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TONI

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  1. vediamo poi se la definitiva differisce di molto
  2. chissa' com'e' la rigidezza torsionale con quella coda così aperta comunque a forza di guardarla...
  3. a sto punto l' unico candidato corrispondente all' identikit non puo' che essere bavarese. E tra l' altro hanno gia' lavorato insieme Magari ci sara' qualcuno che rientra al CS Fiat ? in tempo per sostituire il suo coupe'
  4. non capisco perche' la definiscano "new Ford Focus-sized model" sara' solo un riferimento al leader del segmento (ammesso che lo sia,non so) o vogliono suggerire che la forma sara' ispirata al modello tedesco ?
  5. in fondo hai ragione... ho iniziato un sacco di progetti ma non ne ho chiuso ancora uno
  6. non te la prendere ma hai una tecnica ancora un po' troppo "debole" un buon aiuto per migliorarti te lo puo' dare questo tutorial...dagli un'occhiata http://www.cardesignnews.com/studio/tutorials/040723quick-sketch/index.html
  7. incomincia anche ad avere una certa eta' la cosa che mi preoccupa e' il suo modo incostante di alternare modelli eccezzionali ad altri con evidenti cadute di stile.Mi domando: il prossimo che fara' come sara' ?
  8. io penso che chi si attacca a queste somiglianze per criticare la 159 lo fa in malafede: potevano anche farle i fanali a stella cometa e avrebbero avuto modo di criticarla ugualmente
  9. Verissimo: ma e' proprio perche' lo rispetto che pretendo da lui qualcosa di piu'... soprattutto se disegna una Ferrari poi non mi farei un vanto,fossi in lui, dichiarando di averci messo 15 minuti e di aver preso ispirazione (scopiazzato) di qua e di la mi ha anche dato fastidio sentirgli dire : " Forse deluderò chi si aspettava una Ferrari rivoluzionaria. Sono quelli, dico io, che non sanno ascoltare la musica, e confondono Bach con Beethoven". " che e' come dire che siamo in torto noi che non sappiamo apprezzare la sua opera e che gli chiediamo di non riscaldare sempre la solita minestra
  10. Vabbe' che pretendi: gli ha concesso l' intervista,gli ha fatto vedere in anteprima la vettura per il salone di Tokio... un po' di salamelecchi sono d' obbligo poi repubblica e' un giornale generalista mica specializzato in design...
  11. non mi stupisce neanche' un po'...ormai se ne fa quasi un vanto sul fatto di non inventare nulla di nuovo spero che abbiano scelto la proposta del CS
  12. TONI

    Intervista a Giugiaro

    da repubblica.it Intervista: parla il grande stilista italiano, che in 50 anni di attività ha cambiato il modo di progettare e costruire l'auto "Il design è come la musica" Giugiaro, l'uomo dei sogni dai nostri inviati VALERIO BERRUTI e VINCENZO BORGOMEO MONCALIERI - Mette la cravatta su una camicia jeans, ma come gli sta bene. La giacca blu è sbottonata e "casca" perfettamente. Così i pantaloni, un po' stretti in fondo. Ha le scarpe di camoscio e si muove con grande agilità. È davvero in forma Giorgetto Giugiaro, classe 1938, il miglior fantasista dell'auto, lo "stilista" più invidiato nel mondo. In questi giorni festeggia i suoi primi 50 anni di attività. Che a lui piace definire "con la testa nelle nuvole, ma con i piedi per terra". "Industrial design" lo chiamano. Certo è che Giugiaro oggi è la vera primadonna dell'auto. Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Basta guardare quello che ha fatto per capirlo: dalla fortuna della Volkswagen (l'ha sdoganata dal fatto di produrre solo il Maggiolino regalandole la Golf) a quella della Fiat (con la prima Punto, con la Thema) passando per quasi 200 prototipi e indimenticabili vetture di serie. E oggi, dopo la Grande Punto, la Croma, l'Alfa 159 e la Brera che sembrano aver ridato fiato alla Fiat ci sono anche i cinesi che darebbero via la Muraglia per averlo con loro. Insomma, a Moncalieri, c'è la fila. E Giugiaro come se non avesse nulla da fare trova anche il tempo di disegnarsi una Ferrari, la GG50 (sta per Giorgetto Giugiaro 50 anni di attività), come pezzo unico. Ma come si arriva a definire una modello del genere? "Io lavoro in modo particolare, spiega Giugiaro, parto da un disegno dallo stile talmente semplificato da rendere difficile immaginare che ne nascerà poi una macchina vera. Così do a chi fa il modello le linee guida. Il resto si fa tutto a occhio. Come vedete (e ci mostra il primo disegno della GG50 e la versione definitiva, n. d. r.) la macchina non è cambiata affatto". Sembra facile... "E lo è. Faccio tutto nel mio studio, in grande tranquillità, almeno quando sono solo io a decidere. Quando ci sono invece i clienti di mezzo cambia tutto: bisogna fare tanti bozzetti, tante prove... Va detto però che quello che sembra solo uno schizzo in realtà è qualcosa di molto diverso. Io disegno in modo molto preciso, faccio "scarabocchi" vicini alla realtà. Vedete qui? Ci sono due indicazioni della 'boccà della macchina, ci sono gli spoiler, un muso più lungo un muso più corto, e tante piccole modifiche che si fanno su ogni modello". E dopo il disegno, qual è il passo successivo? "Da qui si sviluppa subito quello che noi chiamiamo "la matematica", ossia la verifica su carta del rispetto di alcune misure intoccabili. E subito dopo si passa alla realizzazione del prototipo. Tanto per capirci, la GG deriva strettamente dalla 612 Scaglietti, al punto che non sono cambiate neanche l'intelaiatura delle porte, la meccanica, l'impianto di scarico, la trasmissione e molti altri dettagli. Il vano porta, per esempio, è lo stesso, ho cambiato solo la 'pelle esterna'". Fabrizio Giugiaro, figlio d'arte e direttore dell'area stile del Gruppo Italdesign-Giugiaro, prende la parola: "La nostra forza sta proprio qui: il passaggio dal disegno al modello vero è velocissimo, 15 giorni appena. Un record". Ma quanto lavoro c'è dietro il primo schizzo? Quanto ci mette Giugiaro a immaginare una nuova macchina? "Uno schizzo del genere lo faccio in un quarto d'ora. Guardate qui. Prendete il cronometro" - Giugiaro afferra carta e penna e in pochi minuti realizza un meraviglioso schizzo di una nuova coupé. E fa veramente impressione perché è un disegno che già rispetta i canoni base per essere poi realizzato in poco tempo - "La mia prima macchina l'ho fatta alla Fiat. E, vi assicuro, non è stato così semplice. Quando devi fare una vettura di serie il procedimento è complicato: devi assecondare i gusti del cliente. Ed ecco perché oggi all'Italdesign siamo tanti: dobbiamo fare un sacco di proposte. E dobbiamo far vedere la nuova macchina sotto mille diversi aspetti". Quindi con le grandi aziende è tutto più complicato? "Il fatto è che oggi nelle grandi aziende ci sono troppe persone, che ti chiedono perché questo è così, e perché quello è in quest'altro modo. Cosa volete che vi dica, il disegno a certi livelli è musica, non posso spiegarti una sensazione. Fra l'altro tutti chiedono tutto. Anche i grandi personaggi e i generali d'industria che ormai si occupano soprattutto d'estetica. Alla fine tutti ci vogliono mettere il naso". Come si capisce se un prototipo è giusto o sbagliato? "Guardandolo realizzato: il disegno e i computer non bastano. L'intuizione può essere anche sbagliata. Quando mi chiedono un giudizio su una macchina, io dico sempre: un momento, fammela vedere su strada, nel suo habitat naturale, poi ti dico". E qual è l'errore che fanno tutti davanti a un prototipo? "Sicuramente quello di andare a cercare le differenze con qualcosa che già conoscono. A me ricordano quelli che non fanno nessuno sforzo per ascoltare la musica. Quelli che confondono Bach con Beethoven". Però fra una macchina bella e una brutta c'è un abisso... "Le auto sono come le donne: la