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A me sembra un'auto modificata all'ultimo momento per renderla più digeribile (almeno così hanno pensato in BMW)al pubblico, scommetto che le prime proposte di Sr3 erano completamente Bangle style se qualche uomo Fiat influente leggesse queste parole lo prego affinchè facesse tornare Bangle in Fiat.
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che brutta quest super vectra.
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E' davvero carina e spero che abbia successo (anche se dubito), il brutto portatarga.
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Fà molto mafioso la Quattroporte nera molto bella quella di Autodelta.
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Cosa vuoi che conta il design di un fanale al confronto di un'auto stilisticamente sbagliata quasi tutta.
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A me piaceva molto Fiat Linea per quanto riguarda Triangolo era una provocazione anche se m'immagino una pubblicità come descritta da Vare.
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Non male anche se forse si poteva fare di più.
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La si potrebbe chiamare Fiat Linea o Fiat Triangolo
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Io opterei per il v550/v600 o meglio ancora per un 6600 fine serie a prezzo stracciato (ora come ora non lo pagherei più di 200 Euro nuovo)
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Al Silvio nazionale, del Moige e delle sue recriminazioni evidentemente non gliene frega proprio nulla, poiché, dopo averli visti all’opera in TV, decisamente entusiasmato dalla loro abilità, ha subito invitato ad Arcore i “Fantastici 5”! Per chi ancora non lo sapesse i Fantastici 5 sono dei gay che hanno il compito di rinnovare l’immagine di alcuni sfigatoni etero rendendoli dei maschioni da acchiappo. I 5 , particolarmente contenti per il riconoscimento presidenziale, si sono fiondati ad Arcore mettendo tutto a soqquadro. Ma vediamo com’è andata… n.1 Beauty L’esperto ha decretato che: - il taglio di Berlusca è “cool” ma non eterno e va rinnovato: quindi, tra 15 giorni, dovrà essere rasato a zero. - La depilazione è trendy ma è come il pugilato e quindi si ferma sempre sopra la cintura. - Occhiaie no grazie: vai di cetriolo! n.2 Food & Wine L’esperto ha decretato che: - troppo facile stupire gli ospiti con il caviale: vai con la finocchiona! - puntare su un centrotavola evocativo e divertente come ad esempio: una mortadella sagomata a forma di Prodi (è già praticamente uguale) - stupisci gli ospiti apparecchiando la tavola con piatti di carta n.3 Fashion L’esperto ha decretato che: - devi essere trendy anche nei dettagli: un fiore all’occhiello al posto dell’orrendo e importabile distintivo di Forza Italia - sei un tappo!…via quegli orridi doppiopetto che ingrassano! - la bandana nel caminetto e cerca di metterti qualcosa di classico ed elegante... - devi essere accattivante…tieni in braccio un piccolo animaletto. Fa simpatia! n.4 Lifestyle L’esperto ha decretato che: - via quell’Audi pacchiana che genera invidia. Procurati una Duna d’annata… - fai sparire DuePiù dalla scrivania e mettici al posto un libro. Ma non esagerare con l’intellettualismo per non risultare poco credibile e quindi arriva al massimo all’ultimo best seller di Sconsolata - per l’amor del cielo…basta con Apicella! Mostrati aggiornato e à la page: Eamon in sottofondo… n.5 Interior Design L’esperto ha decretato che: - distruggi quella specie di tinello con i libri dietro dove ti fai riprendere dalla TV, in maglione blu, che sembra la portineria di un ragioniere… Un soddisfatto Presidente del Consiglio ha ringraziato calorosamente i Fantastici 5 mandandoli subito a casa di dell'Utri. Era ora che si facesse qualcosa per San Vittore...
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La concessionaria Fiat Ferrajoli è un pò come quella visitata da Demel (sempre se sia vera quella storia) addirittura il conce (amico di mio padre e da cui ho preso Uno DS,Brava e una Seicento) per un appuntamento dove dovevamo fare un preventivo per un Idea 1.3 MJet (si è presentato con un ora e mezza di ritardo)tra qualche tempo visiterò anche la Galdieri Auto e vedremo un pò se le cose cambiano.Comunque da me sopravvivono ancora le concessionarie monomarca Lancia mentre quelle Alfa una vende anche Peugeot mentre l'altra di salerno si è messo a vendere anche Diahatsu .
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De Tomaso Agli Inglesi?
nucarote ha risposto a nella discussione in Notizie e Scelte Strategiche dal mondo dell'Auto
Ma per lo meno i Russi avranno progettato un pianale nuovo o useranno sempre quello del 469 sovietico? -
A me la ritmo cabrio piaceva moltissimo comunque dovrei avere da qualche parte un servizio di Auto Oggi su questa 33 Cabrio che per me è molto discutibile.
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Su alcune cose dette da Blueyes non ci metterei la mano sul fuoco (soprattutto le notizie su 168 e 8C,Micro e 500 oltre a tutte le cose fino ad oggi dette su Lancia)dato che la situazione in casa Fiat è ancora in continua evoluzione, comunque speriamo bene per fiat e che il 2005 con 199 e 939 le cose migliorino.
