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Io mi sono trasferito ad aprile da un bilocale ad un appartamento di 120 mq. Trattandosi di una casa in un contesto piuttosto pregiato e in un bell'edificio, desiderando un arredamento che fosse all'altezza delle finiture, ho dovuto pianificare gli acquisti in maniera oculata (anche perché le rate del mutuo si fanno sentire), spingendo molto su certe cose, e andando un po' più al risparmio (Ikea, Maisons du Monde, La Redoute ecc.) sui dettagli, dove, anzi, coi succitati marchi puoi ottenere una bella resa. La cucina per fortuna era già presente, così come il mobilio dei bagni. Non ho badato a spese per letto, divano e tavolo da pranzo, che sono tre elementi essenziali anche esteticamente, perché impreziosiscono tutta la stanza (e per sostenere il nostro artigianato). Guardaroba della camera da letto e libreria del salotto li ho fatti fare su misura (anche qui volevo impreziosire l'ambiente), ma studiando bene materiali, accoppiamenti di colori e misure, ho potuto servirmi in larghissima parte di elementi di misura standard, risparmiando tanto e ottenendo un impatto visivo eccellente. Premetto che dopo alcune ricerche mi sono imbattuto in un professionista vecchia maniera, onesto, efficientissimo, e con una competenza - mi spiace dirlo - che adesso latita. Gli ho fatto perdere sabati pomeriggio interi facendogli scartabellare campionari e brochure modificando completamente i suoi progetti, ma una volta che ha capito cosa volevo e quanto volevo spendere, mi ha servito in un modo ottimo. Per tutto quello che riguarda comodini, scaffali, poltrone, piantane, abat-jour, tappeti, plafoniere e dettagli vari, sono andato sulla grande distribuzione. Ikea, bisogna dirlo, se stai cercando mobili di misure improbabili o soluzioni creative, è il top. Se cerchi comodini sogliola, scaffali strettissimi, cortissimi ma altissimi, o un comò moderno che sia alto più di un metro, puoi esser certo di trovarlo. E alcune linee sono davvero eleganti (per quello che devono fare). Dimenticavo. Frequentare assiduamente i mercatini dell'antiquariato. Purtroppo/per fortuna i prezzi stanno calando inesorabilmente, e con pochi soldi ti metti a casa dei mobili o dei complementi deliziosi, di legno massiccio e con finiture ormai introvabili, se non andando tramite Le Fablier e simili (e pagandole il quadruplo).
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Essere infarciti di teorie e non saper guardare fuori dalla finestra. Perseguire cocciutamente il proprio programma contro qualsiasi evidenza. A un certo punto ci vuole l’umiltà di fare un passo indietro, oppure, in mancanza, l’autorevolezza di licenziare gli incapaci. Ci vuole una bella scossa. Oggi eravamo al livello “Fernando, use the best of your talent”©️2010
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Parliamoci chiaro. Se Russel mantiene la prima posizione al via ci attacchiamo al tram. Il secondo può passarlo con i pit stop, ma il terzo deve cavarsela in pista e non la vedo semplice. È vero che nelle ultime edizioni non sono mancati i sorpassi, ma la differenza di velocità deve essere massiccia. Speriamo…
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Il “naming” dei modelli di automobili mi ha sempre affascinato. Specialmente quelle parole prive di significato ma eufoniche ed evocative. Uno su tutti: Megane. Fantastico. Così come i nomi di nuovi modelli che facevano il verso ad altri, tipo Punto (che conteneva al suo interno “Uno”) o Thesis, con quel prefisso The- molto illustre in casa Lancia. Poi c’era la fissa Fiat di dare nomi con cinque lettere, e quella dei tedeschi di far capire la cilindrata fin dal nome (ma già quarant’anni fa avevano cominciato a barare sui numeri). Ma la Volvo era ancora più avanti: in sole 3 cifre erano contenuta la serie del modello, il numero di cilindri e il numero di porte. Per la Saab andava bene tutto purché ci fosse dentro un 9, è c’era chi non si sprecava nemmeno a scegliere un nome, perché comunque la macchina si vendeva da sola (A112, Y10). Il nome più brutto in assoluto? SEDICI. Mi immagino ancora i creativi che tra una pacca sulla spalla e un “graaaaandeee” si compiacciono per lo spiccato senso dell’umorismo.
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E intanto viene formalizzato ciò che si poteva già subodorare da tante cose. Peccato… via Formulapassion.it
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Eh eh, gli idiomi hanno le loro idiosincrasie. So che per gli spagnoli “strascinare” la c (il suono della nostra parola sci) è un’impresa complessa, e non tutti hanno facilità con i suoni diversi dalla lingua madre. I romani sono ancora meglio: la c la pronunciano sci, e viceversa (infatti mi diverto molto quando Genè dice “stricia” come i vecchi romani).
