angeloben
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4 ore fa, angeloben scrive: Sappiamo che è un Photoshop Uh! grazie, in effetti non avevo pensato a questa possibilità e guardando molto bene, si notano gli "interventi" grafici... Ma allora vediamoci qualche altra coupé mai nata, in questo caso reale! Audi A8 Coupé 1997 Una proposta presentata a Ginevra '97, realizzata con IVM Engineering, non andata in porto per supposte scarse prospettive di vendita. L'arco dei finestrini, soprattutto nella zona del montante posteriore, mi ricorda le successive MB CL (le serie C215 e C216)...
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Forse perse nel tempo dei cambi di server, piattaforme, collegamenti rotti ecc, o forse mai viste su queste pagine, ecco alcune mai nate Audi che ho incontrato qua e là su internet. Partiamo dalla Audi 100 C2 Kombi, quando Avant era un'altra cosa... Un tentativo davvero mal riuscito dal punto di vita estetico, linee pesanti e poco armoniche. Normale che non sia arrivato in produzione. Non molto diversa la sorte e i motivi per questa sua sorella a due porte, chiaramente US-specs. Audi 100 C2 aveva la sua versione 2 porte, ma era la classica berlina 2 porte alla tedesca, identica alla 4 porte. Evidentemente Audi pensava a qualcosa di più caratterizzato per sostituire la 100 C1 Coupé, soprattutto nel mercato Nord Americano dove queste versioni riscuotevano successo. Sulle linee squadrate della C2, però, il tentativo non riuscì e Audi si limitò a riciclare il frontale per la nuova 200/5000 (quella del 1979 derivata da C2) da esportare anche negli USA. A proposito di Audi 200, ecco invece una maquette con stile provvisorio della successiva serie derivata da C3/Typ44. Sebbene l'aspetto generale sia ben riconoscibile, molto però è cambiato nel modello di serie, inclusa la linea della coda e della terza luce laterale, che qui ancora ricorda lo stile del concept Auto 2000. Siamo ormai negli anni Ottanta e ho scovato qualcosa di realmente curioso per me, dato che non ho notizie, dettagli, ma solo la foto di questa 100 C3 coupé Sappiamo che di questa serie non è mai esistita una versione 2 porte, né berlina né tanto meno coupé. Non ho idea se si tratti di proposta di qualche carrozziere, o addirittura di una realizzazione artigianale di qualche privato, o magari davvero di proposte interne Audi, comunque il risultato è accettabile, ma onestamente non credo avrebbe avuto alcun successo commerciale. Non mi pare una linea rubacuori e il periodo non era affatto favorevole alle coupé. Tempo di sostituire la serie C3, e a metà anni Ottanta costruiscono le maquette per la futura Audi 100 C4 degli anni Novanta, qui in una proposta del 1986 ormai piuttosto vicina al risultato finale. Nello stesso periodo però (siamo sempre nel 1986), Audi stava pensando già anche all'evoluzione della sua ammiraglia, quella V8 che in realtà ancora non era neppure uscita e che evidentemente non aveva ancora nome definitivo. Internamente la chiamavano 300, come ulteriore gradino sopra la 200. Il concetto è ancora molto vicino alla 100, sembra la stessa base pur con alcune differenze anche significative. Però sappiamo bene che questa linea non venne portata avanti, la sostituta di V8 fu tutta un'altra cosa... Infine, è arcinota, ma essendosi persa anche questa immagine nella discussione, ecco la V8 Avant, forse non una autentica mai nata, ma dicesi costruita in realtà solo come esemplare unico per la moglie di Ferdinard Piech, un po' sulla stregua della famosa Fiat 130 Familiare degli Agnelli.
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Giustissimo! Avevo completamente scordato le italiane... In effetti l'Alfa 75 aveva avuto anche in Europa le sue versioni con questi paraurti ripresi dalla Milano, cioè la versione venduta in Nord America. Non solo la 3.0 V6, anche la Turbo li adottò a partire dal 1987 con l'allestimento "America". Non solo Alfa però. Per farmi perdonare vi propongo qualche immaginetta della più popolare FIAT, che ovviamente iniziò negli Stati Uniti a proporre paraurti con inserto a soffietto. Li ebbe la 131 prima serie, che aveva inizialmente mantenuto il nome anche in USA: E li mantenne poi anche quando con la seconda serie divenne Brava Ma la cosa curiosa è che, proprio quando la 131/Brava fu ritirata dal mercato USA, dei nuovi paraurti con il soffietto giunsero con la terza serie del 1981 anche nella produzione standard, in un nuovo disegno "integrale" destinato all'allestimento Supermirafiori.
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Avevamo parlato molto addietro di zigrinature su paraurti, fascioni e modanature, ma in effetti si trattava di motivi orizzontali. Invece i paraurti con gli inserti a pieghe in verticale, effetto "molla" sono un'altra curiosità degna di interesse davvero. Grazie Tony!🤝 Tra le case europee, Porsche li introdusse nel 1973 per il MY1974 di 911 (serie G). Furono progettati per soddisfare un regolamento emesso nel 1972 dalla NHTSA. Il "Motor Vehicle Information and Cost Savings Act" stabiliva che tutti i nuovi veicoli non dovevano riportare danni se il paraurti colpiva un ostacolo fino a una velocità di 5 mph (= 8 km/h). I nuovi paraurti ad assorbimento di impatto, negli esemplari per il mercato statunitense, integravano all'interno degli ammortizzatori elastici, in grado di assorbire i colpi ritornando poi alla forma originaria. Gli elementi a soffietto in materiale sintetico nero assecondavano questa funzione. Evidentemente, in fase di sviluppo i nuovi paraurti risultarono così ben integrati nel design della vettura che furono adottati su tutta la produzione, non solo negli Stati Uniti; e rimasero sostanzialmente immutati per oltre 15 anni, fino all'arrivo della 964. Nei veicoli che non erano destinati all'esportazione negli USA, l'aspetto esterno dei paraurti non cambiava, ma gli elementi elastici interni erano sostituiti da elementi tubolari più economici, che però si deformavano in caso di urto e quindi dovevano essere sostituiti. Gli ammortizzatori potevano comunque essere ordinati come optional. Oltre a Porsche, i soffietti li ricordiamo poi sulle svedesi, iniziando proprio dalla Volvo 760 del 1982 ricordata da Tony. L'anno dopo Saab segue con le nuove modanature della 900 MY 1983, più massicce e dotate di soffietti nella zona di eventuale contatto col paraurti vero e proprio. Anche nelle successive modifiche dei paraurti, dal design più integrato, la 900 mantenne questa caratteristica. E lo stesso vale per la Saab 9000 che fin dal debutto ebbe i paraurti con la lavorazione a soffietto.
