdere il suo privilegio di guidare, si impegna come meglio può, anche se il suo cuore è altrove. All’età di otto anni guida già la macchina del padre e guarda all’Europa e le imprese di Jim Clark e Jackie Stewart sono la sua ispirazione. In questo periodo il primo grande pilota brasiliano, Emerson Fittipaldi, inizia a farsi un nome con la Lotus di Colin Chapman. Al suo decimo compleanno suo padre gli regala un vero kart da competizione.

    Dato che al tempo l’età minima per correre con il kart in Brasile è di tredici anni, Ayrton si accontenta di fare pratica sul locale circuito per kart di Parco Anhembi. Nel 1972 il Brasile ha il suo primo Campione del Mondo, Emerson Fittipaldi, e l’anno successivo il suo primo Gran Premio a Interlagos, poco fuori San Paolo. La gara viene vinta dal neo Campione del Mondo ed è festa per tutto il Brasile. In mezzo a tutta questa eccitazione c’era un ragazzo che sogna di diventare non un nuovo Fittipaldi o Jackie Stewart ma il migliore di sempre. Quando finalmente compie 13 anni comincia a correre legalmente. La sua prima gara è nello stesso anno nella pista di kart che fa parte del complesso di Interlagos. Nella gara ci sono tutti i piloti locali più in gamba, tra cui Maurizio Sala. Ayrton mostra subito tutta l’energia repressa che si porta dentro da quando ha cominciato a guidare e vince la gara. Nel 1977 Ayrton vince il Campionato Kart Sudamericano e si ripete l’anno successivo. L’obiettivo di tutti i piloti di kart è l’Europa ed il Campionato del Mondo a Le Mans, ed è lì che Ayrton va l’anno successivo. Contro molti avversari fortissimi, Ayrton riesce ad arrivare sesto assoluto e la cosa viene considerata un’impresa sensazionale per un pilota della sua esperienza, ma egli torna scontento in Brasile per non aver vinto nessuna delle tre gare che componevano le finali. Nel 1979 torna in Europa per un’altra stagione e finisce secondo nel Campionato del Mondo all’Estoril. L’anno successivo a Nivelles in Belgio arriva nuovamente secondo. Sempre in Inghilterra, nel 1981, corre in Formula Ford 1600cc nel team Van Diemen di Ralph Firman. Sposato con Liliane Vasconcelos, va ad abitare in un appartamento in affitto vicino a Snetterton e si adatta velocemente alle macchine 1600cc. Le gare si svolgono ogni fine settimana ed a Brands Hatch Ayrton debutta arrivando ottavo. Una settimana dopo, a Thruxton, arriva terzo. Quell’anno ci sono tre campionati paralleli e lui partecipa a due di questi e torna presto a Brands Hatch. Van Diemen nota il potenziale nel suo giovane pilota e gli assegna una nuova vettura con la quale arriva puntuale la prima pole.

    Questo primo anno in Inghilterra lo vede vincere entrambi i campionati nei quali corre. Ayrton si trova ora ad un bivio nella sua vita dal momento che per correre ha bisogno di nuovi sponsor. Il problema è complesso dal momento che le sponsorizzazioni dal suo paese vanno principalmente ai tanti piloti brasiliani che corrono nelle formule superiori. Frustrato Ayrton annuncia il suo ritiro affermando che un pilota mediocre con i soldi può avere la macchina migliore e correre, mentre un buon pilota senza soldi se ne deve andare. Torna quindi in Brasile dove lavora aiutando il padre nei suoi affari. Ma dopo quattro mesi il fuoco che gli brucia dentro gli fa prendere la decisione di ritornare nel mondo delle corse. La moglie, abituata a vivere nel lusso, sa che la nuova vita di Ayrton sarà fatta di sacrifici e rinunce e decidono di separarsi di comune accordo. Suo padre gli fornisce una sponsorizzazione in aggiunta a quella di una banca brasiliana per poter gareggiare un altro anno. Nel 1982 vince 22 gare ed il campionato. La tappa successiva è la Formula 3, che è l’ultimo passo prima della Formula Uno. Il Campionato Britannico di Formula 3 era composto da 20 circuiti diversi tra loro in grado di mettere alla prova sia il pilota che la vettura. Due piloti entrati nel 1983 sono i favoriti: Ayrton da Silva e la grande speranza britannica Martin Brundle. Ayrton inanella subito nove vittorie prima di avere un incidente in prova che fa vincere la gara successiva a Brundle. Il campionato è ora diventato una lotta a due tra i favoriti del pre campionato che lasciano il vuoto dietro di loro. Il campionato si decide all’ultima gara a Thruxton. Ayrton, mostrando la determinazione e l’attenzione al dettaglio che diventeranno la sua caratteristica, fa ricostruire il motore e lo fa verificare dalla Novamotor italiana. Riesce a conquistare la pole e vince la gara ed il titolo. L’anno di Formula 3 si conclude a Macao, dove si sfidano piloti di tutte le serie nazionali. Ayrton vince la gara e si comincia a concretizzare una trattativa tra lui ed un team di Formula Uno.

