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lelasquez

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Tutti i contenuti di lelasquez

  1. Congratulazioni: macchina bellissima, documenta per bene tutta la "rinascita", mi raccomando!
  2. Congratulazioni, goditela! Peccato non poter essere al Museo, altrimenti le avrei presentato la sorella:
  3. limitandomi al fattore cromatico, proporrei: a voi altre candidate...
  4. incrociate tre identiche una decina di giorni fa sulla SS38, direzione Stelvio: impossibile dare giudizi causa "stordimento" da livrea psichedelica...
  5. Si viaggia «giallo Milano» - Un sondaggio online durato tre mesi ha promosso, con l'82% dei voti, il colore giallo crema anche per i tram milanesi Sirietto: i nuovi mezzi da 26 metri chiamati a sostituire quelli da 35, che si stanno spostando nelle linee interurbane perchè troppo ingombranti per le vie del centro. Grazie a un investimento di 100mila euro, saranno 68 i Sirietto che presteranno servizio per le strade di Milano. Il colore giallo crema trova un'ulteriore conferma nella storia della città. Già nel 2007 la Carrelli ha abbandonato l'arancio per tornare alla sua livrea originale degli anni 30. Il colore, ribattezzato dall'Atm «giallo Milano», è stato usato anche per le biciclette usate nel progetto di bike sharing del Comune di Milano, BikeMi, già presenti per le strade meneghine in 1.300 esemplari. Corriere.it storico ed attualissimo... personalmente: mi allineo a chi dice NO, per tutte le ragioni elencate benissimo in precedenza se proprio non dev'essere rosso (competizione): almeno che sia il blu (montecarlo).
  6. Casa Alfa: no Nuovo Duetto: no La congiuntura attuale offre ottimi alibi a chi non ha voglia o non puo' permettersi di scrivere a bilancio grosse cifre. Per quanto cio' lasci con l'amaro in bocca guardiamo nell'orticello dei vicini: 100 anni di "prodigi della tecnica" non mi pare abbiano smosso mari e monti oltre all'evento principale e qualche iniziativa collaterale, men che meno modelli ad hoc. Sbaglio? Audi 100 Years Online Special autoblog centenario audi Certo il mal di pancia inizia pensando allo stato attuale del Museo Alfa: per una rinfrescata dignitosa temo si sia gia' fuori tempo massimo. Del resto per invertire gli effetti di 23 anni (su 100...) spesi male sotto molti punti di vista c'e' ben da lavorare: lo si diceva dal punto di vista del prodotto, vale tanto piu' per la cultura aziendale.
  7. Secondo me sarebbe azzardato produrci anche un basso di gamma o un commerciale. Alla luce di quanto dimostrato negli anni, l'unica PIATTAFORMA che potrebbe meritarsi Pomigliano potrebbe essere questa: ecologica, innovativa... Mi spiace per coloro che han lavorato coscienziosamente, ma il risultato di quello stabilimento NON e' all'altezza di un prodotto complesso come l'auto.
  8. "Te la do io l'America...(e non perdiamo tempo dietro alla cravatta)!"
