angeloben
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Non mi pare che queste foto fossero ancora uscite in questa discussione. Si trovano facilmente in rete, ma le varie fonti non sono univoche riguardo al periodo di questa proposta Italdesign per Volkswagen Scirocco. Limitandosi a quelle strettamente ufficiali, il sito Italdesign indica il 1974, quindi una proposta scartata per la prima Scirocco presentata in quell'anno. Chiaro, se così fosse il modello sarebbe di almeno un paio di anni prima. Il museo Volkswagen invece dice 1977... e si parla di aziende ormai dello stesso gruppo! In questo caso parlano chiaramente di proposta per la seconda serie della Scirocco. A me pare più plausibile, sebbene in caso fossero andati avanti con questo stile, davvero sarebbe stato imbarazzante il confronto con Lancia Delta, che sarebbe stata presentata nel 1979. Oltre allo stile generale, anche i dettagli ricordano da vicinissimo la Delta, vedi maniglie, cromature, persino il profilo alettato dietro al finestrino posteriore della vista lato passseggero (è un modello asimmetrico, anche se con poche differenze). Esiste(va?) anche quest'altra versione di questa proposta, con diverso frontale e vetro posteriore di andamento più simile a quello di Scirocco reale.
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Perdonatemi, ormai mi ci sono intrippato... e continuo imperterrito sul tema tergi...laqualunque ! Ripartiamo dai tergifari, di cui era stata ricordata mesi fa un'elegante soluzione su Mercedes d'antan Pochi messaggi fa invece, ho riportato due casi "estremi": Normali tergifari li abbiamo visti un po' dappertutto, e sono stati una moda terribilmente anni Ottanta, sebbene la loro - breve- storia commerciale risalga al decennio precedente. Li introdusse Saab sulla 99 nel 1970. E funzionavano così: E' cosa abbastanza ovvia che siano stati proposti e utilizzati per la prima volta da un marchio svedese, perché il principale beneficio è quello di rimuovere dai fari neve e fango, che là sono un problema serio. Volvo seguì subito dopo, ma fu il susseguente obbligo introdotto in Svezia nel 1972 di adottare sistemi di pulizia dei fari che costrinse tutti i costruttori europei a inventarsi qualcosa per restare in quel mercato, piccolo, ma ricco. Credo che sia stato poi il successo planetario di Saab e Volvo negli anni Ottanta che fece divenire i tergifari un accessorio di moda a prescindere dal clima... perché possiamo immaginare tutti l'utilità delle spazzoline in California o a Tokyo! Comunque, dicevo che tutti si erano dovuti inventare qualcosa. I più diffusi sono stati ovviamente i "mini" tergi con movimento classico (stile Volvo per intendersi) tipicamente adottati sui fari rettangolari. Anche Saab si riallineò presto su questa soluzione. Chi aveva fari tondi, aveva normalmente adottato sistemi simili, semplicemente con spazzole arcuate e flessibili, tipo quelli sopra di Mercedes. Ma qualcuno qui dirazzava: una normale spazzola in gomma infatti non era considerata degna per la cura delle lampade dell'auto più lussuosa del mondo, e quindi Rolls Royce decise che i suoi tergifari dovessero essere così: VERE spazzole, in crine di cavallo, per spolverare con la dovuta eleganza e morbidezza i vetri dei suoi fari. Prese di giro a parte, in realtà non credo che questi inglesi fossero poi così irrazionali... In effetti la spazzola in gomma garantisce aderenza e quindi la rimozione di tutte le gocce d'acqua da un vetro. Ma su un faro l'importante è rimuovere neve e fango, come si diceva, e quindi forse una spazzola così potrebbe anche essere altrettanto efficace. Ovviamente tralascio la questione manutenzione e durata, che però non dovrebbe costituire un problema per i possessori di una RR... La pulizia dei fari tondi rimaneva comunque una sfida tecnica. E anche altri usarono la fantasia. Sempre in Inghilterra, il gigante di componentistica automotive Lucas, proponeva questa soluzione a spazzole rotanti, montate su telaietto fisso diametrale. Qui le vedete sulla polacca FSO 125p Ma quando FSO tirò fuori la moderna Polonez, per i suoi fari sempre tondi il fornitore non era più Lucas, ma l'italiana Carello. E cosa ci inventammo noi? Da sempre maestri di bellezza e design automobilistico, forse colti si sorpresa dal regolamento svedese, ci arrangiammo così. E Carello, si sa, era fornitore di FIAT e non è che faceva differenza tra polacchi e italiani, perché questa fu anche la soluzione per le piccole italiane nella terre nordiche. Da quelle coi fari tondi come Autobianchi A112... ... a quelle persino coi fari rettangolari, come FIAT 126... ...o FIAT 127 Cavolo... quasi dimenticavo! ...c'era anche lei! Alfa Romeo Alfetta! (questo è per rispettare la regola: su Autopareri un post non è tale se non si cita Alfa almeno una volta...)
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Aggiungo altro materiale su applicazioni di componenti già citate in passato. Tra gli innumerevoli usi dei fari posteriori di Alfa Romeo 2000, c'è un caso piuttosto esotico che merita di essere ricordato. Bricklin SV-1 (1974) Proprio l'uso dei fari posteriori di Alfa Romeo 2000, abbastanza strano per un'auto di progettazione e produzione totalmente nordamericana, sono l'argomento di un aneddoto curioso: il motivo infatti sarebbe frutto della scelta del responsabile designer di usare le luci della sua auto personale, una De Tomaso Pantera! Poi le luci posteriori di Rover SD1, ricordate qui: Esprit (serie 2 e 3) non è stata l'unica ad utilizzarle, perché furono installate - ribaltate - anche su altri due modelli assai meno famosi: Lotus Elite, nel modello indicato internamente come "Type 83", cioè la seconda serie del 1980 del modello lanciato nel 1974 (qui c'è un caso intricato di denominazioni, perché esisteva già una Lotus Elite prodotta dal '57 al '63, per cui il modello del '74 viene spesso indicato come seconda serie o S2 o Mark 2...; e quindi la Type 83 è la seconda serie della seconda serie...; curiosamente, avendo adottato il motore da 2.2 litri, è spesso indicata come S2.2) Nonché la sua sorella coupé Lotus Eclat (anche qui solo dalla seconda serie Type 84 del 1980, rappresentata nella foto dall'esemplare che fu di proprietà di Colin Chapman ) Infine anche nella sua evoluzione Excel del 1982 I fari con le scanalature erano una moda anni '70. Nel marasma degli incroci anglo-franco-americani tra Chrysler Rootes Simca PSA... questi fari di Simca 1307 citati qui: ...finirono anche nel restyling MATRA-SIMCA Bagheera del 1976 Infine, un'altra serie di sportive francesi ricche di carry-over: MVS Venturi. Già visti gli specchi di Citroen CX adottati su tutta la produzione, ma anche i fari posteriori presi da BMW serie 3 E21 sui modelli coupé iniziali. Poi nel 1994 sulla Venturi Atlantique 300 cambiarono i fari posteriori, adottando quelli di Ford Sierra 3 volumi fumé: Troppo complicato ricostruire invece tutti i componenti presi in "prestito" per l'allestimento interno, variati via via nel tempo e da esemplare a esemplare. Ma in generale si riconosce facilmente varia componentistica francese del periodo, sia Renault che PSA: dalle levette sul piantone ai comandi climatizzazione, dal posacenere alla pulsanteria varia, fino alle maniglie porta interne. Solo come esempio:
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Sì... e no! Cioè... dipende dove... Rapido excursus storico: a Dieppe, quando si misero a lavorare sull'evoluzione finale della loro supercar, pardon, super-voiture, evidentemente le vollero dare un'aria più internazionale, meno "tipicamente" francese. Allora si misero a sfrondare un po' quelle stranezze che la caratterizzavano in tal senso, e vollero smussare quel frontale appuntito ed eliminare i grandi fari carenati, ma via anche quella strana sistemazione dei tergicristalli. Si potrebbe addirittura pensare che, in un impeto europeista, a un certo punto si siano detti... dai, facciamola sembrare proprio una tedesca! Ed ecco le nuove luci integrate nel paraurti stile Porsche, ma anche un po' BMW 850 con quei larghi fari a scomparsa... Ma i francesi, si sa, non hanno mai amato tantissimo i vicini d'oltremanica. E se possono far loro qualche torto, probabilmente non fanno niente per evitarlo, anzi. E forse è per questo che... guardate bene la foto sopra! Be', sì, è proprio così... ...le A610 con guida a destra hanno sempre i tergicristalli con l'assurda disposizione a movimento convergente! In realtà ne ignoro il motivo*, ma mi piace pensare che sia un dispetto fatto agli inglesi per continuare ad imporre loro qualche assurdità tipicamente francese. Del resto quelli di Alpine avevano forse il dente avvelenato con il Regno Unito anche per un altra ragione, certamente più seria. Mai, infatti, avevano potuto utilizzare il loro nome in UK, perché in quel mercato Alpine era un nome commerciale di proprietà di Sunbeam. Quindi i loro modelli si erano sempre dovuti presentare sotto il marchio Renault, al massimo apponendo dove possibile il tipico marchio della "A" inclinata. Ma anche dallo stemma originale della marca, in UK doveva essere rimossa la piccola scritta intera Alpine. Visto che ci siamo, a questo punto ricorderei anche il grande vetro posteriore di Alpine A310 (1971), da aggiungere alla serie dei "lunotti piegati". * Immagino qualche impedimento di montaggio dei nuovi tergi paralleli sulla configurazione RHD, o forse qualche specificità di omologazione in UK? L'altra stranezza ad esempio sono i retrovisori esterni che in UK rimanevano quelli - secondo me più belli - della precedente GTA, in luogo dei nuovi derivati da R19.
