angeloben
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Si è parlato nella sezione "[MAI NATE] Ford" della concept car Maya e della sua "cugina" Lotus Etna. Quest'ultima sappiamo essere stata un'idea portata avanti tra Lotus e Ital Design intorno al 1984, per una possibile supercar da mandare sul mercato nella seconda metà degli anni Ottanta, posizionata sopra Esprit. Restò un progetto, che le difficoltà societarie Lotus non consentirono di concretizzare, complice anche l'arrivo di General Motors a inizio 1986. Proprio l'avvento dell'era GM fu però l'occasione, un paio d'anni dopo, di riprendere in mano l'idea di una autentica supercar di alto profilo, per la quale venne adottata la sigla di progetto M300. I concetti di base erano rimasti piuttosto vicini all'idea precedente, pur aggiornati alle condizioni di mercato e capacità tecniche del periodo. In Lotus fu il designer Peter Stevens a buttare giù le idee fondamentali del progetto e della linea, giungendo a realizzare intorno al 1988 le prime maquette. Già da questo modello in scala (l'unico...), appare evidente il distacco dalla impostazione suggerita da Giugiaro con Etna quattro anni prima. Non più un'evoluzione concettuale e stilistica di Esprit, ma proprio un balzo verso quello che oggi chiameremmo il mondo delle hypercars, e che ai tempi gli organi di comunicazione Lotus definivano curiosamente come "megacar". Di nuovo, per Lotus avrebbe dovuto rappresentare l'occasione per mettere su strada le tecnologie più avanzate su cui la casa di Ethel lavorava da tempo a vario titolo: dalla scocca in fibra di carbonio ad un ipotetico, nuovo ed esclusivo motore V12 e via dicendo... Ancora un volta però, le possibilità di portare in avanti un simile progetto non apparvero sufficientemente supportate da prospettive sostenibili, in particolare per un "proprietario" dotato di fondi, sì, ma attento ai risultati come GM. Un anno dopo, nel 1989, pressoché l'intero team che vi aveva lavorato - incluso il già citato responsabile design, Peter Stevens - lasciò Lotus per unirsi al gruppo di Gordon Murray che svilupperà la McLaren F1. La linea di questo modello però, mi ha portato a due collegamenti interessanti, che riconosco tuttavia come riflessioni personali e dei quali non posso portare alcuna prova, sorry. Il primo è quello più "ragionevole", semplicemente perché si porta dietro il nome dello stesso designer, Peter Stevens. Si tratta della Jaguar XJR-15, sviluppata a partire proprio dal 1988 e giunta in produzione (si fa per dire, 53 esemplari...) nel 1990. Le differenze sono tante, chiaro, ma certe idee caratteristiche secondo me erano rimaste. Più azzardato filologicamente, ma per assurdo più evidente da un punto di vista estetico, il collegamento ad un altro modello, questa volta precedente: la coda lunghissima priva di sporgenze aerodinamiche, l'impostazione forward cab, le superfici fluide e taglienti... ecco vari motivi per accostarla alla Chevrolet Corvette Indy, la concept car del 1986. Lavoro di stile sviluppato in USA dal designer GM Tom Peters sotto la guida dell'allora responsabile Chuck Jordan, a debita distanza - geografica e temporale - dal lavoro per Lotus M300 svolto un paio di anni dopo, in Inghilterra, da Peter Stevens. Però... però... c'è una questione interessante che è storia documentata, sebbene mai associata da nessuno a questo parallelo tra M300 e Corvette Indy. Appena dopo che il concept di Corvette Indy fu presentato al pubblico, GM volle passare dalla fase di modello statico a quella di prototipo marciante, operazione per la quale il responsabile stesso Chuck Jordan si rivolse indovinate a chi? Be', proprio alla neo-acquisita Lotus e a suoi ingegneri capeggiati da Peter Stevens, naturalmente. I quali ebbero mandato di metterla su strada dotandola di tutte le specifiche immaginate per quel concept. Cosa che fecero, pur sapendo che non avrebbe portato ad alcuna produzione, ma mi piace pensare che quel futuristico concept GM abbia colpito Peter Stevens al punto da provare a portarne comunque qualche idea sulla lungamente vagheggiata supercar Lotus.
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[PARTE 3a e ultima] Abbiamo visto Giugiaro escluso dalla gara di stile, ma dal punto di vista tecnico si continuava a sviluppare con il forte contributo ancora di Ital Design. La quale aveva già messo su strada il prototipo marciante di Maya, dotato del motore V6 3 litri standard di Taurus montato in senso trasversale che aveva fornito Ford secondo gli accordi (il previsto SHO era lontano dall'essere disponibile...). Prima di spedirla in America, fu persino fatta provare alla rivista inglese CAR - nei dintorni di Torino, of course: Accanto al prototipo originale però, Ital Design aveva nel frattempo sviluppato un altro esemplare, creato per specifici test dinamici richiesti da Ford: la Maya II EM (M per Muletto) Al di là di meno significative differenze nella linea, il prototipo aveva questa volta un motore assai più performante. Sempre in assenza dello SHO Yamaha, Ford aveva allestito una versione biturbo del solito V6 Taurus, accreditata di 225CV e installata questa volta in senso longitudinale. Fu spedita in USA a Settembre del 1985, dove il team SVO di Ford la fece testare sul proprio circuito da un pilota d'eccezione: Jackie Stuart! Le impressioni furono molto positive, già in linea con la migliore concorrenza e con la sensazione che dal prototipo alla realtà avrebbero potuto solo migliorare. Ford costruì anche un ulteriore muletto basato sulla EXP (la piccola sportiva USA derivata da Escort), riadattata per ospitare in posizione centrale un prototipo del famoso motore SHO e forse addirittura una trasmissione integrale. Mentre SVO aveva commissionato a Roush Engineering altri due muletti, uno motorizzato con l'unità SHO che Yamaha aveva portato fino a 3.6 litri per compensare la massa nel frattempo cresciuta, l'altro con un classico V8 Ford "Windsor" che avrebbe dovuto simulare l'eventuale adozione del futuro V8 modulare anch'esso in sviluppo. I due prototipi Roush curiosamente erano rivestiti da scocche modificate della Pantera GTS, e sono tutt'ora conservati nel museo Roush. Finalmente il 16 Luglio 1986, al meeting che doveva ratificare l'approvazione finale e trasformazione del progetto GN34 in programma di sviluppo per la produzione, un ulteriore spettacolare confronto venne allestito nella grande showroom a Detroit: al modello originale Ghia di un anno prima, venne affiancata una nuova maquette che rappresentava il lavoro di evoluzione e affinamento svolto sul modello originale dal team americano dell'Advanced Design Studio. Ma guardate chi spunta dietro la coda della nuova maquette... ...per l'occasione Ford aveva acquistato addirittura un esemplare di Ferrari Testarossa, per un confronto in carna ed ossa! Questo non perché Testarossa fosse adesso da considerare una reale concorrente, ma per evidenziare come si fosse alzato il livello di percezione, quanto meno estetica, per questa nuova sportiva. Ma a sorpresa, tutto questo si scontrò con una novità inattesa... In quello stesso meeting, il mitico Bob Lutz, allora capo della Truck Division in Ford USA, mise sul tavolo un progetto concorrente per approvarne la produzione. Di cosa si trattava? Non di un'altra sports car, ma di quello che lui stesso chiamò uno "Sport Utility Vehicle", in sostanza una versione 4 porte del Ford Bronco, che avrebbe attratto molte famiglie in un nuovo segmento, quello dei SUV appunto. A parità di investimento, il suo prodotto avrebbe venduto centinaia di migliaia di pezzi (invece delle poche decine di migliaia previste per GN34), con ampi profitti, e raggiungendo una platea ben più vasta e facile da avvicinare e mantenere per un marchio come Ford. Allo stesso tempo il progetto GN34 si stava scontrando con la svalutazione del dollaro e quindi la crescita dei costi legati alle origini europee (sviluppo e produzione) della supercar. C'era spazio solo per uno dei due programmi, e - come oggi sappiamo - l'investimento fu destinato al più sicuro e popolare dei due. Il 27 Agosto del 1986 il progetto GN34 fu definitivamente cancellato e nel Marzo del 1990 il nuovo SUV di Ford, l'Explorer, arrivò sul mercato USA per rimanerci fino ai nostri giorni. [FINE] Info e foto da varie fonti (Ital Design, Steve Saxty, CAR, Autoweek, CarDesignArchives, Autoblog.com, Bryan McTaggart)
