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angeloben

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  1. Un paio di cose che volevo condividere qui con voi su vecchi progetti Ford. Intanto una questione di "nomi", che solo recentemente ho capito. In pieni anni Ottanta, immagino ricorderete Orion, cioè la versione tre volumi di Escort, uscita nell'autunno del 1983. Bene... qualche tempo fa leggo l'ennesimo interessante post di CarDesignArchives, che quella volta parlava del restyling della prima Fiesta, quello presentato nell'agosto dell'83. E scopro che quel progetto aveva un nome in codice che non sapevo: "Orion". Così, banalmente penso: toh, a qualcuno è piaciuto e l'hanno riciclato per la Escort a 3 volumi che dovevano presentare poco dopo. Poi ci ripenso. Ma Ford, non usava nomi di persona per i progetti interni? Sierra era "Toni" (dopo essere stata "Linda") e prima c'erano state "Erika" (per Escort '80), "Carla" per il restyling Capri del '78, "Brenda" per Escort '74 e "Diana" per Capri II sempre del '74. Poi mi si accende una lampadina... in effetti avevo visto tempo addietro che il progetto per la Fiesta tutta nuova, quella del 1989, già nei primi anni Ottanta si chiamava "Libra", che ovviamente nome di persona non è. Allora cerco di capire: vediamo come si chiamava il progetto che portò a Scorp... miiiiiii, non ci posso credere!!! Come ho fatto a non pensarci prima! Orion, Libra, Scorpio... tutti nomi latini di costellazioni! E poi... ma certo, in USA cosa uscì nel 1986? La Taurus!!! Altra costellazione. * Per la cronaca, il nome del progetto di Scorpio è ufficialmente "DE-1", ma non no se avesse avuto anche un nomignolo. Mentre risulta che Ford USA avesse creato un gruppo speciale di tecnici, chiamato "Team Taurus", dedicato a questo nuovo progetto critico per il futuro di Ford, visto che doveva sviluppare il prossimo modello nel segmento più centrale del mercato americano. Bene, condivisa questa scoperta (magari ovvia e stranota per quelli meno sprovveduti di me..., in caso faccio pubblica ammenda), passo a qualcosa di più tangibile. Si parlava di Orion, cioè sostanzialmente una Escort a tre volumi. Era allora abbastanza normale dare un nome specifico alle versioni con la coda di modelli nati senza (e quindi ovviamente più piccoli), anche con l'intento di metterli in un settore di mercato in qualche modo superiore. Jetta lo era per Golf, Regata per Ritmo, Duna per Uno, Marea per Brava, Montego per Maestro. Per non parlare di tutti quei modelli principalmente di marchi giapponesi e per noi assolutamente esotici che popolano le strade di molti paesi dell'Oriente e dell'India, ma ormai anche del Sudamerica. Ma i più scafati ricorderanno roba rara - anche se meno esotica - come la "Siete" per R5 e la Derby per Polo. Ecco, Derby... ...guardate come avevano chiamato una proposta per versione tre volumi di Escort '80! Erika "Derby" (immagine pubblicata su internet dal libro di Steve Saxty "Secret Fords") Evidentemente la VW Derby del 1977 era il concetto di riferimento, sebbene di una categoria diversa. Poi quelli dello studio Ghia ancora si riferivano al nome in codice Erika, non essendo ancora uscita la nuova Escort (e forse non ancora deciso il nome per questo modello, talmente nuovo nella linea e nella meccanica che forse era in discussione se mantenere il nome storico o no...). Però non si erano limitati al compitino 3 volumi e via. Non contenti di essere i primi a introdurre la formula due volumi e mezzo con portellone, qui tentavano l'applicazione radicale dello stesso concetto a tutta la coda! Non convinsero chi prendeva le decisioni in Ford, e si dovette aspettare fino al 1991 per vedere in produzione questa idea. Solo che fu di nuovo VW a farlo e si chiamava Seat Toledo! Ma tornando indietro di qualche anno, ecco un altro tentativo di Ford per una tre volumi compatta, stavolta nel regno delle vere cittadine, proprio quello della Derby originale. Questa maquette fa parte ovviamente dei mille studi realizzati da Ford nell'ambito dell'enorme e lunghissimo processo che portò alla prima Fiesta, quella del 1976. In particolare dovrebbe venire da uno dei centri design europei di Ford, ma non sembra troppo lontano da un altro modello forse più noto, sempre tre volumi, realizzato da Ghia su richiesta del quartier generale USA: Erano i tentativi di adattare l'idea di questa "B-car" Ford ai gusti e alle possibilità di successo dei mercati americani, sia del Nord che del Sud, perché in quel continente le due volumi ancora non sembravano ricevere molta attenzione. E le fiancate per eventuale carrozzeria a quattro porte ne sono ulteriore prova. Ma le esigenze del mercato europeo ebbero la meglio e Fiesta fu. * (nota del traduttore: in italiano sarebbero Orione, Bilancia, Scorpione, Toro)
  2. Grazie @PaoloGTC come al solito! Si trovano varie cose su internet su questo progetto X1/23, ma molte di quelle che hai condiviso tu sono roba per me mai vista o comunque non così facile da reperire. Riguardo alla linea, giustamente hai indicato uno dei disegnatori che vi ha lavorato, Giorgio Battistella, che tra l'altro è morto all'inizio di quest'anno. Effettivamente la forma non è convenzionale per i canoni moderni, che nella ricerca del miglior sfruttamento dello spazio ormai ci hanno abituato a volumi con la coda ben più verticale, se non proprio tronca. Allora però non era un obbligo così categorico. Le forme delle piccole due volumi a quei tempi potevano ancora avere code piuttosto spioventi; pensiamo alle classiche 127, R5, Fiesta, Polo dei primi anni Settanta. E anche scendendo di categoria e dimensioni, la 126 aveva un'impostazione simile. Certo su X1/23 la coda spiovente risaltava, perché enfatizzata dalla quasi simmetrica inclinazione del frontale, a creare quella forma ad arco piuttosto inconsueta. Un'altra cosa, però, mi è venuta in mente riflettendo sul motivo di quelle forme. Potrebbe essere anche l'eredità di un concetto "Giacosiano" (era andato in pensione da pochissimo, nel 1970), cioè quello dell'ottimizzazione dei costi, in termini di quantità di materiale (acciaio e altro) necessario per la carrozzeria. Il requisito fondamentale doveva essere l'abitabilità per due persone, per spostamenti in città; quindi lo spazio per bagagli e la facilità di carico erano verosimilmente non prioritari. E allora quella forma a triangolo smussato poteva essere la più efficiente se pensata in questi termini. Sempre riguardo alla linea, certe idee che appaiono nei primi disegni e modellini in scala, sembrano ricordare un concept del 1967 per una city car anch'essa elettrica, la AMC Amitron: Del modello, anzi dei modelli, in scala reale, non ho mai capito bene però l'evoluzione. Mi spiego: dalle foto che conosco, direi che esistano almeno tre diversi esemplari: uno grigio, che dovrebbe essere quello originariamente presentato al Salone di Torino del 1972: ...ed ancora presente a Mirafiori, senza più i tergicristalli però : Foto da cartella stampa: ...che ci aiuta a individuare alcune caratteristiche di questo prototipo: - forma ad arco - montante B dritto - portiera che segue il profilo del passaruota anteriore - ripetitore laterale dell'indicatore di direzione a triangolo, incastonato nello scasso della fiancata disegnato attorno alla vetratura - calandra del tutto assente e feritoie sul cofano anteriore - tergicristalli divergenti uno rosso, sempre "ad arco": Sembrerebbe un'evoluzione - marciante, visto che è stato paparazzato nelle ultime tre foto postate da @PaoloGTC - del primo modello, ma ha delle differenze significative: - il montante B è inclinato in avanti - la linea di cintura ha un andamento leggermente diverso, più rialzato in coda - tutta la portiera appare spostata indietro (di poco) - la calandra non è più liscia ma con feritoie (mentre il cofano ne è privo) - feritoie compaiono anche sulla parte bassa del cofano posteriore, a lato della targa - i tergicristalli sono paralleli (e cromati) - i cerchioni sono diversi Questo modello non so quando compare né che caratteristiche tecniche abbia, né che fine abbia fatto, perché foto recenti non sembrano essercene... Infine il modello sempre rosso, ma col frontale non-monovolume: Chiaramente è quella anche adesso esposta allo Heritage Hub: E qui le differenze si fanno più strane. Vabbe', il volume del cofano anteriore si è fatto autonomo, angolato rispetto alla linea del parabrezza, rompendo l'equilibrio della forma ad arco originaria. E questo, unito alla portiera accorciata per l'arretramento del bordo anteriore dietro al passaruota, ha donato al prototipo un aspetto sgraziato e un po' ridicolo, a becco di "papera"... Poi alcuni dettagli come i cristalli posteriori non più fissi, ma con apertura a compasso. E i poggiatesti sui sedili. Soprattutto è certo che si tratti di un prototipo con meccanica elettrica, se mi passate il quasi ossimoro! Quindi: questo terzo prototipo di quando è? Poi quello che tra l'altro non capisco benissimo è se i muletti qui sotto beccati da Lehmann (postati da @PaoloGTC), sono proprio uguali uguali a questo modello o no... E' chiaro che questo esemplare ha già la linea cofano-parabrezza spezzata, così come la portiera accorciata che non si accavalla più con il passaruota. Però... però... ...è che mi sembra che lo stacco tra parabrezza e cofano sia molto meno netto di quello del modello rosso oggi in museo. Così come il taglio a salire del finestrino (zona specchietto, se ce l'avesse 😆), piuttosto dritto nel muletto, mentre nel modello del museo (vedi qui sotto) è arrotondato: E il muletto non ha i vetri dietro a compasso, e neppure sembra avere feritoie nella calandra... Boh!?! Insomma, se qualcuno conosce i dettagli e la storia esatta dei vari prototipi/esemplari di questo progetto, ci racconti pure... Mi rimane infine un dubbio, di natura tecnica: si conoscono informazioni e dettagli della soluzione "elettrica" di questo progetto X1/23, ma non ho mai visto niente in merito alla versione termica, che era dichiaratamente una delle possibili varianti per cui era stato sviluppato questo progetto.