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Piccolo post dedicato a un piccolo costruttore. Che alla fine però qualche numero lo ha fatto... Legato ad Opel fin dalle origini, le sue realizzazioni con reale seguito produttivo potrebbero essere considerate delle tedesche rivestite in stile italiano. E come le fuoriserie italiane coeve, anche queste riprendevano le luci posteriori da altre sportive italiane, però di serie e decisamente più popolari. Bitter CD (1973) con i fari di Fiat 124 Sport Coupé 1a serie AC 1967, che a questo punto abbiamo visto già anche su Lamborghini Espada, Iso Lele e Iso Fidia. La sua erede, Bitter SC, in tutte e tre le configurazioni di carrozzeria: Bitter SC coupé (1979) Bitter SC cabrio (1981) Bitter SC sedan (1984) Tutte con i faretti dietro di FIAT X1/9, anche questi già citati indietro per l'uso su Lotus Esprit, Lancia 037, Lancia Montecarlo.
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Continuando con le grandi sportive italiane del passato, riporto altri casi di condivisione di luci posteriori, viste con frequenza decisamente minore rispetto a quelle dei miei ultimi post. Avevo terminato l'altro post con la De Tomaso Longchamp e i suoi fari ripresi da Ford Granada (davanti) e Alfa 2000 (dietro). Ecco, quando De Tomaso rilevò Maserati, sappiamo che partì proprio dalla Longchamp per creare la "sua" prima Maserati. Era la Maserati Kyalami, presentata nel 1976, prima Maserati sviluppata totalmente nell'era post-Citroën e senza collaborazione o legami tecnici con i francesi. Curiosamente, però, un solo particolare, ben riconoscibile, sembrava ricondurre anche Kyalami al precedente proprietario: i fari posteriori della grande coupé Citroën SM, peraltro appena messa fuori produzione... Con un salto agli inizi del decennio precedente, un'altra coupé Maserati usava luci posteriori prese in prestito da un'altra GT. Maserati Mistral (1963)... ...con le luci della ISO Rivolta GT 300 presentata l'anno prima (1962) Infine, per tornare a De Tomaso, l'ultima versione del suo modello più longevo, passò dalle ormai abusate luci di Alfa 2000 ad un raro caso di carry over delle luci di Alfa 33 (da me sempre amate, sia nella versione originale a frecce arancioni che in questa successiva grigio-rosso). De Tomaso Pantera Si (1991)
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Riporto in auge il tema dei tergicristalli e dei loro cugini tergifari, di cui abbiamo parlato altre volte. Conosciamo - e si sono visti in questa discussione - i tergicristalli monobraccio, quelli a pantografo, quelli che si nascondono lungo il montante e altri con posizioni un po' estemporanee... Ovviamente nessuno ha portato esempi di tergicristalli a scomparsa, che ormai sono una cosa cui neppure facciamo caso. Ma pensandoci bene, quand'è che i tergicristalli sono ...spariti? Ecco, oggi è una banalità, ma nel 1966... Sì, mezzo secolo fa, quando General Motors deteneva quasi il 50% del mercato USA e girava l'adagio "As GM Goes, So Goes the Nation", gli ingegneri GM si inventarono pure questa, e la proposero come la novità tecnica del MY 1967 di un marchio che oggi neppure esiste più. La cosa che fa riflettere è che oggi tutti la pensiamo come soluzione aerodinamica. A quei tempi, no. L'aerodinamica era l'ultimo degli interessi dei clienti (e quindi dei progettisti) americani. Il marketing la pubblicizzava come novità ...e basta. Senza una finalità o funzione particolare. Gli yankee erano così, bastava fosse qualcosa di nuovo. Al massimo nelle pubblicità più verbose scrivevano che erano "meno soggetti al ghiaccio e al congelamento". Ed era la pubblicità di una convertibile. Mah... Comunque l'accento era prevalentemente sulla pulizia estetica. Lo stesso MY, ad esempio, vedeva sulla Grand Prix anche i fari nascosti e, sul modello coupé, anche l'eliminazione dei deflettori sui finestrini anteriori. Comunque, per fare un po' di storia, nell'autunno del 1966 Pontiac presenta il MY 1967 della sua gamma. Quattro dei suoi modelli full-size si distinguono per questa prima mondiale dei tergicristalli nascosti: Catalina, Executive, Bonneville, Grand Prix I tergi sono nascosti sotto il labbro del cofano, con le spazzole che - solo a riposo - scendono sotto la base del vetro, fino alla fascia metallica. Da chi nasconde le spazzole a chi invece sfoggia addirittura il tergicristallo triplo ! Il caso più famoso è probabilmente quello della Jaguar E-type (1961) E' così nelle prime due serie, cioè fino al 1971, quando con la terza serie furono adottate due spazzole più ampie. In tutte le serie però, rimase la collocazione "inversa" dei tergi, con la posizione di riposo in basso dal lato del guidatore, per muoversi in alto verso il passeggero.* Cioè all'inverso di come avviene normalmente nelle auto odierne. * Ho parlato di lato guida/passeggero apposta, e non destra/sinistra, perché tutto viene ribaltato per la configurazione guida a destra o sinistra. Questa soluzione ovviamente nasceva per garantire una pulizia adeguata per un parabrezza così basso e largo. E fu il motivo della medesima soluzione vista su altre due spider inglesi degli anni Settanta. Erano due modelli MG che nascevano con due classici tergicristalli, ma le cui versioni destinate agli USA avevano invece tre spazzole, per assicurare proprio la copertura minima richiesta dalle regole di omologazione locali. MGB roadster, sui modelli per gli USA dal 1969 MG Midget, sui modelli per gli USA dal 1967 (MY1968) Si deve saltare ai primi anni Ottanta e cambiare radicalmente tipo di mezzo, per ritrovare un altro tergi triplo. Toyota Land Cruiser serie 40 LX (1981) Il tergi triplo fu introdotto in alcuni mercati chiave (RHD, Australia in particolare) nel 1981, con l'allestimento LX. Diversi anni dopo, qualcuno in Toyota si ricordò di questo dettaglio e lo volle riproporre tra i vari richiami alla quella Serie 40 cui si ispirava questo simpatico fuoristrada fun-cool-retrò (OK... ) Toyota FJ Cruiser (2006-2017) Nato chiaramente per stupire e divertirsi, è un mezzo che attira la mia simpatia proprio perché annovera un certo numero di stranezze e curiosità... Se ne possono indicare tante, a partire ovviamente dallo stile esterno con l'elemento di spicco delle porte ad armadio senza montante centrale. Nei dettagli, otre ai tergi tripli, ci sono quei faretti sui retrovisori esterni e all'interno meritano la menzione l'inserto in plancia e nelle portiere in colore coordinato con la carrozzeria, un po' come la bella plancia di Fiat Coupé già ricordata tempo fa, ma