  9. Qualche scricchiolio sulle garanzie di Magna? [...] Lui è Putin. E' appena atterrato a Pikalevo, in elicottero. Giubbottino chiaro, blue jeans, camicia sportiva. Ha il viso dei giorni cattivi. Ha convocato i padroni delle tre società. Li ha obbligati a pagare gli stipendi arretrati entro la giornata, spendendo il prestito della Sberbank da lui autorizzato a questa sola condizione. E' furioso con Oleg Deripaska, l'oligarca padrone della Pikalevo Glinoziom, che secondo gli operai avrebbe avuto un comportamento da "Opa ostile" nei confronti della BazelCement. Deripaska è teso. Sino a pochi mesi fa era l'uomo più ricco di Russia. Oggi ha l'aria di uno che non ha dormito: barba non rasata, occhiaie profonde. Teme l'ira di Putin [...] Pikalevo, la città fabbrica salvata dal blitz di Putin - esteri - Repubblica.it
  10. Giugiaro: "Così il web sta rivoluzionando l'auto" di VINCENZO BORGOMEO Internet sta rivoluzionando tutto, anche il mondo delle auto. Una volta Giorgetto Giugiaro, sire del car design mondiale, ci spiegò come tutti volessero auto da giovani. "Le auto da vecchi, disse, non le vuole nessuno, neanche i vecchi". Lo stesso concetto oggi si applica alle web car. Si può dire che oggi nessuno vuole più auto semplici, prive di mille gadget ed elettronica? E che tutti preferiscano se possibile proprio le 'web car'? "Assolutamente si: dalla voglia di auto da giovani siamo passati a qella dell'auto super tecnologica. Mi diverte la definizione di web car, è tremendamente vera: lo stile mondiale dell'auto è ormai questo. Ossia tutto rivolto a proporre una macchina super tecnologica, piena di cose - mi lasci dire - del tutto inutili". Ma se sono inutili... "Già, è questo il punto? A che servono queste cose? A nulla. Ma è così: gli uffici marketing si scervellano per capire un fenomeno complesso che, alla fine si traduce nel poter far veder ai nipotini che si è moderni, che si gestisce una tecnologia avanzatissima. Tutti vogliono avere l'ultimo ritrovato sul fronte delle invenzioni, dei gadget, delle cose più particolari. Ma tutti abbiamo molto più di quello che serve: negli abitacoli c'è una tecnologia spaziale" Possibile fare una distinzione fra le cose utili e quelle inutili? "Io dico che basta solo la spia della benzina, il resto non serve a nulla. Oggi le auto sono talmente perfette che non hanno più bisogno di 'chiedere' qualcosa. Però la concorrenza fa sì che si cerchino sempre soluzioni nuove per attirare, per motivare l'acquisto, per spingere la gente a cambiare la vettura. Con una sempre più ricca di accessori elettronici, al di là delle dimensioni e del segmento di mercato". Non le sembra che le case automobilistiche stiano prendendo in giro i propri clienti? "Non è un problema loro: chi ha i mezzi vuole avere sempre di più per differenziarsi. E la tecnologia regala questa fantastica illusione di avere chissà che cosa...". Va bene, non li prendono in giro, però si arricchiscono alle loro spalle... "Magari. Neanche quello: a forza di mettere roba in macchina diventa difficile guadagnare perché i prezzi non possono essere aumentati più di tanto. Mettere, mettere, mettere: siamo noi alla fine che paghiamo tutto questo in modo sproporzionato. Mi spiego meglio: le macchine non devono fare rumore, nell'abitacolo deve essere tutto soft, tutto si deve fare con facilità, bisogna potersi collegare con il mondo in un secondo. Voglio capire dove si fanno gli utili. Bisogna produrre 10 milioni di vetture per salvarsi? Pazzesco". Tutti vogliono tutto, l'auto è uno specchio dei tempi. "Si, perfetto: l'auto segue esattamente lo sviluppo della nostra società che vuole sempre di più, sempre di più". Ma ci sarà un vantaggio in tutto questo? "Si, non si può ignorare il fatto che le auto siano migliorate sotto tutti gli aspetti, quindi anche in quello - fondamentale - della sicurezza. Il resto va al di là di ogni necessità. Se uno potesse progettare una macchina limitandosi alle vere necessità si potrebbero avere macchine più leggere, più economiche e pulite. Io vedo nello sviluppo dell'auto una sorta di dimostrazione dell'intelligenza dell'uomo, quasi volessimo far vedere fino a dove possiamo arrivare". Dove possiamo arrivare? "Arriveremo a un'auto piccolissima, più leggera della persona che trasporta, magari che vola e che ci porti in città e in campagna". Già, nel frattempo siamo a bolidi da due tonnellate pieni di elettronica, cavalli e finiture. E' possibile ipotizzare un'inversione di tendenza? "Solo le necessità potranno portare a questo. Si ricorda la moda? Dopo i tessuti nobili si è arrivati ai jeans che oggi si indossano senza più imbarazzo. Domani avremo dei mezzi che ci danno questa stessa sicurezza, ma senza orpelli inutili". Torniamo al Giugiaro pilota. Come usa le auto moderne? "Male: io da una vita non uso tutto ciò che ho in auto. Vado sempre di fretta, certo, ma mi concentro sulla guida. Come