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PaoloGTC

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  1. Vero, anche l'Audi aveva roba del genere. Al primo impatto li avevo presi per AMG dei tempi di 190 e SEC... ma credo che siano sempre stati a cinque bulloni quelli...
  2. La cosa più spassosa dei muli è la tettoia che nasconde la maniglia della portiera. "Sia mai che ce la sgamano eh?"
  3. Troppo lievito nell'impasto? Sembra un plumcake. La plancia però qui e là avrebbe delle cosette interessanti.
  4. Imho non è tanto bella Fermo restando che l'ammirerò in quanto sarà sicuramente qualcosa di semplicemente inaudito a livello tecnico e prestazionale, partorito dall'ITALIA dell'auto... trovo che di piacevole da vedere in senso stretto, al momento, non ci sia molto. Fantasmagorica sicuramente, ma imho di bello in 'sto casino di linee c'è ben poco (vale anche per le rivali dirette, per carità...).
  5. Comunque ragazzi devo dire che con quel tappo del serbatoio hanno fatto una piccola genialata sul classico volumone Golf. Dà il via all'occhio per farlo correre sul montante, ti risalta la freccia che fa, ti muove tutta la macchina. (imho ovviamente)
  6. 'giorno a tutti Onde evitare di aprire l'ennesimo topic Alfa Romeo con documentazione varia, ho cercato una discussione adatta al materiale che avevo da inserire, e mi è rimasto il dubbio fra questo topic e quello che aprii mesi e mesi fa sui progetti Alfa Romeo dei tempi. Dato però che qui non si parla in senso stretto di progetti, ma siamo di fronte ad una serie di interviste che coprono un lungo arco di tempo della storia Alfa Romeo, ho pensato che il migliore era questo, visto l'argomento generale-storia dell'Alfa moderna. Inoltre, qui e là si parla anche di Alfasud, per cui... Si tratta di interviste che ho trascritto nei mesi passati, quando mi capitava di incontrarle mentre affogavo nella cartaccia cercando di creare almeno un filo conduttore. Ho fatto il possibile per disporle in senso cronologico, ma in alcuni casi ahimè la data non era ben precisa. Gli argomenti toccati sono vari, e vanno dalle polemiche agli exploit di record in pista. Ce ne saranno altre in futuro, di cui ho già fatto una scansione, ma sono testi decisamente lunghi, per cui dovrete avere un po' di pazienza. (Lancisti, non lamentatevi che faccio solo roba Alfa: io l'altro dì ho caricato il 100.000 della Thema anche per parlare un po' con voi , se poi voi finite a parlare di Golf e 128 non è colpa mia ) Iniziamo dal 1960, intervista di 4R al Dr.Mangano. Si parla sia del presente che dei programmi futuri, a medio e lungo termine (buttando un occhio al futuro impianto di Arese). SETTE DOMANDE ALL'ALFA ROMEO (Quattroruote - 1960) Erano sbagliate le anticipazioni dei settimanali Una notizia sensazionale: presto 300 'Giulietta' al giorno “Giuro di dire la verità, tutta la verità, niente altro che la verità”. Questa è la formula del giuramento che la legge impone si pronunci davanti ai giudici. In una intervista giornalistica non si può pretendere tanto. Noi possiamo riferire ai nostri lettori che le dichiarazioni avute in questa intervista con il dottor Mangano, direttore generale e amministratore delegato dell'Alfa Romeo, corrispondono alla verità, e a niente altro che la verità, non sappiamo se a tutta la verità; diciamo che corrispondono alla verità sicura, la verità immediata, a quella che interessa gli automobilisti. -Lei avrà indubbiamente visto quante induzioni e indiscrezioni sono state fatte circa le novità che l'industria automobilistica italiana ed europea presenterà ai Saloni di autunno: vuole precisare ai lettori di Quattroruote cosa c'è di vero in quanto è stato pubblicato riguardo all'Alfa Romeo? “I programmi dell'Alfa Romeo sono molto lineari e posso esporli in poche parole: teniamo anzitutto a mantenere la tradizione di costanza nei modelli. Le Alfa Romeo sono vetture destinate ad un pubblico 'di intenditori' i quali richiedono ad esse qualità e prestazioni superiori alla media e che sono disposti a pagare il maggiore costo che una tecnica costruttiva particolarmente raffinata comporta. Mantenere costante il più possibile un modello di vettura significa anzitutto ridurne la svalutazione commerciale, cioè difendere il portafoglio della nostra clientela.” -Ma si parla con insistenza di una '1600' che verrebbe ad aggiungersi alle produzioni attuali e che alcuni ritengono verrà presentata al prossimo Salone di Torino: cosa c'è di vero? “Di vero c'è solamente una cosa: che presenteremo al Salone di Torino nel prossimo novembre una '2000 Sprint' che completerà così la gamma delle 2 litri prodotte dalla Casa e avrà delle caratteristiche interessanti, anche nella carrozzeria, come i cristalli comandati elettricamente. Alcune fotografie di questa vettura – o meglio dei prototipi di questa vettura mentre era allo studio – sono state pubblicate da qualche giornale fra cui anche Quattroruote: purtroppo altri giornali le hanno riprese o copiate modificandone l'attribuzione, facendole passare per la '1600' e... gabbando così il pubblico. Gli automobilisti dovrebbero pensare che la preparazione di un nuovo modello di vettura non è una cosa breve né semplice: richiede un lungo tempo, almeno 4 anni di studi, prove ed esperienze e ogni Casa automobilistica ha quindi costantemente allo studio una gamma assai vasta di nuovi modelli tra i quali