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[PARTE 2] ...dicevamo che Maya è il primo approccio di Giorgetto Giugiaro a questo progetto Ford. Il team SVO di Ford aveva individuato nel V6 da 3 litri che stava sviluppando con Yamaha per la Taurus ad alte prestazioni (poi divenuto famoso con la sigla SHO) il motore adatto per questa sports car e - secondo l'accordo - Ital Design lo avrebbe utilizzato come base per lo sviluppo del progetto, che quindi prevedeva una sportiva a trazione posteriore e motore centrale, sulle idee di stile che Giugiaro stava buttando giù per Maya. Ital Design aveva anche indicato nella carrozzeria francese Chausson il partner ideale per la produzione. A quel punto le idee erano già ben definite per il team SVO, che a Luglio '84 presentò il progetto ai vertici Ford. Tutto sembrava avere le carte in regola, incluse le basi e le prospettive di marketing, ma a sorpresa fu criticato l'intero impianto del progetto, considerato troppo rischioso per il ricorso massiccio a fornitori esterni, difficili da tenere sotto controllo da vari punti di vista, incluso quello dei costi. Motivo per cui fu richiesto di valutare soluzioni "interne" più semplici ed economicamente più sostenibili. Si guardò allora rapidamente a Sierra come plausibile base di sviluppo per efficacia, economicità e affidabilità, ovviamente virando verso un'impostazione assai più classica a motore anteriore. Ital Design, pur di non perdere la possibile commessa di un colosso come Ford, subito lavorò ad una maquette in scala reale che usava Sierra come riferimenti fondamentali (misure, impostazione meccanica), mentre in parallelo fu chiesto di svolgere lo stesso compito anche all'Advanced Design Studio di Ford America. Nel frattempo, come già detto, a Novembre '84 Ital Design presentò al pubblico il concept Maya. A Dicembre di quello stesso 1984, il team SVO tornò al board Ford presentando 3 modelli: - la proposta Ital Design basata su Sierra - la proposta Advanced Design Studio Ford (USA) sempre derivata da Sierra - infine la proposta originaria di Ital Design, vale a dire lo stesso concept Maya appena presentato al Salone di Torino (ecco qualche fotina ufficiale, giusto per ricordare anche uno dei tanti volanti multifunzionali dei concept Giugiaro del periodo...): Di fronte a tali sfidanti, Maya ha vita facile e si riprende la ribalta: il progetto GN34 dovrà essere sviluppato partendo da lei, con l'indicazione esplicita di rimodulare lo stile per differenziarsi più nettamente dalla Lotus Etna, presentata un paio di mesi prima; e 10 mesi di tempo per ripresentarlo al board per l'approvazione definitiva. Mentre Giugiaro lavora alla richiesta evoluzione di Maya, Ford muove la propria cavalleria per fornire delle alternative interne di stile. Viene quindi coinvolto di nuovo l'Advanced Design Studio di Ford International a Detroit, ma anche la branca italiana del design Ford, vale a dire Ghia. Nel frattempo i 10 mesi concessi vengono ridotti e già ad Agosto del 1985 è prevista la presentazione delle proposte definitive di stile. L'obiettivo di attaccare Ferrari è evidente fin nel più ovvio dei dettagli: tutte le concorrenti sono rigorosamente rosse! - Giugiaro si presenta con Maya II ES (ES per Evoluzione Stile), stavolta chiaramente marchiata "Ford" - l'Advanced Design Studio di Ford International (USA) si lancia con un modello che si distingue per il volume di coda molto allungato e di gusto certamente più americano che europeo: - infine Ghia arriva con un'interpretazione originale, sofisticata e sicuramente riconoscibile come "europea" Quale fu il verdetto? Be', Ital Design fu la prima a essere coinvolta in questa idea. Ma curiosamente anche la prima ad uscirne, almeno per quanto riguardò la definizione dello stile. Da questo confronto infatti, uscirono vincenti le proposte Ford e Ghia, che furono selezionate per un successivo clinic test che si sarebbe tenuto in California (stato di elezione di questa categoria di vetture) davanti ad un gruppo di proprietari di vetture concorrenti quali Nissan 300ZX, Porsche 944/928, Corvette e ovviamente Ferrari 308. Il test californiano di quel tardo 1985, dove i due modelli GN34 erano ovviamente presentati in modo "anonimo", senza rivelarne il marchio, fornì dei riscontri importanti: intanto la proposta Ghia fu quella nettamente preferita, non solo rispetto all'altra proposta, ma persino rispetto all'intero lotto di concorrenti, Ferrari inclusa. Alla quale, senza ancora informazione sul marchio, i potenziali clienti la associavano ritenendola nella stessa fascia di prezzo. E comunque, una volta indicato il marchio Ford, pur dichiarando che non avrebbero pagato la stessa cifra di una Ferrari, i clienti ne valutarono un prezzo ben superiore a quanto preventivato nel progetto. Forte del riscontro di marketing più che positivo, il progetto GN34 proseguiva con una direzione ormai chiara, almeno per quanto riguardava lo stile. Fine seconda parte [continua...]
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FERMI FERMI FERMI... Forse non cambiano il senso generale della storia, però alcuni importanti dettagli sulla Ford GN34 stanno un po' diversamente... A cominciare da chi ha creato i vari prototipi e studi di stile: No no... questa sopra non è la proposta di Ital Design. Anche se veniva comunque dall'Italia, perché si tratta invece di quella realizzata da Ghia, cioè quello che da qualche anno era diventato lo studio di design e prototipi di proprietà Ford a Torino. E quindi, su questa qui sotto... ...mmmhh, sorry, è ancora no! Si è detto che Ghia è quella in alto; questa qui invece viene da oltreoceano... per essere più precisi dall'Advanced Design Studio Ford di Dearborn (Michigan, USA). Il team americano dello stile Ford, infatti, appena seppe che un progetto di tale portata rischiava di essere affidato a un esterno quale Giugiaro, subito pretese di poter entrare nella partita e si buttarono nella mischia con questa proposta. E il nostro Giorgetto nazionale allora? C'è anche lui certo, e secondo un cliché che ormai si è attaccato a Giugiaro come uno stigma, tutto sarebbe nato con uno dei suoi classici ricicli. Una versione di questa storia, infatti, vede nascere tale progetto Ford con la presentazione del concept Maya di Ital Design, la sportiva motorizzata Ford che - secondo alcuni - altro non era che un riciclo/evoluzione del concept Lotus Etna, sempre di Giugiaro e presentato poco tempo prima. Effettivamente in quel momento Giugiaro aveva in mano il progetto della potenziale erede di Esprit, quello che sfociò nella show car Etna del 1984, cui Lotus però non dette seguito per una serie di congiunture sfavorevoli che la colpirono in quegli anni. Secondo i detrattori del designer di Garessio, quale migliore occasione per riciclare il tutto - ovviamente con qualche variante - agli americani? Ma può essere andata davvero così? Verifichiamo un po' le tempistiche: - Ottobre 1984: al Birmingham Motor Show viene presentata la Lotus Etna, concept della casa di Hethel realizzata da Ital Design. - Novembre 1984: al Salone di Torino la stessa Ital Design espone Maya, prototipo privo di marchio (o meglio, esposto con il proprio marchio Ital Design), sebbene motorizzato Ford. Quindi, Maya. Uno studio dall'impostazione meccanica e stilistica vicina a Lotus Etna, certo, ma volendo essere onesti, è difficile pensare davvero ad un riciclo realizzato in un solo mese... Allora quale potrebbe essere la storia vera? Le fonti più accreditate riportano che quando nel reparto SVO (Special Vehicle Operations) di Ford USA venne l'idea di progettare questa sports car (era la fine del 1983), per qualcuno fu naturale rivolgersi al designer più in voga del momento, il padre della DeLorean, ma soprattutto colui che con Ital Design era in grado di fornire insieme stile e competenze di industrializzazione adatte ad una sportiva di quella tiratura. Ford quindi approcciò Ital Design già nella primavera del 1984 e in risposta Giugiaro propose agli americani un curioso affare (già citato da @DOssi) : "voi ci date un bel motore e per 120.000$ noi ve lo restituiamo rivestito con questo progetto che abbiamo già semi-pronto, ovviamente completato." E così avvenne. Ma cos'è che Ital Design aveva davvero in mano in quel momento? Di che progetto "semi-pronto" si tratterebbe? E' lecito supporre che Ital Design stesse già collaborando con Lotus in quel periodo ed effettivamente, a vedere questi disegni realizzati per Etna, saltano agli occhi varie idee poi viste su Maya... ...ma la questione è che Giugiaro non poteva ancora sapere che Lotus non avrebbe dato seguito ad ulteriori sviluppi. Quindi non poteva già "vendere" a Ford qualcosa su cui stava attivamente lavorando con un altro committente. Tanto più che esiste un documento ufficiale su Maya molto interessante, fuoriuscito in qualche modo da archivi Ital Design e finito in aste di settore: Guardatevi il dettaglio di nome, firma e data di questa tavola: Si parla di "Maya" già nel lontano maggio del 1983. Addirittura un anno prima dei primi contatti con Ford! Quindi la derivazione (o riciclo) di Maya da Lotus Etna, è un'idea piuttosto vaga, probabilmente impossibile da stabilire. [continua...]