differenza fra una meravigliosa e una normale è solo una questione di dettagli". Quindi la GG è il suo capolavoro: l'ha fatta senza nessuna pressione... "Non lo so. Comunque l'ho fatta come piace a me: con le ruote un po' fuori e una carrozzeria aderente. Qui io non avevo nessun cliente se non me stesso". Anche la Brera l'ha fatta così, poi però è entrata in produzione. "Quando si fanno disegni su ordinazione, è chiaro che chi paga ha diritto di chiedere. La Brera però fa eccezione. L'ho fatta per me, senza il conforto di nessuno. E' stato un lavoro un po' egoistico, ma poi è piaciuta talmente tanto... Come dicevo la Brera è stata un'eccezione, e le eccezioni non si replicano, però vedremo...". Ma sono davvero così duri i vincoli tecnici per un design? "Si, durissimi. Quando facciamo un modello siamo obbligati a mettere il piantone dello sterzo in un certo punto, poi c'è l'angolo dello specchio, quello del cofano. Insomma, i tecnici misurano tutto. E se trovano un angolo strano, diverso, subito chiedono modifiche". Ci faccia qualche esempio. "Dal posto di guida devi vedere fino a un certo punto, è tutto scientifico. Avendo fatto tante vetture però io ormai lavoro a occhio. Poi vedo se gli angoli corrispondono. Ma non è stato sempre così". E allo ci racconti l'inizio. "All'inizio nessuno seguiva troppo lo stile, le auto avevano un'estetica ingegneristica. Poi è venuto fuori l'esteta che si allenava a dialogare con il suo capo. Che è un ingegnere. Il periodo ingegneristico non illuminato arriva fino agli anni Sessanta. Poi si arrivò alla specializzazione dei capi dei centri stile, ai capi del marketing, che vanno a grattare il potere degli ingegneri. Il mondo dagli anni Settanta si divide invece in chi fa lo stile, in chi fa la progettazione e in chi deve decidere tutto". E qual è stato il tecnico che l'ha fatto più innervosire? "Hurska, sicuramente. Quando abbiamo fatto l'Alfasud mi portava posizione ruote, posizione passaggio ruota, scarico. Mi diceva, la vedi questa misura? Questa è una misura matematica, non si tocca. Solo che era tutto matematico... Allora gli dissi: ma dov'è lo stabilimento? Non c'è mi confessò. E il motore? Nemmeno. Però prese un foglio a quadretti e mi disegnò come doveva essere fatto". Altri ricordi? "Peggio ancora l'ingegner Satta. Quando feci la 1750 (ero da Bertone), lui mi diede delle misure precisissime, ma io ero uscito di 5 mm dal suo modello e non gli dissi niente. Facemmo il master, lui si prese i disegni originali e calcolò che la macchina così come l'avevo fatta io aveva una sezione maestra diversa e avrebbe perso 2 Km/h di velocità massima. E mi fece rifare tutto. Un incubo". La realtà è che gli artisti non vogliono regole. "Sicuramente, ma è una lotta continua. Una volta, in Fiat arrivo con una forma di parafango bellissima, che mi aveva suggerito un prodotto giapponese. L'ingegnere di turno mi fa "così non si può stampare". No? Allora gli feci vedere il pezzo già stampato e lui mi disse: se lo faccia stampare dai giapponesi. Alla fine si convinse, però fu dura, perché per fare una macchina devi diventare un esperto mondiale di tutto, altrimenti non riesci a dialogare con nessuno". Come è arrivato invece a entrare nel cuore della Volkswagen per fare la Golf, la prima auto di successo del dopo Maggiolino? "Era il 1970. Il presidente e lo staff erano appena tornati dal salone di Ginevra e selezionato alcuni modelli quando mi chiamano per fare la Golf. Gli dissi: perché avete scelto proprio me? Loro risposero: "perché dei 7 prototipi che ci sono piaciuti di più a Ginevra 4 li ha fatti lei". L'altra sorpresa fu poi scoprire che la Golf la volevano piccola. Gli dissi perché? "Perché non riusciremo mai a fare una macchina della qualità e delle prestazioni della Fiat 128". Subito convocai i tecnici per conoscere le loro necessità. Rimasero