sceglie al momento opportuno quello che presenta le caratteristiche più adatte ai gusti e alla situazione del mercato. L'Alfa Romeo ha quindi allo studio – come tutte le altre Case automobilistiche – diversi modelli di vetture delle più diverse cilindrate e caratteristiche: fra i quali sceglierà quello da realizzare. D'altra parte nel campo delle medie cilindrate la nostra '1300 Giulietta' può considerarsi una vettura perfettamente riuscita: essa è nelle varie versioni da Turismo, da Gran Turismo e da competizione richiesta dal mercato italiano e dai mercati d'esportazione in quantità superiori alle possibilità di produzione: e ciò, nonostante che la fabbrica abbia nel giro degli ultimi anni più che raddoppiato il numero delle unità prodotte. Il nostro programma è di arrivare presto, nel 1961, a produrre 300 'Giulietta' al giorno. Non vi sono motivi, dunque, per abbandonare questa vettura, che è ancora in fase di ascesa e di successo, nemmeno il giorno in cui ci fosse un modello superiore.” -Può dare ai lettori di Quattroruote qualche anticipazione circa le caratteristiche della '2000 Sprint' di prossima presentazione al Salone? “La '2000 Sprint' è stata studiata come vettura da Gran Turismo: comoda, veloce, sicura, adatta ai lunghi viaggi. Ha praticamente 4 posti perché i due posti posteriori risultano spaziosi e comodi così da permettere anche lunghi viaggi. Ottima accessibilità: si entra ed esce comodamente anche per i posti posteriori nonostante le due sole portiere. Il bagagliaio è più ampio di quanto non sia di solito su questi tipi di vettura. La velocità è di 175 km orari, la tenuta di strada ottima; se quella dello spider era già giudicata dagli intenditori buona, questa si può dire ancora migliore, specie sul bagnato o su fondi stradali difficili. Nel sistema di frenatura sono stati introdotti perfezionamenti ed abbiamo ottenuto dei risultati che posso permettermi di definire superlativi: sia per la dolcezza di azionamento dei freni sia per l'efficacia della frenatura in tutte le condizioni. Anche dopo lunghissime discese ad andatura elevata i freni rispondono perfettamente. Riguardo al motore debbo aggiungere che è stata studiata in modo particolare la carburazione così da consentire un ottimo funzionamento in città e in aperta campagna: la '2000 Sprint' può scivolare silenziosa a bassa andatura nelle strade cittadine, con arresti e rapide riprese agli incroci e, senza nessun inconveniente, permettere le alte medie e andature sostenutissime nelle strade di grande comunicazione e sulle autostrade. È stata molto curata anche la finitura, considerando che si tratta di una vettura di lusso. Perfetta la visibilità, razionale la disposizione degli strumenti sul cruscotto. In sostanza consideriamo che la '2000 Sprint' non sia soltanto un prodotto che completa la gamma delle vetture da 2 litri, ma che rappresenti un passo avanti nel progresso tecnico.” -Quante 'Giulietta' invendute aveva l'Alfa Romeo alla fine di agosto? “Alla fine di agosto, i nostri magazzini erano vuoti.” -Quante 'Giulietta' avete venduto in Francia dopo l'accordo con la Renault? “Un migliaio in tutto, anche perché abbiamo preferito accontentare la richiesta del mercato interno.” -Quando sarà pronto il nuovo stabilimento Alfa Romeo? “Il nuovo stabilimento (1.300.000 mq.) sarà totalmente funzionante entro tre anni.” -Come vanno le vendite delle vetture Alfa Romeo sui mercati esteri? “Stiamo rinnovando e potenziando tutta l'organizzazione: in Brasile la FNM monta già la berlina '2000'; in Spagna viene montato il 'Romeo'; in Sud Africa la 'Giulietta'.” La notizia più importante è quella che assicura ancora lunga vita alla 'Giulietta' e l'aumento della produzione. Trecento vetture al giorno sono il triplo della produzione attuale, e questo significa esportare, e lascia sperare in un ribasso di prezzo. Questo il dottor Mangano non l'ha detto, ma è possibile che prima o poi, con l'aumento di produzione, alcuni costi diminuiscano e che, per vendere molti più esemplari di un modello noto, a punto e perfezionato come la 'Giulietta', si manovri anche il prezzo. Fine 17 anni dopo, siamo nel novembre del 1977 e Autosprint pubblica questo articolo che parla della situazione AlfaSud e dei suoi problemi dovuti anche, a quanto pare, al doversi confrontare con la criminalità. Non è mia intenzione affondare su questo argomento, riporto semplicemente una pagina di stampa dell'epoca. ALFA, Cortesi e camorra ( di Giancarlo Cevenini per Autosprint, novembre 1977) ARESE - Mentre Autosprint è in edicola, si apre a Milano una “conferenza di produzione” del genere di quella promossa tempo fa a Pomigliano dal presidente Alfa dott. Cortesi per l'Alfa Nord. Questa riunione viene dopo che giovedì della settimana scorsa, a Roma, si sono riuniti i consigli di amministrazione, prima dell'Alfasud e poi dell'Alfa Romeo. Il problema sul tavolo era il solito: Alfasud, produzione dello stabilimento di Pomigliano, assenteismo, microconflittualità. È saltato fuori anche un documento “segreto” del dott. Cortesi sulla situazione all'Alfasud, un documento duro che accusa le maestranze, i sindacati e apre uno spiraglio nuovo sullo stabilimento napoletano. Per la prima volta le già velate accuse contro la “camorra” si fanno pesanti, precise. Si allude a forti pressioni della “lunga mano” del sottobosco napoletano. Lo stabilimento sarebbe in mano