  3. Continuando a parlare di Senator e della sua collocazione sul mercato, e' curioso notare come la stampa del periodo, sia in Germania che in Inghilterra (i due mercati più significativi per Senator), al suo lancio nel 1987 l'avevano confrontata spesso con le grandi berline di lusso del segmento F (MB classe S W126, BMW serie 7 E32, Jaguar XJ). Negli anni seguenti, invece, i confronti divennero via via più frequenti con le berline di segmento E. Qui ecco un'altra prova sulla stampa inglese, che nel maggio del 1990 confrontava l'ammiraglia tedesca (travestita da inglese col marchio Vauxhall...) con un'altra tedesca, di ben altro blasone ma emblematica rappresentante del segmento E del periodo: la W124. Il confronto è ancora una volta centrato sui motori più in evidenza di quegli anni: i sei cilindri 3 litri a 24 valvole. Come immaginabile, il prezzo della Mercedes era assai più alto (in Uk di circa 7000£, in Italia di quasi 10 milioni di Lire), nonostante una dotazione di serie più limitata. Giusto per dare un'idea, questa era la dotazione della 300 E-24 in Italia, dalla prova QR di marzo 1990, quando costava 69 milioni e mezzo di base: Per dotarla come Senator (che costava 60 milioni), ci sarebbero voluti altri 6-7 milioni, almeno... A parità di dotazioni, MB finiva quindi per costare ben oltre 75 milioni; che sarebbero stati comunque una decina di milioni più delle francesi dell'altra prova (605, XM, R25) e oltre 15 milioni più di Senator. Secondo il responso della rivista inglese, le qualità della MB superavano complessivamente quelle della Opel/Vauxhall, ma alla fine non di molto. Probabilmente una valutazione puramente tecnico-razionale avrebbe fatto propendere per l'ammiraglia GM, vista la differenza di prezzo. Ma nonostante ciò, la rivista consiglia comunque la Mercedes, per chi può arrivarci. Perché in questo segmento di mercato l'immagine ha un peso fondamentale e il problema di Senator rimaneva proprio lì, nell'aspetto (soprattutto della plancia e dei comandi), ma ancor di più nel marchio...
  4. Non credo di dire una cosa originale se penso che la Punto 176 sia stato uno dei prodotti migliori di FIAT nella sua storia recente. In vari sensi: successo commerciale in primis, a testimoniare la validità del prodotto dal punto di vista industriale, anche per l'offerta ampia e piuttosto razionale di motori, allestimenti e carrozzerie e il posizionamento dei prezzi; ma per il pubblico anche l'apprezzamento dell'estetica (sia esterni che interni...), la percezione di qualità nel prodotto e di riflesso sul marchio, il livello tecnico della meccanica, l'affidabilità. Magari non era la più innovativa o tecnologica o raffinata tra le concorrenti, ma a livello generale fu un prodotto tremendamente riuscito e ben fatto. In alcuni particolari, tuttavia, non ho mai capito perché FIAT si fosse "incartata" in modo così banale... A cominciare della realizzazione dell'airbag passeggero, uno degli esempi più goffi di (non) integrazione che io ricordi. Oppure, perché non resero disponibili gli alzacristalli elettrici anche dietro? Non che molte concorrenti dell'epoca li offrissero (anzi, saranno state giusto le nuove Ibiza e Polo di quel periodo...), ma per un modello che si proponeva di essere il nuovo riferimento delle utilitarie anni Novanta, non sarebbe stata una cosa impossibile pensarci. Al pari degli specchi retrovisori a comando elettrico, stranamente assenti tra le dotazioni di serie o a pagamento che fosse. Anche qui, alcune concorrenti già cominciavano a offrirli, ma soprattutto erano inspiegabilmente presenti (e di serie) su una ed una sola versione della stessa Punto, la GT turbo. Evidentemente era già tutto pronto e fattibile, perché le altre versioni no?!? Anche la cugina Lancia Y li offriva, con i medesimi comandi, quindi non si vede proprio il motivo di tale assenza. Bah... Infine la posizione del pulsante per l'Hazard, sul piantone e pure non illuminato. Avevano quella pulsantiera a centro plancia con almeno un tasto mai utilizzato: avrebbero potuto piazzarlo lì, facile facile, e tutti contenti! E invece no, con massimo sdegno dei redattori di QR dell'epoca Poi a livello estetico mi ha sempre "deluso" la soluzione del passaruota posteriore, un po' tristarella e quasi "tirata via", che finiva per appesantire la fiancata. Come ho detto in altra occasione, mi sarebbe piaciuto un passaruota più arcuato o per lo meno più definito, dinamico e meglio raccordata col paraurti. Mentre il paraurti anteriore era ben integrato nel disegno della carrozzeria, quello dietro rimaneva un po' staccato, tanto che nelle versioni non verniciate risultava quasi più "sensato". Inezie comunque, a dimostrazione del fatto che globalmente è stata un ottima macchina!
  5. Oooohh! Trovata finalmente la conferma/soluzione di un dubbio che era rimasto su questa discussione, a propostito di un colore particolare nella gamma Punto 176. Si trattava di un azzurro che Insidek ricordava sia nel materiale marketing (la foto sotto...) che realmente per strada su Punto Star, l'allestimento introdotto nel giugno '98 : @el Nino parlava poi di colori "dedicati" per questi allestimenti: Io avevo già provato a fare qualche ricerca e supposizione, ma non avevamo prove o documenti concreti... Adesso ho scovato sul web questa immagine dal depliant originale dell'epoca: Dove si confermano importanti dettagli su questa versione e i suoi colori: - intanto è vero quello che diceva @el Nino sul fatto che la triade Sole-Star-Stile aveva un gruppo di colori specifico per ogni versione, perché qui per la Star ce ne sono 10, mentre avevamo visto che Stile ne aveva solo 9, ad esempio. - su "Punto Star" hanno effettivamente immesso un nuovo colore; indovinate quale??!? 😆 E la risposta giusta è.... il 495, Blu Arrogance metallizzato!