sbalorditi, perché non immaginavano che un ragazzo potesse sapere tante cose sulla produzione. Pensavano di trovarsi davanti a una specie di disegnatore". Quali sono stati i suoi modelli più importanti? "Sicuramente la prima auto di grande serie, l'Alfa Sprint, una macchina di lusso, non posso dimenticarla. Poi la Giulia GT, la Iso Rivolta Grifo, la Maserati Ghibli, la DeTomaso Mangusta, ma anche la Fiat 850 Spider. Una volta ci vidi dentro Anna Magnani, mi sono chiesto per anni come aveva fatto ad entrarci... Il resto è storia dei nostri giorni, con la Golf, la Panda... ". E poi? "La prima Panda era un po' come un frigorifero, disegnata per il massimo sfruttamento dello spazio. Era appena arrivato De Benedetti, che voleva una macchina sulla quale potesse infilare i motori che arrivavano dalla Polonia, ma un po' alla francese, spaziosa, grande e pratica. De Benedetti mi diede la commessa a luglio, nel 1976, lavorai tutto il mese di agosto, ma quando tornai a Torino, lui era già andato via. Ma mi arriva la telefonata del nuovo amministratore delegato, Tuffarelli che mi dice di andare avanti. Viene a vedere con Umberto Agnelli il modello e mi fa: "Ha i vetri dietro piccoli". Io gli rispondo che "il vetro costa". Ma Agnelli fece allargare lo stesso il lunotto. La macchina era semplice e geniale. Aveva cerniere esterne, saldature del tetto sempre esterne. Quando arrivò a Ginevra, mi sembrava una macchina russa. Però piacque molto. Dopo la Panda fu la volta della Delta, che è stata presa esattamente come l'avevo progettata, senza cambiare nulla". Cos'è quello che proprio non le piace in una macchina piccola? "L'orrore che in una macchina piccola ci debba stare tutto. E' un controsenso, che porta a fare auto tutte uguali. Invece bisogna avere il coraggio di fare scelte, di rinunciare a qualcosa". E come dovrebbe essere l'utilitaria di oggi? "La risposta ce l'ho, e l'ho tradotta in un prototipo: è una macchina piccola, 2 metri e novanta ma più abitabile della Panda, con 4 posti. Il resto è un segreto". Torniamo all'auto del futuro. "Il concetto è semplice: la macchina la compra chi sta al volante, quindi bisogna sacrificare chi sta dietro. Io dico sempre ai tecnici che se raggiungete tutti i punti di eccellenza la macchina viene brutta. Se vuoi una bella macchina devi rinunciare a qualcosa. Oggi la parte estetica è prioritaria, la macchina deve piacere". E quindi? "Vedo un futuro fatto di macchine alte: abbiamo sempre più bisogno di spazio ma di ingombri minori". Quali sono le auto di oggi che le piacciono? "Sicuramente la Toyota Prius, una rivoluzione". Intendevamo macchine veramente belle... "Mi piacciono le Bmw e le Audi ma non le Mercedes. Le trovo troppo ammorbidite, con un design sbagliato per quello che la gente si aspetta. Con Bmw è diverso: Bangle, malgrado abbia fatto cose troppo coraggiose, è riuscito a fare macchine che non hanno perso la grinta. Un bel lavoro. Poi c'è la Peugeot che con la 206 ha guardato molto bene ai giovani o la Toyota che è riuscita a fare una Yaris migliore della vecchia. La Clio non mi piace (della Punto non parlo, l'ho fatta io...), ma forse andava fatta così, chissà". Qual è un'auto che le piacerebbe disegnare? "Non ho mai fatto veicoli militari, e mi sarebbe piaciuto molto. Però non si sa mai...". (18 ottobre 2005)