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Buondì, ritiro su questa discussione "storica" solo per aggiungere un paio di foto all'abbondante materiale che @PaoloGTC aveva già condiviso sullo sviluppo di questa amata coupé, di cui tra l'altro ho rivisto in strada un vecchio esemplare qualche giorno fa. Era un pezzo che non mi capitava... Comincio con un piccolo (per davvero, scusate, ma più grande non c'era...) sketch: ...il cui valore sta soprattutto in un paio di particolari del frontale: uno è la linea sul parafango anteriore, che compariva anche in altri disegni preliminari postati da Paolo e che finalmente apparirà nella successiva Omega B (Calibra aveva solo una lieve piega); l'altro è la calandra, con quel piccolo setto centrale che voleva riallacciarsi alla precedente Manta. Un'idea che non rimase solo su carta, ma che ebbe le sue chance concrete! Guardatevi questo prototipo... Oltre alla citata calandra, è interessante per tante altre differenze rispetto al modello che andò in produzione. A cominciare dai fari, che non si estendevano sul parafango ma rimanevano tagliati a livello della linea del cofano. Questo frontale comunque a me sarebbe piaciuto, aveva un'aria più "cattiva". I paraurti erano anche diversi, così come gli specchi, apparentemente più levigati. Ma la cosa che mi incuriosice di più di questa maquette è la vetratura laterale dotata di cornici - e priva di deflettore sul finestrino anteriore. Era evidentemente un tema importante di decisione in quel momento, tanto che lo stessa maquette era asimmetrica e presentava dall'altra parte la soluzione priva di cornici e con il deflettore (scusate le dimensioni, ma di nuovo... o così o pomì!) Calibra sappiamo che alla fine ebbe i vetri a vista e sicuramente l'immagine ne guadagnò. Infine due ulteriori immagini, che ovviamente si riferiscono ormai agli ultimi stadi dello sviluppo. Probabilmente si tratta della stessa maquette, solo agghindata con qualche particolare in più nella seconda immagine: dai dettagli come l'antenna sul tetto o il tergilunotto, all'aggiunta dei "labbri" aerodinamici sotto il paraurti anteriore e come minigonne laterali, dallo spoilerone appoggiato sul bagagliaio, ai cerchi differenti (a proposito, questi qui della seconda foto qualcuno ricorda se li hanno poi usati davvero?). Per completezza, qui sotto cito i due post di Paolo a cui potete riandare per rileggere tutta la storia e rivedere tutto il materiale (cliccate sulla freccia a destra per andare al post originale, qui li ho abbondantemente tagliati per non appesantire troppo).
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Dicevo nel post di venerdì, che i modelli Lancia di Zagato di cui intendevo parlare sono due. ...ma poi ne ho presentato uno solo, la Fulvia Sport. Intendo pagare il debito e quindi ecco il secondo: la Lancia Flavia Sport Zagato del 1962, un'auto che mi stupisco non fosse ancora venuta fuori in questa discussione! Tra i tanti aspetti significativi e particolari con cui Ercole Spada caratterizzò questo modello, segnalo la calandra "spezzata" che si estende sul cofano, che recentemente abbiamo visto come un tratto particolare di alcune calandre BMW, per esempio. Ma è certamente sulle vetrature che questa linea si distingueva dalla massa: a cominciare dalle spesse cornici cromate attorno a tutti i vetri, e qui torna il dettaglio - già ricordato su altri modelli - del montante A in metallo cromato. La cui forma particolare determina inoltre un taglio del vetro anteriore concavo, piuttosto raro in effetti. La vetratura stupisce anche in coda: Ed è per l'originale lunotto concavo, stavolta. Ma non basta: lo stesso lunotto è curiosamente apribile, tramite un esclusivo sistema di sollevamente elettrico! Dalla foto sopra risalta ovviamente un altro dei tratti più caratteristici di questa linea, vale a dire i finestrini posteriori avvolgenti sul tetto, un dettaglio certamente esclusivo e utile per dare una maggiore luminosità all'abitacolo, ma che richiese proprio per questo di dotarli di alette parasole dedicate! Sconfinando nell'argomento [MAI NATE], si sarebbe potuta aggiungere un'ulteriore particolarità a questa linea assolutamente esclusiva, se il prototipo presentato nella primavera del 1962 - al Salone di Ginevra - fosse arrivato alla produzione così com'era: Evidente quale sia la caratteristica che si perse nel passaggio da prototipo a produzione: il taglio netto del passaruota posteriore a creare una parziale carenatura della ruota. Curioso anche notare il "photoshop" ante-litteram per i documenti promozionali (qui sotto una foto per il materiale marketing olandese), che ancora utilizzava immagini del prototipo ed evidentemente non aggiornate al momento di andare in stampa... E non successe solo in Olanda... Ancora nel 1963, mesi dopo la presentazione del modello definitivo al Salone di Torino dell'autunno '62, anche il materiale italiano del "Servizio Propaganda Lancia" (sì, allora si chiamava proprio così ) stampava e distribuiva depliant con immagini del prototipo...
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Ci sono due modelli Lancia di Zagato che mi intrippano per una serie di particolarità interessanti, alcune delle quali magari già viste in questa discussione, però su altri modelli. Una è la Fulvia Sport Zagato del 1965, con la sua calandra a classidra, ben prima delle Lexus degli ultimi due lustri... In questa foto si fa notare anche il cofano ad apertura laterale, forse meno esclusivo come dettaglio, tra l'altro modificato nel '70 portando le cerniere sul lato anteriore. Altra modifica dello stesso anno riguardò l'eliminazione del più caratteristico vano della ruota di scorta : ...il cui coperchio, come altre parti della carrozzeria delle prime serie, era realizzato il Peraluman, particolare lega leggera di alluminio con magnesio.
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E' stato al centro di una breve discussione - qualche anno fa - questo modello a scala reale che si trova negli uffici dell'azienda di Giugiaro. Di cosa si tratta? E' una realizzazione fatta a posteriori da Fabrizio Giugiaro come regalo di compleanno a suo padre, per il suo 70°, ormai nel 2008, e costituisce una trasposizione come modello a scala reale dei disegni che Giorgetto Giugiaro realizzò come ultimo lavoro presso la carrozzeria Bertone, nel 1964. E cosa c'entra Lamborghini? Be', è qui che la storia si fa particolarmente interessante... Giorgetto Giugiaro lavorò al progetto senza una indicazione certa del cliente finale, cioè del produttore cui sarebbero stati destinati. E a giudicare dalle linee del frontale, pare di trovarsi di fronte ad un lavoro destinato a Bizzarrini, che proprio in quegli anni apriva la sua azienda. Ma i disegni originali sembra riportino l'indicazione "Lamborghini" e questo rimanda a quanto in effetti potrebbe essere avvenuto. Vale a dire che quel progetto potrebbe essere ciò che Bertone propose a Ferruccio Lamborghini come "vestito" per il famoso autotelaio TP400 che la casa del Toro presentò al Salone di Torino del 1965. Collaborazione che notoriamente andò avanti, portando alla Miura, disegnata da colui che sostituì Giugiaro presso Bertone, cioè Marcello Gandini. Le speculazioni su quanto Miura (Gandini) abbia preso da questi disegni (Giugiaro) sono stati il motivo di quelle discussioni che citavo in apertura...
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Si diceva della Marea, che avevo citato per la forma del cofano bagagli. Pensando al passato, potrebbe avere radici nella storia FIAT, con la coda della 1300/1500 del 1961 come fonte d'ispirazione: Ma si parlava anche di Gamma: Interessante il collegamento di @Auditore con la coda di Fiat 124 Sport spider, di cui agevolo foto storica per confronto... ...e per notare la differenza delle "pieghe" che sulla 124 non coinvolgono il cofano bagagli, come invece avviene su Lancia Gamma coupé. Per la quale il collegamento più diretto potrebbe essere semplicemente la sua progenitrice: Lancia Flavia (e poi 2000) coupé seconda serie, quella del 1969 Ma Gamma Coupé mi fa sempre riflettere su una moda per un elemento che, pur interpretato in modo leggermente diverso da caso a caso, divenne tipico di molte auto dei segmenti superiori di quegli anni Settanta: i grandi fari rettangolari a sviluppo orizzontale, suddivisi in riquadri a due fasce sovrapposte: - dalla Citroen SM (1970), coi fari similissimi a Gamma - alle ammiraglie BMW E3 (1968) - e quelle Opel, Kapitan e Admiral B (1969): - alla più "normale" Volkswagen Passat del 1973, pur sempre ammiraglia di casa - e la cugina grande Audi 100 (seconda serie C2 del 1976) - tra le ammiraglia a due volumi, anche la francese Renault 20/30 (1975) - sempre in Francia, la più tradizionale ammiraglia Peugeot 604 (1975) - l'ammiraglia europea di Ford, la Granada: - e quella di GM in Europa, la Opel Senator (1978) - ma anche la nostra Argenta (1981), ammiraglia di transizione in casa FIAT - ma anni prima, già sulla esclusiva FIAT 130 coupé (1971) - e gli svedesi che si allinearono con la loro sei cilindri, la Volvo 264 (1974) Per suggellare che la moda era divenuta puro establishment, eccoci a concludere con l'ammiraglia per eccellenza: Rolls Royce Silver Spirit/Spur (1980) Chiaramente tante altre hanno seguito questa strada, con gruppi ottici di simile impostazione; ma quello che sottolineo di nuovo, è la curiosità che sembrò nascere come elemento distintivo delle vetture europee di classe del decennio "Settanta".