  6. Piccola aggiunta ad un argomento trattato in più messaggi di questa discussione: i tergifari. Qui un paio di link ai vecchi post: https://www.autopareri.com/forums/topic/69644-dettagli-automobilistici-curiosi/?do=findComment&comment=2356138 https://www.autopareri.com/forums/topic/69644-dettagli-automobilistici-curiosi/?do=findComment&comment=2352494 Ieri ho scovato un'altra chicca sfuggita precedentemente, cioè i tergifari a doppia spazzola! Ovviamente li avevamo già visti su auto con doppi fari circolari; nel caso però di gruppi ottici rettangolari, andando a memoria credo che Peugeot 604 sia l'unica rappresentante di questa categoria! Poi 604 si distingueva anche per la disposizione dei tergicristalli, con bracci ravvicinati. Una soluzione inusuale, anche se non unica, perché la ricordo ad esempio anche su Mercedes-Benz W116 e poi anche W126, sulla quale però erano nascosti dal cofano. Sempre per i tergifari, c'è poi un'altra soluzione forse unica: una sola spazzola, ma doppio braccetto per un raffinato movimento a pantografo! L'avrete riconosciuta, è di una campionessa di originalità: Jaguar XJ-S
  7. Purtroppo è difficile reperire numeri del genere per il mercato italiano di quei tempi, anche se ricordo il solito PaoloGTC che un paio di lustri or sono, si stava costruendo un mega tabellone con i dati di QR del tempo. E chissà se ha mai finito questo immane lavoro... Comunque, anche il mio occhiometro direbbe più o meno la stessa cosa, forse in Italia R25 ha venduto anche meglio delle altre, soprattutto nei primi anni, e sì, la 605 sembra anche a me quella meno diffusa. XM e Omega inoltre furono facilitate dalla presenza in gamma della versione station wagon, che certamente ampliava molto la clientela. Ecco, giustissimo stev, in effetti stava proprio qui il punto della questione: il prezzo! (anche se non erano 53, ma 49 milioni e 666 mila lire... ) Omega 3000 era proprio un altro tipo di auto, per un'altra clientela. E il suo prezzo lo diceva chiaramente. Quindi il confronto con le altre aveva un senso ridotto, magari di pura curiosità o al massimo tecnico-prestazionale, ma anche lì si dovevano prendere le cose con le molle... E se il value for money è innegabile, la questione rimaneva che chi avesse pensato di comprarsi un'ammiraglia come XM 3.0 V6 24v (o le altre due francesi), mai e poi mai si sarebbe sognato di prendere minimamente in considerazione l'alternativa di una Omega 3000. Anche per 15 milioni in meno. In realtà, l'alternativa Opel a quelle auto doveva/poteva essere la Senator 3.0i 24v. Non ho il prezzo di Senator 3.0 24v sott'occhio, ma a memoria doveva essere attorno ai 59 milioni, una decina in più di Omega. Anche se sostanzialmente erano uguali sotto il piano tecnico: stessa piattaforma, proprio con lo stesso passo, stessa meccanica e lo stesso motore, appunto. Ma sia fuori che dentro, Senator voleva apparire più elegante e raffinata nelle linee e negli allestimenti, e con una dotazione di accessori più ricca, inclusi gli ammortizzatori a smorzamento variabile. E poi c'erano quei 10 cm in più di lunghezza. Insomma, un livello superiore ad Omega. Solo che non si capiva di quanto... Perché il problema era anche lì: il posizionamento commerciale di Senator. Teoricamente costituiva l'erede di una progenie di vetture Opel di alta gamma, di segmento F diremmo oggi, ma nella realtà delle cose già dalla prima serie del '78 Senator era "scesa" di categoria rispetto alle precedenti "KAD" (Kapitan, Admiral e Diplomat), finendo in una posizione indefinita, a cavallo tra i segmenti E ed F. Anche se tutto (immagine, dimensioni, motori, allestimenti, prezzi) la avvicinava molto più al primo che al secondo. Solo che Rekord prima e Omega poi, "spingevano" Senator apparentemente più in alto. E se quelle erano segmento E, Senator doveva essere di più, quindi segmento F. Però… …c’era un però! In effetti Rekord e Omega erano perfettamente collocate nel segmento E per quanto riguardava la classe "2 litri", ma oltre questa categoria apparivano limitate. Non per loro colpe, sia chiaro, ma semplicemente perché il marketing GM-Opel dei tempi aveva una situazione bella incasinata nell'alto di gamma in Europa, e faticava non poco a sbrogliare la matassa. Fino ai primissimi Ottanta, esisteva anche Commodore... e già con la coppia Rekord-Commodore avevano mantenuto un concetto forse anacronistico di differenziazione tra modelli a quattro cilindri (Rekord) e sei cilindri (Commodore), ma poi lo avevano esteso alla nuova ammiraglia Senator (con la sua coupé Monza), e infine evoluto anche sulla coppia Omega-Senator. Cioè in sostanza la stessa automobile, declinata in modelli distinti per nome, aspetto, motori, finiture e ovviamente prezzi, occupando in definitiva livelli diversi del medesimo segmento. Roba che negli anni Settanta avevano adottato anche Audi (con 100 e 200) o Volvo (con 240/260, poi 740/760 fino a 940/960), ma che anche loro hanno abbandonato nel tempo. Perché ormai tutti preferivano individuare nella gamma di un costruttore un unico modello per segmento, possibilmente con una varietà di allestimenti a coprire le diverse esigenze. A tutto ciò si deve aggiungere che già Opel non era un costruttore “istituzionalmente“ legato alle vetture di lusso, ma poi con Senator non è che avesse fatto questi grandi sforzi per farle meritare tale status. In specifico nello stile, ché sia fuori che - soprattutto - dentro, le linee e l’aspetto della componentistica erano fin troppo anonimi e quasi grossolani, obiettivamente al limite dell’accettabile non solo per un’ammiraglia di segmento F, ma finanche per una berlina del segmento E europeo. Ripeto, parlo di impatto estetico, non di qualità. In Italia poi si dovevano considerare le specificità di un mercato che da sempre non vedeva di buon occhio né le grandi dimensioni (strade strette, parcheggi...) né i grandi motori (consumi, bolli e allora anche l'IVA pesante). Perciò quei 10 cm in più di Senator sembravano tanto, come un salto di categoria. E poi Senator aveva solo motori oltre i due litri, quindi tutti colpiti dall'IVA al 38%, proprio come le grandi berline di lusso (Serie 7, Classe S, XJ…). Insomma, tutto questo per dare una spiegazione al fatto che se già in Europa non era proprio popolarissima, in Italia Senator era totalmente sconosciuta. Tanto da essere ignorata anche da una rivista di settore che mai ha pubblicato una prova su strada di Senator B (quella del 1987), e neppure l'ha presa in considerazione per questo confronto dove sarebbe stata la scelta più logica nella gamma Opel. Per rimediare alle mancanze di QR vi propongo allora quest’altro reperto archeologico, con la prova della Senator 3.0i 24v marchiata Vauxhall (tanto per ribadire i casini del marketing GM in Europa…), sperando che un articolo in inglese sia più gradito di uno in tedesco sulla versione Opel!
  8. Notando che dall'ultimo messaggio di questa discussione ad oggi, purtroppo questo signore sopra non c'è più... ecco, mi son detto, c'è bisogno di aggiornarla un po'! E così, avendo ritrovato vecchie riviste in garage, mi è saltata all'occhio una prova di QR che parla di Peugeot 605 - protagonista di questa discussione, come da titolo - e di altre ammiraglie protagoniste dell'epoca. Tra cui quell'Omega 3000 cui si era accennato recentemente in altre discussioni... Si tratta del numero di marzo 1991, in cui da Rozzano ci propinavano un confronto estremamente gustoso tra le versioni di punta di quattro ammiraglie, le ammiraglie tra le ammiraglie, ammiraglie al quadrato... ci siamo capiti insomma. La tendenza del momento erano i motori plurivalvole e, tra le ammiraglie, i motori 6 cilindri 3 litri a 24 valvole stavano diventando una sorta di standard per l'alto di gamma. In Italia, complice ancora l'IVA pesante al 38%, si trattava ancora di modelli di nicchia, ma rappresentavano chiaramente un riferimento e QR volle provare e presentare ai propri lettori lo stato dell'arte! Il target furono quattro ammiraglie di marchi generalisti, e tra queste QR prese i più recenti modelli a 3 litri 24v - Citroen XM 3.0 V6 24v - Peugeot 605 SV 24 - Opel Omega 3000 24v ...e li mise a confronto con un'altra ammiraglia francese a 6 cilindri, che però manteneva alta la bandiera del TURBO, vale a dire rappresentava un po' la filosofia del decennio precedente: - Renault 25 Baccara Ecco qua il reperto (scansioni trovate su eBay): Tante le curiosità su cui si potrebbe disquisire per ore, ma un paio di cose vorrei commentarle subito. La prima è che R25, la meno giovane del gruppo per introduzione sul mercato e per soluzione motoristica (turbo anziché plurivalvole), ai punti esce in realtà vincitrice! A pari merito con l'ultima nata, la 605, ma comunque vincitrice. Un'altra è una riflessione sull'evoluzione dei gusti e delle abitudini delle persone: oggi simili vetture le penseremmo sicuramente con un cambio automatico. Queste invece sono tutte manuali! Non che la trasmissione automatica non esistesse su questi modelli, però il mercato di allora al massimo la dava come opzione (e non per tutti...) e certamente in Italia la scelta primaria sarebbe stata comunque quella manuale! Infine la scelta di una particolare concorrente: l'Opel Omega 3000 24v. Tecnicamente si distingueva dalle altre per essere la sola a trazione posteriore (e motore coi 6 cilindri in linea); ma non è questo il motivo del mio appunto, perché allora esistevano ancora altre ammiraglie a trazione posteriore, dalle tradizionali Mercedes Benz, BMW e Volvo, alla concorrente diretta Ford Scorpio. E' invece lo spirito di questo specifico allestimento "3000 24v" che secondo me stona nel confronto. Le altre concorrenti sono tutte e tre versioni ad alte prestazioni sì, ma votate al lusso e al confort. Omega invece è un modello dallo spirito sportivo e un po' sopra le righe, fuori, dentro, e sotto la pelle... Abbiamo commentato altrove, come dicevo, che al di là delle qualità del modello, Omega in generale - e la "3000" in particolare - era una vettura appena fuori dal coro, una leggera anomalia nel mondo delle ammiraglie europee anni '80-'90. Grande come le altre, sì; con una gamma motori paragonabili, più o meno... ; ma rimaneva intanto di impostazione tradizionale a trazione posteriore quando ormai tutti i generalisti erano passati all'anteriore, eccetto Ford come detto. Soprattutto però, rimaneva concepita con un piazzamento di marketing un po' particolare, non esattamente in linea con il mercato del tempo, per quel suo essere grande e grossa, ma alla fine "sempliciona", priva di quelle raffinatezze estetiche e tecniche che le altre ci tenevano tanto a mostrare. Una linea moderna e aerodinamica, ma dove la funzione è assolutamente prioritaria rispetto alla forma. E un abitacolo che più distante dal concetto di eleganza e raffinatezza è difficile immaginare...