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Dire Autobianchi per molti equivale a dire "A112" oppure "Bianchina" (i più crudeli direbbero pure "Fantozzi", ma non ci riguarda...). In realtà tutti, quasi tutti, ricordiamo la ex casa automobilistica di Desio solo per gli unici tre "best seller" usciti dalle linee di montaggio ovvero le già citate Bianchina ed A112 e la Y10. Se dicessi di seguito "Primula, Stellina e A111" a pochissimi verrebbe in mente che stiamo parlando sempre e comunque di Autobianchi. E si, perché l'ex costruttore milanese è stato per Fiat una sorta di cavia da laboratorio, su cui sperimentare nuove soluzioni tecniche senza che, gli eventuali flop che ne sarebbero potuti derivare (e ce ne sono stati tre), intaccassero il prestigio del costruttore torinese stesso (erano gli anni '50 e Fiat era una grande azienda in espansione...). Ripercorriamo brevemente la storia della Autobianchi soffermandoci sui tre modelli meno conosciuti... LA STORIA Quando gli Alleati ed i Tedeschi si scocciarono di giocare ai soldatini sul nostro Patrio Suolo (perdonatemi il sarcasmo), lasciarono, come dire, "un po' di disordine": molte le città bombardate ed i monumenti storici distrutti. Ne cito uno che li vale tutti: l'Abbazia di Montecassino che era li quasi da mille anni... è bastato il carico di un aereo, decorato con stelle e strisce sulla carlinga, per distruggerla. Decine gli stabilimenti industriali, soprattutto metalmeccanici, ridotti a cumuli di macerie. Negli anni successivi, l'Abbazia di Montecassino fu ricostruita e tante aziende ripresero lentamente i ritmi di lavoro. Molte, nell'attesa della "ripresa" si riconvertirono (i più anziani ricorderanno i frigoriferi Fiat e le cucine Alfa Romeo), altre semplicemente non ce la fecero. La Bianchi, antica azienda milanese fondata nel 1885, fu una di queste. Negli anni '50 Fiat prese "la palla al balzo" ed iniziò ad interessarsi del caso: l'undici gennaio del 1955, Fiat, Bianchi e Pirelli diedero vita alla "Società Autobianchi" che rilevò gli stabilimenti e le attrezzature della vecchia Bianchi ed avrebbe dovuto produrre modelli totalmente nuovi. Cosa ci guadagnava Fiat da tutto ciò? La disponibilità di un marchio, sostanzialmente nuovo e quindi ancora privo di identità, su cui sperimentare nuove soluzioni tecniche rischiando pochissimo. Il primo concetto che balenava nella mente degli uomini Fiat era la produzione di una vetturetta di lusso dedicata alle donne (evidentemente si trattava di donne di una certa levatura, visti gli anni che correvano). Ovviamente proporre un'automobile sviluppata secondo simili concetti, con il marchio Fiat significava rischiare grosso, ed ecco che torna utile l'Autobianchi. La meccanica c'era già, quella della Nuova 500, impostare una nuova carrozzeria non fu difficilissimo e nel 1957 nacque la Bianchina. Inizialmente era una piccola vetturetta due porte con una graziosissima carrozzeria trasformabile (grazie al tetto in tela), poi divenne una molto meno graziosa berlinetta due porte e quattro posti (che conosciamo tutti grazie al personaggio di Paolo Villaggio nominato in apertura), poi un'elegante cabriolet ed una versatile giardinetta. La produssero fino al 1970 con motorizzazioni di 479 e 499 cc. Domandina: "Cosa ci fu dopo la Bianchina?" "La A112!", risponderete in coro... sbagliando! Tra la Bianchina e la A112 ci sono stati tre modelli che ben pochi conoscono. Nel 1963, esordì l'Autobianchi Stellina. Era una piccola spider costruita vestendo una scocca di base con una carrozzeria (udite, udite!) in vetroresina. Col senno di poi diremo che la scelta di produrre nel 1964 un'automobile con tali caratteristiche potrebbe essere derivata solo dallo spirito "avventuriero" (e, forse, anche un po' masochistico) di alcuni dirigenti. E' chiaro che, proporre ad un automobilista degli anni ‘60 una macchina con un'impostazione estetica eccessivamente lineare e rigorosa (che solo a fine decennio si sarebbe affermata), dotata di una capotina così esile da sembrare un ombrello, motorizzata con un motore di 762 cc derivato dal quattro cilindri della 600, dotata di carrozzeria in vetroresina che, nell'immaginario collettivo restava sempre e comunque fragilissima "plastica", e che costasse la non indifferente somma di 980.000 Lire; avrebbe potuto, nel migliore dei casi, suscitare nel soggetto di cui sopra grande ilarità, ovviamente dispregiativa, nei confronti di quella "macchinetta con la carrozzeria di plastica". Effettivamente così fu. A nulla valse l'impegno dei tecnici Fiat per rendere robusta la carrozzeria (a dire il vero gli irrobustimenti furono talmente "importanti" che il maggior pregio della vetroresina, ossia la leggerezza, andò a farsi benedire). A nulla valse la distribuzione di un kit per la "facile riparazione" della carrozzeria e l'inattaccabilità alla temutissima ruggine. A nulla valse l'adozione di un più generoso motore di 780 cc. In quattro anni, di Autobianchi Stellina, la prima auto italiana in vetroresina, ne produssero 502: ecco perché non ve la ricordavate! Ma il 1964 fu anche l'anno della Primula. Qui le cose cambiano perché sicuramente qualcuno rammenta. Con la Primula, la Fiat sperimentò la trazione anteriore adattando al motore della 1100D, ossia un quattro cilindri di 1221 cc con 59 cv, un nuovo cambio trasversale. La Primula si presentava esteticamente come una pratica berlina due volumi due porte, con portellone (altra novità) per facilitare le operazioni di carico. Inizialmente il pubblico dimostrò di gradire la nuova media e ciò spinse la Fiat ad approntare nuove versioni a due porte (senza portellone), quattro porte ed una interessantissima coupè dotata del medesimo motore, ma potenziato a 65 cv. Con il restyling del 1968 la Primula berlina, che non riuscì più ad eguagliare i numeri dei