dovrebbero fare tutti. Fra l'altro a breve saremo bombardati da informazioni in auto grazie alla tecnologia touch screen. E questo semplificherà enormemente tutto: spariranno pulsanti e pulsantini, rotelle e mouse. E si comunicherà con l'auto come con un palmare. Così dallo schermo dell'auto potremmo già sapere cosa abbiamo in frigo o conoscere le date dei compleanni in arrivo". Che telefono usa? "Un iPhone". Mi arrendo. "Lo so, lo so, le ho appena detto che non sono amante dei gadget ma solo in auto. In realtà la situazione è ancora peggiore di quanto non possa immaginare: uso l'iPhone proprio per tutte le sue applicazioni. Per esempio io faccio moto alpinismo e guardo il tracciato del sentiero sul telefonino. Oggi abbiamo dei mezzi pazzeschi". Rispetto a un iPhone l'auto però è ancora all'età della pietra. Forse è per questo che non è ancora affascinato dai suoi gadget. "In un certo senso si: è come se oggi l'auto stesse prendendo fiato, per lanciarsi in una corsa formidabile. A breve avremo tutto questo in auto. Lei immagini questo: un enorme schermo sulla plancia che fa scomparire tasti, tastini e comandi. E' tutto lì. E i primi a darci questo saranno i cinesi. Sono sicuro". Quindi il design dell'abitacolo sarà stravolto. Succederà lo stesso per il design esterno? "Per fortuna no: l'esterno segue una strada sua, indipendente da quello che ha l'auto. E' sempre stato così; chi fa l'esterno non fa l'interno. Per la forma della carrozzeria il gioco sarà sempre quello di attrarre, evolvere le forme, come è sempre stato. Si passa da proporzioni diverse. Ma il discorso si complica: oggi abbiamo tutto. Auto molto alte, ma anche auto bassissime. In vendita ci sono macchine di ogni tipo, anche senza cofano porte parafanghi, guardi ad esempio la X-Bow della KTM". Gli inglesi dicono che sembra di guidare una scatola dell'Ikea. "Si, è un prodotto senza logica. Ma ne ho appena provata una e l'esperienza, per uno che fa il mio lavoro, è straordinaria perché questa macchina non ha la carrozzeria, non ha la vernice, E una cosa folle è geniale allo stesso tempo". I gusti cambiano in fretta, ma esiste ancora un'attenzione per il classico? Una volta ci raccontò che i coreani venivano da lei con le mazzette di colori per sapere come abbinare i colori dei tessuti interni. Oggi i cinesi le chiedono lo stesso? "No, noi ci siamo abituati alle cose più strane. Alcuni abbinamenti cromatici che una volta giudicavamo orrendi oggi sono piacevoli. Ed è un bene: io dico che i colori smuovono il cervello. Le faccio un esempio per capire il discorso: io vengo da una famiglia di pittori e mio nonno, mio padre non usavano mai alcuni colori vivaci. Oggi, un po' grazie alla pubblicità, un po' grazie al web queste tinte forti (il giallo fosforescente, il fucsia, l'arancione) sono la norma: nell'auto abbiamo cambiato i gusti dei colori, ma non nella moda. Paradossalmente l'abbigliamento dell'uomo una volta era più colorato, oggi siamo in una specie di ritorno al passato. I colori in questo settore sono solo per gli stravaganti. Guardi Lapo che ha un suo look, coraggioso, che esce dal grigiore, lui usa i colori". Viviamo in un mondo troppo abitudinario? "Si, bisogna rompere gli schemi, dobbiamo lasciare gli artisti liberi di creare". Sembra uno slogan riferito al suo mondo. Traducendolo potremmo dire 'fateci fare auto belle ma scomode'? "Si, alla fine la vettura la sceglie chi la guida e poco importa che chi sta dietro sbatte la testa quando entra. Se ci affidiamo alla razionalità, agli ingegneri e ai loro studi di ergonomia siamo perduti: a un'auto non si può chiedere tutto. E' impossibile". L'auto però è un processo creativo, anche chi progetta un motore ci mette del suo. "Si, in un'auto c'è la passione di tutti quelli che ci hanno lavorato. Ma noi designer alla fine siamo dei privilegiati perché con le nostre carrozzerie copriamo il lavoro di tutti gli altri". Stiamo sconfinando pericolosamente nel mondo dell'arte. Già che ci siamo rimaniamoci un attimo: un famoso slogan di una casa automobilistiche diceva "La bellezza non basta". Un creativo come lei potrebbe sostenere il contrario? La bellezza basta? "No, non basta, deve essere proporzionata alla sostanza della macchina, al peso e ai cavalli che ha. Se una macchina non ha il mix giusto è un flop. Chi compra una cosa solo per l'estetica rimane sempre deluso. L'importante è sempre sapere dove si va con un progetto: quando faccio un'auto non mi illudo mai di fare un'opera d'arte". Ma qualcuno le sue auto le considera proprio così... "Senza volerlo si fanno cose che hanno 'anche' un contenuto artistico. Una bella differenza no?" (27 maggio 2009) Giugiaro: "Così il web sta rivoluzionando l'auto" - Motori - Repubblica.it Intervista interessante (come non mi sarei aspettato dalla firma dell'articolo) con molti spunti. Non so se la sezione sia la piu' adatta, lascio giudicare ai moderatori.