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Recupero un commento ormai coperto dalla polvere, per ampliare il discorso su Ford Scorpio iniziato da MaxKTMp3. Lungi dall'essere un'auto che spiccava per originalità, tuttavia al momento del lancio in qualche modo si fece notare. Il premio Auto dell'Anno (1986 per essere esatti) ne è conferma e fu principalmente merito proprio dell'adozione generalizzata di un dispositivo così importante (e allora molto costoso) come l'ABS. Per il resto mi sembra di poter dire che fosse un'auto ben confezionata, ma senza alcuna caratteristica realmente innovativa o davvero caratterizzante. Molto tradizionale nella meccanica, estendeva all'ammiraglia la formula due volumi e mezzo di Escort e Sierra, e di quest'ultima riprendeva anche le linee morbide e di buona (ma nulla più) aerodinamica. Le luci della ribalta durarono poco per lei, presto entrò in un semi-anonimato fatto di flotte e mercati di tradizionale forza Ford (in particolare il Regno Unito), con numeri probabilmente sostenibili ma nulla più. L'aggiunta delle varianti Tre volumi e Station Wagon aiutarono a sostenerla nel tempo, finché il restyling del 1994 la fece paradossalmente tornare sotto i reflettori, ma unicamente per il suo design controverso. E non ebbe eredi dirette. Comunque, per la serie curiosità, agevolo immagine dello schienale posteriore regolabile elettricamente citato da MaxKTMp3, al tempo una caratteristica quasi unica nel mercato europeo (forse solo MB serie S W126 lo aveva nella versione lunga SEL). E qui il disegno del particolare meccanismo, separato per le due porzioni 40/60 e con variazione massima di 15°. Appannaggio delle versioni più lussuose, questo accessorio fu comunque presente per l'intera vita commerciale di Scorpio. E qui voglio aggiungere l'altra particolarità di Scorpio che mi ha fatto venire in mente questo post. Sempre di sedili si tratta e sempre di un accessorio che è stato disponibile dall'inizio alla fine della produzione di questo modello: il supporto lombare "a pompetta" per i sedili anteriori! Si tratta di quelle strane "perette" davanti ai sedili (qui in posizione alzata operativa, ma normalmente nascoste in basso), che sono in effetti delle vere e proprie pompe manuali per gonfiare o sgonfiare il cuscino inserito nello schienale per il supporto lombare. Il funzionamento è spiegato qui: Una soluzione che non ho mai visto in nessun altro modello, Ford inclusa. Per teminare, questi accessori mi ricordano un accessorio esclusivo di un'altra ammiraglia del periodo, la Renault 25, che ad un certo punto della carriera propose sui modelli di punta i sedili anteriori con vari cuscini gonfiabili a regolazione elettrica. Poi anche l'erede Safrane continuò ad offrirli, con la pulsantiera inglobata nel rivestimento. Tutto questo prima dell'arrivo dei sedili massaggianti...
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La questione blocchetto chiave a sinistra già era stata ricordata per Porsche, con interessante spiegazione "racing"... ...e anche qui proprio per Alfa 33: Ma oltre all'AlfaSud e alla Ritmo che ha ricordato Tony, ci possiamo mettere anche la Citroen CX: Immagine che risponde anche alla nota di Ale_72, perché nel satellite sinistro si vede in alto il comando a bilanciere delle frecce. Ma ancora, questa immagine dell'interno di CX prima versione (1975), ci permette un parallelo interessante tra il design dei pannelli porta di CX e Ritmo (foto nelle pagine precedenti), nella loro versione originaria, alla presentazione. Ritmo sembra la versione "squadrata" del pannello di CX: entrambi realizzati in un monoblocco di plastica, senza alcuna applicazione in tessuto, con design estremamente geometrico (linee circolari per CX, squadrate per Ritmo), con soluzioni originali per i pulsanti sicura portiere... Il design francese e quello italiano di quel periodo facevano a gara nel proporre soluzioni originali, talvolta solo curiose, talaltra "futuristiche" e davvero innovative. Gli inglesi anche ci provavano qualche volta, i tedeschi (quasi) mai... Tema plafoniere: Giulietta - con la versione '81 - in realtà è stata la prima a introdurre i comandi alzacristalli nella plafoniera: Qui il dettaglio della plafoniera: Ad Alfa Romeo l'idea piaceva, e la ripropose su Alfetta '83 in una versione ancora più spettacolare, a tutto imperiale, con luci e comandi anche per i passeggeri posteriori: Poi ancora su Alfa 90 e 75, già citate molte pagine fa. Faceva molto plancia comandi aeronautica, ma ergonomicamente era una cagata pazzesca! Ed è proprio Lancia Delta nel 1979 che nella plafoniera inserisce la targhetta con l'indicazione della pressione pneumatici, ma anche lo spazio per scrivere il kilometraggio di quando sono stati effettuati i cambi olio...
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E' una citazione Renault low cost... 🤣
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Sì, in effetti la ventiquattrore Valextra era già stata citata da MarcoGT qualche mese fa... Oggi Alfa 90 ha un suo fascino anche per tutte queste stranezze, incluso il design squadrato e massiccio, ma quanto era anti-ergonomica la collocazione dell'autoradio in questa plancia? Faceva il paio con gli alzacristalli sulla plafoniera (già citati anch'essi, così come il maniglione del freno a mano...) Passando ad altro, la plancia di Ritmo in alto mi ha ricordato un'altra serie di particolari della nostra media piuttosto curiosi, qui visibili in una vista d'insieme di una prima serie, con i suoi criticati pannelli monoblocco tutta plastica. Il primo sono i pulsanti a doppia botticella con la particolare illuminazione verde/rossa a fibre ottiche: L'altro è l'azionamento della sicura delle portiere a bilanciere, anche questo con la particolarità dei pallini rosso/verde E qui per me torna la questione ergonomia, o meglio: intuitività. Non so voi, ma a me l'opzione verde/rosso per un azionamento mi ha sempre creato il dubbio. Se vedo la luce verde accesa, sginifica che quel comando è già attivo? Oppure mi dice che per attivarlo devo premere su quella parte illuminata di verde? E quindi una volta premuto sul verde, quella lucina si spegne e si accende quell'altra rossa (per indicarmi che devo premere lì per disattivare)? Idem per la sicura: se vedo la lunetta rossa, significa che la porta è chiusa? Oppure mi suggerisce "premi qui per chiudere", che quindi significa che in quel momento la porta è aperta? Mah... Fatto sta che Fiat non ha più usato questo approccio su altre vetture successive. Infine le bocchette centrali "sollevabili" per orientare il flusso alto/basso: ...soluzione che ricordo riproposta su Renault Safrane, una quindicina di anni dopo:
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Sì, erano optional disponibili anche in Italia, almeno nei primi periodi, quando i clienti sono più propensi a comprare l'auto su ordinazione e includere optional spendendo qualcosa in più per un modello di maggior appeal perché appena lanciato. Poi negli anni la lista optional per il mercato italiano è stata ridotta per semplificare l'offerta, e forse anche questi accessori potrebbero essere stati depennati a seconda degli anni e delle versioni. A Novembre 1985, dopo la presentazione della versione 3 volumi, questa era la lista accessori per l'Italia. E aiuta a chiarire proprio la questione su quel singolo comando dei sedili riscaldabili nella foto, che anche a me aveva lasciato perplesso. I sedili riscaldabili per sedile guida e sedile passeggero erano due optional distinti! Roba da listini Mercedes-Benz... Sempre adorato comunque l'approccio tedesco ai listini di quei periodi, in particolare proprio MB e Opel, che almeno in patria mettevano a disposizione una miriade di accessori, alcuni anche dettagli molto specifici (un esempio: il condotto di riscldamento verso i piedi dei passeggeri dietro) e tutti indipendenti, cioè senza ancora il concetto di "pacchetto" in cui bisogna pagare per 10 cose che non ti interessano, solo per avere quell'unica che desideri davvero.