primissimi anni, fu dotata del motore 1197cc e 65cv che equipaggiava la 124, mentre la Primula coupè ebbe l'onore di montare lo storico 1438 cc da 75 cv delle 124 Sport e Spider. La Primula abbandonò i listini in sordina nel 1970 e dopo aver lasciato il segno in Francia, mercato da sempre attento ai prodotti innovativi e controcorrente, fu sostituita dalla A111. E qui torna il buio totale nella vostra mente: lo immagino... Essa ricordava molto sia la 128 che alla 124 tant'è che la somiglianza è veramente imbarazzante e può trarre in inganno anche i più ferrati in materia. Il tutto è dovuto al design della vettura che nel profilo ricorda molto le 124/125 Fiat (tanto da indurre la supposizione che tra la 124 e la berlina di Desio ci sia una parentela stretta anche a livello telaistico), mentre nel frontale e nella coda fa il verso alla 128. La meccanica deriva da quella della Primula coupè, quindi motore 1438 cc della 124 e trazione anteriore. All'interno la A111 stupisce per la ricchezza degli arredi e l'accuratezza delle rifiniture. Delle qualità di questa berlina se ne accorse lo stesso numero di persone che, attualmente, se la ricorda... e ci siamo capiti. Così nel 1972 fu cancellata dai listini Autobianchi. Intanto nel 1969 nacque la A112. Il motore era quello della Fiat 850 Sport, e la meccanica derivava dalla Fiat 128 (nata grazie alle esperienze condotte con la Primula). Le doti dinamiche della nuova utilitaria Autobianchi erano sorprendenti (e non mi riferisco alla gloriosa Abarth): soprattutto nella prima versione, la vettura aveva uno sprint degno di una sportiva e del tutto inaspettato da un piccolo motore di 900 cc. Anche la A112, nei primi anni di produzione, riuscì a scalfire il cuore dei clienti francesi e successivamente prestò la meccanica ad un analogo best seller Fiat: la 127. Nel 1986, dopo 17 anni, la A112 uscì di scena lasciando spazio alla Y10, presentata l'anno prima, che, però, di "Autobianchi" conservava solo il marchio (limitatamente all'Italia, all'estero era già una Lancia) essendo, la casa di Desio definitivamente morta nel 1969, anno in cui Fiat (divenuta proprietaria al 100% di Autobianchi) decise di incorporarla a se decretando la fine prematura della "Società Autobianchi". Il marchio, è storia recente, scomparirà alla fine del 1995. Non sempre la fortuna aiuta gli audaci... Fonte Omniauto.it
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La Lancia Dedra debutta ufficialmente nell'Aprile del 1989, destinata inizialmente ad affiancare e poi a sostituire la Prisma che, a sei anni dalla nascita, fatica ormai a tenere il passo delle più recenti avversarie. Il momento è piuttosto favorevole per la Lancia: la Thema è stata recentemente aggiornata e, nonostante sia sul mercato da cinque anni , incontra ancora molte preferenze, la Delta (classe 1979) non finisce mai di sorprendere e grazie ai continui successi nelle competizioni sta vivendo una seconda giovinezza, la Y10 (venduta in Italia col marchio Autobianchi) è stata oggetto d'un leggero restyling ed anche per lei le vendite vanno a gonfie vele. Il compito della Dedra è impegnativo: deve infatti raccogliere l'eredità della Prisma, che ha rilanciato il marchio Lancia nel settore delle vetture medie, ampliandone se possibile il suo bacino d'utenza. Basata sul pianale della "cugina" Fiat Tipo e di dimensioni maggiori rispetto alla sua progenitrice (lunghezza 4,34 metri - larghezza 1,70 metri – altezza 1,43 metri – passo 2,54 metri), la Dedra si presenta come una sorta di vice ammiraglia, una vettura in grado di soddisfare chi cerca una berlina elegante ma non vuole o non può acquistare una vettura del segmento superiore, come la Thema. A guardarla di fronte la Dedra tradisce subito la sua appartenenza alla "dinastia" delle Lancia, grazie all'immancabile mascherina, con ai lati i sottili gruppi ottici (simili a quelli della Thema) ed in basso il paraurti con l'alloggiamento per la targa e gli eventuali fari fendinebbia. I tergicristallo sono a scomparsa, a sottolineare l'attenta cura aerodinamica del progetto. La fiancata è caratterizzata interamente da una nervatura nella parte superiore, all'altezza delle maniglie (incassate nella carrozzeria) e da una modanatura laterale contenente la sigla d'identificazione del modello; il montante posteriore è piuttosto largo e si raccorda morbidamente con la coda; non ci sono gocciolatoi a vista ed i vetri sono quasi interamente a filo con la carrozzeria. Il tetto è caratterizzato da una scalfatura, appena accennata, che lo percorre trasversalmente all'altezza dei montanti posteriori. La coda è alta, ed è caratterizzata da gruppi ottici divisi in due parti (retronebbia e luci di retromarcia sul baule, così come avveniva nella Prisma), permettendo un'ampia apertura per il bagagliaio. L'abitacolo, ben accessibile davanti e dietro grazie all'ampio angolo di apertura delle portiere, è decisamente più ampio rispetto a quello della Prisma, anche se si sta comunque più comodi in quattro piuttosto che in cinque; a richiesta è possibile ottenere i rivestimenti in pelle o in alcantara. Il posto guida è ben studiato e facilmente adattabile alle diverse corporature, grazie alla presenza del volante a quattro razze regolabile in altezza e, di serie o a richiesta a seconda delle versioni, del sedile guida regolabile in altezza. I comandi secondari, condivisi con la Fiat Tipo, sono raggruppati nelle due levette multifunzione ai lati del volante, ma sono un po' scomodi; le versioni più ricche possono infine avere a richiesta la strumentazione optoelettronica, che consente contemporaneamente la visualizzazione delle informazioni in forma analogica e digitale. Molto appagante è invece la plancia, caratterizzata dall'elegante console centrale, leggermente rivolta verso il conducente ed impreziosita da