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Maserati deve recuperare al più presto possibile le perdite subite per lo sviluppo della sua gamma e per farlo non mi farei scrupolo di giocarmi la carta 4porte 4.0 V8 M-Jet dato che il mercato richiede questi "non sensi", specie se questo motore è in fase di industrializzazione,inoltre ne gioverebbe anche la 169 che monterebbe fin dal suo debutto un motore di una vettura prestigiosa come la 4porte. Inoltre vedrei di buon occhio anche una versione della 4porte con motore V12 da fare in serie limitata. L'idea della spiderina su base Brera con marchio Maserati la lascerei perdere per non far scendere di livello Maserati (al max vedrei bene un grande SUV) ma se c'è la possibilità di fare questa spiderina fatela come Lancia (marchio che vedo più vicino a Maserati rispetto ad Alfa).
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Come no,sarà sicuramente per questo.
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Beh questo è uno dei tanti abusi delle multinazionali.Ma credo che anche le concorrenti della Bridgestone compiono misfatti simili se non peggiori.
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Finalmente lo avete capito che è una rivale della Mini (perlomeno nelle versioni più potenti) Ma è prenderete in considerazione l'adozione di un 1.6 Turbo benzina?
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La Porsche è italiana
nella discussione ha aggiunto nucarote in Notizie e Scelte Strategiche dal mondo dell'Auto
Prima c’erano “alfisti” e “lancisti”: chi guidava una era quasi obbligato a disprezzare l’altra. Senza discutere. Oggi, complice anche lo sviluppo delle tecnologie, sempre più comuni e “intercambiabili”, i toni polemici tra chi predilige un marchio piuttosto che un altro si sono di molto smorzati. Sopravvivono, tuttavia, isolati “focolai” di partigianeria. Ecco che, a volte chi guida una Porsche lo fa con così tanto orgoglio (...e beato lui...), che considera inferiore qualsiasi altra automobile. Soprattutto se non è tedesca. La realtà, però, è governata da leggi universali e, come il Principe Antonio De Curtis saggiamente ci insegnò, le differenze in campo “sociale”, se troppo acute, prima o poi scatenano meccanismi livellanti. A fungere da “livella”, nel caso di porschisti troppo orgogliosi, è la Storia, che ci insegna un aneddoto ormai dimenticato, ma molto significativo. Nel ’45, alla fine della seconda “Grande Mattanza”, Italia e Germania erano praticamente distrutte. Tuttavia, a differenza di quanto accaduto in Austria e Germania, le italiche genti inconsciamente riuscirono a tamponare i danni, ribellandosi per tempo al Regime e limitando così le rappresaglie alleate al “minimo indispensabile” (sia perdonato l’apparente cinismo). Mentre le industrie tedesche erano ferme per volontà degli americani, in Italia si ricominciava lentamente a marciare. C’era già qualcuno che pensava alle corse a alle granturismo: Piero Dusio, classe 1899, costruttore. Era uno dei cittadini più influenti della Torino degli anni ’40 e, se Agnelli possedeva tutta la Torino alla destra di Piazza San Carlo, Dusio era proprietario dell’altra metà della città. Nel ’44 questi fondò la Compagnia Industriale Sportiva Italia, il cui acronimo “Cisitalia” in pochissimo entrò nell’Olimpo dei costruttori di automobili. Nata con l’intenzione di gestire impianti sportivi, la Cisitalia aveva altri fini: il mondo dell’Automobile e le corse. Ben presto Dusio (che si avvaleva del contributo di nomi storici dell’Automobismo, come Dante Giacosa e Piero Taruffi), rilevò dalla Aeritalia, uno stock di tubi al cromo-molibdeno, ideali per produrre vetture da corsa e granturismo, resistenti e leggere, con meccanica Fiat. La prima Cisitalia “sport”, la D46, vide la luce nel settembre del ‘46 al circuito del Valentino. La prima Cisitalia granturismo esordì l’anno successivo e montava il vecchio 1089 cc della Balilla 1100, ovviamente su un telaio tubolare. La 202, questo il nome della vettura, una delle più belle opere di Pininfarina (un esemplare è conservato anche al museo di arte moderna di New York), fu prodotta fino al 1953 in più varianti, tra alcuni avanzati studi aerodinamici e l’ultima con un motore marino da 2800 cc. Negli anni affiancarono la 202 altri modelli, meno noti e poco caratterizzati. Intanto, già dal ’49, la corsa quasi si arrestò, l’azienda entrò in amministrazione controllata e Piero Dusio si trasferì in Argentina dove, grazie agli aiuti del governo locale, fondò la Autoar e poi la Automobili Cisitalia, per produrre vetture utilitarie (tra cui la NSU Prinz e le Fiat 600 Multipla su licenza). La Cisitalia, gestita dal figlio Carlo, sopravvisse con fortune alterne fino al 1953. Seguì un lungo periodo di agonia, in cui l’azienda fu ridimensionata a semplice officina di elaborazioni di vetture Fiat. La fine arrivò nel ’64. Lo stesso anno cessò definitivamente anche l’avventura argentina di Piero Dusio. Questa breve digressione è necessaria per comprendere quanto la Porsche debba essere grata alla famiglia Dusio. I fatti che legano i Porsche alla Cisitalia si svolgono nel triennio ‘46-’48, il periodo d’oro dell’atelier italiano. Nel 1946, Dusio, convinto delle ottime prospettive della propria azienda, decise che i tempi erano maturi per