a forze estranee, da sempre, fin dal momento – come scrivemmo – che si assunsero i muratori addetti alle costruzioni per immetterli nelle catene di montaggio. Nel suo documento il presidente Cortesi, in una lunga relazione sulla produzione, svela come ci sia fra un giorno e l'altro troppa differenza di produzione per un'analisi diversa. Nel 1974 si è passati da un minimo di 35 ad un massimo di 620 vetture al giorno prodotte, nel 1975 da 135 a 175, nel 1976 da 30 a 560, e nei primi mesi del 1977 da 95 come produzione minima a 550 come massimo. Il “male oscuro” di Pomigliano resta l'assenteismo e la microconflittualità. L'assenteismo è una diretta conseguenza di un sabotaggio di produzione, si sussurra ormai senza nessuna remora negli ambienti responsabili. Non si arriva a produrre 100.000 macchine all'anno a Pomigliano contro una potenzialità doppia; la futura commissione che verrà installata per studiare lo stabilimento lo potrà dimostrare, essendo fatta di esperti del ramo. L'Alfa Romeo sta cercando di farla entrare in funzione al più presto possibile. Il dott. Cortesi, presidente delle due Alfa, è stato intanto la scorsa settimana al centro di una spiacevole campagna di stampa che lo dava come dimissionario o addirittura defenestrato a favore del dott. Ettore Massacesi, direttore dell'Intersind, indicato come suo successore. Tra l'altro il “papabile” stesso aveva resto dichiarazioni “da investitura”. In realtà Cortesi, uomo dure o uno dei migliori del gruppo IRI, rimane al suo posto. Se Massacesi verrà all'Alfa sarà perché lo chiamerà lo stesso Cortesi per essere “aiutato” a Pomigliano che necessita di particolari attenzioni, specie da un esperto di beghe sindacali. Il dott. Cortesi non se ne va per almeno altri tre anni. Il suo mandato triennale iniziato il 3 ottobre 1974, è stato tacitamente rinnovato e da venti giorni i presidente è nella sua “seconda legislatura”. Solo che, per statuto IRI, avendo compiuto 65 anni (è nato l'8 maggio 1912) non può ricoprire la carica di presidente e di amministratore delegato contemporaneamente. Cortesi ha quindi lasciato la carica di amministratore delegato in mano al dott. Moro (che già lo era in tandem) e ha tenuto per sé la carica di Presidente delle due Alfa. Se Massacesi lascerà l'Intersind (è l'associazione degli imprenditori pubblici come la Confindustria lo è di quelli privati) lo farà esclusivamente perché i vertici IRI vogliono un “duro” che stabilmente viva a contatto con la realtà di Pomigliano e cerchi di risolverla. Massacesi è quel dirigente che è riuscito a risolvere la vertenza “Aquila selvaggia” nella compagnia aerea di bandiera. L'Alfasud è un prodotto che si vende, basta produrlo. Potrebbe sembrare uno slogan e invece è una realtà. Nel 1972 vi fu un fatturato iniziale di 25 miliardi, salito a 248 nel 1976. Le vetture prodotte sono state: -19.400 nel 1972 -75.700 nel 1973 -82.200 nel 1974 -106.300 nel 1975 -per cadere a 88.900 nel 1976 con una riduzione di 17.000 unità pari al 16% in meno. I programmi di vendita 1976 di 125.000 vetture sono andati “sballati”. Le ragioni sono le solite che da tempo si scrivono, il risultato è stata una perdita netta nel 1976 di 69.121.515.230 lire per il gruppo, che ha dovuto azzerare il capitale e reintegrarlo con un aumento del capitale sociale, come deliberato. Solo che i miliardi che dovevano dare gli azionisti (IRI, Finmeccanica e Alfa) non arrivano e la situazione è sempre più grave. Si è anche crucciati per un'altra mancata produzione di 12.500 vetture fra nord e sud che si potrebbero facilmente produrre. Basterebbe che i turnisti (700 persone) accettassero quello che propone l'azienda: saltare i 40 minuti del pasto su otto ore (che sono pagati dall'azienda come se lavorassero) facendo un turno unico. L'azienda sarebbe disposta a pagarli questi minuti (mi sfugge un attimo il senso, non son pratico, penso volessero dire “pagarli un'altra volta”, ndGTC; la pausa pranzo è pagata nel turno di otto ore, giusto? Quindi loro glieli volevano pagare 2 volte, se ho ben capito; se sbaglio correggetemi), in cifre sarebbero in busta 25.000 lire di più al mese per ciascuno. Ma i sindacati non vogliono, perché? Dice un alto dirigente Alfa: “... sono molto più preparati di noi i sindacalisti. Quando sono qui a quattr'occhi dimostrano di capire tutti i problemi, poi giù in sala, davanti ai lavoratori, dicono cose esattamente opposte a quelle dette prima a noi... inoltre c'è da parte dei sindacati una più perfetta informazione con il 'volantinaggio' a tutti i livelli e capillare, cosa che l'azienda non si può permettere di fare...” “... inoltre il rifiuto dell'abolizione dei 40 minuti per mangiare serve ai responsabili per far vedere che loro spingono per nuove assunzioni, quando sanno benissimo che non possiamo. Gli operai sarebbero d'accordo per questa soluzione dell'azienda ma i sindacati lo vietano. Basta guardare quello che fanno alla Fiat....”