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Eh, anche quello è roba moooolto anni Ottanta: è un equalizzatore! Un accessorio sempre a che fare con l'autoradio, ma assai più caro di un portacassette... Quella foto (trovata a caso su internet) ritrae evidentemente una Kadett piuttosto ben allestita. Intanto è un allestimento GLS, il più rifinito della gamma normale, cioè escludendo le sportive. Lo si riconosce dal rivestimento "Mosaic" che citavo, esclusivo di quella versione, e dal volante, un tre razze che chiamato "Comfort" da Opel , per distinguerlo dal tre razze destinato alle sportive (quello ritratto nella foto dell'Ascona). Ma come spesso succedeva per le auto tedesche fino agli anni '90, anche gli allestimenti più rifiniti in realtà spesso non avevano dotazioni di serie molto diverse dagli allestimenti base. Voglio dire che erano le finiture che cambiavano (tessuti, volanti, sedili, pannelli porta, cromature e altri dettagli o accessori che potremmo definire minori), ma difficilmente includevano accessori più importanti e costosi, che rimanevano nell'elenco degli optional. Questo soprattutto in patria, perché in altri mercati - come anche il nostro - rimodulavano la dotazione di serie (e la lista optional...) secondo le aspettative o necessità locali. E quella Kadett in foto ha una dotazione di optional davvero considerevole per il periodo! - Contagiri: oggi pare strano, ma allora poteva essere optional anche negli allestimenti migliori - Trip Computer: quello tra le bocchette centrali non è un semplice orologio digitale, ma un computer di bordo con le classiche funzioni consumi, medie, autonomia etc etc - Autoradio: non un modello qualunque, ma una SC203, con display digitale, che in quegli anni (86-88) non era proprio roba cheap... - Equalizzatore: evidentemente il proprietario era un appassionato e non poteva rinunciare al massimo della personalizzazione del suono - Cambio automatico: il classico 3 marce GM, accessorio non proprio a buon mercato, ma in certi mercati nord europei era assai più diffuso che da noi - Specchi regolabili e riscaldabili elettricamente: è quel comando accanto al freno a mano - Alzacristalli elettrici anteriori: sono i pulsanti ancora più indietro del comando specchi - Sedili anteriori riscaldabili: è quel pulsante con led a destra del cruscotto portastrumenti e del volante Oggi sembrano cose abbastanza comuni, ma per una media segmento C di allora erano cose rare (e belle care!) persino nella lista degli optional, figuriamoci vederle installate tutte insieme...
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Eh sì, il pulsantino sarebbe stato più comodo, ma a che prezzo? A quei tempi le motorizzazioni elettriche erano ancora assai più costose rispetto a una meccanica semplice. Vero che la GT fu pensata anche per il mercato nord americano, dove già in quegli anni tutte le possibili comodità erano apprezzate e diffuse. Ed è anche ovvio che nasceva per un mercato di nicchia, dove qualche margine in più c'è sempre... ma fino a un certo punto! GT voleva soprattutto essere una sportiva abbordabile, adatta a tasche anche giovani. E quindi un comando manuale alla fine non spaventava la clientela di riferimento, né quegli americani che si stringono dentro un'agile sportivetta europea, né gli europei, dalle abitudini assai più spartane. Anzi, in questo modo il gesto manuale poteva aggiungere una soddisfazione fisica allo spettacolare ribaltamento dei fari! @PaoloGTC, grazie dell'apprezzamento! L'argomento è a dir poco leggero, per non dire inutile, e sicuramente potrei spendere meglio il mio tempo... ma che ci possiamo fare? 🤷♂️ Ogni tanto mi partono questi pipponi chilometrici, e giuro che mi devo sempre sforzare a limitare e chiudere il discorso, perché mi partono continuamente collegamenti infiniti che farebbero esplodere la conversazione... Eccone uno per esempio: Sì, boh... non vorrei farei il temperasupposte, ma secondo me era principalmente una questione estetica (e di marketing). Perché - come si è detto - non nasceva con Kadett GSi. L'ispirazione diretta voleva apparire il concept Tech1*. Non trattandosi di una light sportscar, il mezzo simbolo Opel adesivo di Tech1 difficilmente poteva avere un motivo tecnico di alleggerimento; piuttosto, in un laboratorio di nuove tecnologie aerodinamiche quale era Tech1, rappresentava un estremo dettaglio funzionale al miglioramento dei flussi d'aria. E che l'adesivo non fosse un concetto di "alleggerimento racing", ma piuttosto di modernità in senso lato, a mio parere è supportato anche dal fatto che dopo Tech1 e poco prima di Kadett E, anche un altro concept che nulla aveva a che fare con la sportività, lo presentava in bella vista: era la piccola Junior. Ma aspetta... ora che ci penso... Vabbe' dai, facciamo partire la retrospettiva! Il simbolo Opel adesivo (o disegnato, o... comunque non in rilievo!) Per non divergere, mi limito a un elenchino in senso cronologico inverso: 1988: Corsa GSi 1984: Kadett GSi (seguita a breve dalla Manta GSi) 1983: Junior (concept) 1982: Corsa SPIDER (concept) e Manta GT/E 1981: Manta 400 1981: Tech1 (concept) 1975: GT2 (concept) - autunno 1975: GT-W Geneve - primavera Quindi... in effetti molte di queste auto sono modelli "sportivi", ma è pur vero che più che sportività da corsa, si tratta di modelli e concept che volevano rappresentare le tendenze dello sviluppo estetico e tecnologico di Opel; e tipicamente i modelli sportivi sono i portatori di queste proposte. Per questi motivi io tendo a vedere il dettaglio del marchio adesivo come un messaggio estetico segno di modernità nell'idea dei designers Opel. Comunque, tornando a GSi, davvero quello che mi sorprende di più è l'assenza del nome Kadett... perché? Anche Corsa GSi, nel 1988, seguì lo stesso schema, solo targhette/adesivi GSi, niente nome. Invece Manta GSi aveva i suoi adesivi con il nome Manta e pure bello grosso (e qui si potrebbe riaprire il tema dei font particolari, perché pure Manta ebbe il suo...) Ma in effetti la storia potrebbe essere partita già negli anni Settanta, con la Kadett C coupé GT/E, in particolare la seconda serie, quella con le frecce anteriori a lato dei fari. Mentre la prima serie riportava il nome Kadett davanti, sul bordo del cofano motore (mah, strano anche questo, ma su una versione particolare ci può stare...), con la seconda serie del 1977 il nome scomparve, rimasero solo gli adesivi GT/E. E così fu anche per la serie successiva; sulla Kadett D, la GTE perse lo slash ma il nome Kadett scomparso. Misteri... Infine, i portacassette! Sorvolo sul fatto che la foto con i portacassette era di un cruscotto Ascona e non Kadett, e anche sul fatto che il tessuto si chiama Mosaic e non Optic... (lei non mi sta attento signor Paolo ) Ma i portacassette sono un bel tuffo nel passato, sì. Noi lo avevamo sulla Corsa A del 1989, del tutto inutilmente visto che mio padre mai ha installato un'autoradio in macchina! Un lusso inaccettabile per lui. Ma la macchina era così in concessionaria e così la prese: Swing, 1000 aste e bilancieri, 5 porte, rosso "mexico", un rosso scuro pastello piuttosto bello. Unici optional inclusi, lo specchio destro e quell'inutile portacassette. Mancavano persino le bocchette laterali, sostituite da dei tappi assai deprimenti. Una macchina che non ebbe un problema che sia uno, ma davvero una tristezza... Finì schiantata contro un'altra macchina in sosta, un'alba che mio fratello fece un po' (troppo) tardi. Nessuno la rimpianse. Era 'na machina. Fine. P.S. Il portacassette ce l'ho ancora io, nella libreria, nascosto dietro ai CD. * Non solo GSi, ma Kadett in generale aveva dei richiami a Tech1: dalla linea fastback fluida e smussata, alla linea inferiore dei finestrini curva, dal passaruota posteriore "tagliato" alla forma dei fari anteriori, dalla calandra fino al simbolo spostato sul cofano. GSi aggiungeva richiami specifici come i paraurti o il profilo sottoporta scuro che risale verso il passaruota dietro, o appunto il simbolo Opel adesivo anziché in rilevo.