rifiniture in (vero) legno. La visibilità posteriore risulta ridotta, a causa della coda alta e dei massicci montanti; un aiuto è offerto dal tergilunotto fornito a richiesta, un optional inusuale e di scarso successo in questa categoria di vetture. Meccanicamente la Dedra è una classica trazione anteriore, con motore anteriore trasversale. La gamma dei motori prevede inizialmente quattro unità, tre a benzina ed una diesel, associate ad un cambio manuale a cinque rapporti. A ciascun motore corrisponde, secondo la tradizione Lancia, una versione: • 1600 i.e., con motore di 1581 cc ad iniezione elettronica singlepoint; vanta una potenza massima di 88 CV (65 KW) a 5800 giri/minuto ed una coppia massima di 128 Nm a 3500 giri/minuto, che permettono alla Dedra di raggiungere la velocità massima di 180 Km/h. • 1800 i.e., con motore di 1756 cc ad iniezione elettronica multipoint e dotato di controalberi di equilibratura; la potenza massima di 109 CV (80 KW) a 6000 giri/minuto e la coppia massima di 142 Nm a 3000 giri/minuto consentono alla Dedra di raggiungere i 192 Km/h; la sua commercializzazione inizia più tardi, nel Novembre del 1989. • 2000 i.e., con motore di 1995 cc (derivato da quello della Thema 2000) ad iniezione multipoint e dotato di controalberi di equilibratura; la potenza massima stavolta è di 117 CV (86 KW) a 5750 giri/minuto, mentre la coppia massima raggiunge i 162 Nm a 3300 giri/minuto, quanto basta per far raggiungere alla Dedra i fatidici 200 Km/h. • 1900 Turbodiesel, mossa dal motore di 1929 cc della Prisma Turbodiesel, con potenza massima portata a 90 CV (66 KW) a 4100 giri/minuto e coppia massima di 186 Nm a 2400 giri/minuto. La velocità massima è di 180 Km/h. La Dedra ha sospensioni anteriori MacPherson e sospensioni posteriori con schema a bracci longitudinali tirati; la 2000 può essere equipaggiata con le sospensioni a controllo elettronico. Tipico delle vetture del progetto Tipo, le componenti meccaniche anteriori e posteriori sono pre-assemblate e regolate e, solo in ultima fase, unite alla scocca, sortendo notevoli benefici in termini produttivi e in caso di particolari interventi di manutenzione, molto semplificati. I freni sono a disco sulle quattro ruote su tutte le versioni eccetto la 1600, che ha tamburi posteriori. Le versioni 1600 e 1800 offrono solo a richiesta il servosterzo e l'ABS a due sensori, mentre la 2000 e la Turbodiesel hanno di serie il servosterzo e come optional l'ABS a quattro sensori. Il bagagliaio ha una capacità di 480 litri e si caratterizza per il sofisticato sistema d'apertura a bracci multipli del baule; a richiesta è possibile avere il divano posteriore sdoppiato, con schienale abbattibile per incrementare la capacità di carico, oppure il vano portasci. Il serbatoio carburante ha infine una capacità di 63 litri. Tra gli optional più importanti segnaliamo, oltre a quelli finora citati, i sedili anteriori a regolazione elettrica, il tetto apribile elettrico, il climatizzatore automatico, gli specchietti esterni regolabili e richiudibili elettricamente, i vetri elettrici posteriori, i poggiatesta posteriori (di serie in alcune versioni), i cerchi in lega, il computer di viaggio, e l'impianto lavafari. Le versioni a benzina sono già predisposte per funzionare con benzina senza piombo, ma sono ovviamente prive della marmitta catalitica. Un anno più tardi, nel Marzo del 1990, la Lancia presenta le corrispondenti versioni catalizzate: • 1600 i.e. cat: 1581 cc, potenza massima di 77 CV (57 KW), velocità massima di 170 Km/h • 1800 i.e. cat: 1756 cc, potenza massima di 105 CV (77 KW), velocità massima di 187 Km/h • 2000 i.e. cat: 1995 cc, potenza massima di 113 CV (83 KW), velocità massima di 195 Km/h Le vendite rispettano le più rosee previsioni e nel Gennaio del 1991 la gamma si amplia verso l'alto con la presentazione di due inedite versioni, la 2000 Turbo i.e. e la 2000 Turbo i.e. a trazione integrale. La 2000 Turbo i.e. monta un motore quattro cilindri di 1995 cc, con due alberi a camme in testa, sovralimentato con turbocompressore Garrett e sistema boost-drive per il controllo elettronico della pressione di sovralimentazione. La potenza massima è di 162 CV (119 KW) a 5500 giri/minuto e la coppia massima è di 274 Nm a 3000 giri/minuto. La Dedra 2000 Turbo raggiunge la velocità massima di 215 Km/h e accelera da 0 a 100 Km/h in 8,3 secondi. Questa nuova versione adotta un particolare differenziale a slittamento limitato, il Viscodrive, che si integra col sistema antibloccaggio ABS e che, appena una delle due ruote motrici tende a pattinare, trasferisce parte della trazione all'altra ruota. La 2000 Turbo Integrale, è equipaggiata con lo stesso motore della 2000 Turbo, ma stavolta una differente regolazione della centralina elettronica ha permesso di raggiungere la potenza massima di 177 CV (130 KW) a 5500 giri/minuto ed una coppia massima di 279 Nm a 3000 giri/minuto. Se la velocità massima rimane costante (215 Km/h), migliora l'accelerazione da 0 a 100 Km/h (7,8 secondi). La trazione è integrale permanente ed è caratterizzata dalla presenza di tre differenziali, di cui quello anteriore libero, mentre quello centrale distribuisce la coppia motrice in modo asimmetrico tra i due assali (56% all'avantreno e 44% al retrotreno); in condizioni critiche (neve o fondi scivolosi) è possibile tuttavia bloccare il differenziale posteriore mediante un comando posto sulla console. Inoltre, a differenza della trazione integrale utilizzata sulla Prisma, il differenziale posteriore è mantenuto bloccato per velocità inferiori ai 25 Km/h. La capacità del bagagliaio è ridotta a 405 litri, per far posto al differenziale posteriore ed alla ruota di scorta. Le due nuove versioni si distinguono dal resto della gamma per i profili neri posti sotto alle portiere, mentre nell'abitacolo