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Riguardando delle foto della Lancia Gamma coupé, mi sono tornati in mente due dettagli che non mi pare siano ancora stati ricordati in questa discussione. Il primo è lo scalino sul tetto, in continuità con il montante C : Elemento estetico interessante, a sottolineare la forza e l'importanza proprio del montante C come uno dei punti chiave di quella linea, con un effetto rollbar che verrà poi sfruttato a pieno nel prototipo Gamma T-Roof del 1978. Curioso come anche visto da dietro, il profilo del tetto sopra il lunotto contribuisca a rafforzare il medesimo concetto... Questa foto mette in risalto anche il secondo elemento di cui volevo parlare: la forma del baule incavata, con le due pieghe nette che in qualche modo associo come curiosità a quelle riproposte due decenni dopo dal baule di Fiat Marea:
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Continuiamo con materiale Ford dei primissimi anni Ottanta (sempre Steve Saxty la fonte). Per sostituire la Fiesta, abbiamo visto cosa erano capaci di creare i designer Ford già nel 1982... Bene, torniamo indietro solo di un anno, al 1981. Stavolta si tratta dell'ammiraglia, la Granada. L'ultimo modello è stato lanciato a fine '77, e proprio nel 1981 sta uscendo il restyling di metà carriera. E' il momento di impostare il programma per la sua sostituta. Come al solito, Ford si rivolge anche alla sua filiale italiana dedicata al design. E appunto in quel 1981, ecco cosa propone lo Studio Ghia di Torino: Uno strano mix di impostazione tradizionale e linee tese ancora molto anni Settanta, assieme a curiosi slanci di originalità che lasciano piuttosto interdetti... Per non parlare del frontale: puro anonimato nippo-americano anni '80. Tra quelle maquette "Libra" dell'82 per Fiesta e questa Granada di Ghia del 1981 sembra sia passato almeno un lustro, un'intera generazione di design! E invece era solo un anno...
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Visto che sono risaltate fuori quelle fotine dei prototipi Fiesta, approfitto per metterne qualcuna in più... Si parla dunque dei primi sviluppi di Fiesta '89, cioè del progetto BE13, per usare la nomenclatura interna di Ford. E' il marzo 1982 e la prima maquette completa di LIBRA (nome in codice del programma di sviluppo) è stata approntata seguendo le idee di Luc Landuyt, del centro stile Ford di Merkenich. Modello asimmetrico di cui purtroppo abbiamo solo la foto del lato a 3 porte, ma pensando che si parla di una utilitaria europea di segmento B e siamo nell'82, l'aspetto è davvero innovativo! Il trattamento delle superfici della carrozzeria è in linea con la solidità plastica di Sierra - che esce in quell'anno - con linee morbide e levigate, ma allo stesso tempo sode e massicce, ma chiaramente è sulle vetrature e la forma della coda che si gioca la sua originalità. Un profilo del genere si distinguerebbe tutt'oggi come decisamente "avanzato". Solo che per Ford è "troppo avanzato" e chiede ai designer di abbassare il tiro... ...e in pochi mesi - nel Luglio dello stesso 1982 - Luc Landuyt con il collega Klaus Kapitza (quello che poi passò a BMW firmando la Serie 8 E31) presentano LIBRA 2: Pur mantenendo l'idea caratteristica del tetto spiovente verso un'alta coda tronca, sempre con l'esclusivo lunotto sdoppiato, effettivamente i toni sono meno futuristici: porte dalle cornici più tradizionali, vetratura che perde la continuità a tutto giro, paraurti non più integrali... La ricerca di volumetrie capienti sembra comunque un obiettivo primario di questa fase del programma, forse ispirato anche dall'appena uscita VW Polo del 1981, con la sua nuova carrozzeria "mini-station". Comunque LIBRA 2 non ha maggior fortuna della prima, venendo soppiantata da un terzetto di nuove idee presentate nel 1983. Tra di esse, quella qui sotto sembra evolvere il concetto di LIBRA 2 verso forme sempre più razionali, enfatizzando ancor più lo sfruttamento dello spazio nella compattezza delle forme. La linea assume un profilo quasi da monovolume, perdendo definitivamente l'idea della coda spiovente con lunotto sdoppiato e lasciando ad uno scalino sulla linea di cintura l'unico guizzo di originalità. Non va neppure così, Ford preferirà virare verso altre idee stilistiche, forse meno innovative ma che si dimostrarono certamente azzeccate per la nuova Fiesta del 1989.
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Di sfuggita e priva di riferimenti, è già apparsa nella discussione questa immagine: Senza bisogno di grande immaginazione, ritrae chiaramente una Tagora sotto mentite spoglie. Volendo dare qualche dettaglio in più, risulta che si tratti di un tentativo avvenuto intorno al 1980 di ristilizzare la Talbot Tagora portandola sotto l'egida del marchio Peugeot. Non si trattava di un semplice rebadge perché le modifiche agli esterni erano varie, sebbene non radicali. La qualità della foto non aiuta, ma sembrano smussarsi in generale i dettagli della linea, dalla scanalatura sulla fiancata ai bordi dei passaruota, e anche la forma della terza luce laterale. Poi, oltre ai cerchi in lega tipicamente Peugeot e i nuovi paraurti accompagnati da più ampie modanature laterali, certo la modifica più evidente era il nuovo frontale, decisamente più morbido e moderno di Tagora, ma allo stesso tempo sempre un po' anonimo e "poco Peugeot". Perdonate l'azzardo, ma qualcosa in questa maquette mi riporta a Giugiaro e al suo stile di allora. Quanto ho scoperto più di recente, però, è che quella sopra non risulta l'unico tentativo di trasformare la Tagora in una Peugeot! Ne esistono infatti almeno altre due.. Da un articolo della rivista LignesAuto è stata rilasciata in rete questa foto: La targa della maquette a sinistra pare suggerire che la casa del Leone stesse lavorando ad un modello indicato come "605" da lanciare nel '86... si tratta del progetto "H9", una 605 ante-litteram, per dare un'erede alla anziana 604, utilizzando come base di partenza proprio la Tagora. Rispetto all'altra maquette già vista in alto, questo sembra uno studio più raffinato e più moderno, con un chiaro intento di rafforzare l'immagine della vettura di origine per portarla al livello dell'ammiraglia di casa da sostituire. Frontale sicuramente molto "ottantesco", ma anche qui poco Peugeot a mio avviso. Da CarDesignArchives arrivano invece le foto di quest'altra proposta, più classicheggiante ma anche più vicina al family feeling Peugeot nel nuovo frontale: Oltre al frontale, anche qui cambia la linea del cofano motore, il disegno degli archi passaruota, della terza luce laterale e di tanti altri dettagli (paraurti, cerchi, specchi retrovisori...) Non abbastanza per convincere i manager Peugeot a dare una seconda chance alla Tagora. Visto il destino segnato di Talbot, cioè di un marchio, una gamma e una rete commerciale non sostenibili dalle finanze di allora del gruppo, è comprensibile il desiderio di PSA di non buttare via un modello immesso da poco sul mercato e sul cui progetto di sviluppo, ormai in fase troppo avanzata al momento dell'acquisto da parte di PSA, erano stati fatti investimenti significativi per portarlo a termine adattandolo alle esigenze di integrazione e condivisione di parti e meccaniche del gruppo. E razionalmente, l'unica possibilità di riutilizzare Tagora in qualche modo era quella di ridarle vita integrandola nella gamma Peugeot, dove l'unico ruolo che poteva esserle dato era quello di sostituta dell'anziana 604, visto che 505 era quasi coetanea di Tagora e ben avviata commercialmente. Allo stesso tempo si intuisce che, senza investimenti eccessivi, sarebbe stato difficile portare una "Peugeot Tagora" allo stesso livello di percezione di 604, distanziandola a sufficienza da 505 e dal suo stesso passato Talbot... Immaginiamo quante chance avrebbe avuto il lancio - a metà anni Ottanta - di una qualunque di queste realizzazioni come "nuova ammiraglia Peugeot" al cospetto delle varie Renault 25, Mercedes W124, Lancia Thema, Ford Scorpio, Opel Omega che sarebbero uscite in quel periodo!