. La prossima settimana sarà una settimana interlocutoria per le due Alfa, dopo si dovrebbero avere grosse novità, anche se la FLM si è rifiutata di partecipare alle iniziative in programma per le voci prima di licenziamenti dei più assenteisti di Pomigliano – circa 2000 persone – smentite poi e ridotte a 500 persone, “quelli che attizzano il fuoco” avrebbe detto un dirigente. Ma anche questi licenziamenti hanno dovuto essere smentiti dall'azienda. Mentre era vero che Cortesi li avrebbe proposti per cercare di sanare l'ambiente dei lavoratori (e molti dei lavoratori stessi erano d'accordo...). Fine Sempre parlando di Pomigliano, brevissimo articolo che riporta le polemiche messe in evidenza dai sindacati, con quattro punti essenziali che in una discussione d'oggi possono anche fungere da aneddoti. Anche qui possiamo trovarci di fronte a delle verità o a delle polemiche basate sul falso, i più esperti in storia Alfista potranno dire cosa c'era di vero e cosa non lo era. Questo è semplicemente ciò che venne pubblicato all'epoca. 4 GRAVI ACCUSE DEI SINDACATI ALFASUD Alberto Boyer, direttore generale dell'IRI ha detto che se le maestranze Alfasud lavoreranno di più l'azienda si salverà, altrimenti non rimane altra alternativa che la chiusura. Anche il presidente della Finmeccanica Viezzoli è stato categorico: “O si produce di più o si chiude...”. La linea dei sindacati in questa situazione è quella nota. Essi incolpano i dirigenti Alfa e non i lavoratori della situazione finanziaria disperata della Casa: “Non sono estranei i dirigenti alla crisi dell'Alfa – ha detto il solito Mattina, segretario generale dei metalmeccanici – anzi la colpa è loro, non dei lavoratori.” I sindacalisti metalmeccanici ci hanno fatto sapere alcune delle grosse magagne di Pomigliano. 1 – Un dirigente Alfa ha sbagliato a fare i nuovi motori 1500 dell'Alfasud; è stata sbagliata la “lappatura” degli alberi motore da una ditta bolognese. Il risultato è che ci sono 2500 vetture rotte nei piazzali di Pomigliano che vengono “cannibalizzate”. 2 – Non ci sono dirigenti all'Alfasud, tutto dipende dal Nord, e quelli del Nord non si fanno mai vedere se non quando ci sono presentazioni di macchine o cerimonie ufficiali. L'Alfasud è abbandonata a sé stessa, ma purtroppo non si può più fare nulla, si è alla completa sudditanza di Arese, i cui dirigenti però non fanno nulla. 3 – La verniciatura è stata sempre fatta con una vernice non all'altezza. Ecco la vera ragione delle macchine con la ruggine. I lavoratori avevano fatto presente la cosa, ma si è continuato perché la vernice era stata acquistata da un dirigente del Nord che non voleva ammettere l'errore. 4 - Si parla tanto di automatismo, ma all'Alfasud ci sono macchinari che costano miliardi, inutilizzati da anni nonostante le pressioni dei lavoratori che vorrebbero fare le carrozzerie meglio di come sono fatte ora. “Per far capire la ragione per cui entrava acqua nella Sprint, abbiamo impiegato tre anni perché i dirigenti non volevano ammettere l'errore.” Fine Autosprint sul finire del 1979, l'argomento è sempre la situazione critica dell'economia Alfa Romeo. Con gli scioperi '79 altri 100 miliardi di deficit Alfa (da Autosprint autunno 1979) ARESE – La smentita sulla “reale” messa in vendita dell'Alfa Romeo ha indubbiamente lasciato sconcertati tutti. Da anni il probabile acquirente Fiat salta sempre fuori. Questa volta potrebbe essere vero. Anzitutto perché la Fiat, scorporata in 11 società per sopravvivere con l'automobile ha bisogno di raggiungere e superare i due milioni di vetture prodotte; Fiat ha anche altri sbocchi mentre l'Alfa Romeo no. Un recente studio di un settimanale economico profetizzava nel futuro tutto bene per Fiat mentre Alfa, che non aveva possibilità di altre produzioni che non fossero auto, la vita sarebbe stata dura. Il presidente dell'IRI avv. Sette ha messo sul mercato l'Alfa e l'unica azienda in grado di prendersi un onere di 120 miliardi annui di deficit in Italia, oltre lo Stato, è la Fiat, che certamente non ha interesse a vedere stranieri entrare anche via Alfa in Italia, non certamente un De Tomaso, cui vengono affidati – tramite GEPI – piccole aziende (e gli si vorrebbe data anche la Lamborghini, ma lui sta cercando di dare la Maserati alla Chrysler). È pur vero che l'Alfa Romeo, come azienda, è sana. I suoi prodotti sono fra i migliori del mercato. Ha un solo difetto, opera in Italia con leggi italiane, sindacalisti italiani, operai italiani; se fosse, poniamo, in Germania, è stato calcolato che produrrebbe il 23 per cento in più con 10.000 operai in meno e avrebbe un utile di decine di miliardi invece di deficit paurosi. Altrove avete letto dei milioni di ore di sciopero della Fiat che ha comunicato i dati del primo semestre 1979. Se la Fiat piange, l'Alfa non ride; all'Alfa Nord le ore di sciopero pro capite, per impiegati e operai, sono 99. All'Alfasud 70. In totale sono state perse circa tre milioni di ore lavorative nei primi sei mesi, valutabili in circa 100 miliardi di lire di mancato fatturato. La produzione ha subito un rallentamento di circa 15.000 vetture non prodotte per gli scioperi detti prima: di conseguenza anche all'Alfa Romeo gli stock sono praticamente inesistenti nei parcheggi di Arese e di Pomigliano d'Arco (situazione simile a quella di Fiat i cui piazzali per la 131 sono vuoti e la vettura viene attesa a lungo da chi l'ha ordinata). L'azienda non da dati, ma si calcola che si sia al 50 per cento degli stock che un'azienda come l'Alfa (che impiega 40.000 persone) possa avere. All'Alfa, poi, come alla Fiat l'assenteismo è alto, ma non c'è grande differenza fra nord e sud a dispetto di quello che si può pensare. Fra gli operai la percentuale di assenteismo per nord e sud è uguale, mentre è superiore di circa un terzo quello degli impiegati al sud rispetto