  9. Questa è per @v13, perché oggi ho trovato la prova provata che sono esistite Lancia Delta con il Trip Computer, installato per davvero! La fonte è una vecchia rivista automobilistica spagnola. Si tratta di un numero del novembre 1984, in cui provavano la Lancia Delta GT, cioè la versione 1.6 a carburatori; ed è proprio il periodo in cui il Trip Computer risulta nei listini optional e nei manuali, come avevamo visto nei messaggi precedenti. Mi dispiace per la pessima risoluzione (questo passa il convento…), ma ecco la prova fotografica: Mi rendo conto che sia arduo fare affermazioni basate su un reperto in tali condizioni, ma l'analisi al microscopio elettronico di questa foto mi consente di dimostrare che: - a differenza dell'allestimento di serie della GT, qui è presente la console centrale in basso, sotto il vano autoradio (come HF) - ma è comunque una GT -come ovviamente diceva la rivista - visto che ha gli strumenti tutti analogici (quindi non una HF, che aveva gli strumenti secondari digitali) - e proprio lì nel mobiletto in basso, nella posizione in cui la HF ha due ulteriori indicatori digitali (il voltmetro e il manometro del turbo), la GT di questa prova ha uno strumento che ha tutta l'aria di essere proprio il Trip Computer - la versione di Trip Computer installato sembra quella della Delta S4 che avevo postato nella pagina precedente - evidentemente l’accessorio “Trip computer” comportava l’installazione anche della console centrale Alla prossima...
  10. Questi ultimi post sulle discussioni FIAT e Alfa Romeo [MAI NATE], mi portano ad un paio di collegamenti con materiale discusso in passato. Comincio da questo modello di Bertone del 1972 per una nuova 124 coupé postato da @Indav (a proposito, grazie davvero! Io non lo avevo mai visto ed è interessantissimo) Ecco, oltre a condividere le considerazioni di Indav, a me ha fatto tornare alla mente quel misterioso prototipo su cui PaoloGTC ci ha fatto arrovellare più di una volta: E' chiaro che non si tratta dello stesso identico modello, ma le analogie non sono poche a mio parere. L'impostazione della linea non si discosta troppo dallo stile di quel modello Bertone, soprattutto nella vetratura e nell'andamento della coda. Se fosse vero quello che ipotizzavano le riviste del tempo, cioè che questo era un "mulo" di una possibile 131 coupé, ci starebbe che in FIAT avessero preso a modello stilistico proprio quella proposta di Bertone per 124, "trasferendola" sulla nuova 131. Quella proposta Bertone per restyling 124 coupé è del 1972; la 131 berlina esce nel 1974; @PaoloGTC, di che anni sono queste foto? Ci potrebbe stare come ipotesi? L'altro collegamento invece riguarda il semi-misterioso fuoristradino che avevo postato sulla discussione Alfa Romeo (qui il post in questione), anche se ovviamente è roba "fiattara" 😆 E per questo ne riparlo qui, perché tornando indietro nel tempo, ho ritrovato questo post di @PaoloGTC sui prototipi FIAT per un vero fuoristrada su base Panda, dove comparivano - in fondo - un paio di sue foto in bianco e nero: A questo punto, credo si possa chiarire che il modello in queste ultime foto non dovrebbe riguardare lo sviluppo FIAT della "Pandamurai", ma piuttosto un progetto indipendente della carrozzeria Repetti-Montiglio, secondo qualcuno forse addirittura finalizzato ad una commercializzazione autonoma (che non credo sia mai avvenuta...).
  11. Scusate se torno a un vecchio argomento, cioè i fuoristrada mai nati di Alfa Romeo per gli anni Ottanta. Nel forum, su questa discussione in particolare, sono passate varie immagini e informazioni di entrambi i progetti, il più grande AR146 e il piccolo AR148, noti da tempo con i nomignoli di Magnagona e Magnaghina rispettivamente, con numerose varianti civili e militari. Ecco qualche post: Tutto ciò perché mi sono imbattuto in un'immagine nuova per me, di un ulteriore prototipo della versione civile della piccola AR148. Non differisce troppo da quelle sopra postate da @max_pershin, ma è chiaramente un'altra variante, la cui foto proviene dal libro "Alfa Romeo 33" di Giorgio Nada editore. Studio dei primi anni Ottanta, con un'ispirazione ancora molto "Campagnola" (la FIAT intendo...), con un misto di Panda e di Suzukino (il Samurai SJ410/413). Non so che ne pensate voi, ma per l'eventuale data di uscita sul mercato (seconda metà anni Ottanta, a far presto 1986?), a me sarebbe parsa già un pochetto datata. I giapponesi sembravano un passo avanti; forse in una classe più grande, ma il Pajero del 1982 o il Nissan Patrol del 1980 erano già più moderni di questo. E comunque nel 1988 sarebbe uscita la Vitara, tanto per dire. Paradossalmente, persino quest'altro "accrocchio" altrettanto oscuro e misterioso della progettazione fuoristradistica italiana di quel periodo, sembra quasi più moderno: Non ho molte informazioni in merito (eufemismo, non ne so sostanzialmente nulla! 😆) . Dovrebbe essere un prototipo della Repetti-Montiglio, la carrozzeria di Casale Monferrato specializzata in blindature, che forse (ma forse e basta... ché sta cosa non è mi affatto chiara) aveva costruito anche la più nota Magnaghina AR148 militare presentata all'esercito nel 1985. Comunque, questa qui non sembra ovviamente abbia che fare con Alfa, quanto piuttosto con FIAT. La calandra con le barre inclinate è un chiaro indizio, ma anche la componentistica sembra riportare alla produzione torinese del periodo: maniglie Ritmo; sedili, parabrezza e prese d'aria per bocchette laterali della Panda; cerchi tipo Y10 4WD (anche se non sembrano uguali uguali...). Secondo l'unica fonte che ho individuato ("The complete encyclopedia of four wheel drive vehicles"), è indicata come "Panda 4x4 soft-top", ma non è dato sapere molto di più.
  12. Ritorno su un vecchio argomento, venuto fuori qua e là in altre discussioni negli anni passati, ma che alla fine sembra proprio essere un caso di [MAI NATE]. Si tratta della fantomatica FIAT Tempra Station Wagon a 7 posti ! Qui sotto un messaggio dalla discussione sui "dettagli automobilistici curiosi", con dentro anche il link ad altro messaggio di @Abarth03 Comunque volevo semplicemente condividere alcuni documenti che ho trovato on-line, che dimostrano il progetto iniziale da parte FIAT di realizzare la versione a 7 posti della Tempra Station Wagon. Ho recuperato alcune immagini della cartella stampa FIAT del Salone di Torino del 1990 e alla pagina 5 - dedicata alla anteprima della nuova Tempra Station Wagon - si parla esplicitamente della disponibilità come optional dei due posti aggiuntivi ricavati nel bagagliaio e disposti in senso contrario alla marcia: Ulteriore conferma viene da un depliant di presentazione in anteprima del nuovo modello per il mercato francese: Nelle pagine interne si legge ancora la stessa dichiarazione che la Tempra Station Wagon sarà proposta con l'optional dei 2 posti supplementari: Poi la nota finale sotto la tabella delle specifiche tecniche dice tutto: "Sous réserve d'homologation - Commercialisation début 1991" Evidentemente, tra presentazione in anteprima e commercializzazione, l'opzione 7 posti non ce l'ha fatta; chissà, forse proprio in fase d'omologazione... Problemi di spazio? Sicurezza? Purtroppo l'unica cosa che tuttora ci manca è una foto di questa soluzione, che @Abarth03 dice fosse visibile nel modello presentato proprio a quel Salone di Torino...
  13. C'entra poco e niente con gli ultimi argomenti, ma recentemente ho trovato questo ritaglino della rivista francese "GAZOLINE" che racconta di un restyling della Giulietta "storica", mai venuto alla luce. La didascalia, sebbene in francese, credo sia abbastanza comprensibile. Comunque di tratta di un lavoro di Bertone, collocato attorno al 1963, per aggiornare Giulietta e mantenerla come modello di attacco alla base della gamma Alfa Romeo essendo arrivata nel frattempo la modernissima Giulia, che si collocava però appena più in alto. Sebbene l'anzianità della sezione centrale (il giro-porte) si noti, devo dire che il rifacimento completo di frontale e coda sembra piuttosto riuscito. In particolare i fari rettangolari le donano un'aria assai moderna per l'epoca. Però riconosco che la scelta di mettere da parte questa idea di mantenere in vita un modello comunque obsoleto, per abbracciare convintamente la novità Giulia e in seguito proporla anche in versione base 1300 per rimpiazzare completamente Giulietta, sia stata quella giusta.