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Mi scuso con chi dovesse averlo già visto, ma copio in questa discussione gran parte di un intervento fatto altrove, perché si lega perfettamente all'argomento Opel anni '80. Di là si partiva da un cruscotto di una vecchia Toyota, che mi ha ricordato il primo cruscotto digitale di Opel (qui su Monza 1982), con il contagiri che riprendeva la tipica forma della curva di potenza: Ma poi ho collegato un altro dettaglio della Toyota con questo di Opel: lo stile dello sfondo della strumentazione, un quadrettato tremendamente anni Ottanta! Un tema grafico che in quel periodo spuntava spesso qua e là, generalmente associato all'idea di computerizzazione, tecnologia avanzata ecc ecc... Roba molto da schermi ai fosfori verdi! E mi è sovvenuto il periodo pubblicitario 1982-84 di Opel, impostato su questo stile: E chissà se era un caso o una suggestione, ma io ci ho visto un messaggio estetico in anticipazione di Kadett E del 1984 con la sua strumentazione con lo sfondo a quadretti: Cui si abbinava la finitura squadrettata del clacson sul volante, dei pulsanti ai lati del cruscotto e persino del tessuto dei sedili (un rivestimento nuovo per Opel, introdotto con Kadett E per la versione più lussuosa, la GLS, e chiamato "Mosaic"). Con Kadett E, Opel voleva evidentemente significare qualcosa di meno tradizionale e di veramente moderno, non solo nella sostanza (l'aerodinamica) ma anche nei dettagli che fanno l'immagine del prodotto. Oltre alle novità che ho citato sopra, mi vengono in mente molti altri particolari per i quali Kadett E si distingueva dalle altre Opel. Come il simbolo spostato dalla calandra al cofano motore. Un'idea che i più impallinati ricorderanno già proposta a metà - nel vero senso della parola! - dal prototipo Tech1. Poi l'assenza (quasi) totale di cromature, sia fuori che dentro. Persino il filetto decorativo delle versioni "ricche" non era cromato, ma un adesivo... In questa "modernizzazione" (o plastificazione, o semplificazione, o risparmio... chiamatela come volete) ricadevano anche i nuovi volanti con lo stemma Opel semplicemente inciso nella plastica. E pure i copricerchi, con lo stemma Opel solo inciso, una novità di Kadett E pure quella... potrà sembrare strano, ma per Opel il concetto stesso di copricerchio integrale era una novità, introdotta per questioni aerodinamiche. E in realtà fu così anche per molti altri costruttori al quel tempo. Infine direi anche la nuova scritta del modello e dell'allestimento, anch'essa senza più cromature e con l'inconfondibile font stile "neon", molto in voga in quegli anni. Addirittura, le versioni GSi avevano eliminato tutte le applicazioni in rilievo! Dallo stemma sul cofano, sostituito da un più aerodinamico (e moderno?) stemma adesivo, rifacendosi ancor più al concept Tech1, alla scritta Opel in coda, anch'essa sostituita dallo stemma adesivo sopra il vano portatarga. Addirittura era scomparsa del tutto la scritta Kadett. Solo badge GSi, persino dentro la calandra! Altra novità, con Kadett E si cambiavano i nomi degli allestimenti. Opel da anni utilizzava uno schema impostato su tre livelli: quello di base privo di nome, utilizzando le denominazioni "Luxus" e "Berlina" per gli allestimenti con rifiniture crescenti. Più le varianti sportive. Con Kadett E introdusse le sigle "LS", "GL" e "GLS" a sostituire i nomi precedenti. E pure la versione di punta, adottò la nuova sigla "GSi" in luogo del precedente "GT/E". Insomma, Opel aveva provato a darsi un'immagine meno austera, più giovanile, internazionale, alla moda... qua e là aveva addirittura "osato". Certe cose si sarebbero consolidate nel tempo, altre resistettero ben poco. Opel provò a estendere certi dettagli al susseguente face lifting di Ascona di fine '84, che adottò gli stessi rivestimenti, la stessa strumentazione, gli stessi volanti di Kadett E (qui sotto nella versione sportiva a tre razze), le stesse curiose levette a "L". Ma già il modello 1985 di Corsa (quello che introdusse le versioni 4-5 porte) non si portò dietro altro che il nuovo tessuto Mosaic per la GLS, ma niente strumenti quadrettati, né volanti con stemma inciso, né le levette "piegate", neppure il font "neon"... L'Omega era ormai alle porte con il suo carico di ulteriori novità, soprattutto di tutta una componentistica che divenne uno stardard su gran parte della produzione Opel: dalle maniglie porta esterne agli specchi retrovisori, dal nuova grafica strumentazione, alle famose levette con soffietto, dalle manovelle alzavetri ai pulsanti per la versione elettrica, fino ai poggiatesta forati (la versione con imbottitura e rivestimento, mentre quelli in plastica erano già arrivati con Ascona C o Kadett D, non saprei). Ma soprattutto Omega osò dove la pur coraggiosa Kadett E non aveva neppure pensato di arrivare: consegnò alla storia il nome "Rekord" per inaugurare una generazione di Opel con una identità nuova, anche nel nome. Sulla medesima Kadett, Opel operò nel tempo una certa "normalizzazione", eliminando i dettagli più segnati dal passaggio delle mode, come la calandrona unita al paraurti, o appunto la strumentazione quadrettata, i massicci volanti dalle linee squadrate e, naturalmente, anche l'anomalia più sconcertante, quel guizzo di fantasia che fu il lettering a "neon". Ancora poco e avrebbe perso anche il nome...
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Sulle strumentazioni elettroniche la discussione potrebbe non finire mai, tanto si sono sbizzarriti i tecnici sia in passato che ancor di più oggi... Molte pagine fa qualcuno aveva già postato qualche foto e commento. Io aggiungo giusto il primo cruscotto digitale di Opel (qui su Monza 1982), con il contagiri che riprendeva la tipica forma della curva di potenza: Dopodiché mi limito a notare lo stile dello sfondo di entrambi questi quadri strumenti: un quadrettato tremendamente anni Ottanta! Un tema grafico che in quel periodo spuntava spesso qua e là, generalmente associato all'idea di computerizzazione, tecnologia avanzata ecc ecc... Roba molto da schermi a fosfori verdi! Tra le europee, ricordo Opel e il periodo pubblicitario 1982-84 impostato su questo stile: E chissà se era un caso o una suggestione, ma io ci ho visto un messaggio estetico in anticipazione di Kadett E del 1984 con la sua strumentazione con lo sfondo a quadretti: Cui si abbinava la finitura squadrettata del clacson sul volante, dei pulsanti ai lati del cruscotto e persino del tessuto dei sedili (un rivestimento nuovo per Opel, introdotto con Kadett E per la versione più lussuosa, la GLS, e chiamato "Mosaic"). Opel provò a estendere questo stile anche al susseguente face lifting di Ascona di fine '84, che adottò gli stessi rivestimenti, la stessa strumentazione, gli stessi volanti di Kadett E (qui sotto nella versione sportiva a tre razze).
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Riguardo a Fiesta Mk3 con i rostri, confermo che erano una dotazione del tutto originale, prevista per l'allestimento "S". In effetti così come appaiono in quella foto, sembrano fuori luogo, anche perché del tutto inutili... ma qui siamo in Italia! Quei rostri invece avevano un senso nella configurazione di quell'allestimento come pensato in origine. Nella gamma iniziale dei paesi di origine (diciamo Regno Unito e Germania Ovest), la "S" nasceva infatti con motore 1600 da 90 CV, solo 3 porte. Una sorta di iniziale versione sportiva, in attesa della più performante e riconoscibile XR2i, che arrivò un attimo dopo. Poi arrivo anche la Turbo... Ma tornando ai rostri, servivano a proteggere i fari supplementari tondi che nella "S" originale venivano installati di serie sul paraurti anteriore, e che sporgevano un po'. Roba un po' "vecchia scuola" anche per il 1989, ma non era il solo anacronismo di questa serie, che pur appena uscita aveva ancora i paraurti che lasciavano a vista le parti inferiori della carrozzeria. Ma tornando alla "S" e ai rostri, il problema della loro presunta inutilità nasce dal fatto che da noi in Italia questo allestimento "S" arrivò riformulato per il nostro mercato. Cosa significa? Be', vuol dire che invece del "grosso" ma tutto sommato normale millesei, poco adatto al nostro mercato, da noi la "S" arrivò nelle stesse identiche cilindrate dei modelli CLX o Ghia, cioè 1100 e 1400. E perse anche i fari supplementari (non disponibili neppure come optional, non di fabbrica almeno). Decisione comprensibile visto che da noi i fari supplementari non hanno mai avuta la stessa diffusione e utilità dei paesi del centro e nord Europa, ma in effetti rese del tutto superflui i rostri. Immagino siano rimasti solo per questioni pratiche di produzione, cioè in linea di montaggio l'allestimento S prevedeva quel paraurti ed era più complicato cambiare che lasciare. Mentre i fari supplementari erano assai probabilmente montati a sé e toglierli era solo risparmio.