soprattutto le enormi alette parasole (giusto per allacciarsi ad altro argomento già discusso...) dedicate ai lunghi finestrini anteriori ! Ma se queste citate sono già vetture di nicchia... che dire infine di questa sotto? Infatti, si deve tornare qualche anno indietro e spulciare nelle vere rarità per trovare un'altra auto con tergicristallo triplo: Maserati Quattroporte II (1974) Una meteora a dir poco, una "quasi-mai-nata" con una produzione totale di ben ...13 esemplari. Meriterebbe un topic dedicato per una discussione generale sull'auto, la sua genesi, le sue caratteristiche, le sue vicende produttive, commerciali e poi collezionistiche. [MODE thread Scelte strategiche gruppo Stellatis ON] Ha detto Tavares che il lavoro di Stellantis riprenderà da dove lo avevano lasciato 45 anni fa! Tremate... [MODE thread Scelte strategiche gruppo Stellatis OFF] I tergicristalli, be'... forse avrete notato che non sono le uniche spazzole curiose di questa Quattroporte... ma avete visto i tergifari ?!?!? Le spazzole dei tergifari sono più lunghe del tergicristallo della Panda! E visto che siamo entrati nel tema, chiudo con un'accoppiata che non ho mai visto altrove, un classico caso di ipersofisticazione ingegneristica giapponese: i fari a scomparsa + spazzola tergifari di Nissan Silvia/Gazelle coupé (serie S12, 1983)
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...continua dal post sopra... Interessante la nota sul faro di Merak (ma anche Bora se vogliamo). E' evidente che queste produzioni limitate e artigianali si adattavano a quanto trovavano con i mezzi economici a disposizione. Purtroppo, vien da dire. Perché se avessero avuto ancora più mezzi, chissà quante raffinatezze e bellezze in più avremmo visto!?! E sì, Indy si è fatta tutto il terzetto di fari Alfa in questione, e uguale è avvenuto per la sua collega Ghibli. Un'altra che abbiamo visto non si è fatta problemi è stata Lamborghini Espada, che ha saltato però i faretti di Giulia Super '65, perché invece è partita con un altro componente piuttosto in voga in quel periodo e che vi presento in questo messaggio. Faretti posteriori della FIAT 124 Sport coupé del 1967, nella prima serie indicata spesso con il codice AC Come detto, eccoli sulla Lamborghini Espada prima serie del 1968 Altre due creature ancor più esotiche di quegli anni li hanno ripresi: ISO Rivolta Fidia (o S4 in alcuni mercati stranieri) del 1968 ISO Rivolta Lele (1969) Curiosamente, ho trovato rarissimi esemplari di entrambe queste ISO che montano il gruppo di Alfa Romeo 1750 o 2000. Però non sono assolutamente certo che siano di primo equipaggiamento, sospetto adattamenti a posteriori. Proseguendo, è interessante che anche il gruppo ottico della seconda serie di questa sportiva FIAT ha conosciuto una certa fortuna. Parlo dei fari posteriori di FIAT 124 Sport coupé seconda serie (la cosiddetta BC del 1969) Ne ha fatto incetta in particolare Lamborghini, partendo dal 1970 fino a metà degli anni Ottanta. Lamborghini Jarama (1970) Lamborghini Urraco (1972) La sua misconosciuta evoluzione con carrozzeria "targa" - prima scoperta di Sant'Agata - Lamborghini Silhouette (1976) E infine l'erede di entrambe, la ben più conosciuta e longeva Lamborghini Jalpa (1981) che però adottò queste luci solo fino al 1984.
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Ritorno su questa discussione per affrontare un tema così esteso da richiedere più messaggi, sia per spezzare un po' la lettura sia per facilitare il caricamento delle immagini... La questione sono i fari posteriori di un numero considerevole di supersportive italiane, che da fine anni Sessanta fino agli anni Ottanta, hanno riciclato a più riprese componenti di grande serie. La cosa che colpisce, però, è che questi costruttori di nicchia si erano fissati nell'uso di un gruppo specifico di gruppi ottici. Partiamo quindi con la serie più interessante, per diffusione ma anche per un altro aspetto. Infatti non si tratta in questo caso di un singolo modello di fari, ma del seguente terzetto: Alfa Romeo Giulia Super (1965) Alfa Romeo 1750 (1968) Alfa Romeo 2000 (1971) che a me pare sia stato utilizzato come carry-over su varie automobili in modo sostanzialmente interscambiabile sia in produzione come poi nella ricambistica (non ho certezze tecniche, quindi gli esperti di mezzi d'epoca sapranno magari precisare meglio). Per chiarire, quello che ho notato è che questi tre gruppi ottici si trovano oggi installati sulla stessa vettura (esempio, la Ghibli, ma vale anche per le altre) indipendentemente dal suo anno di produzione, dalla serie (restyling o MY che sia), o dall'allestimento. Ovvio che in produzione non possono essere stati introdotti prima del rispettivo modello "donatore", ma escluso questo assunto, per il resto l'applicazione di questo o quel faro su un determinato modello di queste fuoriserie italiane del periodo mi sembra priva di criteri certi. Fari posteriori di Alfa Romeo Giulia Super (1965) Introdotti dalla versione Super di Giulia del 1965, questi fari li si trova su: Lamborghini Islero (1968) Maserati Ghibli (1967) Maserati Indy (1969) Proseguiamo con i fari posteriori di Alfa Romeo 1750 (1968) Ecco chi li ha usati: Lamborghini Espada (Serie 2 e 3) Maserati Indy (1969) Maserati Ghibli Maserati Bora (modello di presentazione 1971; poi i modelli di serie non utilizzarono questi gruppi ottici, ma altri che vedremo sotto...) Maserati Khamsin (foto dal materiale Bertone per la presentazione del prototipo al Salone di Torino 1972, ma nella produzione di serie i fari furono diversi, come per Bora...) Questa tripletta di componenti Alfa Romeo si conclude, come detto, con i fari posteriori di Alfa Romeo 2000 (1971) Questi gruppi ottici sembrano quelli che hanno conosciuto diffusione maggiore e li si trova su: Lamborghini Espada (difficile da confermare, ma su questo modello mi pare che questi fari si trovino immancabilmente sui modelli per l'esportazione USA, post 1971 ovviamente) Maserati Indy (qui una versione 4900 del 1972) Maserati Ghibli (qui versione SS del 1972) Maserati Khamsin (1973, produzione di serie) anche nella sua versione per export USA, con gli stessi fari spostati dal vetro alla lamiera: Maserati Bora (1971, produzione di serie) ...e la sorellina Maserati Merak (1972) De Tomaso Pantera (1972) De Tomaso Deauville (1971) De Tomaso Longchamp (1973) Con la esoticissma Longchamp, faccio un inciso per ricordare i suoi fari anteriori, ripresi invece dalla coeva Ford Granada, con risultato assai poco armonioso... ...continua...
