La procedura di per sè è corretta, ma non necessariamente è la migliore per ogni situazione. Dipende.
Per esempio, se so di dover fare un lungo tratto extraurbano, oppure urbano scorrevole, è una buona idea quella di raggiungere in breve tempo la velocità costante e quindi cambiare marce a un regime medio-alto (quindi grossomodo a 2.500 rpm); così non faccio sforzare il motore a causa del basso rapporto giri/marcia innestata e ho materialmente più spazio per sfruttare il consumo minimo dato dalla velocità costante.
Chiaramente, l'aumento delle marce varierà in funzione della strada da percorrere, del traffico, dei limiti, ecc.
Se invece si è in ambiente urbano, soggetto a molteplici interruzioni di traffico (semafori, rotonde e svolte), il meccanismo di cui sopra rischia di "annaspare" un po'.
Dipende molto dal motore che si ha sotto al cofano, ma generalmente cambiare oltre i 2500 rpm equivale a un consumo istantaneo, nella fase di cambiata, piuttosto alto. Questo viene compensato dal lungo tratto a velocità costante in un ambiente come quello descritto in precedenza, ma in città è difficile percorrere lunghi tratti a velocità costante: l'accelerazione rapida e decisa rischia quindi di trasformarsi in un'arma a doppio taglio, consumando troppo e non offrendo un vantaggio significativo.
Pertanto io in città (conoscendo i percorsi) tendo a cambiare marcia con un regime bassino (certo, non 1.000-1.200 rpm, ma comunque sotto i 2.000), accelerando molto molto gradualmente.
In questo modo il consumo istantaneo diminuisce molto nonostante le ripetute fermate, e il fatto che non vi sia necessità di avere accelerazioni vibranti, protegge anche dal rischio di far soffrire il motore.
Ovvio che le procedure non sono granitiche: quando serve, in città, si può tirare una marcia a 3.000 rpm, e fuori città talvolta può servire un'accelerazione molto "pigra" e graduale.