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Aggiungiamo un paio di elementi sulle versioni [MAI NATE] della Volvo Serie 400, sempre da CarDesignArchives. Continuando sulla mancata versione Station Wagon, ecco un modello in scala realizzato internamente a Volvo nel 1985, e indicato come "Pro kombi 91": Guardando il frontale, ma anche tanti altri dettagli, risulta ovvio che gli sviluppi del progetto fossero in divenire, lo stile non ancora congelato. Mancavano in effetti tre anni al lancio della berlina sul mercato, avvenuto nel 1988. L'aspetto più interessante è di sicuro lo scalino della linea di cintura all'altezza del terzo finestrino, idea che non ebbe più alcun seguito in Volvo (ricorda invece la soluzione di Hyundai Matrix del 2001, quella disegnata da Pininfarina). Sicuramente aiutava a movimentare la linea, ma in questa realizzazione mi sembra lasciasse troppa lamiera sul parafango posteriore. Nel 1988 invece, a progetto ormai avviato in produzione, i designer della sede Volvo in Olanda ancora esplorano ulteriori varianti di carrozzeria per la loro media, nata in configurazione due volumi e mezzo con portellone ed in procinto di essere affiancata dalla versione tre volumi. Forse nel tentativo di coprire il segmento centrale del mercato europeo, si studiano soluzioni per inserire la Serie 400 tra le due volumi compatte, immaginando una carrozzeria propriamente a due volumi, sia a 3 che a 5 porte: Da un punto di vista squisitamente estetico, la 3 porte non mi sembra riuscitissima nella soluzione del doppio finestrino posteriore. La 5 porte invece risulta più equilibrata, ma l'ampiezza della terza luce sembra quasi anticipare quella soluzione "ibrida" tra 2 volumi e station wagon iniziata 15 anni dopo da Audi A3 Sportback. Non conosco le misure di questi prototipi, ma lo sbalzo posteriore sembra in effetti più corto della 440 (nella foto sopra se ne vede una bianca sullo sfondo, aiutando a valutare le differenze). Abbastanza da farla rientrare nelle misure standard del segmento C di allora? Considerando i 4,31 metri della 440, a occhio non credo fossero arrivati ai classici 4 metri di Golf & Co...
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Wow, il Gulliver! Non mi sarebbe mai venuto in mente, adesso lo ricordo grazie alle tue immagini. In effetti è impressionante la somiglianza. Mi viene solo da pensare che Aprilia abbia chiesto una studio a Ghia, oppure che qualche designer piuttosto disinvolto non si sia fatto problemi nel "prendere spunto" da idee altrui... magari su quel concept non c'era brevetto? Va be', torniamo a Ford. Ancora un paio di anni indietro e andiamo al 1976. Ford sta iniziando a lavorare alla sostituzione di Taunus/Cortina, prevista per i primi anni Ottanta. Dalla fase di studi avanzati si è passati alla fase successiva di proposte concrete di sviluppo, assegnandole il nome in codice "LINDA". La base meccanica doveva essere la medesima piattaforma a trazione posteriore delle berline Ford di fascia superiore; l'estetica e l'aerodinamica erano quindi i principali temi di sviluppo del progetto. La prima idea buttata giù dal designer Tom Scott fu questa interpretazione piuttosto radicale dello stile "origami" introdotto da Giugiaro in quel decennio. Giudicata troppo avanzata, si cambiò direzione verso una maggiore classicità, pur tenendo la barra sempre ferma verso l'aerodinamica. Ecco allora una successiva proposta sempre a tre volumi, più dettagliata certo, ma soprattutto molto più vicina allo stile della progenitrice: Allo stesso tempo, cominciarono comunque a proporre nuove soluzioni per affrontare il mercato in evoluzione, provando anche la corrispondente variante a due volumi: Tentativi piuttosto deludenti in tutta onestà, ai quali seguirono ulteriori proposte, inclusa questa che esplorava la stessa formula 2 volumi e mezzo che avrebbe caratterizzato la successiva Escort Mk3. Era evidente che questi sviluppi non stavano portando ai risultati sperati nell'impatto estetico, sembravano non riuscire a scrollarsi di dosso una certa aria scontata. Ford decise di stoppare il programma Linda. L'erede di Taunus e Cortina sarebbe nata da un nuovo progetto, stavolta denominato Toni. E Sierra fu. N.B. Foto e info da materiale rilasciato in rete dalle pubblicazioni di Steve Saxty
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Immagino sia questa: Ford Focus, concept di Ghia, presentata al Salone di Torino del 1992. Lo scooter che aveva la stesse linee quale sarebbe stato? Il Malaguti Phantom? Restiamo da Ghia e torniamo indietro nel tempo, al 1978. Ford sta lavorando al progetto Erika per la nuova Escort del 1980, ma a Torino qualcuno ha delle idee... Siamo alle solite: tentare la strada di una Escort coupé, mai approvata finora, soprattutto dai vertici americani. Stavolta Ghia si muove addirittura all'insaputa della sede europea di Ford, e deve prendere una VW Golf per costruirci sopra la sua nuova proposta di coupé 2+2 compatta. E per vendersi meglio, ecco che la agghinda con una livrea in stile John Player Special, dandole pure un nome piuttosto evocativo: Erika RS Capri! Interessante l'idea del profilo laterale di coda, dove il montante C sembra parte del portellone stesso; effetto raggiunto sia per l'allineamento tra finestrino posteriore e faro dietro, sia per la sottolineatura data dalle strisce adesive dorate. In realtà il portellone è "normale" (si vede la luce della cornice attorno al lunotto...) L'idea di una moderna sportiva 2+2 a trazione anteriore è supportata da Don Kopka, capo del Design Ford di allora, che ritiene possa funzionare sia per sostituire Capri in Europa, avvicinandosi all'idea delle hot-hatch che stanno prendendo il sopravvento sulle classiche coupé, sia per l'America, dove si richiede una piccola sportiva da inserire sotto a Mustang. Ma anche stavolta niente Escort coupé. In Europa Capri sopravvisse ancora vari anni, la nuova Escort ebbe le sue versioni sportive su carrozzeria standard, mentre in America, dove il fenomeno hot-hatch non ebbe lo stesso seguito, si fecero la loro classica coupé a soli due posti, la EXP. Foto e info: materiale rilasciato in rete da pubblicazioni di Steve Saxty
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9 Settembre 1983, quartier generale Ford: giorno di presentazioni top secret. Ford ha commissionato a Ghia lo studio per un modello da inserire nel mercato delle convertibili di lusso, dominato dalla classica Mercedes-Benz SL (allora si trattava della R107). Dietro a questa richiesta è probabile che ci siano le voci secondo cui General Motors starebbe già lavorando a un'idea del genere; qualcosa che in effetti diverrà la Cadillac Allanté, ma ancora a Dearborn non lo sanno... Dunque, in sala si espone la proposta uscita dalla sede Ghia di Torino. Non ha un nome, viene indicata internamente solo come "Sierra Luxury Convertible", perché lo studio è basato sulla meccanica della media uscita l'anno precedente in Europa. Come tale, pur concepita come 2 posti, sarebbe potuta essere anche una potenziale concorrente di modelli europei più compatti (ma a 4 posti) che si apprestavano a entrare in quel segmento, vedi BMW Serie 3 o Saab 900 cabrio. In tal senso una eventuale commercializzazione in Nord America avrebbe potuto avere quel medesimo marchio Merkur utilizzato per la XR4Ti (versione USA di Sierra), sebbene l'effettiva presenza del marchio Lincoln sul frontale risulti in definitiva più aderente all'obiettivo di Ford USA di esplorare un mercato che avrebbe visto protagonista un modello con il più tradizionale dei marchi di lusso statunitensi. Lo stile della proposta Ghia è equilibrato, abbastanza elegante, con qualche ispirazione Mercedes soprattutto nella fanaleria posteriore, ma niente di più. E per un'auto di questo segmento, quel "di più" è proprio ciò che fa la differenza. Ford non dette alcun proseguimento a questo lavoro infatti. La concorrenza invece, arrivò in forze. Nel 1986 fu presentata in anteprima la Chrysler TC (by Maserati), che poi fu disponibile sul mercato solo due anni dopo, anticipata da Cadillac Allanté (presentata anch'essa nel '86 come MY87). Le quali sarebbero state poi seguite dalla nuova Mercedes SL - la R129 - nel 1989 e nel 1990 anche dalla versione convertibile di Buick Reatta... In risposta a tutto ciò, Ford presentò al pubblico solo un concept, la Lincoln by Vignale, sempre ideata da Ghia e che riprendeva i concetti e gli obiettivi della "Sierra luxury convertible" aggiornati al 1987, anno in cui fu esposta al Salone di Detroit di gennaio. Nonostante l'aspetto assai più convincente, Ford decise di non procedere neppure su questa strada, forse conscia del rischio di essere associata troppo facilmente alla concorrente Cadillac Allanté, presentata pochi mesi prima al Salone di Parigi del 1986. Chissà se fece bene... le concorrenti americane furono degli insuccessi fin dal principio, e poi arrivò la nuova Mercedes SL facendo saltare il banco! N.B. Foto di Sierra Luxury Convertible da materiale rilasciato in rete dalle pubblicazioni di Steve Saxty.