    Il suo nome è ormai sulla bocca di tutti, mai si era visto un simile talento prima di lui, capace di vincere, subito, in qualunque categoria e con qualunque vettura. Purtroppo tutti i team di primo piano in formula 1, erano occupati dai grandi campioni del momento e Ayrton si deve accontentare di correre con la Toleman.

    Si iscrive al campionato col cognome della madre, Senna, e fa il suo debutto in Formula Uno nel suo paese nel 1984 con la Toleman ma capisce subito che le cose sono diverse rispetto alla Formula 3. Qui anche il miglior pilota senza una buona macchina ed un buon motore non riesce a combinare quasi nulla. Il team è quello che poi getterà le basi per diventare Benetton, ma ora è solo una scuderia di secondo piano. Nonostante tutto Senna riesce a qualificarsi ottavo.

    La gara che lo consacrerà campione, si svolge a Monaco e Senna si qualifica molto indietro in tredicesima posizione. Il tempo si mette al brutto e minaccia di piovere; Senna capisce che gli si sta offrendo la prima vera opportunità. La pioggia, come accade sempre nelle gare, livella le prestazioni ed al settimo giro Senna è in sesta posizione.Le condizioni della pista esaltano il brasiliano che recupera giro dopo giro fino ad arrivare a ridosso del leader della corsa, Prost. Bastava un giro ed il sorpasso si sarebbe compiuto ma la corsa viene inspiegabilmente interrotta, togliendo ad Ayrton un meritato successo.

    La leggenda è iniziata.

    Nel 1985 corre per la Lotus che rappresenta, per il giovane Senna, l’apice, il team di Clark e Fittipaldi, ma la Lotus è una scuderia sulla via del tramonto dopo la morte del suo fondatore Colin Chapman. Per il suo nuovo team, Senna è il pilota che lo può riportare ai massimi livelli. Dopo aver mostrato al mondo un pezzo di futuro a Monaco, Senna diventa più determinato che mai e rompe gli indugi. Guidando in condizioni climatiche avverse, vince la sua prima gara all’Estoril. Questa è seguita da un’altra vittoria a Spa in Belgio.

    Solo nel 1988 Ayrton riesce ad avere una vettura in grado di vincere il titolo.Firma per la McLaren e, come compagno, avrà Prost:un team da favola. Quell’anno vince 8 Gran Premi ed il suo primo titolo di Campione del Mondo. Indimenticabile la sua gioia sul podio di Suzuka.

    Nel 1989 la Honda, fornitore del motore McLaren, favorisce palesemente Prost ed i rapporti fra i due piloti si deteriorano al punto che Prost lascia la McLaren per la Ferrari. Nel 1990 e nel 1991 Senna, affiancato alla McLaren da Gerard Berger, vince entrambi i titoli mettendo in mostra una superiorità disarmante.

    Inizia però il declino della McLaren che perde i motori Honda e si deve accontentare dei meno potenti Cosworth.

