Posso reputarmi nipote indegno di nonno e bisnonno.
Il primo era stato per oltre vent'anni presidente del locale Circolo Cooperativo.
Il secondo (padre del primo) si vantava d'aver bevuto tanto vino quanto potrebbe contenerne il lago di Varese.
Il vino prodotto localmente era un vitigno di bassissima qualità: dava un vino legnoso, amaro, fermo ma soprattutto fortemente alcolico (cosa molto gradita alle generazioni fino al mio bisnonno) finché la filossera non cancellò il tutto.
Nel secondo dopoguerra, con le nuove generazioni "al potere del circolo", si cominciò ad importare () uva Malvasia dalla Puglia, che veniva lavorata localmente nella cantina del Circolo. Il vino così prodotto era più amabile e meno alcolico dell'antico, oltre che leggermente frizzante. Mi han riportato di storiche litigate tra padre e figlio, col primo che lamentava di bere "acqua e zucchero" al figlio che lo produceva. Il vino, dopo breve invecchiamento nelle botti del Circolo, veniva venduto ai soci in damigiane e quindi imbottigliato dagli stessi nelle cantine di casa propria, a tempo (e fase lunare) debite.
A memoria, somigliava un poco al Labrusco frizzante.
Erano gli anni in cui, quando qualcuno telefonava alla ricerca di mio nonno, mia nonna rispondeva (gridando, così era sicura che al telefono si capisse) che il nonno era "a casa sua: al circolo!"
Tutto ebbe termine col trapasso di mio nonno, nel 2001 (4 mesi dopo la moglie).
Oggi, praticamente, non bevo vino: memore di come mio nonno lo "creava", non sono mai andato alla ricerca di un sostituto.