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Oggi condivido un po' di materiale per portare avanti discussioni già avviate. Parto dallo sviluppo di Vectra A del 1988, su cui il buon @PaoloGTC ha fornito molte informazioni e immagini: Aggiungo qui un paio di maquette appartenenti alle prime fasi di sviluppo; in qualche modo le possiamo associare allo stesso periodo della prima foto del post di Paolo. In questa prima foto qui sotto, in particolare, è estremamente chiara la derivazione dal concept Tech1 del 1981, il cui muso sbuca infatti lì a sinistra... Le influenze di Ascona C e soprattutto di Kadett E sono ancora fortemente presenti. Maquette "sorella" in chiave tre volumi, ma con alcune variazioni sull'attacco vetratura sul montante A e sul profilo del parafango (è la stessa foto di Paolo, solo la ripropongo a colori) Quest'altra maquette qui sotto, invece, potrebbe essere uno step successivo dove entrano ancor più prepotenti i temi dell'aerodinamica, con elementi stilistici più vicini allo stile di Omega: La fiancata posteriore di Vectra però, sembra già aver preso una strada chiara. Curiosa la varietà di nomi che portavano queste maquette: dallo scontato "ASCONA", a "J-88", che presumo voglia indicare la sostituta della J-Car di Opel per il 1988, fino a "2400" che fu il codice di progetto di Vectra. Riporto ancora qui sotto due ulteriori post di Paolo con altre immagini, giusto per dare una visione completa di quello che era venuto fuori. E in fondo due aggiunte mie... Qui voglio solo aggiungere un bozzetto "fratello" di quello postato da Paolo, semplice variazione sul tema "Vectra cattiva": Stesso disegnatore, stessa identica impostazione, cambiano vari dettagli però, tra cui il più interessante per me è quello della fanaleria posteriore in un unico anello a tutta larghezza: forse un po' troppo americana? A me sarebbe piaciuta comunque... Infine, lasciamo la Vectra per riparlare di questa semi-sconosciuta, che giace nei garage sotterranei dello pseudo-museo Opel: Finalmente possiamo aggiungere una foto che ci consente di capire meglio come è questo fantomatico prototipo di Opel "Parabolica" che ha fatto capolino qua e là nella discussione: Una "long tail" impressionante, che mi ha sorpreso! Non perché non abbia senso (tutt'altro, essendo uno studio aerodinamico), ma semplicemente perché non me l'aspettavo così... tutto qua.
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Non sono mai state molto popolari in generale, e in Italia ancor meno, ma in molti qui sapranno comunque che taaaanto tempo fa Opel aveva le sue ammiraglie di lusso. Di quelle serie intendo, da rivaleggiare con i grossi calibri di Mercedes e Jaguar, i riferimenti di quegli anni Sessanta-Settanta. Allora erano meno diffuse certe terminologie commerciali, ma adesso si parlerebbe proprio di Segmento F; berlinoni da 5 metri e passa, accessori esclusivi, cambi automatici, motori 6 o 8 cilindri, anche oltre 5 litri... (quindi non le "semplici" ammiraglie di Segmento E che tanti marchi - incluso Opel - hanno avuto e manutenuto almeno fino agli anni Novanta). Per un marchio che oggi deve trovare la sua posizione in un mercato in profonda evoluzione, peraltro all'interno di un gruppo in cui pare rivestire un ruolo di secondo piano, forse sembrerà ancora più strano che avesse non solo una ammiraglia di lusso, ma addirittura che fossero tre! Insomma, sto parlando di Kapitan, Admiral e Diplomat, quelle che tra gli anni Sessanta e Settanta formavano una sorta di sotto-gamma, spesso indicata come "KAD", dalle loro iniziali. La realtà è che erano sostanzialmente la stessa vettura e i nomi diversi potrebbero essere più onestamente presi come versioni, piuttosto che modelli davvero autonomi. Ma tant'è, tale era il mercato di allora e la posizione di Opel - leader in Germania fino agli anni Settanta, non dimentichiamolo... - che si poteva permettere di commercializzare la stessa auto con tre nomi diversi! Certamente in Germania - mercato di casa e più ricco del nostro - ebbero un qualche spazio, ma il successo è ben altra cosa. Io, tanto per dire, non ricordo di averne mai viste una in vita mia, né qui in Italia né altrove. Il marchio non aiutava, ma lo stile fu forse il problema principale. La prima serie del 1964 era piacevole, ma ancora cercava di imporre in Europa uno stile decisamente troppo americano. Motivo di successo nei decenni precedenti, ma non più in quel periodo. E infatti dopo soli cinque anni, già nel '69 arrivò la seconda serie: cercarono di dare una sterzata soprattutto allo stile, reinterpretandolo in modo più europeo, ma il risultato fu deprimente... immaginate un barcone americano in salsa teutonica e il disastro è fatto. Con la seconda serie tentarono anche di differenziare in modo più visibile la Diplomat, il modello di vertice, con qualche ispirazione Mercedes-Benz. Ma non bastò, nel 1977 le KAD chiusero la loro carriera e Opel le sostituì con la Senator, abbandonando di fatto il segmento delle grandi auto di lusso. Terminata la noiosa premessa, ecco la questione: il destino delle ammiraglie Opel avrebbe potuto essere diverso, almeno secondo l'Opel Design Studio. Siamo a cavallo del 1970, infatti, e un gruppetto di designer Opel inizia già a lavorare ad alcune idee per un'eventuale sostituta dell'ammiraglia Diplomat da poco rinnovata. Il fatto è che non si tratta di un ordine di lavoro proveniente dai manager di prodotto, per lo sviluppo di un modello approvato. E' piuttosto un esercizio autonomo di immaginazione da parte del Design Studio per fornire prospettive alla direzione aziendale. L'idea è sganciarsi in modo chiaro dallo stile americaneggiante importato (imposto?) dai designer GM e cominciare a ispirarsi più chiaramente ad uno stile europeo, nei fatti fortemente influenzato da quello italiano a quei tempi. Herbert Killmer butta giù disegni di questo genere, dove il dinamismo e l'eleganza si staccano decisamente dalle origini e il tratto caratteristico diventa un frontale affusolato e sportiveggiante. Più che Mercedes, il team sta mettendo nel mirino Jaguar. E non è una frase tanto per dire; quando traducono i bozzetti in maquette a scala reale, nel febbraio 1972, le mettono direttamente e fisicamente a confronto con una vera Jaguar XJ! Quello che interessa ai designer Opel in questo confronto, non è ovviamente somigliare realmente ad una Jaguar, ma coglierne lo spirito, verificare che la loro creatura possa essere percepita come una concorrente dell'inglese. E al di là dello stile radicalmente diverso (e anni luce più moderno...), devo dire che per me avevano colpito nel segno! Uno dei punti fondamentali di sviluppo di questa idea era il frontale e il suo profilo. L'obiettivo era mantenere quell'effetto dinamico che solo Jaguar aveva nel segmento di lusso, con la caratteristica del cofano motore affusolato, il cui segreto era semplicemente l'altezza ridotta sopra il parafango della ruota anteriore. Un risultato raggiunto in queste maquette totalmente prive di meccanica, ma che avrebbe richiesto l'abbandono dell'avantreno delle KAD, inadatto per ragioni di ingombro. Tutto il disegno del frontale è comunque concentrato sull'obiettivo di ottenere un profilo il più basso possibile, fino addirittura allo spostamento completo della calandra sotto al paraurti: roba da coupé! Un frontale sportivo e moderno, che i designer avevano interpretato in più forme, realizzate e messe a confronto già un mese dopo, nel marzo del 1972: Foto interessante per due aspetti. Il primo è la possibilità di apprezzare come cambia radicalmente lo spirito della stessa auto adottando un frontale diverso (seppur pulito e moderno per quei tempi) come quello della maquette a destra. Il secondo è vedere insieme, già nel '72, due idee di frontali che verranno concretamente sviluppati e poi introdotti su modelli successivi di Opel: quello di sinistra - sportivo e privo di calandra - su Manta B del '75 (e coeva Vauxhall Cavalier) e quella di destra su Rekord E del '77. E' ovvio che purtroppo una Opel così non è mai arrivata sul mercato; ne possiamo facilmente intuire i motivi, sia per la crisi petrolifera che arrivò poco dopo, ma soprattutto per i rischi di portare sul mercato un auto che dirazzava così tanto sia dai canoni del mercato delle berline di lusso, sia da quelli del marchio Opel. La clientela di allora era assai più conservatrice di quello che possiamo pensare oggi. Peccato, sarebbe stato un bel vedere! N.B. Info da Der Zuverlässige (Alt-Opel), foto da Opel Archiv.