  13. ho evidenziato le parti piu' importanti che rispondono alle nostre principali critiche da repubblica.it Un pezzo unico, una sfida: deriva dalla Scaglietti, ha il portellone e uno spazio mai visto. Così la GT diventa facile da usare Ecco la Ferrari GG50, "la Rossa che vorrei" dal nostro inviato SEBASTIANO MESSINA TOKYO - La prima differenza tra Giorgetto Giugiaro e il resto del mondo è che quando dice "vorrei farmi una Ferrari", lui non parla di comprarsela - impresa già ardua per quasi tutti noi - ma di costruirsela proprio: con le sue mani. La seconda differenza è che lui, la sua Ferrari, se l'è fatta in un quarto d'ora. Tanto ci ha messo a disegnare con il suo portamine blu la linea della GG 50, la sua personalissima versione della più celebre delle automobili italiane, un pezzo unico che alle cinque di stasera i giapponesi avranno il privilegio di vedere per primi, nel quartier generale della Bridgestone, quando sarà sfilato il drappo di seta che custodisce ancora per poche ore i segreti di questo gioiello. Non bisogna farlo sapere qui a Tokyo, ma per Repubblica Giugiaro ha fatto un'eccezione, mostrandoci in anteprima la "sua" Ferrari. E adesso siamo qui a parlarne, mentre lui ogni tanto si avvicina al prototipo per accarezzarne il muso, provare le maniglie e dare un'ultima sbirciata alla plancia. Davvero l'ha disegnata in un quarto d'ora? "Beh, sì. Io faccio sempre così: butto lì uno scarabocchio e poi si vede". Quello che lui chiama, con disarmante modestia, "uno scarabocchio" è in realtà un disegno quasi perfetto, che contiene già tutte le linee fondamentali della GG 50: il muso grintoso, la coda secca, i fari a virgola, il parabrezza senza confini che diventa tetto, la profilatura ondulata che esprime potenza. Per capire come diavolo faccia Giugiaro a buttar giù uno "scarabocchio" così geniale in quindici minuti, bisogna tornare indietro al 1950. Ovvero a quando l'uomo della Panda, della Golf, della Uno e della Punto era ancora un ragazzino e aveva un vago desiderio di fare il pittore. Come nonno Luigi, che affrescava le chiese. Come papà Mario, specialista in decorazioni sacre. Il padre, però, aveva capito che dipingere dava soddisfazione, ma disegnare per l'industria dava un lavoro. Così iscrisse Giorgetto, dodicenne, a un corso serale di disegno tecnico. La mattina a scuola, la sera pure. E ogni pomeriggio papà Mario, implacabile, pretendeva pure un disegno: un ritratto, un paesaggio, una natura morta, qualunque cosa purché fosse fatta bene. Quel padre così esigente regalò al figlio la naturalezza del tratto e la velocità dell'esecuzione: "Facevo tre disegni in un pomeriggio, così li consegnavo uno alla volta e mi guadagnavo due giorni di partite al pallone". La storia della Ferrari di Giugiaro comincia nel 1962, quando lui disegnò una 250 GT per Bertone. Quello, però, lo ha sempre considerato un lavoro su commissione: gli è rimasto, nel cassetto, il sogno di disegnare, un giorno, una sua Ferrari. Un anno fa, al salone di Parigi, lo confidò al vicepresidente di Maranello, Pietro Ferrari. "Si può fare, parliamone con Montezemolo" disse quello. E Montezemolo approvò: "Le daremo una 612 Scaglietti. Lavori con la massima libertà. Io le dico solo due cose. Primo, una Ferrari dev'essere una Ferrari. Secondo, mi piacerebbe che riuscisse a darle una sensazione di maggiore compattezza...". Così, un pomeriggio di febbraio, Giorgetto Giugiaro s'è messo al tecnigrafo e ha buttato giù il suo "scarabocchio". Ripensandoci, adesso, dice non è stato poi così difficile, "visto che l'unico cliente che dovevo accontentare ero io stesso". E quel cliente aveva già le idee chiare. "Non volevo una macchina rivoluzionaria. Volevo darle la mia impronta, è naturale, ma in assoluta coerenza con lo stile classico Ferrari. Montezemolo diceva che la voleva più compatta? E io l'ho accorciata di 9 centimetri, aumentando l'effetto con l'arrotondamento degli spigoli del muso e della coda: così l'occhio non trova più la cresta del parafango che definisce nettamente la fine della fiancata, ma una linea continua che corre lungo tutta la vettura, rendendola - per chi la guarda - ancora più compatta". Certo, la novità più vistosa è il passaggio dal "tre volumi" della Scaglietti al "due volumi" della GG 50, con una coda fastback resa più aggressiva da un alettone dalla curva dolce. Ma colpisce anche quel tetto in vetro fotocromatico, che