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Ullallà... dagli immaginari erotici agli scomparsi frequentatori del forum che si perdono nel mito, scatenando sopite congetture su reconditi motivi e teorie cospirative dietro le leggende dei bannati... Qualcuno ha messo del materiale esplosivo nella discussione... be', se volete un aiutino per dar fuoco alle polveri, vi posso fornire un paio di accendisigari! ...roba in incognito però, una volta usati e rimessi al loro posto, nessuno li noterà più... Volvo serie 200 (1975/80), all'epoca in cui i pittogrammi non erano ancora uno standard e il manuale era scritto direttamente sui comandi... Accendisigari altrettanto ben integrato nel design della plancia su Alfa 33 (1983), che precorreva i tempi delle crociate antitabacco, disincentivandolo tramite accurata mimetizzazione e totale assenza di indicazioni per individuare l'accendisigari... Poi anche Alfa 75 (1985) usava lo stesso identico accendisigari "in incognito", sebbene piazzato un po' a casaccio, perdendo l'idea di integrazione nel design che proponeva Alfa 33. Ma l'omologo modello Milano esportato in Nord America lo celava addirittura dietro un innocente fiorellino (notare la rarità di questo esemplare, evidentemente destinato al mercato canadese)
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Un post di "recupero" solo per aggiungere nuovi elementi su questioni già trattate, più o meno tempo fa. Comincio dalla più recente, i comandi colorati. Girellando su internet, ho scoperto una cosa che mai avevo saputo, nonostante fosse capitata sotto i miei occhi nel periodo in cui forse mi tenevo più informato su auto e motori, gli anni Novanta. Nel 1994, immagino come risposta al successo della giocosa Twingo, FIAT ricrea per Panda l'allestimento "YOUNG" (così in Italia, ma si chiama "COLORE" in Francia e "COLOUR" in UK, non so altrove...) con alcuni particolari interni colorati: Non solo pulsanti, anche il fondo strumentazione, e persino cinture e poggiatesta, in due possibili colorazioni (blu o verde). Leggendo bene il depliant, fa ridere che nella dotazione mettano pure "Chiave accensione colorata blu", come se fosse stata una particolarità di questo allestimento... ma tutte le piccole Fiat del periodo avevano quella chiave blu! Spudorati. Io ne ignoravo l'esistenza, ma non è solo una curiosità da depliant, è esistita davvero, anche se è durata un annetto al massimo... Poi torno sulle vetrature sul tetto particolari: eravamo partiti da modelli prettamente automobilistici, poi sono entrati nella discussione esempi di fuoristrada ed anche mezzi multiuso, comunque di derivazione automobilistica, come il mitico Volkswagen Typ 2 (o T1 secondo le successive nomenclature non ufficiali) ricordato da mrw come antesignano dell'idea: Poi, ricordato per tutt'altre ragioni, è apparso un altro furgoncino, il Subaru Libero, prima versione del 1983, anche lui con i suoi vetri laterali sul tetto. E a questo mi collego per aggiungere la seconda generazione del 1993, con i suoi originali tettucci multipli in vetro: Tutta la vetratura era comunque un punto di distinzione di questo modello, con il finestrino anteriore a scalino e anche il terzo vetro laterale allungato e con lo spigolo tagliato. Roba altrattanto curiosa sul tetto del Toyota TownAce del 1988 Infine il tema plance con lavorazione rigata o cannettata... Mi ero concentrato sui francesi in questo post (link sotto): Ma negli stessi periodi anche a Torino ci avevano giocato un po', partendo dalla FIAT 124 (1966) Nel 1972 comparve anche sulla 124 Sport Coupé (3a serie) Sempre nel 1972 sulla nuova FIAT 126 ...anche nella plancia rinnovata per la serie FSM (1985), poi lievemente aggiornata con la BIS (1987, qui in foto) Nel 1974 anche la plancia della versione Special della FIAT 127 aveva aggiunto un sottile bordo con una lavorazione a fasce che voleva probabilmente sottolineare la presenza di un'imbottibura. Senza dimenticare la mitica Panda che dal 1980 al 2003 ha sempre avuto il rivestimento di fondo lavorato (a fasce verticali, o a quadri, o cannettato sottile orizzontale), anche se qui, più che una lavorazione specifica della plancia, era evidentemente una continuazione della tappezzeria.
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Pensando ai comandi colorati di Twingo e Corsa, non possiamo scordare un altro tentativo estremamente originale che molti anni prima venne fuori dalla mente fervida dei nostri ingegneri. Caso strano , questa trovata doveva avere anche un intento ergonomico, per aiutare il guidatore a riconoscere immediatamente le levette, caratterizzate da colori differenti in base alla funzione. FIAT 127 2a serie (1977) Questi interni mi rimangono sempre in mente anche per un altro aspetto estetico tipico degli anni Settanta, la strumentazione dal disegno "geometrico". Qui gli strumenti avevano questa particolare cornice ottagonale in cui erano sistemati anche gli strumenti minori e le spie. E mi ha ricordato, anche se ritengo la somiglianza sia del tutto casuale, quel cruscotto di MG postato tempo fa da @Ale_72: Assolutamente in linea con questa moda geometrica, gli strumenti di un'altra piccola italiana anni Settanta, la Innocenti Mini del 1974, sia nella versione base 90 (in alto) che in quella ipercompleta della 120 (in basso). Sempre nel 1977 (come 127) anche il nuovo cruscotto della quarta serie della concorrente Autobianchi A112 abbandonava i classici strumenti circolari per adottare una insolita forma quadrata con spigoli stondati: Questo solo per rimanere nel mondo delle piccole italiane del periodo, perché già sono stati ricordati numerosi cruscotti con strumenti di curiosa foggia che in quei decenni apparvero su modelli di vari costruttori. Citroen su tutti.