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Belle, le ultime 3 foto mi mancavano! Sì, anche la storia del deflettore sul vetro dietro... Onestamente lo avrei visto bene anche su Vectra, soprattutto ora che finalmente lo vedo anche in combinazione con il passaruota arcuato "definitivo" della 4a foto. Giusto per un confronto estetico interno, su Kadett E 3 volumi era così, e a me pare riuscito comunque. Ma confesso che io ho una vera fissa contro i vetri non non scendono del tutto! Per darvi un'idea, ricordo che da piccolo deridevo mio cugino - coetaneo - che seduto dietro alla sua Audi 80 (sua... diciamo dello zio, va'), non poteva tirar giù il finestrino fino in fondo quando ci salutava. Mentre sulla nostra nuovissima Ascona (si parla del 1982...) andavano tutto giù che era un piacere e ci si poteva sbracciare, tenere il gomito ben appoggiato fuori dal finestrino... Tenete presente che la sfida Audi 80 - Opel Ascona, per qualche tempo fu uno degli argomenti fissi dei ritrovi con i miei zii, in particolare tra mio zio (il vero appassionato di auto) e il mio babbo. E faceva ridere, perché in realtà mio padre era assai poco interessato alle questioni automobilistiche, e al momento dell'acquisto della nuova auto, si era fatto consigliare proprio ...dallo zio! Riguardo a storielle sulla Vectra (o dovrei dire "Omega"? ) bianca in galleria del vento, io non ricordo nulla. Racconta racconta...
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Sarebbe stata interessante una coupé Peugeot in quegli anni, pensando anche al lascito di 504 coupé... Ma in Europa il tempo dei coupé era decisamente passato e si vede! Infatti la pensavano per gli USA, mi si dirà. Ma rimaneva pensata e progettata in Europa e l'assenza di confronto, di concorrenza, toglie spinta e ispirazione a chi progetta, qui mi pare evidente. Nonostante Pininfarina avesse in effetti inserito qualche elemento di novità interessante, l'impostazione generale sa troppo di già visto. L'ispirazione Alfa Romeo è troppo "presente", questa sembra una strana mistura di GTV, Sprint e persino Alfasud! Evidentemente erano le ultime coupé che erano rimaste nella mente dei disegnatori italiani... E sembra infatti di vedere anche la mano di Giugiaro. E di stile Peugeot neanche l'ombra! E sì che Pininfarina conosceva bene la casa del Leone... Pare quasi una proposta che Pininfarina aveva nel cassetto per Alfa e su cui ha messo lì un frontale e appiccicato i loghi Peugeot quando glielo hanno chiesto. Qualche spunto da notare, comunque. L'accentuata piega sulla fiancata, che combinata con lo scalino della linea paraurti-passaruota, va a creare un'ampia scalfatura concava sulla fiancata, sorta di evoluzione di quella - più geometrica - di Lancia Gamma Coupé. Poi i paraurti molto ben integrati nella carrozzeria, ma anche la maniglia "annegata" nel montante della portiera, perfettamente a filo, in una forma che mi ha ricordato molto quella della ben successiva Fiat Coupé. In generale, sorvolando sull'inspiegabile assetto "sui trampoli", proprio la cura aerodinamica mi sembra notevole per l'anno 1979, se anche guardiamo le cornici delle portiere a filo, l'assenza di gocciolatoi, gli specchi carenati...
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Grazie Paolo, un disegno che apprezzo molto poter vedere finalmente per intero e in "Full HD" , dato che in passato lo avevo solo intravisto sullo sfondo di altre immagini sulla genesi di Vectra... La firma di questo bozzetto riporta al 1986, quando lo stile credo fosse stato già sostanzialmente congelato, inclusa l'impostazione dei fari posteriori immagino. Visto il periodo e i dettagli - molto stile tuning alla tedesca peraltro, con i paraurti che mi ricordano alcune realizzazioni Irmscher - io lo inquadro come uno studio specifico per la versione alte prestazioni di Vectra, la "2000" per intendersi. Un'idea per la personalizzazione sportiva, su un corpo vettura già piuttosto ben definito, sicuramente con qualche libertà che il disegnatore si era preso... tra queste ci vedo proprio quel montante "nascosto", o i vetri con gli spigoli superiori arrotondati, o gli spettacolari retrovisori supercarenati. Ma anche i fari posteriori... niente male anche secondo me, ma a due anni dal debutto non penso che il disegnatore avesse velleità di proporre soluzioni di stile per Vectra in generale. Per dire che forse non è stato neppure discusso nel management per dire "sì belli, ma troppo belli..." Ma questi disegni spesso servono anche solo a dare suggestioni, idee, spunti magari non nell'immediato, ma per sviluppi futuri, non importa se di quello stesso modello o di altri. Quello che invece è stato un punto di reale incertezza e dibattito fino in fondo è il disegno del passaruota posteriore di Vectra. Questo bozzetto adotta la soluzione di Omega A (sul filone di Tech 1 e Kadett E) del passaruota "piatto" semicarenato, orientato alla massima efficienza aerodinamica. Ci sono stati prototipi semidefinitivi e marcianti con questa soluzione. Poi sappiamo che alla fine ha vinto la soluzione più elegante e piacevole col passaruota lievemente arcuato.
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Dopo esser stato la causa di un OT durato 3 pagine, vedo di rimediare per riportare la discussione nei ranghi Ricorderete (molti no, quindi facilito...) un post di qualche mese fa partito da queste immagini un po' misteriose Poi ampliato da altre scoperte... Ecco, ho trovato la conferma che quella primissima immaginetta a colori, quella del frontale col paraurti azzurro, appartiene davvero ad una maquette in scala, come avevo ipotizzato. Eccola lì a destra, in mezzo ad altri modellini, dietro alla diesel da pista, nel museo Opel. Come spesso accade in questi casi, non si può sperare in una bella foto intera, magari ad alta risoluzione, con tutti i dettagli in bella vista Ma i curiosoni come noi si accontentano di ciò che passa il convento, anzi per qualcuno c'è persino maggior gusto quando le cose si ricostruiscono tessera dopo tessera...