    Rimane solo il talento di Senna che, nel 1993, disputa la sua migliore stagione. Con una vettura decisamente poco competitiva, riesce a vincere cinque gare ed è il protagonista di una gara che rimarrà per sempre nella storia delle corse.

    A Donnington Ayrton parte dalla quinta posizione e in meno di un giro, supera tutti gli avversari involandosi verso una vittoria leggendaria. Dopo questa gara il grande Stirling Moss disse:

    "Ayrton Senna è il pilota più grande che io abbia mai visto, l'unico in grado di competere con Fangio e Clark."

    Nel 1994 decide di passare alla Williams, un obbiettivo che ha cercato a lungo, fino al punto di offrirsi anche senza stipendio. La nuova stagione, iniziata con le migliori premesse per Senna, finisce quasi subito, ad Imola, dove, in un tragico incidente, perde la vita. Il mondo della Formula Uno era già in lutto per la morte del giovane pilota austriaco Roland Ratzeberger e per il terribile incidente di Rubens Barrichello, entrambi durante le prove. Questa tragedia finale segnerà la Formula Uno per molti anni.

  2. Se la seg. C Lancia dovesse essere una tre porte simil-coupè e se non si volesse sostituire la Lybra con una seg. D classica a tre volumi (come se ne parlava anni fa), non la vedrei male una vettura del genere.... sicuramente con dimensioni generose ai liveli di Croma.....

    Poi ognuno la pensa come vuole......

  3. Ferrari 156 F1

    Fortemente caldeggiata dall’ing. Carlo Chiti - responsabile del reparto progettazione Ferrari - la soluzione del propulsore collocato posteriormente incontra le resistenze di un Commendatore che cede a questa impostazione solo alla luce dell’evidente efficacia da essa palesata sui bolidi marcati Cooper e Lotus.

    La monoposto che segna la svolta in quel di Maranello è la “156 F1” del 1961, oggetto della storica rivoluzione culturale, ma anche di un certosino lavoro di affinamento generale, teso ad accrescerne le potenzialità sportive.

    Significativo in tal senso - oltre al beneficio prodotto dalla nuova architettura tecnica - anche il dato relativo all’abbassamento del baricentro, conseguito con l’allargamento della V fra le due bancate del 6 cilindri “Dino”, passata dal classico angolo di 65° a quello di 120°.

    Innegabili i vantaggi così conseguiti in termini di miglioramento del comportamento dinamico della monoposto, che consentono un ottimale sfruttamento dell’accresciuta potenza, passata ad oltre 190 Cv a 9500 giri/min, contro i circa 150 cv erogati dai più performanti motori delle rivali inglesi.

    Con queste premesse non è difficile cogliere le ragioni della grande efficienza pistaiola della “156 F1” che, sebbene costretta a misurarsi con una Lotus (condotta da Moss) spesso assai graffiante, riesce a dominare un Campionato giocato in Casa fra i due alfieri delle “rosse”: il conte Wolfgang Von Trips e Phil Hill.

    Alla fine sarà quest’ultimo a spuntarla, col risicato margine di un punto, aggiudicandosi un Mondiale drammaticamente segnato da uno spaventoso incidente che toglie di scena Von Trips ma che, soprattutto, “data” la fine dell’esistenza terrena del blasonato pilota tedesco e di ben quattordici spettatori che assistono al Gran Premio d’Italia di quell’anno.

    La tragedia avviene sul tracciato di Monza - penultimo appuntamento della serie iridata - ed è la conseguenza di una collisione tra la Lotus di Clark e la “rossa” che, agganciatasi alla monoposto inglese, viene scaraventata all’esterno, finendo sul terrapieno e piombando disastrosamente sul pubblico: una vera catastrofe che convince Ferrari a non disputare l’ultima gara del 1961.

    Dotata del “consueto” telaio a struttura tubolare e spinta da un propulsore bialbero con cilindrata ridotta a 1477 cc – in ossequio alle nuove limitazioni regolamentari – la “156 F1” diventa terreno di sperimentazione di una nuova distribuzione a quattro valvole per cilindro che, tuttavia, non andrà a sostituire la canonica bi-valvole nelle due stagioni di impegno sportivo del bolide di Maranello.