  14. ...SETTIMA (ed ultima) PARTE Progetto VBG Per chiudere il discorso sul quale mi sono incaponito negli ultimi tempi, cioè questo fantomatico progetto VBG di Renault, ricapitolo intanto i post precedenti - 1a parte (1973-76: l'avvio e i primi modelli): link - 2a parte (1977-79: evoluzione, clinic test, inizio progetto 140 e test prototipi su strada): link - 3a parte (1983-84: la fase X44, piccola 3 porte): link - 4a parte (1984: la Piccola di Gandini): link - 5a parte (1984-85: la fase X45, piccole multispazio): link - 6a parte (1975-85: la concezione dell'abitacolo e degli interni): link - 7a parte (1986-87: la Neutral e il progetto W60): questa che segue... Ci siamo lasciati che il progetto X45 era stato chiuso a metà '85 per mancanza di profittabilità, cosa che la crisi in cui versava la Régie ai tempi non permetteva di affrontare. Anzi, la ristrutturazione di Renault sembra prevedere anche il licenziamento di 20.000 persone, e magari la possibile chiusura dello storico stabilimento di Billancourt, perché la R4 che lì si produce sembra appunto che non avrà una erede... Ecco che torniamo ad una vicenda già raccontata e mostrata in questa discussione: la Neutral (qui un post antico e uno recente di PaoloGTC). In sostanza, di fronte alle prospettive dette sopra, il sindacato metalmeccanico francese CGT intraprende un'azione alquanto singolare: intorno al febbraio del 1986 un gruppo di dipendenti Renault di vari dipartimenti inizia a lavorare ad una proposta di sostituta della R4, che viene infine presentata il 7 Novembre di quello stesso anno, con il nome “Neutral” appunto, anagramma di Renault di cui però non porta il marchio, sostituito da un evocativo “4”. Si tratta di due maquettes - una per gli esterni, l'altra per l'abitacolo - che non rappresentano un modello creato da esperti di un'organizzazione aziendale, ma piuttosto un dimostratore di ciò che tecnici auto-organizzati possono fare in pochi mesi per offrire un'idea di prodotto utile per l'azienda e i suoi lavoratori, nonché per una clientela cui il sindacato guarda con interesse. Tutto ciò secondo dichiarazione esplicita degli stessi proponenti. Naturalmente la proposta non ha alcun seguito presso la direzione Renault, anche perché un'ennesima fase del progetto VBG è stata nel frattempo riaperta... e anche il sindacato probabilmente non ne sa nulla. E qui i dettagli "storici" sono ancora una volta un po' confusi. Con il nuovo presidente George Besse in sella da inizio '85, pareva non ci fossero margini per questo tipo di programmi. E invece, non si sa come e perché, sembra che dopo appena un anno dalla chiusura dell'X45, un ennesimo progetto per una piccola sia stato riavviato; stavolta sotto il nome "W60". In generale le fonti riportano che già nello stesso anno 1986, il progetto sarebbe arrivato ad una fase di costruzione di alcuni prototipi, ma che ancora una volta sarebbe stato "congelato" dallo stesso presidente Besse, con la precisa e categorica indicazione di mettere le maquettes in luogo segreto, lontano da occhi indiscreti, E tutto ciò poco prima del suo assassinio, avvenuto il 17 Novembre 1986. La "vulgata" prosegue con l'arrivo - un anno dopo, a fine '87 - del nuovo eroe del design Renault, Patrick le Quément. Che al pensionamento del suo predecessore, il buon Gaston Juchet, riceve da quest'ultimo le chiavi di quei magazzini segreti dove si trovano nascoste le maquettes del misterioso programma W60. A inizio 1988, ormai nominato capo assoluto del design della Régie, con riporto diretto al solo Presidente (Raymond Levy, che ha preso il posto di Besse), le Quément decide di aprire i depositi e scopre due maquettes: - una dal design futuristico, ma un po' estremo e controverso, che risulta il frutto del nostro designer Marcello Gandini: Si tratta di una maquette asimmetrica, con il lato passeggero a 3 porte (sopra) e quello guida con una soluzione a 5 porte (qui sotto): Ecco pure una foto di fianco e a miglior definizione, in cui si apprezza la configurazione monovolume in tutta la sua radicalità! Infine una foto della coda: - il secondo modello "riscoperto" da Patrick le Quément è un'altra piccola monovolume, ma solo a 3 porte (anche se asimmetrica con due fiancate leggermente diverse), sviluppata da un team interno sulle idee dell'allora giovane designer Jean-Pierre Ploué : Adesso molti avranno riconosciuto le fattezze embrionali di un modello assai noto, che ovviamente prese origine da qua. Bene, le Quément ha raccontato in lungo e in largo come lui abbia avuto quel giorno l'illuminazione e abbia visto in quella maquette di Ploué il potenziale per un futuro prodotto di successo e per chiudere finalmente il cerchio di questa infinita ricerca Renault per una nuova piccola, erede in qualche modo della mitica R4. Un tocco qua e uno là, e il nostro genio convince il mega-Presidente ad approvare nel 1988 il programma X06, che divenne Twingo. Ma lo sviluppo della simpatica Twingo non è assolutamente argomento di questo post. Solo aggiungo un paio di foto della stessa maquette, ridipinta di rosso in occasione di set fotografici successivi, che sono stati ampiamente pubblicati da riviste e siti vari per raccontare la storia della piccola Renault: L'astutissimo le Quément ci ha costruito un impero sull’esposizione mediatica del design Renault sotto la sua guida. E ovviamente la narrazione ha sempre seguito la versione ufficiale, a beneficio dell'immagine aziendale e di ...Patrick le Quément! 😆 Quello che continua a non convincermi del tutto, sono le tempistiche raccontate e forse anche gli attori principali. Per esempio, non mi risulta facile pensare che il progetto W60 fosse così segreto nel 1986 se già erano arrivati alla creazione di alcune maquettes, persino da parte di consulenti esterni come Gandini. E nessuno chiarisce perché Besse avrebbe congelato il programma in quella fase? Inoltre ci sono vari disegni, tavole e schizzi con la sigla W60, pubblicati nelle storie dello sviluppo Twingo, in cui le date più vecchie risalgono alla fine del 1986 (nov e dic) e poi 1987. Ma non erano già arrivati alla maquette? E soprattutto, non era stato già tutto bloccato? Tra l'altro, la foto di coda della W60 grigia di Ploué, ci mostra una targa che sembra dire 30 marzo 1987... C'è poi un articolo di qualche anno fa sulla rivista Renault Histoire, di Daniel Leconte, potente responsabile del Marketing Renault per un paio di decenni, dal 1981 fino al 2003 (è morto poi a gennaio di questo 2024). Qui si raccontano con qualche dettaglio interessante le vicende di questi ultimi prototipi del programma VBG. Intanto si chiarisce che il progetto W60 nasceva in seno all'ufficio "Prodotti Avanzati", dove si ipotizzano più o meno liberamente idee e progetti slegati da programmi effettivi di produzione. I progetti autorizzati per lo sviluppo di prodotti reali erano contrassegnati invece dalla lettera X, e venivano portati avanti dall'ufficio Studi. Poi ci parla di una fase pre-le Quément, in cui al nuovo presidente Raymond Levy vennero presentati gli studi "pendenti" nel settore delle piccole. Il periodo è maggio 1987 e in questa presentazione, dice Leconte, vengono ritirate fuori da depositi segreti e analizzate le finaliste (quella di Matra e quella di Gandini) del precedente programma X45 fermato a metà '85; ma in un angolo spunta anche la maquette W60 di Ploué... che attira l'attenzione proprio di quelli che sembrano i veri motori di queste presentazioni: Leconte stesso (Marketing) e Jacques Cheinisse (Direzione di Prodotto), mentre Gaston Juchet, il direttore dell'ufficio Studi (che si occupa di design e stile) pare decisamente in secondo piano. E il suo successore, le Quément, certamente assai più intraprendente e capace di mettersi sotto i riflettori, arriva in Renault solo molto dopo questo evento... Senza nulla togliere al suo ruolo e al suo lavoro nello sviluppo di Twingo, diciamo che forse non fu solo lui a "scoprire" quella maquette che divenne Twingo. Insomma, come al solito gli elementi a disposizione non consentono purtroppo di ricostruire i dettagli di queste storie con esattezza, ma pongono alcuni dubbi sulle storie "ufficiali", che non per forza ci dicono sempre la vera verità... (Fonti: LIGNES/auto; lenouvelautomobiliste.fr; "Style Renault - L'ère Gaston Juchet - 1960-1987", di Christophe Bonnaud, edizioni BJB; Renault Historie) FINE …davvero.
  15. Caro @Medo81, la coincidenza è davvero eccezionale! Non so in che periodo tuo zio ha fatto questo lavoro e quando a te è capitato di accompagnarlo, ma aneddoti e curiosità in merito qui avrebbero un audience mostruosamente attenta... Immagino i vincoli di riservatezza cui sarà stato legato tuo zio, ma se all'epoca ci fossero stati gli smartphone, chissà cosa potremmo vedere! Comunque tu spero non abbia firmato nulla con Opel & Co. e che tu fossi minorenne all'epoca dei fatti e quindi non perseguibile se certe cose ti sono "scappate" Comunque, il reportage condiviso da @PaoloGTC ci conferma che il suo amico "diceva il ver": quindi un migliaio di povere Omega 3000, anzi della ancor più evoluta versione "24v", sono state sacrificate sull'altare di Lotus, in un processo produttivo che a noi poveri umani sembra del tutto fuori da una logica comprensibile. Ma come accennava Paolo, quelli erano tempi incredibili... Giusto per citare l'esempio più noto - e in parte coevo - sempre dentro alla galassia GM, la produzione della mitica Cadillac Allanté seguiva un flusso ancor più complesso. E al posto dei camion dello zio di @Medo81 a far la spola tra Germania e Inghilterra, lì utilizzavano interi Jumbo cargo tra Torino e Detroit! Tornando a Lotus Omega, mi chiedo però se quei motori 3.0 24v dei modelli di origine venissero in realtà riutilizzati come base di partenza per i motori 3.6 biturbo della Lotus. E quindi potremmo quasi pensare che una qualche logica ci poteva stare. O magari neanche quello, e allora erano davvero tutti matti !!!