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Le riaperture ci hanno giustamente staccato un po' dai computer e dal forum, e così, con calma, riprendo un po' la discussione con qualche altra idea. Oggi si parla di volanti... Partirei da una soluzione tecnica piuttosto rara ed ergonomicamente interessante, che è la regolazione del volante solidale con il cruscotto portastrumenti. L'idea era garantire una visibilità ottimale degli strumenti in ogni posizione del volante. Io la ricordo solo in due modelli piuttosto diversi fra loro, ma certamente appartenenti ad un periodo e a marchi che non hanno lesinato idee innovative o comunque originali. Porsche 928 (1978) guardare il punto 16 dello schema del manuale d'uso Ma pochi anni dopo anche la più popolare Alfa 33, nella prima serie del 1983, propose la stessa soluzione, che qui nella foto potete apprezzare con l'insieme volante-cruscotto regolato alla massima altezza. Si vede anche la levetta di sblocco a destra del piantone, dettaglio che aiuta a ricordare un'altra particolarità di questo modello, cioè la chiave di avviamento a sinistra (il portachiavi ciondola di là...). Fatto curioso - e qualcuno l'ha già citato spiegando anche una possibile ragione - anche Porsche ha storicamente utilizzato questo schema, ma non su 928... Passando alle forme del volante, già erano venute fuori le menzioni dei monorazza Citroen e del mitico volante a corona squadrata di Austin Allegro Aggiungo adesso un trio di volanti, tutti degli anni Ottanta, che potremmo definire a razze asimmetriche. Al di là dell'impatto estetico, onestamente mi sfugge la motivazione tecnica... Si inizia nel 1980 dalla vecchia Europa, con la Renault 5 Turbo, quella a motore centrale pensata per i rally Dall'Australia, Ford Fairmont (XE, 1983) Infine dal Giappone, si ripropone la Subaru XT del 1985, uno di quei modelli che paiono un concentrato di soluzioni particolari, già citata da me in altro post per le maniglie porta "carenate" ad esempio, ma questa immagine degli interni rivela altri aspetti interessanti, dai satelliti a lato del voltante, alla strumentazione digitale, dal cambio a joystick fino al vicino cursore - stile Citroen - per la regolazione delle sospensioni elettroniche... E si parlava di una coupé compatta di metà anni '80! N.B. L'immagine potrebbe ingannare, ma il volante ha solo due razze...
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Decisamente vero, la plancia di Ascona C 1981 ispirò la concorrenza negli anni a venire, in particolare Volkswagen, ma non solo. Erano i modelli VW di fine anni Ottanta e inizi anni Novanta che ne ricalcavano il disegno con la palpebra arcuata e le bocchette che ne seguono la linea, a partire dalla citata Corrado... poi con Passat B3 del 1988, solo apparentemente simile alla coupé, ma in realtà la condivisione di componenti credo fosse più nascosta di quanto sembri. E poi Golf 3 (e Vento) del 1991. Certamente le bocchette non erano gli stessi componenti di Opel (ma neppure tra le varie VW), e anche i cassetti portaoggetti che menziona Gabri erano certamente differenti tra Opel e VW, anche nei periodi precedenti. Invece, proprio in questa zona della plancia (quella davanti al passeggero), è impressionante la somiglianza con Ascona C di un modello francese sempre di fine anni Ottanta, la Renault 19 del 1988. In effetti l'ispirazione "tedesca" di R19 era qualcosa di conclamato, a partire dall'esterno che si distaccava da ogni tipicità francese per avvicinarsi alle linee solide e aerodinamiche in voga tra i tedeschi. Anche all'interno, abbandonarono l'originale impostazione con grande palpebra "a tettoia" di tutte le Renault anni '80 per passare ad un disegno che mi è sempre parso un mix (abbastanza riuscito) di Ascona C e Golf II. Ma sempre in Francia, anche prima di VW, Peugeot aveva cominciato ad adottare plance dal disegno simil-Opel (qui forse più vicina a Senator '82) con la versione 1985 di 505: Poi evoluta nella più originale interpretazione fatta da Paul Bracq con 405 nel 1987, dove anche le bocchette seguono l'arco della plancia. Si potrebbero poi avvicinare a questa impostazione anche le plance di molte altre vetture del periodo, come le italiane Lancia Thema o Fiat Croma, ma numerosi aspetti come ad esempio la palpebra superiore meno (o per niente) arcuata o la bocchetta lato guida non inglobata, rendono la relazione con Ascona C assai distante per non dire assente. Basta, mi sono dilungato anche troppo su questo argomento decisamente OT. Magari i moderatori vorranno creare una discussione apposita, se la storia continua.
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Premetto che tutto il messaggio è OT, e me ne scuso in anticipo, perché non ha niente a che fare con le [MAI NATE], si tratta bensì di una divagazione sullo stile Opel di modelli effettivamente prodotti innescata dalle dichiarazioni di gusto di Pavel72 su Kadett E. ...e poi con le luci posteriori di Vectra A e le loro mille versioni siamo entrati in un giro alquanto pericoloso, quello dell'impallinamento da dettaglio estremo. E così esprimo la mia posizione (peraltro non richiesta, ma tant'è...) su questo inutile argomento. Il prospetto di coda - e in particolare i gruppi ottici posteriori - sono stati per me uno dei punti deboli del design Opel nel decennio esatto che va dalla presentazione di Kadett D (1979) a quella di Calibra (1989). Con Kadett D inizia infatti quella fase di code tronche e faretti verticali alquanto anonimi e monotoni che Opel ha riproposto quasi senza tregua con Corsa A, Kadett E, Omega A, Vectra A. Escludendo i restyling 1982 di Rekord e Senator che seguivano vincoli dettati dai precedenti modelli, tra i modelli totalmente nuovi si distaccarono solamente - Ascona C, i cui fari dietro, pur senza originalità particolari, avevano una loro presenza, riprendendo tra l'altro lo stile proprio di Senator A - e poi ancora Senator B del 1988, che voleva rimanere nel solco dei fari "importanti" a sviluppo orizzontale, ma nel tentativo di adattare l'impostazione di coda di Omega, risultò un plasticume di banalità, pesantezza e approssimazione piuttosto deprimente. Con Calibra tutto cambiò, e da quel momento i nuovi modelli mostrarono code e fari ben più curati e interessanti dal punto di vista estetico. Solo con Astra F (e un po' anche G...) non riuscirono forse a esprimere un granché. In questo senso esprimo quindi il mio personale apprezzamento per lo sforzo del face lifting 1992 per rendere un po' meno banali la coda e i fari di Vectra A. Non tanto per l'applicazione della lunetta in plastica nera, allungamento del maniglione portatarga, anzi. Quanto per l'aggiunta di quel piccolo trapezio che ingrandiva e movimentava il gruppo ottico ispirandosi appunto a Calibra. Confermo che era puramente estetico, solo catarifrangente, ed era parte del fascione plastico aggiuntivo (nero o nel colore della carrozzeria) che adornava solo gli allestimenti più ricchi. Sia mai che il tradizionale spirito spartano dei marchi teutonici venisse meno... Dovessi dare la mia preferenza, andrebbe alla combinazione fari/fasciaportatarga della Turbo, quella cioè con trapezio catarifrangente, frecce e retro brunite, fascia portatarga in colore carrozzeria (apparentemente poco sensata, ovvio, ma era semplicemente il supporto di quel trapezio catarifrangente...). Ma senza lo spoiler, che per quanto discreto, mi ha sempre dato un'aria un po' posticcia. Una Vectra A totalmente personalizzata a mio gusto sarebbe una CD prima versione, cerchi in lega originali a quattro razze, paraurti prima versione con gli spoiler inferiori neri. Poi i profili sottoporta neri (come la GT prima versione) per continuità con li spoiler dei paraurti. Abbinando invece le varianti face lifting per i fari anteriori, la calandra, i fari dietro trapezoidali con frecce e retro brunite, fascione portatarga in tinta, stemma Opel anche sul baule bagagli. E poi le maniglie porta in tinta, anche se queste ultime non sembrano essere mai state disponibili su Vectra A... Mi rimane il dubbio sugli specchi retrovisori: grigi o in tinta? I retrovisori esterni, ecco un'altro dei punti critici Opel di quel periodo. Gli specchi massicci e fissi delle Opel anni Ottanta, montati a partire da metà '81 su Senator A e Rekord E, poi su Ascona C, Corsa A, Kadett E, Omega A, Vectra A... Tutti retrovisori dal disegno finalizzato al miglior rendimento aerodinamico, ben levigati e coerenti con lo stile della carrozzeria, ma dal profilo molto pesante, con attacco alla