    Il cambio è un’innovativa unità a 5 rapporti più retromarcia mentre le sospensioni si caratterizzano per lo schema a ruote indipendenti sui due assali. I freni “Dunlop” sono a disco sulle quattro ruote, adeguatamente dimensionati per arrestare rapidamente la corsa di una monoposto pesante appena 420 Kg.

    La “156 F1”, plurivittoriosa nella stagione del suo esordio, non riesce a confermare le sue brillanti performance nel Campionato del 1962, nonostante i significativi interventi tecnici cui viene sottoposta. Di lei resta comunque un ricordo complessivamente positivo.

    SCHEDA TECNICA

    Anni di attività: 1961/1962

    Motore: posteriore, tipo 178 di nuova concezione, 6 cilindri a V di 120 gradi, basamento e teste in lega leggera, canne cilindri in ghisa, riportate, biella di 126 mm, raffreddato ad acqua

    Alesaggio e corsa: 73 x 58,8 mm

    Cilindrata unitaria e totale: 246,10/1476,60 cc

    Rapporto di compressione: 9,8:1

    Potenza massima: CV 190 a 9.500 giri/minuto

    Distribuzione: 2 valvole per cilindro, 2 alberi a camme per fila di cilindri, comando a catena anteriore

    Alimentazione: singola con 2 carburatori Weber a 3 corpi invertiti 40 IF 3C

    Accensione: doppia, 2 spinterogeni Marelli e candele Marchal 32 H FS

    Lubrificazione: forzata con radiatore olio e carter a secco

    Trasmissione: posteriore, frizione dietro il cambio, multidischi a secco, molle parastrappi, cambio 543/C a 5 velocità + RM longitudinale a sbalzo, differenziale autobloccante a chiavette

    Rapporti del cambio: variabili secondo il circuito di gara

    Telaio: tipo 543/C, traliccio in tubi di acciaio

    Sospensione anteriore: quadrilateri deformabili: doppi triangoli sovrapposti, molle elicoidali e ammortizzatori telescopici coassiali

    Sospensione posteriore: quadrilateri deformabili: doppi trapezi sovrapposti, molle elicoidali e ammortizzatori telescopici coassiali

    Freni: dischi e pinze Dunlop, i posteriori entrobordo sulla scatola trasmissione, circuiti indipendenti con doppia pompa

    Sterzo: pignone e cremagliera con ammortizzatore

    Lunghezza : 4.060 mm

    Larghezza : 1400 mm

    Altezza: 1.000 mm

    Passo e carreggiate ant. e post.: 2.320/1.200/1.200 mm

    Peso in ordine di marcia: 420 kg

    Pneumatici ant.: 5.00x15", Dunlop

    Pneumatici post.: 6.00x15", Dunlop

    Ruote: a raggi in lega leggera

    Serbatoio: 150 litri, 2 laterali da lt.75 (benzina N0 98/100)

    Carrozzeria: monoposto in alluminio

  4. ...dire precisamente quando esce una vettura è pericoloso...

    Per la Punto '93 e la '99 non mi sembra che ci fossero tutti questi misteri... infatti sono stati molti quelli che hanno aspettato l'uscita per prenotarla....

    Andare in giro a dire che la 199 debutterà in una data più lontana del reale x me vuol dire allontanare eventuali clienti che non hanno voglia/tempo di aspettare fino a settembre e prenoteranno una vettura della concorrenza in primavera (magari la nuova Yaris!).....

    Se vogliono fare una sorpresa che facciano sta benedetta Fulvia, invece di scherzare con le date......

  5. ......questa Plus oltre ad essere orrenda... ...è anche decisamente inutile!