  16. Giusto un paio di fotine da aggiungere a due argomenti. Progetto 118 (1969) - poi 119 per Alfa 6 @PaoloGTC ci ha fornito varie immagini di un modello assai interessante: Come ha scritto Paolo, la foto a colori si riferisce allo stesso modello delle foto BN, con poche modifiche ma soprattutto invertita. Ecco allora la foto ribaltata dal lato corretto: Ma per qualcosa di più interessante, andiamo al progetto 116. Nei post sotto @PaoloGTC e il sottoscritto avevamo postato alcune foto della proposta Bertone per la futura Alfetta: Bene, di questa proposta ho trovato semplicemente una ulteriore foto, non ancora postata qui:
  17. ...SESTA PARTE Progetto VBG (gli interni) Settimana ferragostana per portare avanti questo argomento infinito. 😅 E in questo messaggio si parla esclusivamente di interni, abitacoli etc, attraversando gran parte di questo programma, su fasi e periodi differenti. Si parte con un disegno del lontano 1975, in cui si ipotizza una versione da 3,40m circa, di cui si tracciano le volumetrie fondamentali dell'abitacolo e in cui si nota una particolare figura semisdraiata e contromarcia... Lo sfruttamento dello spazio, la modularità e la sua vivibilità erano tra i concetti fondamentali attorno a cui ha ruotato per anni questo programma di piccola cittadina Renault. Vediamo adesso cosa voleva significare un po' più in concreto quella figura semisdraiata... Ecco, l'idea era avere dei sedili anteriori che si potessero sistemare anche contromarcia, per dare nuove e più originali "soluzioni abitative" a questo modello, che - ricordiamolo - oltre a essere una piccola ed economica cittadina, doveva anche ereditare la praticità della mitica R4, con lo spirito di libertà che si portava dietro. Ecco quindi che la modularità del sedile anteriore serviva anche ad aumentare la capacità di trasporto: Queste maquette di abitabilità qui sopra sono datate al 1977, quando si presenta anche questo modello che abbiamo già visto e che ci propone una "situazione realistica" di utilizzo dell'auto, con gli interni e i manichini e i colli ingombranti... e notare come è sistemata la donna sul sedile passeggero! Molto casual L'abitacolo che si intravede in quella foto, si fa notare anche per il disegno di alcuni particolari (volante) e i suoi colori sgargianti. Ecco allora una coeva maquette di interni con quello stesso volante, i medesimi toni sull'arancione, ma anche tutto un design mooolto anni Sessanta-Settanta, con ovali, sfere etc... Uno stile moderno e ardito, sfoggiato anche da altre coeve maquette del programma, pur in altre modalità: D'impronta più utilitaristica gli interni del prototipo marciante del 1979 visto su strada per vari test: Mentre ritornano proposte più moderne e intriganti con la fase X44 del 1983, quella delle piccole 3 porte: Infine, dalla fase X45 delle piccole multispazio 3-5 porte del 1985, ecco altre realizzazioni, in cui lo "stile Panda" a volte traspare in modo chiaro, altre in modo rivisitato alquanto curiosamente (vedi la sacca rimovibile della seconda foto): (Fonti: LIGNES/auto; Patrick Le Quément - Driven To Write; largus.fr; lautomobileancienne.fr) FINE Sesta parte
  18. ...QUINTA PARTE Progetto VBG Ora che abbiamo parlato di Gandini, eccoci ad uno dei capitoli le cui tempistiche sono meno chiare, o quanto meno in cui ho trovato qua e là alcune incongruenze. Si tratta di una fase in cui compaiono e si confrontano un'altra serie di modelli, generalmente riferiti alla sigla di progetto X45, su cui Renault avrebbe lavorato a cavallo tra il 1984 e 1985. Il programma prevede ora un veicolo di dimensioni superiori ai precedenti (3,54m di lunghezza per 1,57m di larghezza e 1,48m di altezza), con una linea quasi da piccola multispazio, in configurazione sia a 3 che a 5 porte. Comunque una cittadina di segmento A più piccola della Supercinque, sebbene di pochi cm... E qui rientra Gandini, dicevo. A marzo del 1985 si confrontano le maquettes del progetto e questa è la sua proposta (asimmetrica, come le altre): - lato guida, 5 porte: - lato passeggero, 3 porte: Nella prima foto abbiamo intravisto altre maquettes, tra cui questa del designer Alain Jan: ...qui ripresa in quello che sembra un clinic test al chiuso, priva del marchio sulla calandra e idendificata dalla letttera "J." Dovrebbe far parte dello stesso confronto anche questa proposta "M", proveniente da Matra: ...che compare in altre foto (databili al luglio '84) in una maquette differente, invertita nell'asimmetria - le 3 porte sono stavolta sul lato guida - e con vari dettagli leggermente diversi: finestrini a scorrimento laterale R4 style, cerchi, passaruota anteriore con arco lievemente ribassato, allestimento interno... Infine, si trovano foto di un'ulteriore maquette "E", che sembra fotografata nell'ambito del medesimo clinic test al chiuso: Non è noto il designer, ma è forse quella più sorprendente, per via del palese "omaggio" che rende alla nostra amata FIAT Panda. L'ispirazione è clamorosa persino nelle feritoie asimmetriche della calandra! Purtroppo mi manca un'immagine del lato guida, quello a 3 porte, ma vi dirò la mia: con quel terzo finestrino trapezoidale e le 5 porte, questa sarebbe stata la Panda definitiva! Cioè la fusione perfetta di Panda e R4... Ma a giugno del 1985, in piena crisi finanziaria della Régie, anche questo programma X45 viene chiuso, poiché ritenuto non profittevole. Ritornando alla confusione di questa fase del programma, forse avrete notato che le targhe dei modelli "E" e "J" sono identiche: "0000 XX 44", che sembrano riportare a "X44", cioè la sigla della fase precedente, che abbiamo visto svilupparsi attorno al 1983 (le piccole 3 porte, per intendersi). Non solo. In alcuni articoli da cui ho ripreso queste informazioni e immagini, ci sono riferimenti ad anni o codici a volte in contrasto con altri, ad esempio chi riporta la proposta di Gandini in alto al 1982, o anche questa iso-Panda sempre al 1982 come X49... Insomma, come al solito rimangono incertezze e dubbi su alcuni aspetti di queste storie ormai vecchie di decenni, inclusa per esempio l'esistenza di un ulteriore programma siglato X55, che un articolo sul sito lautomobileancienne.com indica come successivo al X45 e che riferisce al 1985, ma di cui non ho trovato informazioni, immagini o notizie in alcuna altra fonte. Bonus track: maquette alternativa attribuita al designer Alain Jan, frutto dei primi lavori di progettazione e disegno completamente realizzati su calcolatore, dando l'opportunità di creare molto più rapidamente modifiche e nuove soluzioni su progetti di base già impostati (questa, ad esempio, sembra una rielaborazione della maquette di Gandini)... (Fonti: LIGNES/auto; Patrick Le Quément - Driven To Write; lautomobileancienne.com) FINE Quinta parte (ma non è ancora la vera fine, ce n'è ancora per almeno due post...)
  19. ...QUARTA PARTE Progetto VBG A quanto abbiamo visto sino ad ora, non abbiamo sentito ancora parlare di Marcello Gandini. Questo almeno da quanto ho letto nelle numerose fonti che ho trovato. Ed è strano, visto che in quegli anni è il consulente privilegiato (e con un contratto in esclusiva...) di Renault. Nel 1984 si inserisce però in questa storia un oggetto alquanto curioso, che dirazza in modo eclatante dal resto delle proposte, e in effetti non sembra neppure far parte di una fase o un progetto specifico di questo enorme contenitore di idee che si cela dietro la anonima sigla di VBG. Fatto sta che le cronache raccontano che un giorno del 1984, Gandini si presenta alla Régie con una cassa di legno con dentro una sorta di kit che lui stesso si mette a montare e in meno di un'ora appare davanti agli occhi degli astanti questa vettura, fatta e finita! A quanto riportano libri e siti internet che ne raccontano i particolari, la "Piccola" (questo il nomignolo del progetto di Gandini) è totalmente innovativa in una serie innumerevole di aspetti. Qui il link al post di Cardesignearchives che ne parla in modo abbastanza esaustivo. La questione più curiosa fu ovviamente la reazione dei responsabili Renault, che di fronte all'eventualità di un'automobile che si montava in meno di un'ora, con tutte le conseguenze industriali, sociali ed economiche che ne potevano scaturire, pensò bene di non dar seguito all'idea del designer italiano, non prima però di aver comprato il prototipo per metterlo letteralmente in cantina (dove ancora si trova, debitamente riportato nel libro "Renault La Collection" del 2008 di Antoine Pascal, già citato): Non solo, la Régie si premurò anche di "neutralizzare" il progetto di Gandini registrando una serie di brevetti ad esso legati, per impedirne l'applicazione da parte di altri soggetti, cui ovviamente il designer presentò l'idea che Renault non aveva voluto realizzare. (Fonti: CarDesignArchives, LIGNES/auto, Renault Histoire, Antoine Pascal - Renault La Collection) FINE Quarta Parte (continua...)