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Anche qualcosa in più, se il mondiale era combattuto. Senza contare le sue famose “iniziative personali”. Ma, come dicevamo, non è un presunto stigma di infallibilità a determinare la gloria di un pilota. Se poi dobbiamo, per sfizio, eleggere il pilota che sbaglia di meno, io non voterei Verstappen ma Hamilton.
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Boh, ma poi robot, non robot… chissenefrega. Schumacher un robot non lo è mai stato, nel senso che qualche cappella ogni tanto la faceva, anche da eptacampione del mondo. Ma le sue qualità prevalevano abbondantemente su tutto il resto. Per cui godiamoci questo Leclerc, che malgrado tutto nel suo debutto in Ferrari e secondo anno di formula 1 ha vinto il gp di Monza tenendosi dietro per 60 giri su 70 tale Lewis Hamilton su Mercedes. E anche se perderemo questo mondiale per 32 punti, beh, ci avrà comunque fatto sognare.
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Per me invece, pensando malignamente, è stata la prima implicita ammissione della resa. Non perché siano dei brocchi, ma perché la statistica è implacabile. Se i 38 punti ante francia potevano avere il conforto di qualche glorioso precedente (tipo il 2012, in cui la RB cominciò effettivamente a vincerle tutte - Vettel era a -40 dopo Valencia - o l'anno scorso, con Verstappen a -35 dopo Silverstone), i 63 di oggi sono un qualcosa - credo - di inedito negli annali di questo sport. Ciò premesso, è inutile piangere sul latte versato. A me questa Ferrari piace troppo. Mi piacciono i piloti, mi piace la squadra, mi piace pure il team principal (era dal 2009 che invocavo un TP "tecnico"). Mi sento come nel finale di quel bellissimo film che è Il presidente del Borgorosso FC, con la squadra che va in trasferta con un furgone da bestiame, il presidente pignorato e rimasto senza un soldo, ma con Omar Sivori in squadra e scortati da una coda infinita di tifosi in estasi. P.S. A chi non l'avesse mai visto, consiglio di rimediare subito a questa mancanza. Sembra un filmetto spensierato, invece è uno spaccato lucidissimo delle glorie e delle miserie sportive italiche. Comprese le tifoserie "tossiche", i tuttologi che a parole morirebbero per la loro squadra del cuore, poi in realtà gioiscono quando perde e soffrono quando vince. Ne sto vedendo fin troppi ultimamente, specialmente nei social, ça va sans dire.
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Vettel era primo in classifica per un’incollatura, e nel corso di una stagione tirata almeno quanto questa. Perdipiù in condizioni di aderenza critiche. Onestamente dubito che piloti di questa risma badino alla posizione in classifica iridata prima di fare errori del genere. Poi, oh, le cazzate le fanno (quasi) tutti, ci mancherebbe. Per me Leclerc resta un dio. Ma liquidare il disastro di oggi come una quisquilia anche no. Da un pilota del suo livello non te lo aspetti.
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Non penso che funzioni così. Entrambi sono stati errori clamorosi, soprattutto in ottica mondiale, commessi da due piloti in testa alla gara e in lotta per il mondiale. E in entrambe le gare sono stati gli unici a fare una cazzata simile. Con l’attenuante (per Vettel) che pioveva. Vettel viene ancora crocifisso oggi a cinque anni di distanza. Non venirmi a dire, per favore, che l’errore di oggi è stato “ovvio”. Leclerc si è inginocchiato sui ceci (come è giusto che sia) e il suo talento immenso non deve essere minimamente offuscato da ciò che è successo oggi. Ma questa è stata una vittoria buttata nel cesso, punto.
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Certo. Anche telaisticamente partiva da una base migliore. Il problema è stato - come dicevamo - come fu realizzato il veicolo nel suo complesso. Se avesse debuttato 4 anni prima sicuramente sarebbe sembrata meno vecchia da nuova, ma oggi probabilmente riscontreremmo lo stesso deficit estetico rispetto alla vecchia. E magari avrebbe pure scontato maggiori guai di gioventù.
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Dove vorrebbe condurre questo ragionamento? Delta 1 aveva tutti i limiti di una vecchia berlina media per famiglie che poi, grazie ai successi sportivi, è diventata un'icona e ha avuto versioni sportive di grande fascino, al punto che adesso hanno quotazioni fuori dall'umana comprensione. L'erede (chissenefrega del nome Delta) avrebbe dovuto - appunto - fare un passo avanti in tutti gli aspetti in cui la vecchia era carente, invece ne ha fatti due indietro.