  11. MARCHIONNE E LE AUTO BLU di Carlo Scarpa 25.05.2009 Il progetto di Fiat su Opel è più delicato di quello su Chrysler. Il momento è già bruttissimo. E nel breve periodo è ragionevole pensare che la fusione aumenterebbe la disoccupazione. Ma nel lungo periodo, se tutto funziona, sarebbe un bene anche per i lavoratori. E' poi curioso che queste imprese vengano vendute da governi che non le possiedono. Mentre lo Stato italiano, che tanti aiuti ha garantito in passato a Fiat, oggi sta a guardare. Ma forse è meglio così. Quando si vede un’impresa che si butta in un turbine di acquisizioni, come sta facendo Fiat in questo periodo, viene sempre il dubbio che sia in corso il classico tentativo da parte di un manager un po’ megalomane di costruire un impero. Perseguire la grande dimensione in sé, per aumentare il potere di un amministratore delegato che si è montato la testa. Nel caso Fiat, il dubbio pare piuttosto infondato. Alcuni mesi fa Sergio Marchionne aveva dichiarato che tra pochi anni sarebbero rimasti in piedi solo quattro-cinque grandi produttori di auto, ciascuno con un livello produttivo di circa 6 milioni di vetture. Lo disse quando tutti pensavano che Fiat sarebbe stata acquisita da qualcuno. E invece la lucida convinzione di Marchionne è proprio quanto guida la sua strategia da alcuni anni a questa parte, prima con l’alleanza con Gm (poi naufragata) e ora con le operazioni con Chrysler e, se andrà in porto, con Opel. UN BRUTTO MOMENTO PER TUTTI La situazione di partenza non è facile per nessuno dei protagonisti. Chrysler era in fallimento, è chiaro che deve essere ridimensionata, e senza Fiat la situazione sarebbe stata anche peggiore. La situazione di Opel è pre-fallimentare, legata alle vicende di Gm, di cui è il principale marchio europeo. Quella di Fiat no, ma questo non significa che tutto va bene. Alcuni marchi vanno male sul mercato, soprattutto Alfa Romeo. Forse, come tutti quelli della fascia media, è particolarmente penalizzata dalla crisi, che sembra dare spazio alle macchine a buon mercato. Ma forse c’è qualche problema ulteriore se si pensa che nel 2008, con un mercato dell’Europa allargata in discesa dell’8 per cento, l’Alfa ha perso quasi il 30 per cento delle vendite. Quindi, anche Fiat, e a prescindere da come finirà la vicenda Opel, ha bisogno di interventi. Certo, servono prodotti con maggiore capacità di penetrazione sul mercato. Ma non è una cosa che si inventa in poco tempo, nel frattempo i tagli ci saranno, e forse saranno anche pesanti. DUE OPERAZIONI GEMELLE? Le due acquisizioni (Chysler e Opel) sono molto diverse per certi versi, simili per altri. Simili per la logica che le lega, ovvero la convinzione che nel futuro contino molto le economie di scala: poiché Fiat avrà una scala di produzione molto superiore, i costi si potranno suddividere su un gran numero di auto, e i costi unitari saranno minori. Oltre tutto, la maggiore dimensione giustifica investimenti qualitativamente più ambiziosi di quelli che sarebbero pensati per il solo mercato europeo e questo potrebbe generare benefici anche per i marchi tradizionali, proprio perché al costo fisso legato alla tecnologia corrisponderà un costo minore per ogni auto prodotta. Potenzialmente, maggiore qualità e minori costi medi. Ma sono operazioni diverse per ragioni di mercato. Quella di Chrysler era una operazione in pura crescita. Fiat non è mai entrata veramente nel mercato Usa e questa è la sua opportunità. Opel e i marchi Fiat sono invece concorrenti, oggi più che mai. Il mercato tedesco è il mercato europeo dove Fiat cresce maggiormente. Quindi, l’operazione con Opel comporta un trade-off. Da un lato, serve ad aumentare la dimensione e, se Marchionne ha ragione, consentirà di essere più competitivi e a produrre di