  20. ...TERZA PARTE Progetto VBG Dopo una una breve pausa, proseguiamo con la terza parte di questo corposissimo argomento. Le prime due si trovano qui: Parte 1 : link Parte 2 : link Eravamo rimasti ai prototipi scesi in strada intorno al '79-'80 e realizzati a partire dalle proposte di Jacques Nocher. In questa fase è un po' fumoso il rapporto tra il programma VBG e il progetto 140, avviato un paio di anni prima e destinato a sviluppare la sostituta di R5. In ogni caso i prototipi marcianti sembrano avere caratteristiche da segmento inferiore, sia per dimensioni (attorno ai 3,4 m) che motori (ben sotto il litro), ma anche per stile e allestimento. Comunque sia, ufficialmente il programma VBG sembra aver subito una pausa tra il '78 e i primi anni Ottanta, quando riprendono gli studi con una serie di progetti, la cui codifica e sequenza temporale rimane ad oggi poco chiara... Provando a sintetizzare tra le varie fonti, si trovano informazioni sulle seguenti fasi: - X49, evoluto in Z (1981-82) - X44 (1983-84) - X45 (1984-85) - X55 (1985 ? ) - W60 (1986) Ripartendo quindi dal 1981, forse in risposta al successo della Fiat Panda, ci sarebbe un progetto X49, poi indicato anche con la lettera "Z", di cui si hanno alcuni bozzetti disegnati attorno al 1982, sia per modelli ipercompatti a 3 porte, che per altri più vicini al concetto di R4, con 5 porte, pratici e spaziosi. Segue, tra 1983 e '84, una corposa fase identificata dal codice X44 e caratterizzata da studi per una 3 porte dalle dimensioni molto compatte (attorno ai 3,25 m). Ne fa parte questa proposta dallo stile molto avanzato, attribuita a Michel Jardin: La maquette è asimmetrica e da questo lato passeggero mostra una portiera straordinariamente ampia, probabilmente per migliorare l'accesso ai posti dietro, ma la cui cinematica non è chiarissima; forse un'apertura a ali di gabbiano? Mi sovviene adesso che in effetti siamo proprio nello stesso periodo della Renault Gabbiano, il concept che Giugiaro "regala" alla Régie per introdursi al meglio con la casa francese... L'altro lato invece è identico a quello dello scheletro di maquette lì dietro nella foto sopra, con una soluzione standard: Questa immagine, tra l'altro, ci svela ben tre maquettes del progetto X48 per la futura R21, inclusa quella definitiva o quasi di Giugiaro, appunto... !! Tra settembre e ottobre del 1983, questo modello si confronta con una serie di sei ulteriori maquettes in scala reale: Interessante la presenza dell'intrusa in quinta posizione! La Supercinque doveva ancora aspettare un annetto per essere presentata... Comunque, eccole tutte nel dettaglio, in ordine di apparizione nella fila: - in 1a posizione, questo modello di chiara orientazione aerodinamica, che a me riporta vagamente a Citroen, ma anche a qualcosa di studi Fiat e Y10, nonché al prototipo Vesta di Renault: - dietro, la 2a maquette pare una proposta di impronta super-basic: - 3a fila per questo modello dalle linee piuttosto levigate e con gruppi ottici anteriori che ricordano quelli della Supercinque di prossima presentazione: - in 4a posizione, riecco la maquette di Jardin: - in 6a fila, dietro la Supercinque, si trova questa soluzione non particolarmente originale nello stile, bensì orientata al massimo sfruttamento degli spazi: - non particolarmente originale neppure questa in penultima fila, se non per il finestrino anteriore dalla linea inferiore angolata: - infine, chiude la fila questo modello che, al di là del frontale che sembra anticipare linee e caratteri della futura R21, si fa notare soprattutto per la soluzione con portellone e cofano motore a contrasto: FINE Terza Parte (continua...)
  21. Bella la GT Junior! E interessantissime tutte quelle del post di @Renault. L'altra sera invece io mi sono ritrovato davanti questa piccola storica, molto ben tenuta e con targhe originali. Renault 5 L (782 cc, 26kW, 6-feb-1976) Sembra un ottimo conservato, anche nella vernice (lo deduco dall'adesivo di limite di velocità...); tra l'altro un colore molto tipico del periodo, quando i toni del marrone furono una moda. Fa specie ricordare che una utilitaria diffusissima come questa, negli anni Settanta si accontentava di un motore di soli 782cc e 36 CV, frenati da 4 semplici freni a tamburo...
  22. ...SECONDA PARTE (Il progetto VBG) Nel 1977 proseguono gli sviluppi e i confronti tra ulteriori proposte, che sembrano aver preso ormai una strada ben definita, consolidata nella carrozzeria 3 porte con ampia vetratura e portellone sub-verticale. Le nuove maquette sono divenute anche meno spartane e con dettagli più moderni. Gli ampi fascioni protettivi in materiale plastico sono un tratto caratteristico, declinati in numerose interpretazioni. Portellone (in materiale plastico?) scuro: proposte "B" e "G" Proposta "B" (paraurti anteriori a inglobare i fari, calandra asimmetrica) Proposta "G": Ancora è nella lista l'originale proposta "circulaire" di Opron (VOITURE "J") La proposta "T" si caratterizza per le linee molto angolari, fari posteriori a tutta larghezza e il portellone con lunotto piegato: Tra l'altro, nel mega confronto da cui sono tratte queste foto, le proposte sono accostate ad una ignota "VOITURE L": Si è detto che il programma VBG era nato con l'obiettivo di un modello super-utilitario, più piccolo ed economico di R5. Perché allora la bella francesina è lì? Ovviamente la sua presenza non è un caso, né un errore... Be', è un indizio. Il 1977 infatti segna un punto di svolta per il programma VBG, perché la Régie decide di farlo evolvere nel "progetto 140". Numero che molti associano, giustamente, alla Supercinque. Però sia chiaro, in questa fase il "140" non è ancora "IL" progetto per la nuova R5, il cui successo è sempre così grande, che per la sua sostituzione Renault si sta muovendo in maniera estremamente cauta. E per adesso, questo progetto "140" ha piuttosto lo scopo di approfondire promettenti linee di sviluppo per la futura sostituta di R5. Difatti, fa ancora parte di questa serie di proposte anche quella di Jacques Nocher... ...già vista fin dalla prima serie di maquettes gialle del 1975 (è quella con targa "76 RC 0215" nel post precedente)... ...e che diventerà la base dei prototipi marcianti utilizzati intorno al 1980 per collaudi intensivi di quella che era stata a lungo ritenuta alternativamente l'erede della R5 o una nuova ipotetica "R2": FINE Seconda Parte...
  23. Il progetto VBG PRIMA PARTE Qua e là è stato citato più volte nella discussione questo programma di sviluppo Renault, la cui sigla è generalmente riferita al significato di "Véhicule Bas de Gamme" (credo non ci sia bisogno di traduzione...). Un progetto monstre che ha occupato le scrivanie della Régie per circa un decennio, lasciato e ripreso in varie fasi e che risulta aver dato origine a innumerevoli maquettes e prototipi. La storia nasce intorno al 1973, con l'idea di studiare una nuova vettura al di sotto di R5. Sostanzialmente anche una sostituta di R4, ma con presupposti differenti, per una vera e propria cittadina, moderna, compatta ed economica. Una prima serie di studi, disegni e infine modelli fa la sua comparsa nei centri di sviluppo Renault a metà del 1975. L'approccio è piuttosto ardito, come nelle corde dei designers di quel periodo, in particolare in Francia. Ecco un paio di schizzi dalla collezione di Robert Opron, l'ex-Citroën approdato proprio in quell'anno alla Régie. Dalle idee più originali a quelle più pratiche, una prima serie di prototipi compare tra il 1975 e il 1976. Questa la maquette del disegno sopra di Opron, con l'originale finestrino verticale, il lunotto a tutto vetro e i fari anteriori "à la Ritmo"... Non è solo il nuovo arrivato Opron che si cimenta nel progetto... anche il veterano Gaston Juchet ovviamente fa il suo lavoro. L'immagine a destra è la maquette basata sulla sua proposta, più pratica e quasi "industriale" con quelle porte scorrevoli... (da "Renault La Collection", di Antoine Pascal, 2008, edizioni EPA) Rieccola in altre prospettive: Questa vista posteriore ci rivela un'interessante caratteristica del modello, che è la sua voluta asimmetria. Palese nella forma del montante C e che si intravede anche nel taglio del finestrino posteriore lato guida. Il portellone con quella maniglia laterale a destra e il taglio verticale sul lato sinistro, sembra indicare una possibile apertura laterale con cerniere a sinistra, anziché verso l'alto... A inizio 1976 una carrellata di nuove maquettes - curiosamente tutte gialle - si confronta anche con dei modelli di riferimento (riconosco sullo sfondo Citroen 2CV, R5 e forse una R4...). Per quanto si riesce a vedere da queste foto, sembra che si tratti di una serie di variazioni sviluppate su un tema di base comune, quasi da piccola station wagon, pratica e relativamente spartana, con linee semplici e abbastanza squadrate, 3 porte e portellone verticale, ampi paraurti e - spesso - fascioni laterali in plastica. Un esempio: ...con la sua vista opposta (scusate la qualità) che presenta la soluzione con fascioni protettivi sulla fiancata (e i fari dietro che sembrano gli stessi - rigirati - del concept B.R.V.): Non troppo diversa da quella sopra appena vista, tra queste proposte c'è anche quella di Jacques Nocher, che proprio in queste forme vedrà sviluppi importanti (vedi post seguente)… ...ma anche questa variante, appena diversa in alcuni particolari come i finestrini anteriori a scorrimento laterale o quelli posteriori con la base lievemente sfalsata verso l'alto rispetto a quelli davanti: Sempre nel '76 però, accanto a queste proposte (a destra sullo sfondo dell'immagine sotto si nota proprio lo stesso modello della foto qui sopra...), ne compare un'altra attribuita anch'essa a Opron. Qui ve la propongo a colori, ma è la stessa postata in B/N pochi messaggi fa da @PaoloGTC). Forse ancor più originale di quella col finestrino posteriore verticale già vista prima, questa è caratterizzata dal finestrino anteriore, con l'idea della forma circolare che segue il movimento basculante del vetro: Un che di Citroën (Visa, Axel...) nel frontale, e un cofano anch'esso piuttosto curioso nella soluzione della cerniera apparentemente a vista per l'apertura. FINE Prima Parte (segue...)