    Ma allora anche la Ferrari Enzo è un'auto inutile: non ha baule e non posso metterci le catene...... :lol::lol::lol:

    L'utilità o l'inutilità di un auto è molto soggettiva: io ritengo inutile la monovolume x una famiglia con un solo figlio, o il fuoristrada x chi non esce mai dalla città..... però ci sono dei single che vanno in giro con la monovolume e delle persone che usano il fuoristrada per parcheggiare sui marciapiedi più alti, quindi......

  6. Io invece tra golf plus e altea scelgo tutta ls vita la seconda...

    Di Seat Altea ne ho vista una dal vivo l'altro giorno.... raggiungendola da dietro, fino a quando non sono stato più che vicino, l'ho presa x una delle tante microcar che si possono guidare senza patente.... non sicuramente per le sue dimensioni, quanto per il rapporto di grandezza che c'è nella zona posteriore tra fari, lunotto, paraurti ed il resto della carrozzeria.....

  7. Gilles Villeneuve

    Distruggeva le macchine ma conquistava i cuori. È stato campione di combattività”. (Enzo Ferrari, “Piloti, che gente…”)

    Nell’estate del 1977 tra le tende del “circo” della Formula 1 si affacciò un pilota, dallo sguardo vivace e dal cuore impavido. Salì sul filo dell’acrobata con la sua Ferrari, e per 5 anni lo percorse tra capriole e piroette. Poi un giorno scese dal filo, ed entrò nella leggenda.

    Gilles Villeneuve nasce il 18 gennaio 1950 a Chambly, e inizia a correre tra i bianchi paesaggi del Quebec, tra strade insidiose e piste innevate. La motoslitta è per lui un allenamento eccezionale alla velocità. Lanciato a oltre 150 km/h tra schizzi di neve che riducono al minimo la visibilità, Villeneuve impara a governare il mezzo in condizioni estreme. Nei primi anni ’70, Gilles ha una moglie, Joanna, due figli, Jacques e Melanie e uno scopo: diventare pilota di F1. Un traguardo sulla carta irraggiungibile, se non si ha denaro a sufficienza per pagare le auto da corsa. Tra mille sacrifici, circuito dopo circuito e trionfo dopo trionfo, Villeneuve raggiunge la F.Atlantic, vetrina per aspiranti campioni. È qui che le sue peripezie richiamano l’interesse delle maggiori scuderie europee. Nel 1976 per Villeneuve la tanto sospirata F1 è ormai a un passo. La McLaren lo recluta come terzo pilota, a fianco del campione in carica James Hunt e a Jochen Mass. Il 16 luglio, sulla pista di Silverstone, Villeneuve esordisce in F1, e conclude 11°. La McLaren, nonostante Gilles si sia qualificato davanti a Mass e abbia ottenuto il miglior tempo nel warm-up, lo boccia, preferendogli Patrick Tambay, ma è proprio il mitico Enzo Ferrari a incuriosirsi alle vicende del giovane pilota. Il Drake si affascina proprio grazie alla sua spericolatezza, e ai suoi sbagli. Intuisce in quel ragazzo il campione in grado di trascinare gli entusiasmi. Al volante della Ferrari, il 9 ottobre 1977, Gilles fa ritorno a casa dopo tanta gavetta: è infatti in Canada il suo debutto sulla rossa, nel penultimo GP della stagione. Gilles, 17° allo start, risale fino all’8° posizione, ma a 4 giri dalla fine va in testacoda ed è costretto al ritiro: un esordio sfortunato. C’è ancora una gara prima della fine del campionato, per dimostrare al pubblico che in lui non c’è solo talento, ma anche tecnica e volontà: l’appuntamento è in Giappone, sul circuito del Fuji. Al 6° giro Villeneuve si trova davanti il suo idolo Ronnie Peterson, sulla famosa Tyrrell P34 a 6 ruote. Il canadese lo tampona e vola fuori pista, schiantandosi sopra un gruppo di fotografi e spettatori: due perdono la vita.

    È il suo stile di guida a portarlo continuamente sul filo del rasoio. È così che Gilles cerca il suo limite e quello della macchina, l’opinione pubblica lo considera però soltanto un immaturo: uno sfascia-macchine. Ma è la fiducia di Enzo Ferrari nei confronti del suo beniamino che fa diminuire lo scetticismo nei suoi confronti.