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Verissimo, quella storia del quadro strumenti super inclinato è stato un atout di Renault per decenni! Mai capito se ci fosse dietro una ragione specifica, ma a me non ha mai convinto. Parlo dal mero punto di vista estetico, perché da ex-possessore di Clio phase I, posso dire che non poneva alcun problema reale. A proposito di Renault... No, non era RN, sicuro; perché come dici era nella gamma italiana e la sua plancia era così: con vano portaoggetti chiuso da sportello (curiosamente diverso da quello delle versioni RT e superiori - vedi foto sotto - quindi c'era anche questa tra le differenze nelle plance di Clio...) e bocchette centrali sostituite da sportellino che copriva posacenere e accendino, che nelle versioni "ricche" erano invece sul tunnel davanti al cambio (vedi di nuovo sotto) Insomma, fatta ricerchina e questa plancia che avevo postato appartiene alla versione RL, allestimento mai arrivato in Italia e posizionato alla base della gamma, sotto a RN. Fatta l'osservazione da temperasupposte, ecco che di Renault mi è tornata in mente anche la R18, un'altro modello con le cui plance si sono sbizzarriti davvero! Partita con una sola plancia, questa: ...già dopo un anno, nel 1979, eccone una variante semplificata per il nuovo allestimento di base (senza denominazione): Forse non si nota molto, ma cambiando tutta la console centrale, cambia anche la posizione delle bocchette (spostate dai lati al centro) e soprattutto le levette della climatizzazione e altri pulsanti passano dalla console a dentro il cruscotto, ai lati degli strumenti. Anche posacenere e altoparlante vengono spostati nella parte alta della plancia. Passa un altro anno e a fine 1980 presentano la R18 Turbo, che si distingue anche per la plancia ripresa dalla coupé Fuego: Da questo momento fino a inizio 1984, R18 ha quindi tre diverse plance a seconda degli allestimenti (nei disegni sotto si notano meglio le differenze): Quando nella primavera 1984 esce la "Type 2", l'allestimento base (sempre senza sigla) mantiene la solita plancia semplificata, mentre la plancia standard viene rimpiazzata su tutte le versioni da quella "tipo Fuego"; la Turbo però si distingue di nuovo ricevendo la plancia aggiornata pochi mesi prima su Fuego (foto sotto). E prima di R18, già la mitica R5 prima serie ebbe plance differenziate a seconda degli allestimenti. Questa la versione standard, con la fascia rigata, il piccolo cruscotto portastrumenti e la leva del cambio à la R4: E questa la versione di lusso, con fascia in materiale schiumato (come il volante), cruscotto esteso per ospitare anche il contagiri, comandi a pulsante spostati a sinistra e infine cambio a leva sul pavimento: Questi interni furono inzialmente riservati alla nuova versione di punta, la LS, introdotta nel 1974: Poi vennero utilizzati anche sulle TS (che sostituirono le LS), sulle sportive Alpine, sulla speciale Le Car, nonché sulla Automatic, sebbene questa mantenesse il cruscotto standard. Grazie @aboutdas, non sapevo questa storia! Siccome però sono curioso, sono andato a cercare informazioni e ho scoperto che la questione stava così: - all'inizio, dal 1996 al 1998, tutti gli allestimenti - che in realtà si chiamavano LX, GLX, SLX - avevano la medesima plancia: - nella gamma 1999 però, per la sola versione SLX fu introdotta una plancia di disegno diverso, chiaramente ispirata allo stile Volkswagen-Audi del periodo: Plancia che venne progressivamente estesa verso il basso della gamma in vari passaggi successivi.
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Riprendiamo il discorso sulle Ford abortite. E' il turno della media di casa, la Escort, per la quale la tiepida accoglienza del modello uscito nel 1990, giudicato troppo conservatore, fu "IL" problema dei primi anni Novanta. Oltre ai face-lift e restyling che si susseguirono a ripetizione, la sfida maggiore fu posta nel programma destinato alla sua erede. Doveva naturalmente risollevare l'immagine del modello, ma la concorrenza pareva correre a velocità doppia: Golf III e Astra erano uscite nel 1991 e per loro era già in programma la sostituzione in un ciclo di soli 6-7 anni... Perciò fu una gestazione complicata, con varie idee e filoni inizialmente portati avanti e poi abbandonati o stravolti. E alla fine tutto ciò non fece altro che allungare i tempi. Sicuramente però ne valse la pena e la storia ebbe un lieto fine, se così si può dire, perché Focus centrò decisamente l'obiettivo e fu un successo in tutti i sensi. A grandissime linee possiamo dire che il tutto si può dividere in due fasi (di nuovo la fonte è l'ex-Ford Steve Saxty): - il progetto CE99, varato poco dopo la presentazione di Escort '90 per una sostituta da presentare nel 1997, sviluppatosi fino al 1994 - il successivo progetto C170 che poi dette la luce a Focus nel 1998 Il materiale "filtrato" su CE99 ci consente di vedere alcune proposte con differenti filoni di design. Uno, rappresentato dalla (mezza)maquette argento qui sotto, definita verso fine '93, seguiva lo stile fluido e sinuoso che si può ricondurre a Puma: Un altro, successivo nel tempo e dal carattere più solido e deciso, è quello del modello non verniciato e asimmetrico (hatch- e notch-back) sempre nell'immagine qui sopra. Ma il più originale è in quest'altra maquette, che mostra ovviamente la versione tre volumi: Varie idee interessanti, ma evidentemente il progetto CE99 non stava portando ai risultati attesi, e pare che uno dei problemi più importanti fosse la piattaforma su cui era previsto questo sviluppo, vale a dire la stessa di Escort '90. In particolare i suoi limiti in termini di dimensioni, abilitabilità e altezza non furono ritenuti superabili per raggiungere gli obiettivi prefissati. Quindi nell'Aprile 1994 il progetto CE99 fu interrotto per dare vita al nuovo programma C170, che ripartiva da zero dal punto di vista tecnico (telaio etc), ma con idee sempre molto incisive. Tra le quali direi che la vetratura laterale con andamento lenticolare fu un tema chiave, che Focus si portò dietro dagli ultimi sviluppi del progetto CE99. A questo proposito ripropongo l'immagine - che avevo già postato recentemente - di una delle proposte iniziali del programma C170 per Focus: Infine, qualcosa di ancor più radicale venuto fuori durante lo sviluppo di Focus, in particolare della sua versione Station Wagon: Focus doveva innovare, essere diversa, ma questa versione "Rodius" fu giudicata comunque eccessiva per la clientela media delle station wagon del periodo. Giudizio personale: se la fiancata è inguardabile, devo dire che - in una vista puramente da dietro - il taglio della coda e del portellone a me piacciono. E mentre Focus hatchback (la due volumi 3-5 porte) mi è sempre piaciuta molto, proprio la station wagon andata in produzione mi è sempre parsa assai meno riuscita... (idem per la tre volumi, anche se mai arrivata in Italia).