  24. Sullo "sbagliare macchine", credo che Opel non abbia sbagliato macchine per decenni, da ben prima di Omega A... intendo ovviamente a livello industriale/commerciale. Credo per ragioni di immagine, prevalentemente razionale e popolare, raramente in grado di smuovere chissà quali sentimenti, la percezione in Italia del successo di Opel è stata limitata, nonostante decenni di vendite sempre ai vertici in Europa e soprattutto in Germania, dove nei primi anni Settanta riuscì persino a superare Volkswagen e divenire il primo marchio, sebbene risuperato presto grazie alla Golf. In Italia Opel aveva fluttuato tra il 6° e il 10° posto nelle classifiche di vendite per lunghi anni (almeno dagli anni sessanta) e solo negli anni Novanta fece breccia e riuscì a scalare posizioni fino al secondo posto tenuto dal '98 al 2002, il suo periodo d'oro qui nello stivale. Questo per dire che anche i modelli ormai storici che magari ci possono apparire meno interessanti (cito le varie Rekord, Ascona, Kadett o persino la prima Corsa, che a noi è sempre parsa un poco sottotono...) in realtà furono sempre dei notevoli successi con vendite consistenti per la loro intera vita commerciale. Cioè macchine azzeccate e "non sbagliate". Magari potremmo escludere giusto il settore ammiraglie di lusso, dove Opel non è che facesse esattamente numeri da capogiro, ma comunque era stata presente per decenni - con i vari modelli Kapitan, Admiral, Diplomat, Senator - forse unico marchio europeo "generalista" ad esserlo così a lungo e in modo costante. Altri due commenti, su "Omega 3000" in questo caso. Il primo riguardo alla storia raccontata da @PaoloGTC, che un amico gli ha detto che ha saputo che (😆) le Lotus Omega venivano prodotte a partire da Omega 3000 belle e finite. Non ho prove certe del contrario, ma quello che ho letto io è che alcuni esemplari pre-produzione della Lotus Omega/Carlton furono realizzati effettivamente sbudellando delle Omega 3000. Non vorrei che questa informazione vera (quanto meno documentata dal sito lotusomega.info, con tanto di numeri di telaio etc), sia stata a suo tempo ingigantita e fatta diventare una specie di leggenda sull'intera produzione di Lotus Omega... oppure è tutto vero e Lotus/GM erano veramente di fuori!!! Il secondo è su un altro post sempre di @PaoloGTC (e chi se no?? ). Sul fatto che Omega 3000 fosse un modello dalle qualità notevoli, non ho problemi a crederlo. Ritengo però che abbia sofferto di una caratterizzazione e di un posizionamento commerciale poco adatto in quegli anni al segmento di cui Omega faceva parte. Alettoni, spoiler, minigonne, assetto, sedili sportivi e cuciture rosse... voglio dire che l'immagine era quella di un allestimento sportivo da auto piccola o media al massimo, una specie di GTI e simili per intendersi. Una cosa che forse poteva ancora andare in Germania o UK (in effetti ancora i mercati di riferimento di Opel/Vauxhall in quegli anni), ma a livello europeo, quale ormai era divenuto il mercato di quel periodo, la concezione generale di un'ammiraglia non era molto compatibile con un allestimento del genere. In quegli anni Ottanta inoltrati, anche le versioni di punta delle ammiraglie, quelle coi motori più prestanti, non "urlavano" le loro prestazioni, anzi rimanevano discretamente nel solco di una sobria eleganza. Persino oggetti estremi come BMW M5 o Thema 8.32 evitavano eccessi da tamarr... ehm... ragazzi. Non vorrei esagerare, ma quella versione potrebbe addirittura aver "screditato" l'immagine generale di Omega A, non facendola percepire come reale concorrente delle "vere ammiraglie". E forse la questione stava proprio qui... in quel periodo Opel non vedeva ancora Omega come ammiraglia; al vertice della gamma infatti stava la Senator, cui spettava il vero ruolo di ammiraglia, quella seria...
  25. Avete presente la Lotus Omega? Domanda retorica, ovvio che sì. Altrimenti... ...fuori dal Forum! Bannati a vita, là dove sarà pianto e stridore di denti. Tornando alla Lotus Omega... ecco, non è sempre stata un'Omega! L'altro giorno mi sono imbattuto in un disegno che mi ha spiazzato e non conoscevo. Da qui sono andato a ricercare notizie e ho individuato che il disegno viene dal libro "Lotus Carlton" di Ian Adcock, mentre altre informazioni le ho riprese dal sito lotusomega.info Bene, la storia racconta che nel lontano 1986, quando GM prese le redini di Lotus, subito si rumoreggiò di possibili Lotus Kadett o Lotus Ascona, i due modelli con aspirazioni o storie sportive più affermate, forse un po' alla stregua di precedenti come la Lotus Sunbeam... ma no, non erano loro le elette! Poco dopo, nel 1987, si incontrarono a Zurigo i vertici di Lotus e GM Europe per stabilire i piani di possibili sinergie, ed effettivamente si parlò per la prima volta di una Lotus... Senator! L'ammiraglia Opel era proprio in uscita quell'anno con la nuova serie derivata dall'Omega e quindi poteva aver senso pensare ad una versione di punta con tale blasone. Nel frattempo, già dentro Opel c'erano programmi di sviluppo di nuove motorizzazioni potenziate per le ammiraglie del marchio, cioè Omega e Senator, appunto. E quando nel 1988 Bob Eaton divenne presidente di GME, subito dette a Wayne Cherry, il capo del design Opel, l'incarico per lo sviluppo di una "super-ammiraglia", una versione ad alte prestazioni e dallo stile molto caratterizzato. Cosa su cui si misero a lavorare subito, ma ancora senza alcun coinvolgimento di Lotus. Ecco alcuni schizzi di queste idee, chiaramente basate su Senator: Lotus però aveva preso sul serio la proposta fatta al vertice dell'anno prima e nel 1988 stava anch'essa lavorando sulla proposta per una Lotus Senator e i disegni che ho postato per primi in alto, sono probabilmente tra quelli presentati da Mike Kimberley (capo di Lotus) durante una prima esposizione ai vertici GM. Come si intuisce, l'idea del designer Lotus Julian Thomson (oggi responsabile del Design Centre GM Europa...) era piuttosto contenuta dal punto di vista della caratterizzazione estetica, di sicuro molto più discreta delle idee che stavano pensando in Opel. Assai più profondo era il lavoro che Lotus stava pensando per la meccanica invece... un progetto da 2 anni per una produzione di 2000 pezzi. I vertici di entrambe le organizzazioni - GM e Lotus - avevano piani diversi però: l'idea era uscire molto prima! Quindi misero insieme le teste dell'Engineering Opel e Lotus per collaborare, sempre pensando alla ammiraglia. Opel pensava ad un modello di immagine, Lotus non poteva uscire dalla sua cultura fatta di sportività, tecnica, guidabilità. A cavallo fra '88 e '89 arrivò la decisione chiave: non più Senator, bensì Omega. In sostanza si realizzò che lo spirito con cui nasceva questa vettura ad alte prestazioni, non era tanto nelle corde di un modello formale come Senator, quanto piuttosto in quelle di Omega, che già aveva la sua versione sportiva e soprattutto sembrava essere assai più rappresentativa e di successo nella gamma Opel. Un modello Lotus di Omega, avrebbe avuto un impatto sull'immagine dell'intera gamma Opel assai più significativo della semi-sconosciuta Senator. E così fu.
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