al nord. Le previsioni per il 1979 sono indubbiamente nere, la perdita di tre milioni di ore lavorative, il mancato fatturato di 100 miliardi, solo a causa degli scioperi per il rinnovo del contratto di lavoro, il maggior onere che il nuovo contratto comporta per l'azienda fanno presumere che a fine 1979 l'unico aumento Alfa sarà il deficit che non sarà più di 126 miliardi come nella passata gestione ma molto di più nonostante il successo di vendita del prodotto. Se non si hanno macchine, non c'è niente da vendere, ma gli operai bisogna pagarli ugualmente. Ecco il succo della faccenda. Fine Ed ora cambiamo argomento, e parliamo del già citato (tempo fa) giorno dei record Alfa Romeo in quel di Nardò. Evento che a quanto pare fu rovinato da uno sgambetto morale... Qui abbiamo anche qualche foto (di pessima qualità come da copione per la stampa dell'epoca). Il resoconto della vicenda proviene da Autosprint. RECORDS CON BEFFA (PORSCHE) Pover'Alfa! La parata di Nardò “contaminata” ROMA – L'Alfa Romeo è andata a caccia di records sulla velocissima pista di Nardò (13 km di tracciato con curve sopraelevate, sita ad una quarantina di chilometri da Brindisi) ritenuta dalle maggiori case automobilistiche la miglior sede per condurre sperimentazioni e prove di fatica. Quindi anche per i records. L'iniziativa è nata dalla filiazione britannica della Casa milanese avvalendosi dei diciotto piloti della organizzazione Terry Drury Racing Cars (una ditta specializzata in questo genere di imprese e con all'attivo parecchi primati), della collaborazione tecnica della Pirelli, dell'Agip, della Magneti Marelli e della VM. Tutto questo apparato (ogni giornata è stata divisa in tre turni di otto ore ciascuno con presenti in pista quattro cronometristi e sei commissari CSAI), si è rivelato oltremodo funzionale. Difatti la Casa del Portello ha centrato ben 16 nuovi records mondiali equivalenti, per ognuno dei modelli impiegati, ad un intero giro del mondo visto che la soglia delle 25.000 miglia (pari a km 40.225) oltrepassa di poco la circonferenza del nostro pianeta (40.070 km). Tutto questo in dodici giorni, sempre con l'acceleratore a tavoletta e senza soste salvo quelle previste (e comprese nei tempi totali) per il cambio dei piloti, i rifornimenti e la manutenzione (pur di non compromettere i tentativi un pilota ha spinto per oltre 4 km la sua vettura guasta). Una sfibrante maratona che ha sottoposto ad un vero martirio la meccanica delle auto (specialmente delle Diesel che sono state parecchio spremute dato che non si è lesinato nel girare la chiavetta del turbo). Insomma una distanza che un automobilista medio copre in 4 anni. Alla prova sono state sottoposte le nuove soluzioni per l'Alfetta TD 2000 (intercooler) e la nuova Giulietta 2000 TD. Difatti la velocità media tenuta dalle due vetture a gasolio per l'intero programma (costato circa 200.000 dollari), è risultata superiore a quella dei modelli normalmente in commercio. Si tratta semplicemente dei nuovi modelli che usciranno tra poco e l'Alfa non si è fatta scappare l'occasione per metterle in vendita con un indiscutibile pedigree basato sulla robustezza e sulle prestazioni assolutamente notevoli. I 16 records Vetture benzina, cilindrata da 1100 a 1500 cc (Alfasud Sprint 1.5) 25.000 miglia alla velocità media di 161,382 km orari 25.000 km alla velocità media di 166,961 km orari 10.000 miglia alla velocità media di 174,211 km orari 10.000 km alla velocità media di 175,471 km orari 5.000 miglia alla velocità media di 175,305 km orari 5.000 km alla velocità media di 176,367 km orari Vetture benzina, cilindrata da 1500 a 2000 cc (Giulietta 2.0) 50.000 km alla velocità media di 175,628 km orari 25.000 miglia alla velocità media di 179,586 km orari 25.000 km alla velocità media di 181,470 km orari 10.000 miglia alla velocità media di 180,939 km orari Vetture Diesel, cilindrata da 1500 a 2000 cc (Giulietta Turbo Diesel 2.0) 25.000 miglia alla velocità media di 173,148 km orari 25.000 km alla velocità media di 173,564 km orari 10.000 miglia alla velocità media di 173,734 km orari (Alfetta Turbo Diesel 2.0) 10.000 km alla velocità media di 172,556 km orari 5.000 miglia alla velocità media di 172,816 km orari 5.000 km alla velocità media di 174,017 km orari ...e fin qui festa, ma nel titolo avete letto di una beffa “Porsche”. Vediamo perché. ROMA – Con estremo imbarazzo gli uomini dell'Alfa hanno preso la parola a Roma per presentare alla stampa nazionale ed estera i sedici records conquistati sulla pista di Nardò. Non tanto per l'impresa, felicemente riuscita sotto ogni aspetto, quanto per il fatto che pochi giorni prima su un quotidiano a grande tiratura (“inspiegabilmente”, qualcuno ha commentato) era comparso un articolo relativo ai primati mettendo in risalto una presunta beffa (è il termine testuale) operata da una equipe porschista nei confronti della pattuglia italo-inglese. Ovvero approfittando di un momento di pausa (una domenica intera dalle ore 0 alle 24) la casa di Stoccarda ha inviato in Puglia una 928 S strettamente di serie (“La cosa ci risulta ancor più inspiegabile – si commentava nei saloni dell'Excelsior – perché la prestazione della Porsche non si sarebbe potuta comunque omologare in quanto non risultante ai cronometristi e nemmeno ai commissari tecnici. I primi perché non hanno effettuato alcuna rilevazione cronometrica non essendo