sono arricchite da volante, cambio e freno a mano rivestiti in pelle. La 2000 Integrale ha di serie un efficace spoiler posteriore (disponibile a richiesta sulla 2000 Turbo), ma è possibile ordinarla senza. L'impianto frenante è potenziato, così come l'impianto antibloccaggio che, nella Turbo è a quattro sensori ed è disponibile con sovrapprezzo, mentre nell'Integrale è a tre canali e sei sensori (è lo stesso della Delta Integrale) ed è di serie. Il servosterzo è invece di serie su entrambe le versioni. Quasi contemporaneamente l'intera gamma è oggetto di alcune modifiche nelle dotazioni. Ora tutte le Dedra hanno di serie il servosterzo, il sedile guida regolabile in altezza (con regolazione lombare) ed il bracciolo anteriore. Nell'estate del 1991 debuttano le versioni catalizzate della 2000 Turbo e della 2000 Turbo Integrale. La 2000 Turbo i.e. cat mantiene la potenza massima e la velocità della versione d'origine; la 2000 Turbo i.e. Integrale cat invece subisce una riduzione della potenza massima, che passa a 169 CV (124 KW); la velocità massima tuttavia rimane invariata. Nel Settembre del 1991, al Salone di Francoforte, debutta la Dedra 2000 Automatica, con cambio automatico a quattro rapporti, gestito elettronicamente e dotato di bloccaggio del convertitore. Adotta il quattro cilindri da 1995 cc della 2000 i.e., in versione catalizzata. Raggiunge la velocità massima di 190 Km/h ed accelera da 0 a 100 Km/h in 12,5 secondi. La sua commercializzazione inizia qualche mese più tardi, nel Maggio del 1992. Nel Gennaio del 1993 escono definitivamente dal listino tutte le versioni non catalizzate, così come voluto dalla legge. Il mese successivo la Lancia aggiorna la gamma Dedra: le motorizzazioni rimangono invariate, ma con la creazione di nuovi allestimenti è stato possibile ridurre il prezzo della versione d'accesso alla gamma. La Dedra è ora offerta al pubblico con cinque allestimenti: • Standard (1600) • Comfort (1600, 1800, 2000, 2000 automatica, 1900 turbodiesel) • Line Executive – LE (1800, 1900 turbodiesel) • Line Style – LS (2000) • HF – (2000 Turbo, 2000 Turbo Integrale) La nuova gamma è distinguibile solo da un occhio attento: all'esterno i principali elementi di distinzione sono le nuove coppe copriruota (presenti sulle versioni base), ispirate a quella della Thema e le inedite targhette d'identificazione poste anteriormente, sulla calandra; all'interno invece la Dedra 1993 adotta nuovi rivestimenti. Per poter parlare di una vera e propria Seconda Serie della Dedra, bisogna aspettare l'estate del 1994 quando debutta l'inedita versione Station Wagon, frutto della collaborazione della Lancia con lo Studio Idea di Torino. A parte l'altezza, che ora raggiunge 1,449 metri, le dimensioni esterne della Station Wagon sono rimaste invariate, così come lo schema meccanico. Esternamente è caratterizzata da una linea moderna e si differenzia dalla berlina essenzialmente per la presenza della terza luce laterale e per l'adozione dell'inedito portellone con vetratura ampia e bombata, da cui si accede ad un vano di carico ampio (448 litri), razionale e facilmente sfruttabile, grazie all'adozione del ruotino di scorta (disposto lateralmente) e dello schienale posteriore abbattibile anche parzialmente. Di certo le misure interne della Dedra Station Wagon non sono da record, ma non è questo il suo fine: la nuova nata di casa Lancia vuol inserirsi a pieno titolo nel filone delle familiari di lusso, eleganti e versatili allo stesso tempo. Per il resto la station wagon condivide con la berlina alcuni aggiornamenti, come la nuova calandra (caratterizzata dalla presenza di barre verticali cromate), i nuovi lavafari, gli inediti gruppi ottici posteriori e, nell'abitacolo, i nuovi poggiatesta ed il nuovo volante. Anche per quel che riguarda i motori ci sono alcune novità: • il motore 1600 è interamente nuovo, ora ha iniezione elettronica multipoint e raggiunge la potenza massima di 90 CV (66 KW) • il motore 1800 è stato oggetto di alcune modifiche ed assicura una potenza massima di 101 CV (74 KW) • il motore 2000 aspirato è interamente nuovo, ha quattro valvole per cilindro e raggiunge la potenza massima di 139 CV (102 KW); la 2000 Automatica mantiene tuttavia il vecchio motore da 113 CV • esce dai listini il motore 2000 Turbo; la Dedra Integrale (disponibile solo in configurazione SW) adotta ora il nuovo motore 2000 16V da 139 CV La gamma è stata oggetto di alcune modifiche, con la scomparsa degli allestimenti Standard, Comfort ed HF e con l'introduzione dell'allestimento LX, che si affianca ai preesistenti LE ed LS: • 1600 i.e. LE (berlina e SW) • 1600 i.e. LS (berlina e SW) • 1800 i.e. LE (berlina e SW) • 1800 i.e. LS (berlina e SW) • 2000 i.e. Automatica. LS • 2000 i.e. 16V LX (berlina e SW) • 2000 i.e. 16V Integrale LX SW • 1900 TD LE (berlina e SW) • 1900 TD LS (berlina e SW) Nel Febbraio 1996 fanno il loro ingresso sotto il cofano della Dedra i nuovi motori 16V (prodotti nello stabilimento di Pratola Serra), entrambi con cilindrata di 1747 cc e due controalberi di equilibratura, ma con potenze differenti: • il motore meno potente, che sostituisce il 1800 8V, ha una potenza massima di 113 CV (83 KW) ed una coppia massima di 154 Nm a 4400 giri/minuto; permette alla Dedra di raggiungere i 203 Km/h • l'unità più potente, che sostituisce il 2000 16V (utilizzato ora solo dalla versione Integrale, mentre l'Automatica continua ad essere equipaggiata col motore 2000 8V da 113 CV) , deriva dal motore che equipaggia la Fiat Barchetta , raggiunge la potenza massima di 130 CV (95 KW) a 6300 giri/minuto e vanta una coppia massima di 164 Nm a 4300 giri/minuto; è il primo motore Lancia con variatore di fase. Parallelamente all'introduzione dei nuovi motori, la Dedra è oggetto di alcuni minimi aggiornamenti, il principale dei