si fonde con il parabrezza creando un'inedita superficie continua, trasparente e affascinante. Il resto è dominato da una sobria semplicità, fondata più sul togliere che sull'aggiungere. I fari si assottigliano in due virgole grintose, la fiancata scorre fluida fino ai due passaruota posteriori, sottolineati come se fossero i muscoli di questo atleta d'acciaio. Il cofano è solcato da una V appena accennata che ne alleggerisce la forma, mentre il frontale è delimitato da due ampie prese d'aria verticali. La sorpresa è in fondo, nel portellone posteriore, perché ora anche il lunotto si solleva con lo sportello, spalancandosi su un bagagliaio capace di superare - abbattendo i sedili posteriori - il traguardo dei 500 litri, numeri da station wagon. Ma la prima, inevitabile sensazione che si prova avvicinandosi alla Ferrari GG 50 è che anche stavolta Giugiaro è riuscito a compiere il prodigio di infondere la seduzione, quella miscela magica di elementi che suscitano il desiderio del possesso, nelle lamiere rosse di questa macchina tuonante. Eppure non c'è verso di cavargliene il segreto. Anzi, lui vorrebbe convincerci di non aver fatto nulla di straordinario. "Montezemolo ha ragione: una Ferrari deve essere sempre riconoscibile come una Ferrari. Dunque questa macchina non cambia i canoni di Maranello. Io ho lavorato molto sul frontale, sulla coda, sulle linee della fiancata, ma in fondo ho preso un po' qua e un po' là, tra le tante suggestioni che fanno parte del mito Ferrari. Forse deluderò chi si aspettava una Ferrari rivoluzionaria. Sono quelli, dico io, che non sanno ascoltare la musica, e confondono Bach con Beethoven". Il vero grande peccato della GG 50 è che l'unico possessore di questo capolavoro sarà l'uomo che l'ha creato: la Ferrari non trasformerà questo prototipo in una fuoriserie. Giugiaro sorride: "Considero già un grande premio aver avuto un telaio della macchina più prestigiosa del mondo, e aver potuto costruire un prototipo tutto mio. Poi, certo, ciascuno di noi vorrebbe che il proprio lavoro non andasse sprecato. Però non mi illudo. A me piace avere la testa tra le nuvole ma i piedi per terra. Ogni tanto, magari, i piedi diventano più leggeri.. ". (18 ottobre 2005)
  14. poi comunque GG non dovrebbe c'entrare nulla con 149 che sara' opera del CS Alfa, no ? la fiancata in foto sembra interessante perche' presa dal basso: bisognerebbe vederla da orizzonti piu' normali dove forse il padiglione risulta troppo alto
  15. se l' avesse fatta uno studente alle prime armi come lavoro di tesi dopo un anno di studi sarebbe anche stata accettabile ma da GG io mi aspetto di piu' la coda vista così sembra piu' adatta ad una Corvette che ad una Ferrari con sti fanali che sembrano delle unghie dei piedi verniciate
  16. la cosa fastidiosa e' che sembra il risultato di un lavoro svogliato: possibile che su un concept non si potesse inventare qualcosa di diverso dal solito trito e ritrito doppio circolare? e poi quell' intaglio sotto il cavallino cos'e' ? gli e' scappato il righello ?
  17. banale al 100% che triste involuzione per il designer del secolo
  18. sei davvero contorto stamattina,eh ? preferivo se dicevi toni Gimondi anche lui eterno secondo oppure toni arrosto...anche lui e' da sempre un secondo
  19. in effetti lo schizzo che ha postato zoid mi ha incuriosito perche' altera gli equilibri ai quali di solito siamo abituati non so se i fari così centrali siano realizzabili per motivi funzionali e legislativi ma ero curioso di vedere che effetto avrebbe fatto su una vettura completa bisognerebbe lavorarci su...per adesso c'e' solo un 'incollaggio molto provvisorio
  20. come tutte le sue vetture ha una volumetria dalla linea di cintura in su, molto capiente su una Ferrari ti aspetteresti un tetto piu' basso
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