insidiare lo strapotere dell’Alfa 158, in quegli anni praticamente invincibile. L’intenzione era di realizzare una vettura da Gran Premio che potesse surclassare la mitica Alfetta. Il progettista ideale sarebbe stato Ferdinand Porsche, che era emerso negli anni precedenti per aver realizzato le famosissime Auto Union, oltre alla KdF (la Vokswagen) e la derivata anfibia militare. Purtroppo l’attività dei Porsche era ferma per volere degli Alleati, ai quali premeva controllare in toto l’attività industriale tedesca: furono requisiti macchinari, attrezzature e il professor Ferdinand arrestato e condotto in Francia, in compagnia del genero Piëch, da dove poteva “godersi una vacanza innocua e coatta” a spese degli Stati Uniti. In seguito ad una fitta corrispondenza, Piero Dusio potè incontrare Ferry Porsche (figlio dell’esiliato Ferdinand), all’epoca trentasettenne, e la sorella Louise, madre dell’ex capo supremo di Volkswagen, Ferdinand Piëch. L’incontro era in provincia di Bolzano. Per rendersi conto di quali erano condizioni economiche del magnate piemontese e quali, invece, quelle dei Porsche, è sufficiente ricordare che mentre Dusio arrivò con la sua enorme Buick, i Porsche arrivarono in treno... L’accordo verbale fu subito raggiunto e all’inizio del 1947 si arrivò alla firma. Lo studio Porsche otteneva così la sua più importante commessa, dopo i lavori svolti durante il decennio precedente. Porsche si impegnava a fornire alla Cisitalia il progetto di due vetture, una Sport e una da Gran Premio, di un trattore agricolo (e in casa avevano già il progetto del Volkstraktor) e di una turbina. Dusio s’impegnava al pagamento di tre rate quadrimestrali, da 400.000 scellini, da 10 milioni di lire e da 11 mila dollari americani (comprensibile, vista la situazione economica, il ricorso a tre valute differenti). Poi, con una seconda scrittura, la Porsche si impegnava ad offrire assistenza tecnica a fronte di un pagamento di ulteriori 500.000 scellini e del mantenimento (vitto, alloggio e trasferte) per dieci tecnici, tra cui Rudolph Hruska, il futuro papà del progetto Alfasud, e Carlo Abarth. Dusio, per quest’avventura, che di fatto equivaleva ad un salto nel vuoto, investì tutto il suo patrimonio, dichiarando più volte “mi rovino, ma faccio la Gran Prix”. La Porsche, con le entrate finanziarie ottenute potè “pagare” la scarcerazione del professor Ferdinand e dare il via alla ricostruzione. La vettura da Gran Premio, oggetto principale dell’accordo, denominata 360 e disegnata da Ferry Porsche, fu pronta nel ’49, quando già la Cisitalia era in forte crisi. Dusio aveva investito tanto nei Porsche, sicuro del successo delle entrate agonistiche e del successo della coupè 202. Purtroppo proprio quest’ultima, esauritasi l’euforia post-bellica, ben presto non trovò più acquirenti, facendo crollare tutti i piani di sviluppo futuri, ma non il prosieguo della sperimentazione, sostenuta dalla caparbietà dell’imprenditore piemontese. La 360 era una GP a telaio tubolare, con motore posteriore, spinta da un 1500 V12 con doppia sovralimentazione volumetrica, cambio con innesti sequenziali e trazione integrale inseribile. Sulla carta sarebbe stata invincibile, vista anche la strabiliante potenza del piccolo plurifrazionato: oltre 500 cavalli misurati al banco. Furono approntati due telai e due propulsori, ma ancora nel 1950 la 360 era ancora allo stadio sperimentale. L’anno dopo Piero Dusio emigrò in Argentina con uno dei due esemplari e il sogno, mai realizzato, di superare il record dell’ora per la categoria 1500. Quello che seguì, per la Cisitalia, è stato scritto in alto. I Porsche, con quanto ricavato da questo progetto poterono risalire la china, risistemarsi finanziariamente e rimettere in piedi le proprie officine. Non è un caso che tra il 1946 e il ’48 fu definito lo studio 356, il cui primo esemplare, contrassegnato dal numero 356.001 fu ultimato proprio nel 1948: era la famosa 356, la madre di tutte le Porsche costruite in serie, prossima alla presentazione al Salone di Ginevra. Così, mentre la Cisitalia moriva, nasceva la Porsche. Sic stantibus rebus, ogni volta che sentite girare il boxer di una 911 ricordate che senza il piemontese Piero Dusio e la sua Cisitalia, non ci sarebbe stata nessuna 356, nessuna 911 e nessun boxer tanto melodioso... Sebbene questa vicenda sia quasi caduta nel dimenticatoio, la famiglia Porsche non ha mai rinnegato quanto sia stata importante per le proprie sorti la Cisitalia 360: uno dei due esemplari, quello che a suo tempo emigrò in Argentina, dopo qualche passaggio di mano, è conservato come una reliquia nel museo della Casa Tedesca, mentre l’altro è finito nel museo inglese di Donnington. Non hanno avuto nessuna carriera agonistica, ma sono le poche testimonianze tangibili di una Casa che, seppur dalla vita brevissima, ha dato tanto all’Automobilismo... Fonte Omniauto.it -
Diciamo che la Classe E è un modello non particolarmente riuscito invecchiato nel giro di un paio di anni le uniche Classe E SW che vedo sono quelle in allestimenti funebri e soprattutto ha mostrato parecchi problemi elettronici insomma con le dovute proporzioni è successo un pò quello che è successo a Fiat con la Stilo (tranne per gli allestimenti funebri ovviamenti).Una cosa del genere è capitato anche con la C.