quali è l'adozione di un nuovo volante con airbag (in pelle sulla LX). Ne corso del 1997, ad otto anni dal debutto, la gamma Dedra comincia ad assottigliarsi. La prima ad uscire dai listini, a Gennaio, è la 2000 Integrale SW, seguita in Aprile dalla 2000 Automatica ed in Luglio dalle versioni con motore 1800 da 113 CV. Rimangono in listino la 1600 da 90 CV (nel solo allestimento LE), la 1800 da 130 CV (nel solo allestimento LS) e la 1900 turbodiesel (nel solo allestimento LE). Per tutte le versioni è possibile scegliere tra la configurazione berlina e la station wagon. Nel Marzo 1998 la Dedra è ancora oggetto di aggiornamenti: si tratta di un restyling leggero, che si concentra prevalentemente sugli interni (nuovi sedili, plancia derivata dalla contemporanea Delta con inedite rifiniture, nuovi tessuti) e solo in parte sull'esterno (nuovi gruppi ottici posteriori, terza luce di stop dietro al lunotto). Più sostanziali le modifiche tecniche, con l'adozione di un nuovo motore 1600, il 16V della Delta (condiviso anche con Brava, Bravo e Marea), con cilindrata di 1581 cc, potenza massima di 103 CV (76 KW) a 5750 giri/minuto e coppia massima di 144 Nm a 4000 giri/minuto. La carriera della Dedra volge ormai al termine e nel Settembre del 1999, dopo anni di rinvii e ripensamenti, arriva nelle concessionarie Lancia la Lybra, erede della Dedra. Quest'ultima scompare definitivamente dai listini all'alba del nuovo millennio, nel Gennaio 2000. Sono passati cinque anni ormai dal "pensionamento" della Dedra, che a pieno titolo possiamo definire l'ultima berlina Lancia di successo. Non è un mistero infatti che la Lybra, dopo un esordio incoraggiante (specie in versione Station Wagon), raccolga consensi ormai quasi esclusivamente come vettura aziendale e che la più grande Thesis non sia riuscita a bissare i successi che vent'anni fa premiarono la Thema. La Delta poi non ha mai avuto eredi e se la Lancia continua a vendere, lo deve prevalentemente alla riuscita Ypsilon (che ha saputo imporsi come compatta alla moda) e alle monovolume Musa (che ha iniziato bene la propria carriera) e Phedra (molto apprezzata, anche all'estero). Ma nel cuore dei lancisti (e di tanti italiani) manca all'appello una vettura media elegante, moderna, che consenta di ritrovare lo spirito di marca e, soprattutto, quei tanti acquirenti "costretti" oggi a cercare altrove la propria vettura media. Fonte Omniauto.it
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La Rover, storico marchio dell’automobilsmo britannico, ha radici antiche. Tanto antiche che nell’anno appena conclusosi, ha aggirato la boa dei 100 anni di vita. Giusto, quindi, rendere i dovuti omaggi ad una casa che, vicissitudini finanziarie a parte, ha rappresentato il Regno Unito per tutto il Novecento. LE ORIGINI L’azienda fu fondata nel 1877 a Conventry, da J.K. Starley e W. Sutton. I due imprenditori si associarono per produrre biciclette, ma ben presto, s’intuì che la Stanley&Sutton "Coventry Cycle Industry" non poteva limitarsi alle sole due ruote a propulsione umana... Risale al 1888 il primo triciclo sperimentale a propulsione elettrica, realizzato quando Sutton era già uscito dalla compagine societaria. Tredici anni dopo, Starley morì. Nel frattempo la denominazione sociale era già mutata in Rover Cycle Company (1896) e le officine riuscirono a produrre in piccola serie una vetturetta con il marchio Grose, motorizzata Benz (1899). Nel 1903, quando ormai erano decise le sorti della produzione, secondo le volontà di Starley, esordì la prima motocicletta Rover Imperial. L’anno seguente vide la luce la 8hp, prima autovettura Rover. Era il 1904. La prima Rover era caratterizzata da un motore a benzina monocilindrico, da 8 hp, e dalla particolare innovazione del telaio a trave centrale. Prima applicazione al mondo in campo automobilistico, diede il "La" a tutta la futura produzione automobilistica Rover, caratterizzata da una continua ricerca dell’innovazione. Nel 1905 fu la volta della piccola 6hp, realizzata su un telaio classico, ma dotata di sterzo a cremagliera, e dei primi modelli a quattro cilindri 10/12hp e 16/20hp. Quest’ultima ottenne la prima vittoria agonistica del Marchio, trionfando al Tourist Trophy del 1907. Per tutti gli anni ’10 la produzione automobilistica seguì la falsariga segnata in precedenza, con le 3,3 e 2,3 litre; mentre nel campo delle due ruote, l’azienda marciava a pieno regime, grazie anche alle commesse per l’Esercito Britannico, bisognoso di implementare il proprio parco veicoli durante la Grande Guerra. Terminata la parentesi militare, ci furono le prime avvisaglie di una crisi imminente: le grandi e raffinate Rover avevano perso mercato, a causa della sfavorevole congiuntura economica post-bellica, e si rese necessario un ampliamento della gamma verso il basso. L’alleanza con l’officina Ariel, che produceva motocicli e cyclecar, permise la realizzazione della Eight, una vetturetta spinta da un bicilindrico piatto di origine motociclistica e raffreddato a liquido: fu proposta all’incredibile prezzo di 145 £. I segmenti alti della gamma Rover furono aggiornati e, con l’unico obiettivo di far concorrenza alle contemporanee Austin e Morris, fu adottata una politica commerciale agguerritissima, con prezzi molto concorrenziali: è il periodo della Nine e della 14/50, con l’avanzatissimo motore ad asse a camme in testa. La crisi finanziaria, tuttavia, attraversò gli anni Venti e perdurò fino alla metà del decennio successivo. La cronica mancanza di denaro non permise un adeguato aggiornamento dei modelli (nonostante l’esordio del motore sei cilindri, nel ’28) e, nel 1933, si rese necessario un totale rinnovamento nel management aziendale. Grazie alle capacità dei fratelli Spencer e Maurice Wilks, che si occuparono rispettivamente della gestione