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Avevamo ricordato R25 come esempio europeo della moda hi-fi anni '80, ma questi impianti Renault (Philips) del periodo è vero che avevano i loro aspetti particolari, come i comandi sul volante, o il satellite al lato, o il modulo separato con schermo montato più in alto in plancia, ma per quanto dotati e scenografici, erano pur sempre delle "normali" autoradio, composte da moduli DIN standard (almeno così mi pare), un po' distanti secondo me dal concetto estetico giapponese che illustravo sopra. Comunque sì, gli interni Renault degli anni '80 erano decisamente tra i più interessanti nella produzione mondiale, soprattutto dal punto di vista estetico. L'ergonomia invece non sembrava l'obiettivo principale dei progettisti. In effetti erano un po' caotici e uno dei segni di questa scarsa attenzione è proprio la questione dei pulsanti di diversa foggia mischiati in quelle plance. Nessun criterio ergonomico, solo adattamento allo spazio a disposizione in plancia. E in merito, mi consenta (come diceva Silvio...) di confutare la "teoria" bottoni quadrati --> gamma bassa, bottoni arcuati --> gamma alta. I pulsanti quadrati e quelli arcuati a bilanciere furono introdotti entrambi con la nuova plancia di R20-30 del 1980. Precedentemente Renault utilizzava altri pulsanti a bilanciere di foggia leggermente diversa, con angolo più netto, oppure aveva introdotto su R14 del 1976 i pulsanti con un solo lato in rilievo, poi usati anche sulla plancia rinnovata nel 1979 di R5, su R9 e 11. In seguito hanno creato pulsanti ad hoc per quasi ogni modello, a partire da Fuego, R25, poi anche Super5, R21, R19 ecc ecc Ma quella foto dell'interno di Espace, postata sopra da @v13 scatena un altro argomento che avevo in testa da tempo: i volanti bicolore di Renault ! Perché solo quelli della Régie? Non sarebbero rari infatti i modelli/costruttori con volanti che giocano con abbinamenti di colore più o meno raffinati. Ma in generale questo avviene con una certa facilità sfruttando il rivestimento in pelle (o surrogati...). Invece Renault... non ho prove certe, ma a memoria credo che Renault sia l'unico costruttore che abbia proposto volanti bicolore totalmente in plastica, per creare ovviamente abbinamenti coordinati con la plancia. Un'idea che partì vari decenni fa, con la plancia del nuovo modello di punta della Régie, la Renault 30 del 1975 Seguita pochissimi mesi dopo dagli interni ristilizzati nel 1975 di Renault 12: A fine anno del medesimo 1975, anche la Renault 20 si presenta allineata allo stile del momento... E' un'idea che Renault evidentemente riserva alle sue vetture più d'immagine, e infatti la successiva applicazione avviene sulla nuova coupé per gli anni Ottanta, la Renault Fuego del 1980... ...e praticamente in contemporanea sul più esclusivo modello del momento: Renault 5 Turbo (sempre a gennaio 1980) Infine, nel 1984, la Espace citata sopra. Qui finirebbero in realtà i volanti bicolore in plastica, ma Renault ha riproposto la finitura del volante bicolore anche qualche anno dopo in almeno due occasioni, per due modelli che hanno fatto la storia recente del marchio, nel bene o nel male. Stavolta usando la pelle però... Sulla visionaria Avantime del 2001 (c'era anche la colorazione in blu). ...ma anche sulla Renault Twingo, qui ancora nell'allestimento "senza fronzoli" delle origini (1993) Giocare con la plastica colorata è stato evidentemente un punto di distinzione in Renault, e questa Twingo la ricordiamo tutti anche per i suoi famosi dettagli (comandi, maniglie etc) in plancia colorati a contrasto. Erano verde acqua in origine, poi furono proposti anche in altre colorazioni nelle varie "Phase" successive. Ma quasi nessuno ricorda che questa idea venne in realtà anticipata di un paio d'anni da un raro guizzo di stravaganza di un costruttore assai poco avvezzo a simili slanci; nel restyling del 1990 di Opel Corsa A, i tedeschi reinventarono l'allestimento Joy caratterizzandolo con questi originali dettagli colorati (disponibili in rosso o in questo giallo chiaro): Esperienza poi ripetuta (sempre in rosso oppure in azzurro) con il medesimo allestimento Joy della successiva Corsa B del 1993 Purtroppo nelle gamme italiane non si videro, il marketing decise che non era roba per noi...
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La passione dei giapponesi per le scritte descrittive è qualcosa di speciale. Gli adesivi esterni per evidenziare caratteristiche tecniche salienti sono un classico degli anni Settanta e Ottanta, in realtà sconfinato fino ai primi Novanta (vedi la Primera di cui si parlava). Ma tra la fine anni '70 e l'inizio anni '80 esplode nei giapponesi la mania di porre scritte descrittive anche all'interno, nell'abitacolo, apparentemente per indicare la funzione di ogni comando. Guardando bene però, più che sull'aspetto ergonomico, cioè sull'aiutare il guidatore ad eseguire rapidamente e facilmente un'azione, questa pletora di etichette sembra finalizzata specialmente ad evidenziare la presenza del tale o talaltro componente o accessorio. Compaiono indicazioni come "digital clock" (o almeno "quartz"...), "power mirror" sui comandi elettrici degli specchi esterni (ma non c'è scritto "manual mirror" quando c'è solo la levetta manuale...), "power windows", "trip computer", "automatic air conditioning" etc etc In particolare tutto ciò che è elettrico o elettronico è evidenziato con una assolutamente ovvia e inutile scritta descrittiva, che altra funzione non ha, se non quella di attirare l'attenzione sulla presenza di tali dotazioni, per la soddisfazione (e lo sfoggio) del proprietario. Mentre nel resto del mondo ci si accontenta di una semplice etichetta "STEREO" come nuova frontiera delle autoradio, nella patria di Technics, Clarion, Pioneer... non bastava più una normale autoradio, si doveva portare in auto un impianto audio degno di questo nome! E da qui parto per il tema di oggi: la moda "stereo hi-fi" che coinvolse anche il mondo auto e che in un periodo particolare (i primi anni Ottanta) portò a una breve fase in cui vari costruttori giapponesi sembrava volessero replicare sulla plancia delle automobili gli stessi impianti stereo di casa. Dimensioni, modularità, funzioni, stile... Ecco quindi una scelta dei modelli più emblematici in questo senso, con Nissan in prima linea direi. Nissan Gazelle, ma vale anche per le altre serie S110 del periodo 1979-1983 di quella che nel resto del mondo era normalmente chiamata Silvia: scritte ovunque (tipico giapu il volante con il nome del modello - e non il marchio), ma ovviamente focus sull'impianto audio, assai esteso e notevolmente dotato pensando al periodo. Nissan Skyline (1984) : forse in linea con la sportività più accentuata del modello, l'ambiente appare più semplice, benché appena più recente. Comunque lo stereo spicca decisamente, con moduli specifici di dimensioni non standard e finitura anodizzata... Nissan Bluebird Maxima (serie U11, 1985) : impossibile elencare le mille scritte, ma autoradio (termine riduttivo...) sugli scudi, con integrazione estetica, finiture e tecnologia (tutta digitale, anche la cassetta) davvero superiori. Sempre Nissan, di nuovo con Silvia (serie S12, 1986) : stesso impianto di Maxima sopra, con il modulo cassetta separato e semplificato però... E il volante... niente marchio, niente nome, solo DOHC TURBO, in rosso! Per non parlare della realizzazione del rivestimento in pelle sulle razze: oggi si uccide per molto meno... E con Nissan finiamo in... Gloria! Un classico tra le berline di lusso giapponesi, qui nella sofisticata versione V30 Turbo della serie Y30 (1984-87). Impianto sofisticatissimo, tutto digitale, sportellino copri pulsanti secondari, prese per jack cuffie. E persino un "TV TUNER"! E' quella manopolina in basso a sinistra: in pratica un sintonizzatore per ascoltare canali TV. Mah... Comunque uno dei picchi giapponesi nei confronti della concorrenza in quanto a dotazioni, davvero uniche per il periodo. Inclusi i comandi riscaldamento separati per la zona posteriore (è il pannellino tra TV tuner e climatizzatore). O i comandi radio e cruise control sul volante. Volante a sua volta esclusivo per l'idea della porzione centrale fissa (come poi Citroen C4, venti anni dopo!), appunto per tenere i comandi in posizione fissa. Stessi anni, si cambia casa. Mazda Cosmo (serie HB, 1981-83). Da noi c'erano Alfa 6, Lancia Gamma e Fiat Argenta. Il Giappone era nel futuro... Fantastico il lettore musicassette a sportellino, uguale a quello degli impianti casa o professionali. Non tralasciamo ovviamente Toyota, ad esempio la sua coupé Supra del 1986: Interessante la sua autoradio che segna il passaggio tra la finitura alluminio anodizzato e quella in plastica nera più tipicamente anni Ottanta. Ovviamente l'avanzata elettronica giapponese finì per influenzare anche i marchi europei e ancor più quelli americani, ma nessuno arrivò a simili vette di raffinatezza. Penso alla Renault 25, forse il caso europeo più emblematico, ma anche agli esempi americani più particolari tipo Chevrolet Camaro Berlinetta 1982 o Buick Reatta o Cadillac Allanté. Avanzatissimi anche loro magari, ma in nessun caso si aveva questa netta somiglianza con lo stile degli impianti audio home. Anche in Giappone comunque, gli anni successivi videro la standardizzazione degli impianti sulle classiche misure DIN (mono o doppio), con la finitura nero o grigio scuro generalizzata. E l'effetto WOW sparì...
