Forse Autodelta, Megale e tutti i forumisti con età minore dei 20 non ricorderanno questo film (anche perchè in italia è andato in onda poche volte) questo film molto simpatico dove vedeva il futuro Batman alle prese con i Jap e le Fiat con risultati abbastanza esilaranti.
Il legame tra automobili e cinema è sempre stato particolare. Da cinquant’anni l’Auto è parte integrante della nostra società – e di quella di tutto il mondo industrializzato – chiaro, quindi, che il Cinema, un certo tipo di cinema (sicuramente non quello storico o di fantasia), la consideri a tutti gli effetti come un’attrice. Protagonista o semplice comparsa che sia.
Per inaugurare quest’argomento, abbiamo scelto una pellicola tra le meno conosciute: Gung Ho, di Ron Howard. L’argomento, la pesante crisi dei costruttori americani sotto l’offensiva giapponese all’inizio degli anni ’80, è sicuramente serioso, ma è sviluppato con umorismo e semplicità.
Una cittadina di provincia, Hadleyville, rischia di “morire” a causa della chiusura di uno stabilimento di produzione, che ne era il cuore pulsante. Per evitare il tracollo, quindi, una sorta di comitato cittadino individua tra gli ex-operai di questa azienda Hunt Stevenson (Micheal Keaton), il più adatto per andare in “missione” in giappone con lo scopo di convincere i dirigenti della Assan Motor Company a rilevare lo stabilimento di Hadleyville e ridar vita alla città.
Hunt, miracolosamente, riesce nell’operazione e, quando tutto sembrava perso, “arrivano i giapponesi” (è il sottotitolo italiano del film). La mentalità degli operai americani (molto alla “volemose bene”), si scontra da subito con la meticolosità giapponese: mentre i nipponici riparano i difetti di produzione fuori dall’orario di lavoro, gli americani di fronte a problemi del genere rispondo con un semplice “sono cavoli del concessionario”... Le divergenze assumono poco dopo proporzioni tali da indurre gli operai a scioperare e i giapponesi ad organizzare una serrata.
Tra Hunt, che nella nuova azienda aveva ottenuto un posto di rilevanza e il dirigente giapponese, mandato in America in “spedizione punitiva”, la tensione fa si che, pian piano si instauri un rapporto profondo di stima, che presto diventerà amicizia. È grazie a questo che la fabbrica potrà riprendere la produzione, a patto di riuscire a sfornare 15.000 vetture al mese. Per convincere gli operai, vien loro promesso da Hunt un aumento salariale, inserendo “tra le righe” un aumento di produttività, senza menzionare le famose 15.000 unità. Le maestranze s’impegnano per arrivare a 13.000 vetture, ma per la dirigenza nipponiche non sono sufficienti e si riprende quindi con gli scontri che, il ventinovesimo giorno, sanciscono praticamente la fine dell’avventura.
Tuttavia, restano ancora ventiquattro ore.
Tra operai che bivaccano sentendosi ormai disoccupati e giapponesi che fanno le valige, Hunt Stevenson e il responsabile nipponico, ormai amici, si rimboccano le maniche e da soli si mettono all’opera, sognando di riuscire a realizzare, fino all’alba del giorno dopo, le mille auto ancora necessarie. Il gesto, simbolico, è di esempio. Poco dopo, tutti i dipendenti tornano al lavoro di gran lena. Gli americani sono un po’ più precisi e i “colletti bianchi” giapponesi s’uniscono alle maestranze sulle linee di montaggio con l’unico scopo di realizzare almeno mille automobili, anche a costo di farle uscire con “qualche difettuccio”.
Il giorno successivo, arriva il presidente della Assan che, dopo la delusione iniziale (molte vetture non rispettano gli standard qualitativi giapponesi), non può far altro che prendere atto dell’impegno e della buona volontà di tutti...
Questa la trama.
Come detto in alto, l’argomento è serio, ma è stato sviluppato intenzionalmente con una vena satirica e una semplicità a tratti disarmante. L’elemento distintivo, però, è un altro: le vetture prodotte da questa fantomatica Assan Motor (giusto per pignoleria, precisiamo che non è mai esistita), che di fatto sono co-protagoniste della pellicola, sono automobili Fiat!
Sulle linee di montaggio si assemblano Fiat Regata, Fiat 127 brasile (la 147) e qualche rara 128. Le automobili finite, che fanno bella mostra nei piazzali, sono quasi tutte Regata (compare qualche 127 in poche sequenze). Per evitare citazioni, evidentemente, le auto sono state personalizzate con decalcomanie di dubbio gusto e loghi differenti, ma nessun particolare di carrozzeria è stato modificato. Nel frontale, ad esempio, le classiche cinque barrette cromate sono state coperte “alla buona” con una pellicola adesiva con su serigrafato l’emblema di fantasia della Assan. In una sequenza, in cui vi è un primo piano di un propulsore, sono evidenti le barrette Fiat impresse sul coperchio del filtro dell’aria che sovrastano una targhetta adesiva “Assan”.
Seppur oggettivamente si tratti di particolari poco eclatanti (almeno per i più), il colpo d’occhio, per l’appassionato, è veramente curioso.
Nei titoli di coda non ci sono riferimenti e/o ringraziamenti a Fiat o ad aziende collegate, ma è menzionata una troupe in Argentina. Quest’ultimo, è un indizio di non poco conto, da cui è facile desumere che le scene girate in fabbrica, verosimilmente, sono state realizzate in un vero impianto produttivo Fiat, in Argentina, dove le Regata in quegli anni era prodotta insieme alle 127/147.
La scelta della Paramount, che ha prodotto la pellicola, è ricaduta sulle Fiat, sicuramente per motivi pratici. All’epoca, il film è del 1986, la Casa Torinese si era già ritirata dal mercato statunitense e, quindi, Regata e 127 erano praticamente anonime e sconosciute agli americani. Il rischio di irregolarità come la pubblicità occulta o, al contrario, il danno di immagine, era scongiurato senza ricorrere alla realizzazione di costose maquette prodotte ad hoc per il film.
Particolare non secondario, però, è che Gung Ho è stato distribuito, negli stessi anni, anche in Europa, dove la Regata era diffusa, prodotta e nel pieno della carriera commerciale. Visto che spesso non fa proprio una bella figura (alla fine del film, lo stesso protagonista si mette al volante di uno degli ultimi esemplari prodotti che, ai primi giri delle ruote, si smonta comicamente), ci domandiamo come l’avesse presa la Fiat...
Fonte Omniauto.it