portiera effetto "collo taurino", e il difetto di non essere ripiegabili (solo si sganciavano per piegarsi in caso di colpo violento). Spesso inoltre erano disponibili solo in plastica grigia, colorati in tinta carrozzeria solo per gli allestimenti sportivi. Di nuovo è Calibra che interrompe la catena, con degli specchi finalmente più sagomati, ancora più aerodinamici e dall'aspetto comunque più "leggero" e integrato nello stile della linea. Forse erano anche ripiegabili a mano (?). Sembra però un'eccezione, perché Astra F di nuovo torna agli stessi identici specchi di Kadett E. Poi Corsa B segna una nuova evoluzione verso integrazione estetica e aerodinamicità, ma rimane l'impostazione con attacco massiccio e non ripiegabile. Ancora più estrema e spettacolare la soluzione di Vectra B, ma con limiti pratici ancor più evidenti (non ripiegabili e pure con visibilità ridotta). Finalmente è col face lifting 1994 di Astra F che appaiono nuovi specchi dalla forma più modellata, con attacco più sottile e snodo ripiegabile. E qui la sorpresa... notate qualcosa di particolare in queste immagini? (sono riprese da cataloghi ufficiali Opel) Immagino abbiate trovato "l'anomalia"... ? Non so se si tratti sempre dello stesso identico componente per tutti i modelli, né se sia parente di quello di Calibra, o se sia ripiegabile o meno... ...ma è certo che Opel aveva già usato questo tipo di specchi ben prima di Astra-F '94 ! Se siete curiosi di capire, si tratta di immagini riprese dai cataloghi Opel per il paese del Sol Levante ?? e per quanto possano dare adito a sospetti di photshop più che fondati (notare il posto guida a sinistra...), mi sono accertato che le Opel di quel periodo in Giappone hanno effettivamente quel modello di retrovisore. Esistono foto in rete, tipo questa, e non è l'unica (anche se si contano sulle dita di una mano) La domanda nasce spontanea: perché in quegli anni Opel ha usato di quel tipo di retrovisori in Giappone? Onestamente non ho una risposta certa, solo un paio di congetture: a. necessità di specchi ripiegabili per gli angusti spazi del Giappone? b. vantaggi assicurativi? (per la stessa ragione...) c. diverse regole di omologazione per visibilità? Continuando con i punti deboli che erano un po' una costante di Opel di quel periodo, io vedevo anche gli interni. A cavallo del 1980 i designer Opel avevano adottato la serie delle grandi plance con cruscotto e console comandi integrati, con una iperrazionale e ripetuta impostazione ergonomica fissa, nelle interpretazioni più basiche, squadrate e robustissime di Kadett D e Corsa A, e quelle più raffinate ed evolute di Senator A2 e Ascona C. Una serie che tuttora mi pare riuscita, con stile certo non originale ma adeguato ai tempi, con un risultato efficace ed estremamente ben realizzate. A partire da Kadett E, Opel cercò un giustificabile rinnovamento anche all'interno, ma i risultati a mio avviso non furono adeguati, anche sugli altri modelli lanciati negli anni successivi. Linee poco armoniche, talvolta troppo pesanti, o superate, aspetto più dimesso, materiali più scadenti, componentistica antiquata... Ad esempio, nei modelli a trazione anteriore (Kadett E, Vectra A e Calibra), il mobiletto del tunnel rimaneva sempre troppo basso, quasi assente, e di conseguenza la console centrale di quelle plance appariva decisamente troppo allungata e verticale, con un effetto "stretto e lungo" poco piacevole. Anche Vectra, che certamente appariva più moderna e piacevole, tuttavia scontava una scarsa attenzione nella realizzazione (troppe superfici diverse che la componevano, nessuna o scarsa continuità con i pannelli porta o il tunnel centrale), o ancora comandi di impostazione antiquata come le levette per la climatizzazione. Mentre i grandi modelli a trazione posteriore (Omega e Senator), avevano sì un tunnel centrale più alto, ma soffrivano di una pesantezza estrema nello stile dell'intera plancia e in particolare della console centrale, troppo larga e massiccia, così come di un aspetto dimesso, un po' antiquato e a volte troppo dozzinale per la classe di quelle vetture. Astra F segnò la ripresa di una attenzione particolare allo stile degli interni, con un risultato finalmente riuscito, equilbrato e moderno. Tuttavia, pur nel palese miglioramento generale, il confronto con la concorrente diretta che Opel si era chiaramente prefissata di sfidare ad armi pari, a mio avviso veniva perso non tanto nello stile, quanto nella varia componentistica di aspetto meno curato e solido rispetto a una Golf III che aveva alzato di molto l'asticella. Fine del super OT.
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Be', sì. Quei fari posteriori delle proposte a due volumi per Vectra B, sembrano avere una parentela con Calibra B. Doveva esser piaciuta l'idea dei fari posteriori inclinati di Calibra A e avevano cercato di riproporla in qualche modo. Poi, per un motivo o per un altro, non ne han fatto di nulla... E le fotine sopra mi danno l'occasione per notare che i fari "stile Calibra", in entrambe le proposte, erano staccati dal paraurti. Comprensibile per la 2 volumi "levigata", un po' meno per la 3 volumi simil-VectraB finale, dove il labbro nero del paraurti perde la continuità con i fari, realizzata invece nell'altra proposta sempre 3 volumi, e poi mantenuta anche in quella finale, pur con fari diversi e più riusciti a mio gusto. E ora una confessione... è solo da pochissimi giorni che mi sono reso conto coscientemente della differenza sempre esistita nei fari posteriori di Vectra A tra le versioni a 2 e a 3 volumi. Direi siano lo stesso identico faro a livello componentistica, ma mentre nella 3 volumi i fari toccano il paraurti, la 2 volumi li ha più in alto, con un profilo di carrozzeria che li separa dal paraurti. Ma ora passo all'obiettivo reale di questo messaggio, perché spuntano cose sempre nuove per me nella rete... Si parlava per Calibra B - e Vectra B - del lavoro di integrazione dei retrovisori nella linea carrozzeria. Be'... ho scoperto che si trattava di una vera fissa del Design Studio di Opel già da tempo: guardatevi Wayne Cherry al lavoro su questa maquette di Corsa B! Dalle tempistiche del progetto S-4200 e dal cartellone del progetto 2670 coupé - cioè Calibra A, dovremmo essere agli sgoccioli degli anni '80. Il trattamento dello specchio di questa maquette ricorda davvero da vicino quello del prototipo di Calibra B. Per fortuna su Corsa B risolsero poi diversamente, con una soluzione meno bulbacea e assai più fluida. Seguiamo adesso il sempre più potente capo del design Opel... ...e così mi riallaccio ad un post di Paolo (e chi sennò?) di qualche mese fa sulle maquette di Omega B: Ed ecco che tolti gli occhiali e rimessa la giacca, il gran capo Wayne Cherry (per chi non lo riconoscesse, è lo spilungone...) sorseggia caffè con vari senior tutti ingiacchettati ad ammirare la maquette del progetto V2800 La cosa curiosa però, è che sicuramente non si tratta della stessa identica maquette postata in alto da Paolo, quella vista da dietro con la targa D e il simbolino falso. Qualcosa è cambiato... i fari posteriori qui sono chiaramente sporgenti tipo Omega B finale, e la fiancata è percorsa da una ulteriore linea che unisce i paraurti e forse indica la presenza di fascioni paracolpi dal profilo piuttosto sottile. E forse non è identica neppure all'altra foto, quella frontale: qui la calandra sembra usare i classici riquadri delle Opel "di lusso" (poi riproposti su Cadillac Catera...) mentre quella sopra di Paolo sembra già un'evoluzione verso la calandra finale. Ma in generale, questa foto di lato ci aiuta però a notare , più delle altre, quella che sembra una diversa impostazione a livello dell'assale posteriore di queste maquette rispetto all'Omega B finale. A me sembra che il passo sia decisamente più lungo e - allo stesso tempo - lo sbalzo posteriore forse più corto. Ed è certamente diverso il trattamento della portiera posteriore, che non va sovrapporsi al passaruota, ma ne resta distaccata. Devo dire che nel complesso questa maquette mi piace, appariva più importante, raffinata e allo stesso tempo dinamica della versione prodotta. Solo il paraurti anteriore mi pare troppo stondato e quelle due prese d'aria troppo "sportive". Ma in realtà, la cosa che più mi incuriosisce di questa foto non è la bella maquettona di profilo, bensì ciò che spunta nell'angolo in basso a destra... Un frontale basso e rastremato, privo di calandra... la targa sembra dire "V2800" come le altre, ma cos'è ?!?!?!?!