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Era costruita proprio nello stesso stabilimento di Saab 9-3 e in effetti, assieme a Catera, è stata l'unica Cadillac costruita in Europa. Con la differenza che Catera era costruita in Europa, ma venduta solo in USA, mentre BLS era costruita in Europa, ma non ha mai visto gli USA! Purtroppo ci sarebbe poco da divertirsi ripensando alle vicende industriali e politiche legate a questo raro fuoristrada italiano anni '80. Rimanendo però nel nostro ambito, si trovano qua e là su internet, pagine di una rivista francese che provando nel 2017 un esemplare di un appassionato italiano, si è divertita a elencare con minuzia i vari carry over di questo modello: Anche all'interno, dove però indicano due inesattezze: - le bocchette centrali, che non sono di Croma come indicato, bensì di Alfa 75 - il climatizzatore elettronico non è di Alfa 75, ma delle coeve Maserati Biturbo e famiglia E non sono poi tanto sicuro neppure che i quadranti della strumentazione siano specifici, come riportato. Non mi meraviglierei venissero da qualche mezzo da lavoro italiano del periodo, ma non ho cultura in materia e mi rimetto agli esperti, se hanno modo di contribuire. Comunque è interessante in generale, e anche nello specifico argomento dei carry over, la produzione italiana di fuoristrada rari e curiosi che avvenne in quel periodo.
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Al di là della moda per gli adesivi "tecnici" di quel periodo - ricordo anche io quelli "V-TEC" di Honda, ma anche quelli assai più prosaici tipo "EFI electronic fuel injection" o "Twin Cam 16 valve" o addirittura "Power Steering" mostrati senza pudore dalla Seat Ibiza del 1993 - quella Primera, cioè la prima serie (P10) presentata nel 1990, aveva in effetti due aspetti curiosi, proprio collegati alle caratteristiche evidenziate da quell'adesivo. Il primo è il motore. I benzina erano tutti 16 VALVE, sì, e in quegli anni era una cosa degna di nota, ma l'aspetto curioso era che il millesei era un raro 16 valvole a carburatore. Inusuale certamente per noi italiani, abituati a quei tempi a vedere la tecnologia multivalvole applicata sui motori più avanzati e performanti, in genere dotati di iniezione. Per le case giapponesi invece era cosa assai più comune, consolidata durante gli anni ottanta, ma in quel periodo - causa contingentamento - le giapponesi sul nostro mercato erano poche sui listini e ancor meno sulle strade. Poi arrivò l'obbligo del catalizzatore, che vide il passaggio quasi generalizzato da carburatore a iniezione, ma a differenza della maggioranza Nissan continuò ad usare il carburatore su questo specifico motore (GA16DS), sebbene in una delle rare applicazioni con gestione elettronica. L'altra particolarità, dicevo, era appunto la sospensione multilink. A partire da MB W201 (la Mercedes 190 del 1982 per intendersi), la tecnologia multilink era stata principalmente utilizzata al retrotreno di auto a trazione posteriore, fino ad allora. Bene, Primera P10 aveva anche lei sospensioni multilink, cosa innovativa per una berlina media di un marchio generalista, ma la cosa particolare era che le aveva sull'asse anteriore, e solo lì! Era una sospensione fatta così, sostanzialmente un quadrilatero alto con un terzo braccetto addizionale che lo faceva definire appunto multilink: Invece il retrotreno di quella prima serie era così, un classico assale a ruote indipendenti tipo McPherson, simile a quello di molte berline italiane del periodo.
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Abbiamo visto comparire qua e là vari poggiatesta curiosi, da quelli Saab a quelli Rover ricordati poco più su. Ce ne sono chissà quanti altri, ma tra i più particolari mi vengono in mente quelli che in realtà sono veri POGGIAtesta, pensati solo per appoggiare e far riposare il capo. Quindi cuscini senza alcuna funzione di protezione o sicurezza, ma ovviamente non il ciarpame da autogrill, bensì dotazioni pensate e integrate in origine dal costruttore. Primi anni Ottanta, si parte con ALFA ROMEO! Alfa 6, versione 1983, sui montanti a fianco dei sedili posteriori sono installati dei cuscini imbottiti che circondano l'attacco della cintura di sicurezza, evidentemente per assicurarsi che il facoltoso occupante del sedile posteriore, quando dovesse reclinare il capo per riposare, non avesse a essere infastidito dal duro e contundente attacco della cintura... Il dettaglio anche nella brochure, in mezzo alle altre numerose comodità... Ma questa particolare attenzione nei confronti dei passeggeri posteriori, sembrava poi aver preso piede soprattutto in Giappone, dove alcune berline di alto rango di quel periodo sfoggiavano soluzioni simili. Dalla Mazda Luce (serie HC del 1986), che negli allestimenti più lussuosi prevedeva uno specifico divano posteriore con delle curiose "orecchie" come appoggio laterale per la testa... ...alla coeva Nissan President, qui in versione 1986 (serie H250), ancora tradizionalissima nella linea ma dotata di tutti i gadgets tecnologici più avanzati del periodo, e di quei cuscini imbottiti sui montanti. Notate anche i tipici coprisedili ricamati e bianchissimi, e il rivestimento in velluto, che nel Sol Levante è preferito alla pelle come scelta di lusso, perché considerato più discreto, morbido e silenzioso... Nissan President che nel 1990, passando alla assai più moderna serie HG50, si portò dietro la stessa idea, ma reinterpretata con questi poggiatesta della foggia ancora più curiosa...
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Piccola aggiunta sui retrovisori di McLaren F1: la rara versione installata in alto sul montante era ripresa da BMW Z1 Ritorno adesso su un modello ricordato inizialmente così: e poi ripresa e ampliata da altri (@ROBERTAYLOR e @mrw) aggiungendo immagini. Riprendo da qui per ricordare che un'altra spettacolare supersportiva italiana del periodo utilizzò le stesse luci posteriori di Fiat Sport 850 Spider, la De Tomaso Mangusta (1967) Mentre su Miura (forse per differenziarsi?) per la versione SV del 1971... ...misero invece i fari di un'altra Fiat sportiva, benché di rango assai più alto: Fiat Dino Coupé (la versione 2400 del 1969) Restando poi su Lamborghini, incredibile, ma ancora non ci eravamo ricordati di uno dei veicoli più cattivi di sempre! Lamborghini LM002 (1986) e i suoi fari posteriori... che non credo abbiano bisogno di presentazioni! (vabbé, per dovere enciclopedico ricordo che erano quelli di Alfetta 2000 1977; evidentemente come con Countach, in quel periodo a Lamborghini piaceva Alfetta. Tra l'altro i prototipi LM001 e LMA002 - ma non il primo concept Cheetah del 1977 invece - avevano proprio gli stessi fari di Countach/Alfetta prima maniera...)
