Tratta da corriere.it
Olivier François, amministratore delegato della Lancia, è come una molla compressa. Non vede l’ora di espandersi per dimostrare tutta la sua potenzialità. Dal momento in cui Sergio Marchionne gli ha affidato la responsabilità del marchio Lancia (sono passati poco più di due anni) ha lavorato in attesa di questa automobile, la sua prima Lancia, la Delta. Dopo la «première dame» Carla Bruni, testimonial della Musa, per promuovere la Delta starà mica pensando a Hillary Clinton?
«Per la Delta potremo permetterci di non ricorrere a provocazioni mediatiche, il suo nome e il suo passato testimoniano per lei».
Ma se proprio dovesse scegliere un personaggio?
«Dovrebbe essere un personaggio Delta. Delta non è solo il nome dell’auto, è il simbolo matematico che indica il cambiamento, la differenza, un movimento, un passaggio storico».
Una macchina già famosa alla nascita.
«Il futuro della Lancia è contenuto in cento anni di storia. Sono questi i valori che hanno ispirato la nuova Delta. Noi abbiamo ulteriormente migliorato i suoi geni, concentrandoci nell’elaborazione del design e nell’evoluzione dei motori».
Che cosa rappresenta in termini industriali?
«Il nostro piano prevede di vendere, entro il 2010, a gamma completa, 300 mila vetture. Dopo un lungo inverno, stiamo vivendo un risveglio che si concentra sul marchio: tutto questo parlare di Lancia è la nostra primavera, la Delta sarà la nostra estate».
Qual è il piano di sviluppo per raggiungere questo risultato?
«Siamo determinati a progredire solo con investimenti sostenibili. Il nostro programma è stato presentato agli analisti finanziari nel 2006. Lo studio dimostrava come fosse possibile costruire una gamma, una rete, una notorietà mondiale, senza spendere, da manuale, grandi capitali».
Che cosa significa «da manuale»?
«Vuol dire disporre di dieci modelli, coprire il 75 per cento della domanda. Noi dovremmo costruire una tre e una cinque porte di piccole dimensioni, dovremmo completare tutta la gamma delle medie e delle grandi, dovremmo produrre un Suv, una coupé, una berlina, una station wagon. Uno sviluppo oggi insostenibile, in termini economici».
Ma sarebbe sufficiente una politica fatta solo di prodotti?
«No, dovremmo ricreare tutta una rete di concessionari che ci costerebbe una fortuna, dovremmo investire decine di milioni in pubblicità e in comunicazione su ogni mercato importante, ogni anno. Il tutto potrebbe giustificarsi solo con l’obbiettivo di produrre almeno, in totale, 500 mila auto».
Che cosa avete escogitato allora?
«Abbiamo affrontato il problema relativo alla rete di vendita inserendo il marchio Lancia in alcune concessionarie Alfa Romeo, in Europa, dove esiste un vuoto da colmare. In questo modo abbiamo ripartito i costi. Per la pubblicità vale lo stesso ragionamento: dobbiamo inventarci ogni volta messaggi forti, originali, per dare più visibilità al prodotto, sempre senza investire grandi somme. L’immagine di Carla Bruni è un esempio di questa strategia, anche Stefano Gabbana che distruggeva la Y ha rappresentato un momento di rottura, non poteva passare inosservato».
E poi lei ha avuto una botta di fortuna mica da ridere...
«In effetti devo ammettere che il matrimonio di Carla Bruni e il presidente Sarkozy è stato un felice imprevisto, specialmente in Francia ha dato un’eco particolare al nostro messaggio».
Ma torniamo alle Lancia del futuro.
«Parallelamente alla nuova Delta abbiamo studiato una serie di modelli: la futura Y, la prossima Musa, la sostituta della Thesis, la rinnovata Phedra. Cinque categorie di automobili rispettose del Dna di Lancia».
La Delta è la prima.
«Si, è fatta per clienti che condividono dei valori di bellezza, di stile, di cultura, di italianità. Si può vendere a una famiglia per lo spazio interno, il più ampio del segmento, piace a un manager con autista. È sportiva. Ecologica. Un’ottima alternativa a una familiare. Ma soprattutto...».
Soprattutto?
«Rappresenta al meglio lo stile italiano» .
Nella parte in rosso ho evidenziato la filosofia: in pratica ... nozze con i fichi secchi...