più. Dall’altro, però, se la fusione va in porto, i marchi Fiat e quelli di Gm Europa cesseranno di farsi concorrenza, e quindi verosimilmente diminuiranno i livelli di produzione. È evidente che i due effetti vanno in direzioni del tutto opposte per quanto riguarda le ricadute sui livelli produttivi e occupazionali. Se prevale il primo, tutto bene; se prevale il secondo, la somma tra i dipendenti di Opel e quelli di Fiat sarà minore dei due valori odierni. A questo si aggiunga che nel breve periodo prevarrà quasi sicuramente il secondo di questi effetti. Da un lato, Opel e Fiat vanno comunque incontro a un ridimensionamento per problemi che prescindono dalla eventuale fusione. Dall’altro, la fusione avrebbe un duplice effetto. Nell’immediato è legittimo attendersi un aggravamento dei (temo, inevitabili) tagli alla occupazione. Nel lungo periodo, se ha ragione Marchionne, l’effetto sarà opposto. Facile capire perché i sindacati siano nervosi; non è semplice festeggiare la cassa integrazione oggi in cambio di una speranza per il domani. Ma forse (senza entusiasmo, non esageriamo…) i sindacati farebbero meglio a considerare molto seriamente questa scommessa. Le alternative non sono tante. LO STATO VENDITORE IN CONTO TERZI Una prima cosa che colpisce in questa storia è la grande vitalità di Fiat, che forse nessuno cinque anni fa avrebbe potuto prevedere al centro di queste acquisizioni. La morale è semplice. Se un’impresa sull’orlo del fallimento riesce a rimettere a posto i propri conti e a ritrovare la propria strategia industriale, può tornare in vetta e – avendo fatto sacrifici quando era necessario – poi raccoglie i frutti del proprio lavoro. Se tutte le imprese facessero lo stesso… Certo, sarebbe più facile per tutte le imprese se potessero ricevere dallo Stato gli stessi soldi che Fiat ha storicamente ricevuto. Ma in questi anni, quanto meno, i soldi pubblici sono stati messi a frutto. Colpisce, infine, il ruolo curioso che i governi hanno in queste vicende. Pochi giorni fa, Barack Obama tra il serio e il faceto si è proposto per il premio di miglior “car executive” dell’anno. Ora la vendita di Opel è in mano ad Angela Merkel. Si noti che né Chrysler né Opel sono imprese pubbliche. Ma nel caso di fallimento i costi per la collettività sarebbero tali, che lo Stato ha di fatto la scelta sul futuro dell’impresa. Forse è una strada obbligata, ma non possiamo non sottolinearne alcuni aspetti paradossali. In mezzo a una tempesta dovuta alla incapacità (o non volontà) del potere politico di governare il sistema economico, il capitalismo di Stato rialza la testa. Non si è saputo far politica economica in modo “normale”, regolando i mercati come si doveva, e ora si deve accettare un ruolo del tutto distorto dell’intervento pubblico. Non va bene. Grandi scelte industriali sono finite nelle mani di ottimi governanti, che però non sono né uomini di impresa, né uomini che rischiano il loro denaro. Il dibattito che echeggia dalla Germania è se sia meglio creare disoccupazione in una regione di destra o in una di sinistra. Èsu questa base che pensiamo di costruire uno dei grandi produttori di auto del mondo? Ed è altrettanto curioso che lo Stato italiano, quello Stato che forse più di ogni altro ha regalato denaro pubblico alle imprese (meglio: alla impresa) del settore auto, sia quello maggiormente assente dalla attuale partita, senza una vera “visione”, senza una idea. Visto come si gestisce l’intervento pubblico, forse è meglio così. Ma è un altro paradosso. Lavoce.info - ARTICOLI - Concorrenza e Mercati - MARCHIONNE E LE AUTO BLU