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Visto che siamo entrati nell'argomento, condividerei quelle mie considerazioni più ampie cui accennavo, che scaturivano dalla plancia di Rover SD1, con una sorta di analisi retrospettiva. Su SD1, @slego non poteva descrivere meglio l'idea alla base del design di quegli interni. E poi abbiamo visto la questione curiosa della bocchette. Adesso vorrei allargare il discorso, perché SD1 mi pare sia "solo" un esempio di una scuola di pensiero propria di Rover, che ha attraversato i decenni traducendosi in pratica ingegneristica con applicazioni più frequenti di quanto non appaia. Per andare sul concreto: questi erano gli interni originali di Rover P6 (1963), cioè il modello precedente a SD1. Bastava invertire di posizione blocco strumenti, volante e pannelli inferiori. Stop. Andando più indietro, Rover P5 (1958) non molto diversa la situazione qui: invertire posizione allo sportello del portaguanti (è perfettamente rettagolare, qui non si nota, scusate non ho trovato foto "centrata" che aiuterebbe a capire meglio); il blocco strumenti è anche qui autonomo, "appoggiato" alla plancia, e il piantone è inserito tra la plancia e la mensola, spostabile senza modifiche. E prima ancora, Rover P4 (1949). Strumentazione e cassetto portaguanti intercambiabili! Lo sterzo... vabbè, un buco nel pavimento e via! Il concetto è evidente: simmetria estremamente chiara e disegno dei componenti pensato per la massima semplicità di cambio configurazione guida a destra/sinistra. Una "base" fissa e simmetrica, e dei componenti "mobili" da montare indifferentemente a destra o sinistra. Ma non è stato solo nelle grandi berline che Rover applicava questa idea. La medesima impostazione, infatti, la si ritrova anche negli altri modelli tipici della casa, i fuoristrada! Land Rover, qui nella crudezza di una gloriosa Series II del 1970: Si vede persino il tappo di lamiera nera avvitato a coprire il buco per il passaggio del piantone sterzo per la guida a destra! Poi anche la più civilised Range Rover (1970) E ancora nella Discovery del 1989 Basta scambiare cruscotto portastrumenti e maniglione (non mi meraviglierei se avessero gli stessi attacchi...); il piantone del volante si inserisce in quel pannello interscambiaile a dx/sx ed è sagomato attorno al profilo circolare della plancia: E dall'alto si nota meglio come la plancia sia sagomata alla stessa maniera davanti a guidatore e passeggero: Come avrete notato, si tratta di Rover in senso stretto, e non le sue commistioni con Honda o Austin o BMW... Anche se, in qualche modo, mi pare che questa ricerca di simmetria, più o meno spinta, sia stata abbastanza diffusa anche in altri modelli e marchi inglesi. Pensiamo a Mini e il suo cruscotto centrale... Sarebbe strano pensando allo spirito indipendente e un po' "autoreferenziale" tipico della cultura inglese e anche dei suoi costruttori, da sempre molto concentrati sul proprio mercato, ma mi viene il dubbio che la progettazione e produzione delle automobili con guida a destra o sinistra fosse una sfida vissuta con particolare sensibilità degli inglesi, proprio per la loro situazione "isolata" di unico mercato con guida a destra tra i mercati occidentali (Europa e America). Concludo divagando su un dettaglio curioso di Rover P5 e P6, che ad un certo punto proponevano tra le dotazioni a richiesta i poggiatesta. Be', cosa c'è di strano? direte voi. Nulla, assolutamente normale per i tempi, ma questi erano i poggiatesta anteriori: E non era tutto qui, perché con ulteriore esborso erano disponibili addirittura con la luce di lettura integrata! E' quel rettangolo cromato dietro all'asta di regolazione del poggiatesta. Lussi non esattamente per tutti, neppure oggi. Anche la forma dei poggiatesta è già abbastanza curiosa di per sé, così estesa in profondità per il fatto che conteneva l'ingombrante meccanismo di regolazione dell'inclinazione, allora per niente comune. Ma ancora non è la cosa più strana. Quando si parla di poggiatesta della P5... bisogna guardare dietro! Credo siano i poggiatesta con la forma più sorprendente che abbia mai visto. Ma attenzione, in realtà non è stravaganza fine a se stessa! Semplicemente questi poggiatesta non avevano un ancoraggio al divano, bensì erano appoggiati solamente. Quindi, per assicurare che stessero e rimanessero in posizione, avevano dato al cuscino questa forma a virgola per incastrarsi tra divano, cappelliera e lunotto! E infatti guardate cosa succedeva quando si richiedevano i poggiatesta su P6. Avendo il lunotto un profilo diverso e meno rastremato, cambiava di conseguenza anche la forma degli poggiatesta.
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Ottima precisazione, grazie! Sarebbe curiosissimo sapere quante ne furono vendute in Italia all'epoca, e anche vedere quella prova di QR... Eh sì, questa è un'altra storia molto interessante per questo topic, che mi ero ripromesso di affrontare un giorno o l'altro. Aggiungo uno sketch molto esplicativo: Una cosa curiosa è che con quella scelta della bocchetta d'aria simmetrica al piantone volante, avevano "tralasciato" il particolare della bocchetta laterale per il guidatore... Eccesso di razionalità costruttiva, a scapito della funzionalità e in definitiva del cliente. Neppure il restyling 1982 pose rimedio alla questione: Rimediarono con una variante del 1984, nella quale comparve infine la bocchetta per il guidatore.
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Ho appena scoperto una particolarità - di estremo dettaglio, in verità - che mai avevo notato prima. E' noto che a fine anni Settanta, General Motors aveva deciso per l'unificazione delle gamme dei suoi due marchi europei, Opel e Vauxhall, che fino ad allora avevano avuto una certa indipendenza. Nel 1979, il lancio di Opel Kadett D / Vauxhall Astra Mk1 segna l'inizio della sovrapposizione totale tra i modelli dei due marchi. Niente più modelli autonomi, scompare anche la residuale "anglicizzazione" del frontale (talvolta qualcosa di più) con cui si distinguevano le Vauxhall. In definifiva, a partire da quel momento, Vauxhall diviene un semplice logo per rimarchiare nel Regno Unito i modelli della filiale tedesca. Il resto è marketing, guida a destra e strumentazione in miglia!* Ma qualche giorno fa mi accorgo di una stranezza, un'anomalia... Si tratta di una curiosa differenza di componentistica tra le Opel e le Vauxhall dei primi anni Ottanta. Parto con la coppia Kadett D / Astra Mk1 Proseguendo con Ascona C / Cavalier Mk2 Infine Opel Corsa A / Vauxhall Nova Le avrete notate: le versioni Vauxhall di questi tre modelli montano delle levette al volante differenti ! Chissà per quale motivo, ma pur somigliandosi, si tratta di componenti chiaramente diversi, con quelle inglesi un po' più massicce, con delle lavorazioni a scasso in corrispondenza dei pittogrammi e alle estremità. Con Kadett E e Ascona C2 questa differenza scomparve e anche le versioni inglesi adottarono le nuove levette "a L", mentre su Nova perdurò fino al lancio di Corsa B. _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ * Solo resiste ancora un decennio la diversità nella denominazione dei modelli. Ci sono poi altre eccezioni, ma non sto qua a rifare la storia di Vauxhall.
