Di per sè la mobilità del lavoro non è un problema.
Io pur nella stessa azienda da 15 anni, ne ho fatti tre o quattro diversissimi. ( Vabbè io lavoro per una grande multinazionale con la X in fondo )
Paradossalmente chi fa lo stesso lavoro da 30 anni è mio cugino che è artigiano dolciario in proprio...
Il problema è la mobilità extra-azienda, che soprattutto da una certa età in poi, assume quasi sempre l'aspetto di uno scivolo verso il basso.... Ed è normale perchè la flessibilità e la capacità di riciclarsi e di imparerare/reinventarsi ( e quindi la produttività ) decresce con l'eta ( in media, sono convinto che tutti conoscete un settantenne che è intelligentissimo flessibilissimo e produttivissimo....ma ho paura che sia un eccezione )
Ed in una struttura sociale che pone l'economia al primo posto, al decrescere della produttività decresce l'utilità e quindi l'importanza della persona. Senza che ovviamente decrescano in parallelo le esigenze della persona stessa .
oltre a ciò ci sono , e non sono pochi, chi considera il lavoro solo una necessità per sopravvivere, realizzandosi poi in tutt'altri ambiti. Questo non vuole dire farlo male o non farlo, ma dedicargli lo spazio necessario e giusto, ma non di più.
Ed anche queste posizioni vanno rispettate ( certo , ci si può indignare alla corsa ai tornelli, ma se fosse una madre magari single che deve correre a prendere il figlio ? )
sennò il rischio è diventare "oggetti economici" invece che "soggetti umani".