  12. L'analisi odierna del Corriere --- Gm ora vuole il 30% di Fiat La società a chiesto a Washington prestito di 11 miliardi di dollari. Elkann: soci pronti a intervenire per Opel dal nostro inviato Massimo Gaggi NEW YORK - Per cedergli le sue attività in Europa (soprattutto Opel) e Sud America, la General Motors chiede a Sergio Marchionne il 30% della nuova società che dovrebbe raggruppare le attività automobilistiche della Fiat dopo questo complesso round di ristrutturazioni. Ma intanto il suo direttore finanziario, Ray Young, avverte che — dopo il «Chapter 11» di Chrysler — anche per GM cresce la possibilità del ricorso alla bancarotta come via d'uscita da una si*tuazione grave e inestricabile. An*che perché i risultati economici del primo trimestre 2009, pubblicati giovedì, vanno al di là delle previsioni più nere: il gruppo di Detroit ha perso altri 6 miliardi di dollari, ma, soprattutto, ha bruciato 10,2 miliardi di liquidità in appena tre mesi. Ogni giorno 113 milioni gettati in una fornace. Quanto potrà durare? Poco, visto che le risorse nelle casse GM sono scese di nuovo ai livelli minimi di sussistenza, nonostante gli oltre 15 miliardi già versati dal governo. La società ha chiesto a Washington un altro prestito di 11 miliardi, ma è improbabile che questo denaro venga erogato prima di fine maggio, quando il gruppo ora guidato da Fritz Henderson dovrà presentare un nuovo e più credibile piano di salvataggio. Basato, tra l'altro, proprio sulla cessione delle attività europee che nei primi tre mesi 2009 hanno perso 2 miliardi di euro. Per questo l'amministratore delegato della Fiat continua a fare la spola tra Usa e Germania, conducendo il negoziato su due binari: quello politico, soprattutto con le autorità tedesche, e quello industriale con GM. Che alle spalle ha però, ormai, stabilmente il governo americano. Il moltiplicarsi dei tavoli di negoziato, l'accavallarsi delle notizie finanziarie e delle prese di posizione politiche e sindacali rendono il quadro assai confuso. I protagonisti del negoziato sem*brano muoversi, però, con una certa sicurezza anche nella nebbia. Sicurezza e anche rapidità, visto che GM rimane vincolata alla scadenza di fine maggio: il termine fissato dalla Casa Bianca per decidere la sua sorte. Secondo le indiscrezioni raccolte dalla stampa americana, alla richiesta GM del 30% del capitale della nuova società automobilistica, Marchionne avrebbe risposto offrendo una partecipazione nella «newco» inferiore al 10%. Resterebbe confermato che Fiat non intende versare denaro per le attività GM che verrebbero conferite alla nuova società. Giovedì, comunque, John Elkann, vicepresidente del Lingotto e presidente di Exor, la società della famiglia Agnelli che controlla poco più del 30% del capitale Fiat, ha detto che gli azionisti sono pronti a valutare la possibilità «di partecipare finanziariamente all'operazione» per Opel. Ma ha anche aggiunto che quello di cui si sta discutendo «non è un'acquisizione, ma un matrimonio che ha l'obiettivo di dare vita a un protagonista europeo del settore auto, con basi solide e prospettive sostenibili nel lungo termine». La trattativa è ancora lunga, i colpi di scena saranno ancora molti. Probabilmente è presto per fissare i rapporti di forza in una nuova conglomerata automobilistica che non si sa nemmeno se nascerà. Restano molti nodi politici e sindacali da sciogliere, ma anche sul piano più strettamente finanziario il valore della transazione dipenderà dal ventaglio di aziende, stabilimenti e marchi coinvolti. Oltre a Opel e Saab, Marchionne punta con decisione sulla GM sudamericana. È comprensibile, anche perché questi impianti operano con tecnologia Opel, ma Detroit prova ad attribuire un valore più elevato a queste partecipazioni ché, a differenza di quelle negli Usa e in Europa, sono redditizie. 08 maggio 2009 http://www.corriere.it/economia/09_maggio_08/gm_perdite_fiat_gaggi_93f76992-3b94-11de-a872-00144f02aabc.shtml