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:-0 :-0 scusa per l'incomprensione e ancora grazie per i tuoi consigli nel precedente post.
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[OT antipatico]Più che una 500 a 5K euro per far muovere noi giovani ci vorrebbe una drastica riduzione della RCA [/OT antipatico]
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Forse assisteremo alla prima ottima azione del Lapo Lapo. Ma vi prego evitatemi il 1.9 diesel sulla 3+1 e speriamo che ci facciano una bella Abarth leggera leggera con un 1.6 Turbo benzina con i controcazzi altro che la Mini Cooper altrimenti mando a mirafiori Autodelta in versione kamikaze :D.
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quoto al 100%
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Questa è una foto del primo prototipo della Fiat 313 che gira per mirafiori: :D Scherzi a parte hanno scelto una sigla di progetto davvero azzeccato per la 3+1 ma soprattutto sono felicissimo che vedremo la 3+1 nelle conce.
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Al di là dei problemi di spogliatoio credo che Chivu voglia vincere qualcosa d'importante in tempi brevi(la Roma del prossimo anno difficilmente sarà competitiva per lo scudetto oltre al fatto che non è più un ragazzino) e non credo che gli farebbe schifo guadagnare qualcosa in più rispetto a quello che prende alla Roma.
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Lo sò qual'è lo stress a cui vengono sottoposte quelle vetture (se poi vogliamo considerare anche la "leggenda" che vuole che molte auto delle forze armate siano pure truccate)però mi sembra strano che in quella stessa officina ho visto molte 155 e poche 33 o 75, questo fà senz'altro riflettere del perchè certi ragionamenti degli agenti delle forze armate. Sull'ultima parte del tuo discorso hai in buona parte ragione.
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Alle tue condizioni, Cassano può rimanere alla Roma (ma alla fine credo che finirà alla Juve dove c'è l'unico allenatore che è capace di gestirlo)a meno che non vi prendiate Recoba + soldi. Qualche sforzo economico in più merita Chivu che potrebbe fare al caso dell'Inter.
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Ma davvero dici?E chi ci mettete in panca?
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Se togliamo la carrozzeria e gli interni Alfosi, di Alfa alla 159 ci rimane ben poco ma in compenso c'è un'ottima base per fare delle ottime Lancia.
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In effetti le varie Alfa 155 in dotazione dei carabinieri, non erano il massimo, infatti mi capitava spesso di vederle nell'officina di quella conce di cui ti ho parlato già.Per le 156 non saprei dirti dato che non ne vedo molte (infatti sono date solo ai comandi di paesi più grandi). Il mio vicino di casa è un agente di P.S. ed è un esterofilo convinto anche se per più di 10 anni ha posseduto una Marbella che altro non era che la vecchia Panda 45 prodotta in Spagna. Stessa cosa del mio ex cognato carabiniere che ogni volta gli parlavi di Alfa o di Fiat... beh ci siamo capito e potrei continuare per altri esempi.
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Queste è una delle ragioni dell'esterofilia di parecchi agenti delle forze armate.
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La macchina è molto bella (già dalle spyshot era bellissima e di questo moltissimi me ne ha dato) e sicuramente sarà molto valida su strada. però (filosoficamente parlando) ancora non è un'Alfa se fosse stata una Lancia sarebbe stata quasi perfetta.
- 5682 risposte
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Non dirmi che non conosci quest'incantevole fanciulla venuta dallo spazio?? che dava un bel elettroshock a tutti coloro che... ehm... dai che mi hai capito
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Su questo non ci piove.