    Il suo modo di correre è assai rischioso: fa sentire l’odore della vittoria senza mai poterla assaporare. A Long Beach è primo per metà gara, poi colpisce la Shadow del doppiato Regazzoni, e la gara per lui si conclude anzitempo. Ormai portare la macchina al traguardo è un favore che il team gli chiede. Obiettivo raggiunto tre settimane dopo: Gilles si classifica 4°, conquistando i suoi primi punti mondiali. Dopo 15 giorni finalmente sale per la prima volta sul podio. È così la volta di Monza: davanti ai suoi tifosi Gilles desidera più che mai la prima vittoria. Ma quel giorno non ci sarà niente da festeggiare: a 300 metri dalla partenza l’auto del suo idolo Peterson si incendia, e nulla e nessuno riescono a salvarlo. Solo in chiusura del 1978 Villeneuve centra la sua prima vittoria, nella sua gara di casa a Montreal.

    Per la stagione successiva Reutemann passa alla Lotus; il team di Maranello decide allora di mettere sotto contratto Jody Scheckter, affiancandogli il confermato Gilles Villeneuve. La decisione si rivela propizia: la nuova Ferrari è protagonista di un’annata esaltante. A competere per il mondiale dall’inizio alla fine sono proprio i due piloti della rossa. Gilles, nelle prime quattro gare, coglie subito due vittorie: in Sudafrica, in casa di Scheckter, sotto la pioggia tra grandi nuvole d’acqua, e a Long Beach. Poi arriva il GP di Francia: a Digione il pubblico assiste a bocca aperta al duello più intenso di tutta la storia della F1. A condurre la gara è Jean-Pierre Jabouille. Villeneuve e Arnoux ingaggiano una battaglia per il 2° posto. Arnoux guida la Renault turbo; Villeneuve supplisce alla carenza di potenza con una determinazione straordinaria: rischia, porta il duello fino al limite estremo. Sono 6 giri indimenticabili. Villeneuve disegna traiettorie imprevedibili, sembra avere il diavolo addosso. È questa la gara che lo consacra. Nessuno come lui è capace di entusiasmare le folle, di provocare una vera e propria febbre: la febbre Villeneuve.

    Grazie a questa striscia di risultati positivi, il canadese comanda la classifica. Ma per conquistare un titolo mondiale c’è bisogno di continuità. Gilles non riesce ad accontentarsi, a correre con la testa: è questo che ha portato la sua popolarità alle stelle, ma è anche ciò che lo allontana dal mondiale. Emblematico è il giro su tre ruote della gara di Zandvoort, dopo aver forato il pneumatico posteriore sinistro: tornato ai box, sbraita contro i poveri meccanici che tentano di spiegargli come la sospensione sia ormai distrutta, e sia impossibile rientrare in gara. Scheckter, invece, pur conseguendo poche vittorie, ottiene molti piazzamenti e risale in classifica. Alla fine Gilles, ormai fuori gioco, si sacrifica e aiuta a Monza il suo compagno a riportare il mondiale alla Ferrari.

    Le due stagioni successive al fantastico 1979 non sono molto brillanti. La macchina è ormai antiquata: Villeneuve e Scheckter raccolgono ritiri e incidenti. Nel GP di Imola 1980 Villeneuve esce di pista a 280 km/h e sbatte contro le barriere. È uno scontro terribile: gli spettatori trattengono il respiro, prima di liberarlo in un sospiro di sollievo quando, illeso, Villeneuve esce dalle lamiere.