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Riprendo da alcuni suggerimenti che avete dato su modelli non citati in qualche elenco di curiosità: Per i fari centrali Giusto! ...e allora sempre in Fiat c'era la coeva 1400 B del 1953 E non sarà un caso, sempre in quegli anni il faro centrale viene proposto anche in un modello estremamente raro e di nicchia, la Allemano Panhard Dyna 750 coupé, presentata nel 1952 dal carrozziere (termine riduttivo...) Allemano per l'importatore Panhard di Milano, Crepardi La foto sopra è il modello presentato in veste "civile", mai realmente prodotto/venduto secondo le fonti, visto che le pochissime unità realizzate furono tutte allestimenti per le corse, come questo finito in Giappone (uno dei 2 arrivati ai giorni nostri) Ancora stessi anni, e giriamo sempre negli stessi ambienti, Italia-Francia, ancora Panhard... la Dyna Z del 1953 Per i bauletti Renault, grazie "j" per aver ricordato anche la Scenic: E infine, per le maniglie porta curiose voglio aggiungere quella "aerodinamica" di Subaru XT del 1985, in cui per renderle totalmente a filo carrozzeria avevano pensato anche ad un flap inferiore da spingere per poter tirare quello superiore... Maniglia poi usata pari pari dalla Vector W8... E poi quella "inversa" della prima serie di Renault 30 (e 20) del 1975, soluzione forse non proprio intuitiva e prontamente abbandonata alla prima occasione...
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Avendo trovato qualche foto qua e là, condivido per gli appassionati del genere. Niente di nuovo, solo immagini diverse da cui magari si possono apprezzare meglio certi dettagli. Coda di Calibra B, foto dalla quale si capisce meglio (vedere stacco alla base del lunotto) che non avrebbe avuto il portellone come Calibra A, ma un normale cofano bagagli. 3/4 frontale destro, dove si apprezza un particolare che non si notava altrove, cioè la lavorazione della piega sul passaruota che parte dall'attacco del cofano motore sul faro anteriore. E la proposta alternativa dall'altra parte: Posso dire una cosa? Il rosso Opel (brilliant o come diavolo si chiama) mi ha sempre dato fastidio. E non è colpa delle foto! E' così da chissà quando (fine '70-primi '80?), con quel non so che di sbiadito, troppo aranciato... e tra l'altro mi pare davvero che non abbia una buona durata nel tempo. Passo all'altra coupé "B" abortita di quel periodo, la Tigra. In assenza di foto migliori della coda, questo è quanto passa il convento, giusto per cercare di farsi un'idea appena più chiara (si fa per dire...) E ora, qui riunite tutte assieme nell'angolo "design masterpieces"... , rifatevi gli occhi col "tapiro" e le sue più degne figlie, le G90 definitive, gemelline adatte al gioco "trova le differenze" ? Questa foto ravvicinata però, oltre a farvi apprezzare la bellezza senza tempo di questo esemplare , mi aiuta finalmente a vedere meglio un particolare che già mi aveva incuriositro nelle precedenti immagini, ma che non riuscivo a capire. Guardate il complesso del deflettore anteriore e dello "specchio retrovisore". Curioso, no? Dal lato guidatore si intuisce vagamente anche l'effetto "dall'interno"... Nell'esasperata ricerca aerodinamica devono aver pensato qualche soluzione genere reflex/periscopio. Qualcuno più ferrato in ottica magari può chiarire! Infine, dettaglio laterale della semi-sconosciuta Opel Parabolica E con questo è tutto!
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Tra le numerosissime curiosità esistenti nel design automobilistico, ce n'è una che mi attrae per i suoi controversi successi di pubblico, a volte fallimentari, e che in un particolare periodo storico è stata la caratteristica distintiva dell'estetica di un marchio. E di nuovo si parla di una casa francese, e di nuovo è Renault. Ma non è stata sola... A cavallo del 2000, numerosi modelli due volumi della Regie sfoggiano code dal design estremamemnte caratterizzato e originale, con uno stile che io definisco "a bauletto". Qualcosa di diverso dal classico due volumi e mezzo, che normalmente si associa a linee più tradizionali e soprattutto dal lunotto molto inclinato tipo fastback. Qui invece si tratta invece di code dall'andamento nettamente più verticale, in particolare il lunotto, e un accenno di terzo volume integrato nel portellone. Nella produzione di serie, la Clio del 1998 inizia in modo piuttosto dolce questa tendenza, con una coda dal profilo con doppia bombatura, di ispirazione vagamente "Mini", ma con la curva del bauletto molto accentuata. Nel 2001 è l'avveniristica Avantime a rompere gli schemi: tutta l'impostazione è assolutamente originale e la coda in particolare sfoggia una forma del tutto unica, con lunotto verticale ma avvolgente e bauletto sporgente dalle forme molto geometriche. E tutti conosciamo i risultati commerciali di questo coraggioso esperimento. L'anno seguente è il turno dell'ammiraglia Vel Satis: Renault prova la carta anche nel tradizionale segmento delle grandes routières. Meno di rottura rispetto a Avantime, non riscuote comunque i consensi sperati. 1/5 delle vendite della già deludente Safrane, meno di un decimo della fortunata R25. Ovviamente non fu solo colpa della coda... Sempre nel 2002 si torna ad osare: ecco la Mégane II e la sua coda chiaramente ispirata ad Avantime. Non sembra il massimo della praticità per il bagagliaio di una berlina da famiglia, ed è una scommessa coraggiosa dal punto di vista estetico in un segmento così popolare. Le vendite però reggono. Si tratta dell'ultima proposta Renault dal design di coda così estremo, dato che le successive Modus (2004), Clio III (2005), Twingo II (2007) adottano sempre portelloni dalla forma complessa, ma con effetti assai più moderati. Dicevo più su che Renault non è stata sola in quel periodo... Ecco, mentre in Francia la moda sfumava, nel 2004 SEAT presenta la Toledo di terza generazione, tentativo di allargare verso il segmento superiore le potenzialità della monovolume Altea. Il mercato non apprezza e la proposta viene riformulata con successo con la più normale Altea XL. E' interessante inoltre ricostruire gli studi e i concepts sviluppati sul tema proprio in Renault nel corso del decennio precedente, a partire dal concept Mégane del 1988 con la particolare soluzione del lunotto scorrevole, a creare a turno un ben definito terzo volume oppure una coda "a bauletto". Poi il concept Ludo del 1994, che anticipava proprio le linee di coda di Clio II e poi Modus. Nel 1995 la Initiale proponeva un volume con coda a sbalzo dalle forme davvero originali e complesse. Nel 1998 è la volta della Vel Satis, con alcuni dei concetti - estremizzati - del modello del 2002. Poi è il concept di Avantime del 1999, che invece anticipa in tutta concretezza il modello omonimo che sarebbe uscito dopo due anni.