finanziaria e tecnica dell’Azienda, la Rover potè permettersi di tornare a respirare. Fu razionalizzata la produzione, con l’obiettivo di produrre, di lì a pochi anni, "una delle migliori automobili britanniche". La gamma subì un profondo rinnovamento in tutti i segmenti, con le quattro cilindri 10 e 12 hp e le sei cilindri 14, 16 e 20 hp. Nel ’36, grazie all’intervento del governo, fu inaugurato il nuovo stabilimento di Solihull, che si affiancava a quello di Birmingham, appena ultimato. In sei anni, la produzione passò da 5 a 11 mila unità annue e i profitti si moltiplicarono da 7.500 fino a sfondare il tetto delle 200.000 £. Nel 1939, la produzione fu di nuovo convertita alle esigenze belliche: la Rover produsse i motori dei jet inglesi, prima che la produzione di questi fu delegata esclusivamente alla Rolls Royce. Terminato il conflitto, lo stabilimento di Conventry era ridotto a un cumulo di macerie. Il fulcro della produzione divenne, quindi, Solihull. IL DOPOGUERRA Fino al ’48, dalle officine inglesi uscirono solo modelli della vecchia gamma pre-bellica, ma nello stesso anno furono presentate le quattro cilindri "60", da 1,6 lt e le sei cilindri "75", da 2,1 lt, meglio conosciute come Rover P3. Il 1948, però, è da ricordare per un altro, fortunatissimo esordio. S’affacciò sul mercato un modello con il propulsore della 60, un telaio semplice e robusto, una carrozzeria spartana in allumino e la trazione integrale inseribile: la Land Rover, la stessa auto che con i pochi, dovuti, aggiornamenti è commercializzata ancora oggi con il nome di Land Rover Defender. Della Land Rover, tra il 1948 e il 1951, fu prodotta anche una versione Station Wagon, con carrozzeria e allestimenti meno spartani, ma fu un insuccesso clamoroso. Nel 1949, con la P4, la Rover diede i natali ad un’auto che ha fatto la storia dell’Automobilismo Britannico. Soprannominata "Ciclope", per la caratteristica del monofaro centrale fendinebbia, e disponibile con un quattro cilindri 2 litri e un sei cilindri 2600, fu venduta in oltre 130.000 unità, fino al 1964. Gli anni Cinquanta furono caratterizzati dalle vetture sperimentali a turbina a quattro o due ruote motrici, la prima delle quali nacque proprio su base P4, la Jet1. Seguì, per tutto il decennio, una famiglia di vetture da competizione, che sfruttavano la tecnologia della propulsione a turbina. Nel 1958, intanto, la P4 fu affiancata dalla più grande P5, inizialmente proposta con un sei cilindri da tre litri e, in seguito proposta con un V8 da 3,5 litri di derviazione Buick, propulsore destinato a diventare "icona" delle grandi vetture Rover per oltre un ventennio. Per la proprie caratteristiche esclusive, la P5 fu a lungo utilizzata come vettura di rappresentanza per le personalità del governo britannico, dal Primo Ministro alla Regina, che la utilizzava per gli spostamenti "privati". LA P6 Gli anni Sessanta furono attraversati a gran velocità dalla P6, berlina controversa ma indiscutibilmente personale e affascinante. Nata nel ’63, come sostituta della P4, la P6 aveva interni ricchi e molto "british" e un corpo vettura relativamente compatto e sportivo. L’estetica originalissima, che non ammetteva "mezzi giudizi", si rifaceva ai medesimi concetti ispiratori che condussero il designer italiano Flamini Bertoni a "scolpire" la Citroën DS. Tuttavia, le linee tese e sfuggenti del padiglione, uniti nella P6 ad un frontale moderno e spigoloso, originarono un corpo vettura, si affascinante, ma ancor più tormentato rispetto a quello della DS. Sotto la pelle, la P6 celava una meccanica di prim’ordine: esordì con propulsore due litri quattro cilindri che, nonostante potesse apparire sottodimensionato, riusciva comunque ad esprimersi discretamente, grazie anche alla sofisticata telaistica, con retrotreno DeDion. Le caratteristiche tecniche, e certamente l’elezione ad Auto dell’Anno 1964, consentirono alla P6 di affermarsi, soprattutto presso la clientela più colta e raffinata, lontana dai prodotti di massa. Importante, per il raggiungimento del record di oltre 325.000 esemplari (prodotti fino al 1977), fu l’introduzione della versione V8, mossa dal medesimo motore della P5. LA GESTIONE LEYLAND E LA SD1 Dopo pochi anni dall’esordio della P6, anche la Rover cadde nel vortice di acquisizioni e joint-venture varie che coinvolsero le case costruttrici britanniche. In quel periodo, Rover incorporò la Alvis nel ’65 e si legò alla holding facente capo alla Leyland nel ’66. L’anno seguente, le due grandi aziende inglesi si fusero nella holding British Leyland. Rover aveva il ruolo di coordinatrice dei marchi premium Triumph e Jaguar. Nonostante la gestione poco assennata, durante il "periodo Leyland", nacquero le importantissime Land Rover Range (1970), mamma delle sport utility di rango e spinta dal solito V8 - rivisto nell’erogazione - e la SD1 (ultima berlina di prestigio puramente Rover). La vetusta P5 fu presto mandata in pensione; nei piani sarebbe stata rimpiazzata dalla sola Jaguar XJ, che soppiantò il progetto della lussuosissima Rover P8, congelata allo stato di prototipo. La berlina SD1, invece, esordì nel 1976 e, come la progenitrice P6, fu un modello di rottura, eletta tra l’altro Auto dell’Anno 1977. Inizialmente proposta nella sola versione V8 3500, era caratterizzata da una carrozzeria due volumi, con coda tronca. Anche in questo caso l’impostazione estetica era una personale interpretazione delle tendenze più avanzate del momento: concorrenti dirette della SD1 erano la Citroën CX e la Lancia Gamma. Le tre vetture, accomunate per l’impostazione estetica, di differenziavano nettamente per la meccanica: alle soluzioni classiche della SD1 si contrapponevano le trazioni anteriori "franco-italiane" che, inoltre, avevano i "must" delle sospensioni idropneumatiche (nella CX) e del motore