  13. Analisi gia' piu' obiettiva di quanto letto ieri... ---- Niente chiusure, produzione -22% Marchionne: "È l'ultima proposta" di PAOLO GRISERI TORINO - Tagliare nel lungo periodo evitando il più possibile traumi sociali. È questa la filosofia del piano di ristrutturazione che Sergio Marchionne ha presentato nei giorni scorsi alle autorità tedesche per rilevare la Gm Europa. Un piano che, contrariamente alle indiscrezioni, non prevede chiusure di stabilimenti di assemblaggio finale, almeno nell'immediato, ma punta su quella che viene definita "la riduzione graduale della capacità produttiva". Nel testo viene anche indicata l'entità di quella riduzione, il 22%. Questo significa che, nel giro di qualche anno, verrà chiusa, in media, una linea di produzione su cinque. Marchionne non ritiene però di dover arrivare al risultato con misure drastiche. Per due motivi: non si possono chiedere aiuti economici ai governi interessati mentre si annunciano misure che avrebbero un drammatico impatto sociale. In secondo luogo non si può chiedere ai politici di sobbarcarsi l'effetto boomerang dei licenziamenti e delle chiusure nel momento in cui le cancellerie europee devono far fronte a una delle crisi più dure degli ultimi decenni. Per queste ragioni, almeno nella prima fase, Marchionne userà una sorta di "air bag" sociale: la capacità produttiva dovrebbe essere ridotta in modo soft utilizzando misure come il blocco del turn over e gli ammortizzatori sociali. Parallelamente partirà la riorganizzazione produttiva per ridurre i costi realizzando sulle stesse linee auto di marchi diversi. In questo quadro il piano prevede di dare "una nuova missione" allo stabilimento di Termini Imerese, dove oggi si produce la Y e dove l'Ue ha recentemente concesso un finanziamento di 46 milioni di euro per la produzione di un nuovo modello erede della stessa Y. Analogamente il piano prevede una nuova missione per lo stabilimento inglese di Luton dove oggi Gm produce la Opel Vario e ha una joint venture con la Renault per il Trafic. Secondo un'indiscrezione tutte le operazioni di fusione verrebbero realizzate scambiando azioni con stabilimenti e tecnologie, senza esborsi di denaro. In una intervista che compare oggi sull'Economist l'ad del Lingotto spiega che è preferibile snellire le fabbriche piuttosto che chiuderle. Una prudenza che, secondo il settimanale inglese, costerà 250 milioni all'anno. Garantendo di non chiudere gli stabilimenti di assemblaggio finale, Marchionne lascia capire al governo di Berlino che la prima fase della razionalizzazione riguarderà una sola fabbrica sulle quattro tedesche di Opel, la fabbrica di motori di Kaiserslautern. Altri tagli dovrebbero riguardare lo stabilimento belga di Anversa. La fusione con Opel, secondo l'Economist, frutterebbe comunque risparmi per un milione all'anno. "Ma bisogna muoversi in fretta - dice Marchionne al settimanale - perché così si riducono le spese generali e si parte prima con i nuovi modelli". Secondo l'ad "Fiat e Chrysler sono in grado di raggiungere la convergenza sulle principali piattaforme produttive entro il 2012. Ma con Opel si potrebbe fare anche prima". Marchionne chiede ai governi dove hanno sede i siti Gm un prestito-ponte tra i 5 e i 7 miliardi: "In cambio - dichiara - offro al governo tedesco un'azienda automobilistica che sarà effettivamente senza debiti e mi farò carico delle passività, comprese le pensioni. A loro dico: se avete un'offerta migliore, prendetela". Oggi l'ad del Lingotto vola a Wiesbaden per incontrare Roland Koch, governatore dell'Assia, la regione tedesca dove si trova Russelsheim, il quartier generale della Opel. Koch è tra i più scettici sul piano Fiat. (8 maggio 2009) Niente chiusure, produzione -22% Marchionne: "È l'ultima proposta" - economia - Repubblica.it