stati chiamati a farlo, gli altri, anch'essi non interpellati, perché non hanno avuto modo di smontare la vettura tedesca secondo il regolamento. Senz'altro hanno sondato il terreno in vista di un loro tentativo. L'unico fatto rimasto oscuro è stato il comportamento della stampa”), con piloti l'inglese Peter Lovett, l'elvetico Peter Zbinden e l'austriaco Gerhard Plattner (tra l'altro facente parte dell'ufficio stampa dell'importatore Porsche nel suo paese), che per ventiquattro ore ha inanellato giri su giri sino ad accumulare 6.033 chilometri alla non trascurabile media di 251 km orari (uno in più della velocità dichiarata per questa vettura). Chi ha chiesto a Plattner il motivo, si è sentito rispondere: “A noi non importa la registrazione del record, non ci andava di spendere più di 25 milioni per i cronometristi, ci basta averlo fatto sotto gli occhi della concorrenza: dell'Alfa.” Fine. Ed ora, per concludere il post (ma c'è altro materiale).... chi conosce la rivista e ha presente le dinamiche dell'epoca, sa bene che Autosprint e Massacesi non sono mai stati amici per la pelle. Gli anni '80 ormai sono una realtà, e la rivista riporta le sue considerazioni sull'operato recente di Ettore, inclusa una polemica fra lui e Bocca. Qui abbiamo anche lo schemino-organigramma della nuova struttura societaria (ipotetica? effettiva? onestamente non conosco abbastanza per rispondere) che aiuta a capire un po' di più come funzionava l'Alfa in quel momento. COMPLIMENTI, DOTTOR MASSACESI!! L'auto europea l'ha conciata per bene! TOKYO – Il viaggio nella capitale giapponese di Umberto Agnelli (Fiat), Michael Edwardes (British Leyland), Jean Paul Parayre (Peugeot), Bernard Vernier-Palliez (Renault) e Toni Schmuecker (Volkswagen) per chiedere ai costruttori giapponesi di mettersi una mano sulla coscienza e di ridurre il loro export verso il Vecchio Continente, si è risolto con un nulla di fatto. D'altronde non avrebbe potuto essere diversamente considerato che nella delegazione europea figura anche Ettore Massacesi (Alfa Romeo) e che il presidente della delegazione “gialla” era nientemeno che Takashi Ishihara, presidente della Nissan. A nome dei colleghi della Toyota, della Isuzu, della Honda, della Mitsubishi, e della Toyo Kogyo, il socio dell'Alfa nell'affare ARNA non ha avuto difficoltà a chiarire alla delegazione europea che a Tokyo non hanno nessuna intenzione di ridurre volontariamente i contingenti di auto destinati all'Europa. Il sorriso con cui Ishihara ha accolto (senza rispondere) la minaccia di Agnelli relativa ad un possibile “protezionismo” da attuarsi a livello CEE, ha lasciato capire che per i giapponesi a questo punto l'affare Alfa-Nissan rappresenta proprio il “cavallo di Troia” con cui in anticipo hanno preparato la contromossa a possibili “cordoni sanitari” che i governi europei, sollecitati dalle loro industrie automobilistiche sempre più boccheggianti, potrebbero varare. Non si sa se Ettore “Ulisse” Massacesi fosse d'accordo con i suoi colleghi. Probabilmente il Presidente Alfa, per logica, deve aver accettato senza reagire le parole del socio “giallo”, visto che l'affare delle 60.000 carrozzerie da comprare a Tokyo e assemblare a Napoli, è diventato la sola carta che può vantare Massacesi, per altro anche troppo “legalitario” nello sport, viste le ali che ha tarpato a Chiti, obbligando il tecnico toscano ad aderire alle tesi di Balestre, pur nella ovvietà di un gioco che fa più gli interessi della Ferrari che quelli dell'Alfa. D'altronde “lealtà” comunitaria di Massacesi a parte, per i magnifici cinque dell'industria automobilistica europea sarebbe stato in ogni caso impossibile trovare comprensione a Tokyo. I giapponesi “consumano” sul loro mercato solo il 50 per cento della produzione nazionale. Il resto è fatalmente destinato all'esportazione. Per anni lo sbocco migliore è stata l'America, ma oggi le reazioni protezionistiche dei Governi Statunitensi, e soprattutto il nuovo corso produttivo dei colossi di Detroit, con macchine più attente e vicine alla realtà energetica, hanno per forza di cose ridotto la quota di auto giapponesi destinate agli USA. Logico quindi il riscontro sul mercato europeo, con aumenti per il 1980 del 30 per cento rispetto alle 700.000 auto “gialle” piazzate nel 1979 in Europa. Un mercato dove, giova notarlo, nel presente anno si avrà una contrazione del 10 per cento almeno. Per il futuro, se europei e americani reagiranno secondo i principi di una libera economia di mercato, a Tokyo, come ha fatto “gentilmente” sapere Ishihara, non aumenteranno la produzione (cosa che per loro sarebbe un suicidio) ma si “limiteranno” ad investire nei prossimi tre anni “appena” 11 miliardi di dollari per migliorare e automatizzare gli impianti, che peraltro già oggi sono i più automatizzati del mondo. Cosicché, grazie a queste economie di scala, è sicuro che anche negli anni '80, pur ammettendo una realtà sociale e industriale giapponese diversa da quella odierna, il “made in Japan” sarà sempre più economico, a parità di concezione, di qualsiasi altra automobile. Se poi, invece, Agnelli & C dovessero chiedere “barriere” in antitesi con i principi del libero scambio internazionale e non solo per reagire all'offerta di Ishihara di cedere in contropartita alle mancanze di volontà di ridurre l'export, l'apertura delle frontiere giapponesi alle auto europee, a