La Sgrena e la teoria del complotto
Quali segreti avrà mai la reporter?
Mentre un'Italia commossa dice addio a Nicola Calipari, l'eroico 007 morto a Baghdad per portare a termine con successo la sua missione, quella di salvare ad ogni costo il "suo" ostaggio, quello stesso ostaggio, colto da un'improvvisa sindrome di Stoccolma, spiega di non aver mai odiato i suoi sequestratori, non sentendosi loro nemica.
Nemici, invece, sono gli amerikani, i soliti brutti, cattivi e con la k: quello nel quale Calipari ha perso la vita non sarebbe stato un incidente, ma un agguato per far tacere lei, Giuliana Sgrena. E chi gliel'ha messa in testa, alla reporter del Manifesto, la teoria del complotto? Nientemeno che i suoi sequestratori: "Me l'avevano detto che la mia vita sarebbe stata in pericolo", perché gli americani non vogliono testimoni. E così, sulla strada verso la salvezza, ecco che l'auto degli italiani cade nell'imboscata, nella quale viene bersagliata da "almeno 300 pallottole - come riferisce il compagno della giornalista, Pier Scolari - Una vera e propria pioggia di fuoco".
Ora, che dietro tutta la vicenda ci sia qualcosa che non quadra è pur vero, e che gli americani siano chiamati a spiegare quel che è successo è sacrosanto: perché per la morte di Calipari qualcuno le proprie responsabilità se le deve assumere. Ma da qui a dire che gli americani hanno teso un agguato agli italiani, ce ne corre.
Anzitutto, viene qualche dubbio sulla "pioggia di fuoco" che avrebbe investito l'auto della di Calipari e della Sgrena: 300 pallottole? Se fosse vero, o gli americani hanno una gran brutta mira, oppure quell'auto sarebbe dovuta essere fatta a pezzi, non ne sarebbe dovuta rimanere una briciola. E invece Calipari è stato ucciso da un'unica pallottola, che secondo i primi riscontri potrebbe essere la stessa che poi ha ferito la sgrena alla spalla, e su tre persone due sono sopravvissute.
Per dare un'idea di che volume di fuoco siano 300 colpi, pensiamo alla recente sparatoria di Verona, dove due poliziotti, un investigatore privato e una "lucciola" sono rimasti uccisi. In quell'occasione sono stati sparati una quarantina di colpi di pistola, e ci sono stati quattro morti. Una pistola è notoriamente molto più imprecisa di un fucile, e un soldato è notoriamente più addestrato di un poliziotto a sparare. Quindi, se gli americani avessero sparato 300 colpi contro l'auto (non blindata) della Sgrena, lei non sarebbe qui a raccontarlo. A meno che, ribadiamo, i soldati americani non avessero una gran brutta mira, ma per un agguato di solito si scelgono quelli in grado di sparare, non i furieri.
In secondo luogo, viene da chiedersi che cosa di tanto clamoroso sappia la Sgrena da giustificare un attentato alla sua vita, un agguato sulla via della libertà. Perché non lo rivela, questo segreto clamoroso? Finora non ci pare di aver sentito nulla di straordinario, a parte i soliti luoghi comuni su quando gli americani siano cattivi, su come le elezioni siano state una farsa. E' questo il segreto per il quale i marine hanno aperto il fuoco? Se sì, come segreto è un po' deboluccio, e non vale certo un agguato; se no, siamo curiosi di sapere quale sia.
Luca Rigamondi