    Nel 1980 il titolo va ad Alan Jones; al termine della stagione Jody Scheckter, con un titolo mondiale in bacheca, appende il casco al chiodo. Il 1981 potrebbe essere l’anno giusto: la Ferrari passa al motore turbo, per riempire il posto lasciato vacante da Scheckter a Maranello arriva il parigino Didier Pironi. Villeneuve e Pironi diventano presto amici, come già Gilles aveva fatto con Scheckter. Dalle gare, però, non arrivano molte soddisfazioni. La mitica rossa numero 27 fa l’en-plein di abbandoni nelle prime tre gare. Poi l’acrobata coglie due salti incredibili: con una gara condotta superbamente vince a Monaco, ottenendo il primo successo di un motore turbo nel Principato; poi trionfa anche in Spagna, quando, partendo dalla 4° fila con una vettura inadatta ai circuiti misti, dà prova di una lucidità e di un’efficacia notevoli, rintuzzando per 66 giri gli attacchi di un trenino assatanato di avversari. Al traguardo i primi cinque saranno racchiusi in un secondo, dietro a un grande Villeneuve. Il percorso per il titolo mondiale per Gilles, però, dopo questi acuti, torna ad essere difficile. Incidenti e ritiri si susseguono fino al GP di Montreal. L’aria di casa lo rinvigorisce. Sul circuito canadese Villeneuve torna a fare il funambolo, guidando una vettura che perde pezzi tra scintille e turbini d’acqua. Sarà 3° alla fine, ma per chiunque altro sarebbe stata un’impresa impossibile anche solo rimanere in pista. Al termine della stagione Gilles è solo 7°. Ha avuto i suoi momenti di gloria, ma il mondiale se l’è aggiudicato il brasiliano Piquet. A fine 1981 però Gilles una sfida la vince: è quella contro il jet militare F104 in una prova di accelerazione nell’aeroporto di Istrana.

    I progetti all’inizio del 1982 sono ben precisi: si punta al titolo mondiale. Ma l’inizio per Gilles è uguale a quello dell’anno precedente: 3 corse, 0 punti. Il 25 aprile a Imola è in programma il GP di San Marino. Per Gilles e Didier è un banco di prova importante: non bisogna più sbagliare. Le qualifiche sono incoraggianti: Villeneuve e Pironi occupano la 2° fila, subito dietro alle Renault di Prost e Arnoux, che parte in pole. Per 26 giri Arnoux tiene saldamente il comando, ma poi è costretto ad arrendersi. In testa alla corsa passa Villeneuve, con Pironi in 2° posizione. Piloti della stessa squadra, amici fuori dalle piste, al comando della gara, non possono che mantenere le stesse posizioni. Ma sulle piste niente è scontato: i due fanno a gara a chi spinge di più sull’acceleratore, e non scherzano. Per circa 15 giri, si susseguono sorpassi e controsorpassi. Dai box l’apprensione fa capolino dietro un segnale: “slow”. Pironi vuole vincere, e ci riesce: non rispettando gli accordi precedenti, all’ultimo giro Didier sorpassa il compagno, e transita per primo sotto il traguardo di Imola. Per Gilles, l’amarezza è immensa: è un doloroso colpo alle spalle. A stento Villeneuve viene convinto a salire sul secondo gradino podio. Gilles rompe completamente con Didier: d’ora in poi lo considererà un nemico.

    Due settimane dopo il circus si sposta in Belgio, a Zolder. È il circuito dove Gilles ha preso i suoi primi punti mondiali: ormai sono passati 4 anni. Ma il presente scende giù amaro per Gilles, solo e desideroso di rivincita. Sabato 8 maggio si corrono le prove di qualificazione. A pochi minuti dalla fine Villeneuve ha l’8° tempo, Didier è 6°. Gilles decide di scendere di nuovo in pista: c’è ancora tempo per tentare un ultimo assalto, guadagnare posizioni e scavalcare Pironi, il traditore. Alle 13:52, Gilles Villeneuve affronta la curva Terlamenbocht, la sua ultima curva. Davanti a lui la March di Jochen Mass, che è nel corso del giro di rientro. Mass si sposta leggermente a destra, i due si toccano. La macchina si alza in volo, si capovolge, e Gilles viene proiettato fuori con tutto il sedile contro la rete di recinzione. I soccorsi arrivano rapidissimi, ma non c’è nulla da fare. Gilles Villeneuve, l’acrobata, alle 21:12 scende dal filo. Per sempre.

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