  14. La fusione del nome promette bene :idea: (solo quella pero'!)
  15. Tra l'utile e l'inevitabile...ricapitoliamo: Chrysler tratta con Fiat che tratta con Peugeot che tratta con Bmw che tratta con Mercedes Se chiudiamo il cerchio si torna a DaimlerChrysler Happy
  16. Che piega abbia preso il mercato dell'auto di questi tempi e' sotto gli occhi di tutti: crollo delle vendite, licenziamenti, chiusure, aiuti statali e quant'altro. Si delineano fusioni, collaborazioni, accorpamenti plausibili ed improbabili ed in mezzo a tutto questo persiste chi a gran voce avrebbe preferito Fiat -meglio ancora Lancia ed Alfa- in altre mani per tornare ai "fasti di un tempo". I vizi storici del Gruppo sono noti, la fuoriuscita di De Meo e' per certi versi la testimonianza piu' recente dell'aria che tira ai piani alti, ma non e' trascorso troppo tempo dall'occasione piu' eclatante per la quale l'intero settore auto del Gruppo sarebbe passato di mano: febbraio 2005, mettendo sul piatto 1.55 miliardi di euro GM riesce a sventare l'obbligo di acquisto. A distanza di quattro anni chiedo: secondo voi, nell'ipotesi che Fiat avesse venduto, che situazione di prodotto e di mercato avrebbero oggi i marchi italiani? Alfa avrebbe delle "vere Alfa" e Lancia delle "vere Lancia" o avrebbero avuto i destini ora riservati a SAAB? Che fine avrebbero fatto gli stabilimenti italiani? GM avrebbe superato l'assorbimento o avrebbe visto prima l'orlo del fallimento?
  17. segnalo una versione più completa della notizia in cui si parla pure di quello
  18. Una delle proposte di Fioravanti mi ricorda nella coda la soluzione della Linea
  19. Fiat: le famose vetture a chilometri zero Ciao Italians, vorrei oggi riflettere su una di quelle cose che ci dicono e che, se andiamo ad analizzare bene, fanno solo parte di un progetto PPP: Pura Propaganda Politica. Mi riferisco ai dati di vendita della nostra casa automobilistica di bandiera, la Fiat. Dopo crisi su crisi, finalmente l'azienda sembra essersi ripresa. A sentire gli organi d'informazione, le vendite vanno a gonfie vele e quando il mercato è in flessione, come in questo momento, Fiat continua a vendere comunque bene e più degli altri. Riflettiamo un attimo, però, e facciamoci un giro dei concessionari. Quasi tutti i venditori autorizzati del nostro brand automobilistico hanno un infinito parco di «chilometri zero». Sono auto nuove, immatricolate da qualche mese - ma mai usate - dai concessionari stessi o dalla casa madre, allo scopo di «raggiungere gli obiettivi di vendita». Impossibile non trovarne una per i propri gusti: flotte di Panda, di Bravo, di Croma nuove, targate, pronte a essere vendute con un cospicuo sconto rispetto al nuovo «vero». Troviamo anche Alfa 147, Lancia Musa, Ypsilon e Thesis. Come possiamo allora dire che l'azienda vende tanto, quando si scopre che ogni concessionario, se non ha venduto abbastanza, DEVE intestarsi decine di auto? E perché viene fatto ciò? Il motivo è semplice: i dati di vendita si riferiscono alle immatricolazioni, non alle consegne. Ultima nota: finalmente sembra che il grigio stia passando di moda, soppiantato dal bianco. Quanto questo sia un miglioramento non lo so, di sicuro entro qualche anno non distingueremo più i taxi se non dalla scritta superiore. Stefano Marinelli , stefano@dragas.it Corriere della Sera - Fiat: le famose vetture a chilometri zero
  20. Ricordo dei precedenti allarmanti Che succede nel centro ricerche Renault?
  21. Non male. Il colore e' quello che manca nella tavolozza del Cinquino, chissa' che arrivi in un prossimo model year.
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