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Ravvivo il tema curiosità per una cosa che mi è tornata in mente di recente. Avete presenti quei modelli che per un motivo o un altro presentano plance differenti a seconda degli allestimenti? E quando dico così, intendo proprio che la forma della plancia è diversa, cioè la struttura o il preformato della porzione principale/superiore della plancia stessa. Escludo cioè tutti quei dettagli che vengono tipicamente diversificati, ma che non determinano l'uso di plance differenti; vale a dire che per questa differenziazione non considero: - estensione inferiore della console centrale - mobiletto tunnel - pannelli porta - coperchio cassetto portaguanti - bocchette aerazione - pulsanti/comandi - schermi infotainment - volante - airbag passeggero (anche quando determinava una forma diversa della plancia) - modanature/inserti vari (legno, etc) Dei modelli attuali mi viene in mente soltanto la FIAT Tipo (356), che nei modelli più economici utilizza questa plancia, con la palbebra superiore che ingloba la sezione autoradio: Mentre nei modelli più lussuosi adotta questa versione con schermo infotainment a sbalzo: Curiosamente, un'altra rappresentante di questo gruppo è anche la sua antenata ormai storica, la FIAT Tipo (160), che tutti ricordiamo per la sua plancia che poteva essere così: oppure cosà: Fu così anche per la sorella maggiore, la FIAT Tempra, che in modo del tutto analogo proponeva le due differenti plance per la strumentazione analogica: o quella digitale: Visto che ci siamo, insisto con FIAT, che evidentemente deve aver avuto i suoi buoni motivi per ritenere che sulle sue vetture di classe media questa soluzione dovesse avere un valido perché... Prima di Tipo, infatti, ci fu anche la Ritmo, che dal momento in cui presentò l'allestimento Super nel 1981, si portò avanti poi per tutta la carriera due plance: - quella della Super, appunto: - e quella standard (in ordine, prima e seconda serie) Da Tempra, invece, si deve saltare la Regata per arrivare all'antenata ancora precedente, la mitica FIAT 131, che nel periodo della seconda serie (dal 1978 al 1981) ebbe anche lei due plance: - per la sola versione di base "Mirafiori L" venne mantenuta quella della prima serie: - per tutte la altre versioni (Mirafiori CL e Supermirafiori, etc) fu introdotta quella nuova: La terza serie unificherà gli interni eliminando la versione iniziale di base. In tempi molto più recenti, un'altra FIAT ha avuto un trattamento simile. La Punto 2012, che sostituendo sia la Grande Punto che la Punto EVO, per le versioni di base utilizzava la plancia originale della prima, mentre per le versioni superiori montava la nuova plancia introdotta dalla EVO. Non posso poi tralasciare un altro caso storico in casa FIAT, la nostra amata 500 ! Nel periodo dal 1968 al 1972, le due versioni disponibili della serie F, la base e la L, si distinguevano notoriamente anche per la plancia: - standard - Lusso Non di sola FIAT si parla comunque... Negli anni Ottanta ricordo la Peugeot 205, che differenziava il cruscotto portastrumenti tra le versioni standard (beh, qui proprio base-basissima!), con le spie in alto separate dagli strumenti: - e versioni GTI (inclusa l'equivalente cabrio CTI), col cruscotto di tipo classico, a palbebra unica: Differenziazione mantenuta in modo del tutto analogo anche con gli interni ridisegnati nel 1987. E del tutto simile era il caso della coeva Peugeot 305, che con la II serie del 1982 anticipò lo stile interno proprio della 205, adottando questa plancia per le versioni standard: E con l'arrivo della versione di punta GTX, ecco anche il relativo cruscotto specifico: Rimaniamo in Francia, perché tra le piccole abbiamo anche quelle dalla Régie. Partiamo dalla Renault 5, anzi la Supercinque. La plancia standard era ovviamente questa: Quando nel 1990 arriva a sostituirla la nuova Clio, la Supercinque continua a rimanere in gamma come "primo prezzo" e le versioni base (tipo Campus) adottano la spartana plancia del derivato commerciale Express: Dicevamo della Renault Clio... beh, anche lei è della partita! La plancia normale era così (oddio, così era un qualche allestimento iper-spartano senza bocchette centrali né sportello del portaoggetti, forse mai visto da noi...) Ma quando arrivò la sportiva 16v, curiosamente portò anche una plancia con palbebra estesa per alcuni strumenti supplementari: Plancia in seguito adottata anche da altre versioni di pregio, dalla elegantissima Baccara alla mitica Williams, fino alle più normali RTi. Sempre i soliti italiani e francesi quindi... ...be', stavolta no! In questa carrellata possiamo annoverare infatti anche una anglo-tedesca, di marchio statunitense peraltro. Trattasi della Ford Fiesta, che con la gamma restyling del 1983 introdusse non una, bensì due plance completamente nuove! - la versione di base, con gli originali comandi clima a rotella laterale: - e quella destinata agli allestimenti superiori (Ghia, XR2), con la console centrale più ampia, il vano radio in alto, le bocchette centrali e i comandi clima con le classiche manopole: Ma anche ricordo una giapponesina anni Settanta, la Mazda 323: Chissà quante altre ce ne saranno state, ma queste sono quelle che ricordo e volevo condividere qui con voi. P.S. Non valgono gli allestimenti speciali di preparatori o carrozzieri, né gli interni delle "stradali da corsa", cioè le varie R5 Turbo, Delta S4, 205 Turbo16 e simili, che praticamente nulla avevano a che fare con il modello di cui portavano il nome...
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Sullo sviluppo di Opel Signum accennato da @Beckervdo nel post sotto... ...seguendo la medesima fonte, possiamo aggiungere altre immagini interessanti. Dai modellini in scala come questo: ...alle maquettes (più grandi certo, ma anche queste mi paiono in scala) con varie idee, dove il cuore della questione mi pare sia stata la soluzione della coda nel suo complesso: - dalla classica terza luce allungata più in stile station wagon, e non lontano da quello che poi fu nella "cugina" Fiat Croma - ad una terza luce ridotta, per un montante C più massiccio e una originale idea di vetratura estesa del portellone: - fino ad un'ulteriore evoluzione verso l'idea definitiva, priva di terza luce: Salto le immagini dei due concept da salone del 1997 e poi 2001, che nei quattro anni che li separano si differenziano per la vicinanza stilistica ai modelli di riferimento del periodo: il primo concept parla il linguaggio di Astra G, il secondo mostra la definitiva parentela con la coeva Vectra C. Mi piace invece mostrare questo prototipo, relativo alle fasi finali dello sviluppo dello stile. L'aspetto ci è decisamente familiare, ormai siamo al modello definitivo. ...o no? Non credo meriti una sfida da "trova le 7 piccole differenze", ma se il frontale è sostanzialmente quello definitivo (a meno del paraurti, che fu poi quello della GTS), qui la coda differisce per vari dettagli. E vi dirò che a me piace anche di più. Del resto, non si tratta di una Signum, bensì di una ...VECTRUM !
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Il periodo sono sempre gli anni Novanta, ma adesso volgiamo lo sguardo verso l'alto di gamma. Che allora si chiamava Scorpio. Ricordiamo tutti il controverso restyling apparso nel 1995... Dicono che l'allora responsabile del design di Ford Europa, Dave Turner, avesse posto come obiettivo quello di uscire con qualcosa di sorprendente. Forse nella consapevolezza - aggiungo io - che senza un tale effetto, l'ennesimo restyling di un modello nato dieci anni prima e su basi ormai superate, non avrebbe avuto alcuna speranza di considerazione. Come è ovvio, lo sviluppo non ebbe un percorso univoco, e qui sotto ecco una proposta che può sembrare "conservatrice" alla luce di ciò che abbiamo poi visto uscire, ma in effetti era un frontale già piuttosto azzardato pensando al modello da cui proveniva e comunque per un segmento come quello delle ammiraglie. Le BMW di Bangle erano ancora da venire... Ma ecco qua sotto un curioso modello di studio che ci aiuta a capire le possibili evoluzioni/connessioni estetiche che possono essere esistite tra la proposta in alto e quella definitiva che abbiamo conosciuto: Infine, anche per il tema scelto ormai come definitivo, sui dettagli dei fari e della calandra vi furono varie idee... Sappiamo che quella Scorpio dagli "occhi di rana" fu l'ultima ammiraglia dell'Ovale blu in Europa, ma volendo essere onesti sappiamo che non fu per "colpa sua". Voglio dire che la decisione di Ford abbandonare il segmento E delle classiche ammiraglie fu una mossa dettata dal cambiamento del mercato, che aveva visto affermarsi lo strapotere dei cosiddetti marchi premium. Non molti sanno però, che un tentativo per affermarsi ancora in quel segmento anche negli anni Duemila, Ford lo aveva fatto. E il risultato non sarebbe stato neanche così disprezzabile... Questa maquette asimmetrica riassume un mix di linee e caratteri che volutamente dovevano ispirarsi allo stile teutonico più in voga in quel momento, in particolare Audi e in misura assai minore Mercedes. Allo stesso tempo, però, a me riporta anche a qualcosa di giapponese. Quel frontale, equilibrato e corretto, ma un po' anonimo tipo Lexus prima maniera, o la fiancata della foto in alto che mi ricorda da vicino certi modelli Nissan anni Novanta, in particolare Primera e Maxima. Risulta dovesse basarsi sul pianale allungato e allargato di Mondeo, e che proprio la valutazione degli eventuali costi legati a queste modifiche del pianale siano stati la ragione principale della decisione di non dare un futuro a questo progetto. E tutto sommato, per come ormai si era evoluto quel segmento di mercato, non credo che una simile Ford avrebbe potuto avere una qualche chance di successo.
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