Helmut Kolh parla 15 anni dopo la caduta
«I giovani cancelleranno la ferita del Muro»
L'ex canceliere tedesco: «Le spaccature erano più profonde di quanto credessi»
Il 9 novembre è una data del destino nella Storia della Germania. «Un giorno della felicità, ma anche un giorno della vergogna», come ha detto lunedì il cancelliere Gerhard Schröder. In questo giorno, quindici anni fa, crollava il Muro di Berlino, segnando la fine della Guerra Fredda e dando il via allo straordinario processo che, meno di un anno dopo, avrebbe portato alla fine della dittatura comunista nella Ddr e alla riunificazione del Paese, sotto le insegne della Repubblica Federale. Ma il 9 novembre è anche l’anniversario della «Notte dei cristalli», il pogrom antiebraico scatenato dai nazisti nel 1938, col quale «cominciò il cammino verso l’abisso della disumanità». «Il giorno del trionfo della libertà e della democrazia - secondo Schröder - suona quindi come invito a completare l’unità del Paese; ma il giorno della memoria è anche monito perenne a opporsi contro razzismo e antisemitismo, sin dal loro emergere». Alla vigilia dell’anniversario del crollo del Muro, l’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, il padre della riunificazione, ha concesso questa intervista al quotidiano Bild Zeitung.
BERLINO - «Il 9 novembre 1989 rimane per me un giorno felice e fortunato, che segna la fine della violenta divisione della nostra patria. Per il crollo del Muro, dobbiamo dire grazie al coraggio dei nostri connazionali della Ddr, così come a Michail Gorbaciov e a George Bush».
Quanta strada hanno percorso da allora, i tedeschi, sulla via dell’unificazione dei cuori e delle menti?
«Con coraggio e determinazione, noi, tedeschi dell’Est e dell’Ovest, abbiamo realizzato molte cose dal 1990 e abbiamo tutte le ragioni per esserne orgogliosi. Naturalmente rimane ancora molto da fare e, specialmente in alcune zone, occorrono grandi sforzi per realizzare quelli che allora chiamai "paesaggi in fiore". Ma lo faremo, anche perché in alcuni dei nuovi Land questa promessa è già stata mantenuta».
Perché è rimasto così poco dell’entusiasmo di quei giorni?
«La maggioranza dei tedeschi è felice della riunificazione. Nessuno rivuole il Muro, il filo spinato e l’ordine di sparare a vista. La gente ama la libertà. Certo, ci sono dei problemi. Ho sempre detto che il tratto più difficile verso il completamento dell’unità interna sta ancora di fronte a noi. Ma, se continueremo a percorrerlo uniti, abbiamo tutte le chances di riuscirci».
si batte ancora con passione per questo obiettivo, nel mondo della politica?
«Ci sono ancora molte persone, nei partiti, che si battono con tutta la loro forza per la ricostruzione dell’Est. Ma è anche vero che, per tanti nel governo rosso-verde, questo è diventato un dovere d’ufficio, piuttosto che una ragione del cuore».
Di recente, giustificando la proposta con la necessità di lavorare di più e risparmiare, il governo ha tentato di abolire la festività del 3 ottobre, giorno dell’unità nazionale. Non c’è più rispetto per la nostra stessa Storia?
«La proposta era assurda e, per me, vergognosa. E’ stata fatta da persone che, allora, avevano già rinunciato all’obiettivo della riunificazione. Alcuni di loro hanno tradito coscientemente questa idea. Ancora pochi mesi prima della caduta del Muro, dicevano che la riunificazione era una pericolosa illusione e che non era lecito ingannare un’intera generazione. Non è un caso che proprio costoro oggi avrebbero voluto abolire quella ricorrenza, poiché essa ricorda i loro fallimenti. Quando si sono accorti che nessuno era d’accordo, hanno ritirato la proposta. Nessuno nel mondo l’ha capita. Abolire la festa nazionale sarebbe impensabile in Francia, in Italia o in Polonia. Ma si è chiesta, questa gente, cosa avrebbe detto Willy Brandt della loro idea?».
Perché i tedeschi sono così poco orgogliosi della prima rivoluzione pacifica della loro Storia?
«Non credo sia così. Erano centinaia di migliaia le persone che scesero a proprio rischio per le strade di Dresda, Lipsia e molte altre città a manifestare per la libertà. Il loro coraggio e i loro gesti restano fra i capitoli migliori della nostra Storia. Di questo noi tedeschi siamo orgogliosi e i nostri tanti amici nel mondo capiscono bene questo orgoglio».
Cosa l’ha delusa di più e cosa la rende più ottimista?
«Abbiamo vissuto separati per quarant’anni e le conseguenze della spaccatura erano più profonde di quanto pensassi. Le diverse esperienze di vita hanno lasciato tracce pesanti. Ma, quando io oggi mi intrattengo con i giovani, allora è per me chiarissimo che sta crescendo una nuova generazione comune, per la quale le categorie Est e Ovest non contano più nulla e che vuole costruire insieme il suo futuro».
Qual è la sua più grande speranza per il futuro della Germania?
«Le giovani generazioni hanno ogni chance di crescere in Germania e nel cuore di un’Europa, dove pace e libertà sono una cosa ormai scontata. L’una non è concepibile senza l’altra. Il fatto che queste generazioni non vivranno mai più l’esperienza di una guerra in Europa è una grossa fortuna. Questo messaggio è per me il coronamento di un sogno».
Joerg Quoos e Uve Vetterick
Bild Zeitung
9 novembre 2004