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Altri modelli interessanti con lunotto sdoppiato... Nel gruppo Daimler-Benz, nel 2000 appare la Classe C SportCoupé (tipo CL203) Poi nel 2003 anche la piccola Smart Roadster coupé, un modello destinato a un futuro interessante per originalità, sportività e rarità... Ma tornando a chi è già divenuto oggetto da collezione, tra le storiche italiane abbiamo visto la Khamsin, ma in effetti 5 anni prima, sempre dai tavoli da disegno di Bertone sotto la guida di Marcello Gandini, era uscita una delle sportive più originali del periodo, con quel profilo tutto particolare e quell'idea esclusiva del vetro nella coda: Lamborghini Espada (1968), qui nella prima serie con la griglia sul vetro di coda. Da una Lamborghini ad un'altra, passo ad un altro tema stilistico che mi piace assai, il cruscotto strumenti a blocchi, di ispirazione aeronautica. Mi è venuto in mente pensando alla Lamborghini Jalpa (1981), che tentò un approccio al design degli interni decisamente più moderno rispetto alle tradizionali e pesanti plance delle supersportive italiane del periodo. In un ambito molto diverso, la mano italiana aveva lanciato il sasso persino nel più tradizionale dei marchi: la controversa Rolls Royce Camargue firmata da Pininfarina, nel 1975 rinnovava i classici interni inglesi utilizzando strumenti e comandi in moduli a cornice squadrata con viti a vista, in stile plance aeronautiche. Poco dopo, sempre in Inghilterra, compariva la bella Rover SD1 del 1976, un modello dallo stile decisamente innovativo per un marchio inglese, non solo fuori, ma anche all'interno: La sua plancia portastrumenti, appoggiata sulla mensola, aveva i vari strumenti organizzati come blocchetti indipendenti e non era un mero effetto estetico, perché era un sistema effettivamente modulare. Nelle versioni con strumentazione semplificata (ad esempio senza contagiri...), il relativo modulo era proprio assente e il cruscotto era più corto! Nel 1980, un'auto simbolo del periodo, la Renault 5 Turbo, sottolinea la sportività esclusiva con la plancia sviluppata specificamente per questa versione, che poco aveva a che fare con il modello originale, e aveva il cruscotto portastrumenti in stile modulare: Qualcuno però ricorderà anche il cruscotto di quella che nel nostro mercato italiano fu considerata la prima fuoristrada "modaiola": Mitsubishi Pajero (1982), con strumenti supplementari a blocchi a centro plancia e la mitica bussola/inclinometro! Aggiunta: Meno nota da noi sarà sicuramente quest'altra giapponese, la prima serie della Mazda 323, uscita nel 1977 e mai venduta in Italia a quanto mi risulta. Comunque arrivò in altri mercati europei e anche negli USA ovviamente. La versione normale (in realtà immagino si tratti già di una versione "lusso"...) presentava questo cruscotto, con i quadranti rifiniti per apparire come strumenti autonomi: L'aspetto "modulare" veniva decisamente esplicitato sulla versione sportiva SP, con la plancia portastrumenti estesa per l'aggiunta dei tre quadranti centrali: Poi in realtà l'unica aggiunta era il contagiri, che determinava lo spostamento dei due strumenti secondari (benzina e temperatura acqua) a centro plancia, affiancati da un normalissimo orologio che veniva spostato lì per meri motivi estetici. La sua normale collocazione sarebbe stata davanti al passeggero, dove si vede quel bellissimo tappo . Ma si sa, per fare "sportivo" ci vogliono 3 strumenti al centro e quindi ecco spostato l'orologio e il gioco è fatto! P.S. I due volanti di questa Mazda per me sono stupendi, sul serio! Aggiunta bis: Gli americani sembrano tra i più interessati al tema, in particolare per le sportive più popolari, a cominciare dalla loro sportiva più famosa: Chevrolet Corvette C3 (qui nel MY 1978, ma già nel precedente MY77 i soli strumenti in console avevano adottato questo stile) Nel 1980 anche Ferrari è della partita, con uno dei suoi modelli meno ricordati: Mondial. Sempre GM, un'altra sportiva icona del periodo, la Pontiac Firebird 1982 Più tardi si unisce un'altra popolarissima sportiva americana: Ford Mustang GT 1984 Aggiunta 4 dicembre Chissà, ma forse uno dei primi esempi per questo stile di strumentazioni è nel cruscotto della nostra Alfa Romeo Alfetta del 1972, con gli strumenti a cornici avvitate.
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A proposito di CIZETA, vero è che ne hanno costruite così poche che si potrebbero definire tutte semi-prototipali - come diceva @stev66 nell'altra discussione - ma forse è più corretto dire che si tratta di una produzione artigianale limitatissima e quindi ogni esemplare può essere diverso... Ed è anche vero tra il primissimo prototipo del 1988 e gli esemplari successivi "di produzione" (dal 1992), qualche differenza macroscopica si può notare e una di queste è un bel carry over: E' chiaramente il gruppo freccia-posizione-abbagliante di BMW E31, semplicemente invertito e ribaltato. Poi ho un'atroce dubbio, ma i doppi fendinebbia di Cizeta, mi ricordano moooolto da vicino quelli di Fiat Tipo e Autobianchi Y10 (dal 1988). E poi all'interno... componentistica italiana a go-go! Anzi, per essere più specifici, tutto ripreso dalla Lancia Thema 2a serie (1988) - le bocchette riprese da quelle laterali - idem per il pannello climatizzatore - pulsanti alzacristalli - comando specchi Le levette al volante erano invece di origine Alfa Romeo 164.
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Ciao a tutti, visto che capita di vedere sempre più spesso il ripetersi nel tempo di argomenti, foto et cetera già visti e commentati nella stessa discussione, penso possa essere utile condividere il suggerimento sull'uso della funzione di ricerca nel forum, che ad esempio consente di trovare i messaggi che contengono determinate parole: - portatevi nella discussione di vostro interesse - cliccate sul campo di ricerca (non sulla lente, ma sul campo per scrivere) - selezionate "in questa discussione" - verificate che le altre opzioni seguano il vostro obiettivo - nel campo di ricerca, scrivete le parole chiave che volete trovare (ad esempio se cercate i commenti che contengono info sulla Cizeta V16T, forse basterà cercare "cizeta") - infine cliccate sulla lente di ingrandimento Vedrete apparire la lista dei commenti che contengono quella parola cercata, e può servire per capire se il tema che si vuole commentare è già stato trattato o meno. E' utile per evitare ripetizioni, ma anche per citare, ricordare, approfondire cose già trattate. Ad esempio, i fari posteriori di Cizeta/Alpine erano già stati ricordati da Stiletto qui...
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Ricordando gli specchi di Citroen CX serie II, nel lungo elenco che era stato proposto, mancava un'altra sportiva, una vera supercar, che li utilizzò: L'avrete riconosciuta, la Jaguar XJ220 del 1992, che all'esterno aveva un altro carry over già citato: Erano in effetti poco visibili, incassati nella coda con quelle griglie un po' à la Testarossa... Questa foto a me piace mooolto! Ma ancora una volta, è all'interno di queste sportive dai piccoli numeri che i carry over sono più palesi e spesso per niente "nobili" e sbattuti senza pietà in faccia al ricco proprietario! Curioso che le bocchette siano anche qui le stesse che abbiamo visto usare da McLaren F1, cioè quelle riprese dalla Ford Escort Mk4 del 1986. Ma dalla stessa auto era ripresa anche la maniglia interna apriporta Sempre Ford, sempre Escort, ma stavolta il modello Mk5 del 1990 per le manopole del clima Ford in effetti era da poco divenuta proprietaria di Jaguar e si capisce quindi che possano aver preso dalla "banca organi" del gruppo. Altri componenti sono invece ovvi ricicli di parti di altri modelli Jaguar del periodo, come i pulsanti alzacristalli o le levette al volante di XJS coeva, ma è curioso notare che certa componentistica, cioè proprio le levette al volante o anche i pulsanti dei comandi secondari in plancia somiglia molto alla quella usata dalle Austin-Rover anni '80, quelle estranee alla collaborazione Honda. Tanto per dire, ecco le levette di Montego, poi usate anche nei restyling di Maestro e Metro, poi anche su Discovery e Range Rover: Non sono uguali a quelle Jaguar, ma scommetterei two pounds che sono dello stesso fornitore... Idem per questi pulsanti in plancia, qui sotto su Range Rover del 1990: questi sono quadrati, quelli su XJ220 rettangolari, ma paiono della stessa serie. Del resto Jaguar era parte dello stesso gruppo Leyland, prima della vendita a Ford, e ovviamente i rapporti coi fornitori (inglesi?) saranno rimasti ancora in piedi per un bel po'... Aggiunta 19-Nov Ho individuato l'origine esatta dei pulsanti in plancia di XJ220, quelli rettangolari: erano ripresi da un'altra vettura inglese, of course! La quale a sua volta già si rivolgeva agli stessi fornitori di componentistica di Austin-Rover... Reliant Scimitar SS1 (1984)