Allora, esperienza personale: in ufficio lavoro in un ambiente (classe energetica prossima alla Z, suppongo) rettangolare di circa 10x3 metri, finestrato a sud e ovest col lato lungo a sud; altezza al controsoffitto circa 3,5 mt, riscaldamento/condizionamento a soffitto (bocche ventilanti).
UNA CAGATA.
Il pavimento (flottante moquettato) è eternamente freddo (certe mattine sembra quasi ci sia la nebbia ), e il riscaldamento produce solo sbalzi termici.
A casa (del 1994, classe ignota, cappottata in origine da 10cm almeno, isolamento al soffitto, su due piani giorno e notte) ho i termosifoni in ghisa, che da soli non riuscivano mai a scaldare granché, se non tenendo la caldaia accesa fissa h24.
Con l'arrivo del primo figlio, nel 2005, ho comprato la stufa a pellet che scalda la sala e parzialmente la cucina (dove viviamo), con "fiammate" di caldaia al mattino per 2 ore, a pranzo per 1 ora, la sera per 2 ore, tanto per intiepidire sui 16°C invernali le camere da letto. Mai temperature troppo alte dell'acqua dei caloriferi, sennò si secca l'aria e i bimbi tossiscono (e noi non si dorme).
I bagni sono piccoli, quindi basta molto poco per scaldarli: ad aiutare il (piccolo) radiatore in ghisa c'è la stufetta alogena o al quarzo.
Mia cugina, invece, geometra, quando s'è rifatta la casa nel 1999 optò per l'impianto a pavimento, collegando in parallelo caldaia a metano, solare termico (per l'acqua calda sanitaria) e termocamino; lei mantiene la temperatura quasi costante per tutto l'arco della giornata, consuma pochissimo metano ma quintali di legna (ha il bosco).