Tokyo avrebbero sempre un Massacesi da buttare in campo per aggirare l'ostacolo. Una discesa senza paracadute ...E IL SUO PIANO STRATEGICO ALFA PENSA ABBIA “STILE”? Per difendere il suo “piano strategico” Ettore Massacesi ne ha fatto quasi una faida di famiglia. Almeno a giudicare dalla rivista “Impresa e Società” che accompagnata da una lettera dell'ufficio stampa Alfa Romeo, è giunta in questi ultimi giorni in tutte le redazioni, per illustrare una lettera aperta che lo stesso Massacesi ha indirizzato a Giorgio Bocca. Infatti per premettere che “...una incredibile mistificazione della reale portata degli accordi raggiunti è stata consumata giorno per giorno attraverso le informazioni e i commenti giornalistici” dal che di conseguenza “...se è vero che in Italia ci sono molte cose da correggere, è vero che c'è da correggere anche lo stile del giornalismo e dei giornalisti...”. E il presidente dell'Alfa Romeo non ha trovato “stile” migliore che chiedere spazio al figlio Marco Massacesi, direttore appunto di “Impresa e Società”, che ha completato l'opera integrando l'SOS paterno con una serie di articoli in cui la pianificazione strategica è prospettata come la panacea di tutti i mali industriali. Lasciando allo stesso Massacesi, la valutazione sul “buongusto” di una difesa d'ufficio impostata in questi modi, veniamo alla sostanza di questo piano strategico, che Carlo Borelli, responsabile dell'ufficio pianificazione e controllo investimenti, in sintonia con la Mc Kinsey e la Arthur D.Little, due società americane specializzate del settore, ha elaborato per consentire a Massacesi di dire che non solo l'assetto fallimentare dell'Alfa Romeo subirà una inversione di tendenza nei prossimi anni, ma che addirittura oltre al pareggio a tempi brevi fra dieci anni ad Arese il bilancio si chiuderà con quattrocento miliardi di lire di attivo, si badi bene, non calcolate con gli attuali tassi di inflazione, ma ancorate al valore 1979. La strada che il management Alfa ha percorso per “sognare” questi traguardi inizia nel 1978, quando il duo Massacesi-Innocenti ha preso possesso delle poltrone presidenziali di Arese. Nel 1977 il bilancio si era chiuso con una perdita secca di 150 miliardi, “top” di un calando che era iniziato quando nel 1972-73 la assurda situazione dell'Alfasud e la crisi energetica avevano fatto saltare il piano decennale e soprattutto i bilanci in attivo della gestione Luraghi. La prima mossa dello staff di Massacesi fu di contenere i debiti, sia ricorrendo all'autofinanziamento per la raccolta e la gestione dei fondi, sia razionalizzando le forniture, sia dando un assetto diverso alla produzione. Al calo delle perdite, concretizzato nei 126 miliardi del 1978, e negli 81 del 1979 (per l'80 si prevede di scendere a 50, con oneri finanziari inferiori ai 57 miliardi del 1977 e anche ai 15,9 miliardi del 1979) contemporaneamente la direzione Alfa faceva seguire una pianificazione per arrivare a quei 1600 miliardi di fatturato che per le dimensioni del gruppo milanese sarebbero l'ideale, ma da cui i 1400 miliardi del bilancio 1979 sono ancora lontani. Nel frattempo, guardando al futuro nasceva il “piano strategico” per impostare il lavoro dei prossimi dieci anni. Fra le due ipotesi prese in considerazione, una di catastrofe completa, e una di controllata escalation dei prezzi e di riduzione della disponibilità di petrolio, ovviamente una strategia poteva applicarsi solo al secondo caso. In questo ambito le possibilità di sopravvivenza per l'Alfa, in considerazione anche della sua struttura e dei suoi prodotti che impongono di mantenere l'occupazione al Sud e di limitare in ogni caso le riduzioni di occupazione, si legavano solo a una strategia di interventi su tutta la gamma con cicli sostitutivi completi. In altre parole contro la tendenza attuale a fare dei modelli nuovi ogni undici anni, si dovrà invertire la rotta arrivando a fare modelli completamente nuovi ogni sei anni, e soprattutto entrando in nuovi segmenti di mercato, che in Europa con un incremento previsto dell'1,3% come media annua per il prossimo ventennio, vedrà un grosso incremento delle medio-piccole (ad eccezione della Germania, dove prevarranno le medio-grandi). L'attuazione di questo “piano di lavoro” che manterrebbe l'occupazione e aumenterebbe la produzione del 50%, richiede all'Alfa investimenti per modelli nuovi per trecento miliardi. In attesa di queste novità, l'erede dell'Alfetta, la nuova Alfasud e via dicendo, però Massacesi inventa l'affare Nissan, in cui stando a lui, con soli 16 miliardi (l'altra metà è per i giapponesi) si costituisce una nuova società con l'ARNA, che fa una macchina nuova, usando carrozzerie comprate a Tokyo e motori comprati a Pomigliano. Queste 60.000 vetture, della fascia medio-piccola, saranno il primo tocco di bacchetta magica per fare uscire l'Alfa Romeo e l'Alfasud dalla “spirale” in cui sono oggi. Intanto però con la nascita dell'Alfa Romeo holding, si spera di avere dopo i 300 miliardi chiesti agli azionisti IRI e Finmeccanica, anche un paio di centinaia di miliardi dalla leggi 675 e 904 sulla riconversione industriale. Mentre l'area della fabbrica del Portello viene ceduta in leasing per trovare ulteriore ossigeno finanziario. Forse ha ragione Peter Durcker quando, sempre nel n.17 di “Impresa e Società” a proposito della pianificazione strategica dice: “Il miglior