boxer (Lancia). Negli anni, la gamma SD1 divenne sempre più articolata, prevedendo anche unità a quattro e sei cilindri, con cubature da 2000 a 2600 cc. Dopo aver raggiunto la massima gravità, l’elefantiasi della British Leyland, regredì pian piano: fino alla fine degli anni Ottanta, ci fu un’ecatombe di marchi più o meno storici e, già dal ’77, la holding inglese, in odore di tracollo, strinse accordi di collaborazione tecnica con la Honda. DA HONDA A BMW In casa Rover, l’alleanza con Honda produsse una nutrita famiglia di moderni propulsori a quattro e sei cilindri e una gamma di modelli che sopravvive ancora oggi. Dopo l’esperimento Triumph, il cui modello Acclaim (che decretò la morte del marchio), era un clone della Honda Accord/Ballade di fine anni Settanta; capostipite con il marchio Rover fu la piccola berlina 200 (SD3), nel 1984. Fu la prima Rover a trazione anteriore ed era strettamente derivata dalla contemporanea Honda Civic dalla quale differiva per le finiture e pochi particolari estetici. Seguì la grossa 800 (1986), presentata come erede della P5 e della SD1, e anch’essa dalla genealogia giapponese: era nata da una costola della Honda Legend. Con la 800, e con l’appoggio di Honda, la Rover tentò un’operazione negli Stati Uniti, esportando la propria ammiraglia (con motore V6 2.7 di derivazione Honda), con il marchio Sterling. Nel 1989, quando la ex British Leyland si era già ristretta al minuscolo Rover Group, di proprietà British Aerospace, esordirono la Land Rover Discovery, sorella minore della Range, e la nuova 200, clone della Honda Concerto (da cui differiva per i soliti particolari) e disponibile anche in versione tre volumi, Rover 400. Nei due anni successivi, uscirono di scena le Montego (ex berline Austin), e la Metro, anch’essa già Austin, divenne Rover 100. Stessa sorte attese l’intramontabile Mini, che acquisì il marchio Rover. Successivamente, la gamma fu aggiornata con una nuova calandra e, nel ’93, fu la volta della 600, ennesimo modello derivato, questa volta legata alla contemporanea Honda Accord. Nel ’94 la jonti-venture tra Honda e British Aerospace, cessò in seguito all’acquisizione dell’intero gruppo automobilistico da parte di BMW. Sono gli anni delle nuove 400 e 200, ancora di derivazione Honda Civic, e della rinascita del marchio MG. Inoltre, Mini, divenne marchio indipendente: identificò dapprima le ultime serie dell’utilitaria di Issigonis, e poi la nuova compatta trendy "made in BMW". Dopo altri quattro anni, le 600-800 furono sostituite dalla 75, unico prodotto Rover nato sotto la gestione tedesca, insieme al compatto SUV Freelander. Nel ’99 l’ultima serie 200-400 (1994), in seguito a pochi ritocchi, divenne 25-45: sopravvive ancora oggi. Poco dopo, BMW scorporò da Rover i marchi Mini, Land Rover e MG, oltre ad una nutrita serie di denominazioni ormai decadute, e cedette al consorzio Phoenix tutto quanto concerneva l’ex Rover Group. L’EPILOGO Di proprietà tedesca rimasero i marchi Rover, Riley, Triumph e Mini, mentre Land Rover fu ceduta a Ford. La cordata di imprenditori inglesi,invece, acquistò per 10£ gli stabilimenti e i marchi MG, Morris, Austin, Wolseley, Vanden Plas, oltre ai diritti di sfruttamento del marchio Rover. Iniziò così per Rover un breve ma concitato periodo, in cui emersero tutte le difficoltà di una ritrovata autonomia. Fonte di energia è stato l’onore ritrovato di un gruppo automobilistico finalmente tornato totalmente entro i confini nazionali; freno potentissimo è stata la mancanza di sufficienti finanze. Durante la gestione Phoenix, è nata una gamma di berline MG, derivate dalle Rover 25, 45 e 75 (di cui esiste anche una limousine e una V8 a trazione posteriore), ed è nata la MG X-Power, una supercar di derivazione Qvale Mangusta, un sogno della defunta DeTomaso. Ma i risultati hanno sempre tardato. Dopo la 25 Streetwise, l’ultimo, disperato, tentativo di recuperare terreno, è costituito dalla CityRover, erede della Rover 100 e derivata dall’indiana Tata Indica. Nonostante gli sforzi, però, non è stato possibile, per il piccolo gruppo inglese, ottenere sufficiente autonomia e così, a fine 2004, quasi in concomitanza con i festeggiamenti per il Centenario, e la presentazione delle coupè su base MG TF e Rover 75; la notizia del disimpegno del consorzio Phoenix con la cessione del MG Rover Group ai cinesi della Shangai Automotive. Una garanzia per la sopravvivenza del Marchio, per il rinnovamento e la competitività dei prodotti, ma dobbiamo riconoscere che il sogno di far rinasce un polo automobilistico puramente britannico è finito. Definitivamente. Forse... Fonte Omniauto.it
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Hai poi preso la Stilo 3p?
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Però devi essere abbonato ad alice.
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Si è ma è un pò limitato
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Siete a conoscenza di siti che offrono un servizio di disco remoto e che permettano di contenere qualche centinaio di MB?
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Nella parte del cofano motore che è sempre più ridotta comunque speriamo presto che uscirà presto anche una foto della 5p definitiva.
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Davvero interessante la parte anteriore (anche se devo notare che il processo di furgonizzazione delle 2V non è per niente finito ) bruttina la parte posteriore.
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Io comprerei la Stilo 5p solo se avesse un 1.6MJet o un ottima soluzione NP basata sul 1.6.
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Venduto al Casinò di VE, Palazzo Grassi (Fiat)
nucarote ha risposto a nella discussione in Notizie e Scelte Strategiche dal mondo dell'Auto
Penso come bene rifugio.