piano resta solo un piano, cioè buone intenzioni, se non si trasforma in lavoro. E lavoro non significa solo che qualcuno debba portare a termine il compito che gli è stato affidato, ma anche responsabilità, scadenze e verifica dei risultati....” Fine. Per quel che riguarda l'articolo. Ora, volendo fare i precisetti, dato che l'articolo riportava un paio di passaggi dello scritto di Bocca e l'intera risposta di Massacesi, rivediamoli anche noi. I toni sono un po' forti, ma non è mia intenzione affrontare nessun argomento politico (che non si può e non mi interessa minimamente farlo), anche se il primo dei due personaggi si è spesso contraddistinto per il fatto di avere la penna tagliente in questo campo. I passaggi di Bocca. “E poi c'è anche un Massacesi che fa il pieno dicendo: 'Fra dieci anni saremo in pareggio'. Un uomo così è un buffone, perché che ne sa fra dieci anni? Può darsi che sia scoppiata la guerra.” (…) “Ma quello che se ne sa è tutto penoso. Si fa questo accordo col Giappone perché è il modo migliore per farsi dare altri trecento miliardi dallo Stato per fare un nuovo stabilimento: lì si mandano i lazzaroni di Pomigliano d'Arco... E' una logica da mafioso, non da imprenditore.” La lettera di Massacesi comparsa su “Impresa e Società”. Lettera aperta a Giorgio Bocca di Ettore Massacesi “L'esperienza che ho vissuto negli ultimi dieci mesi, da quando cioè è 'uscita' la notizia dell'accordo che l'Alfa Romeo stava negoziando, prima, ed ha concluso, poi, con la Nissan, l'esperienza – dicevo – che ho vissuto è stata allucinante. Ma non come si potrebbe credere, per le difficoltà per così dire di tipo professionale che si sono dovute superare per giungere alla firma dell'accordo, ma per l'incredibile mistificazione della reale portata degli accordi raggiunti che è stata consumata giorno per giorno attraverso le informazioni ed i commenti giornalistici. Il materiale raccolto documenta abbondantemente le contraddizioni delle notizie ed il prevalere delle opinioni sui fatti, e di opinioni tutte giocate sul pregiudizio piuttosto che sulla ricerca della verità. Quel che mi ha tormentato non è tanto l'esperienza di un dirigente che fa fatica a 'far passare' un'iniziativa sulla cui validità economica crede in buona fede, ma l'esperienza di un cittadino qualunque il quale trovandosi per caso 'dentro alla notizia' e conoscendone la vera dimensione è costretto ad assistere ad un continuo stravolgimento dei fatti e dei dati. Se è vero che in Italia ci sono molte cose da correggere, è vero che c'è da correggere anche lo stile del giornalismo e dei giornalisti. E per non fare accuse astratte mi riferisco immediatamente ad un caso concreto ed esemplare sia dal punto di vista formale che da quello dei contenuti. Mi riferisco proprio a Lei, dottor Bocca: mi chiedo se incontrando una persona, una persona qualunque – sia essa degna o indegna di riguardo – ella gli si rivolgerebbe definendola ad alta voce 'buffone' e 'mafioso'. Sono certo che non lo farebbe e non tanto per la deferenza dovuta o non dovuta all'interlocutore, ma per il rispetto che Lei ha per sé stesso, per la Sua dignità. Io ho avuto una sola volta l'occasione di parlarLe e dal suo comportamento riservato, quasi introverso, comunque prudente nei rapporti interpersonali, non riesco ad immaginarLa tanto aggressivo e disobbligante quanto occorre per dar del 'buffone' e del 'mafioso' al suo dirimpettaio. Eppure commentando su un giornale – intervistando o facendosi intervistare – gli aggettivi ingiuriosi le escono spontanei, quasi naturali, come se fossero parole neutre. Neutre per Lei, ma non per colui cui sono indirizzate.” Fine Per ora stop, ma più tardi ci sarà un nuovo blocco, con una chicca spassosa, tutta da leggere, scritta da un celebre personaggio della carta stampata di settore degli anni '80, che ahimè di recente ci ha lasciati, dopo averci regalato 30 anni fa una rivista che nel panorama italiano ha fatto storia e anche moda.
  7. Ehm.... pubblicitàà?? (altrimenti qui come al solito si va per prati.... )
  8. Ah guarda credo che non dormirò stanotte, non sapendo di che colore ti sei preso le ciabatte alla moda.
  9. Ecco appunto, tu che sai tutto di questo brand, quante ne avranno piazzate, così per curiosità? Io ho visto solo la tua, in vita mia. Vabbè, non è che giro poi tanto...
  10. A me una volta l'hanno regalata 'sta rivista, e concordo con superkappaunoduetrequattro. Tanto che ho sempre pensato che GQ stesse per Giornale Qualunque. Forse in Fiat lo useranno per dire Ganzissima Questa, boh....
  11. Ecco lo sapevo, un'altra baracca giapponese. Ohè, si scherza eh!? Era un gran bel mezzo quella che avevi prima (vista una volta sola ma a me è sempre piaciuta, qui di fianco a casa mia ne ho una blu - beh, non MPS ovviamente, quella ce l'avevi solo tu - ed è sempre un bel vedere per me) e ritengo che lo sia anche questa, per cui congratulescion. Se io dovessi comprare un'auto del genere, sarebbe sicuramente una delle papabili (e la penserei allo stesso modo riguardo le altre due che hai citato). Certo... per certi OBBLIGHI DI FAMIGLIA se prendessi una 6 invece dell'americana costruita in Germania , dovrei fare attenzione, perchè ad ogni passaggio davanti al conce del Blitz troverei in terra la fascia chiodata.... meno male che non ho bisogno di un'auto del genere
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