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PaoloGTC

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  1. "Questa Luana è una leggenda che cammina..." diceva il buon Gian Fabio Bosco in "Fratelli d'Italia" parlando con Jerry Calà. Calza a pennello. 'sta macchina teoricamente è in vendita da un pezzo, ma a parte la notiziola su Facebook di un concessionario nel varesotto (quindi relativamente vicino a me) che un paio di settimane fa proponeva il "porte aperte"... io posso solo dire che nel salone del "nuovo" del mio-solito-conce-di-famiglia ci sono tre Corsa, due Crossland, tre Mokka e una Grandland. Non è manco arrivata, per ora... Sembra incredibile se penso alle mie passate esperienze con i nuovi arrivi Opel ma io questa macchina LA DEVO ANCORA VEDERE ho già letto due prove su quattrorotelle, è già "disponibile" anche la station, boh... qui mancano i chip ma anche i Ciop a quanto pare. E dire che sarei assai curioso, soprattutto per capire se una volta seduto dentro mi viene quel mal di testa di cui ho già avuto un accenno guardando le foto della plancia tutta.
  2. A me non dispiace. Come dici giustamente tu non altrettanto innovativa ma comunque soluzioni moderne come le porte avvolgenti o il cofano a tetto che poi avrà la Croma le aveva pure lei. Inoltre sappiamo da dove arriva la freccia della Ritmo 1982 Riguardo altre Uno cassate, le foto più vecchie che ho sono queste: -le prime due, progetto 143, per forza di cose antecedente al 144 visto prima ma anche lui datato (secondo la fonte eh...) 1978; questa l'abbiamo vista in strada su parecchie riviste prima che la Uno diventasse la Lancia-Rossignolo. La 144 invece credo non sia stata prototipata. -modellino del 144, credo di una prima fase (la scritta Uno ovviamente, prima che qualcuno me lo chieda, è da leggere come "Progetto Uno" o "Tipo Uno", non è che avessero già scelto il nome ) -maquette prima fase del 144. Non ho mai visto nulla di estremamente simile alla Koral. Ho letto anni fa che ci fu una primissima fase in cui si pensava di sostituire la 127 con un pesante restyling della stessa... e potrebbe essere la Koral; però non ho mai visto foto-spia o behind the scenes che somiglino alla Koral ma senza esserlo... quindi... o era la Koral tale e quale, oppure se è esistita una "quasi-Koral" io non l'ho ancora vista. Certo, da tempo conosciamo questa bianca di sfondo, ma per situazione e per proporzioni ho sempre pensato che fosse una variante tradizionale di nuova 128...come dimensioni mi sembra più Ritmo che 127.
  3. Una spintarella per uscire dal campo di fragole in cui siete finiti 1978, progetto 144 (in questa immagine è già una revisione)
  4. Arrivo arrivo! Sono un po' in ritardo... l'altra sera avevo dato un'occhiata a questo nuovo ed interessante post (Angelo è sempre Angelo ) ma poi, sommerso dalle cose da fare, prima non ho trovato il tempo di rispondere e poi me ne sono proprio scordato. Finalmente ce la faccio. Anzitutto grazie ad Angelo perchè per l'ennesima volta ha arricchito con immagini per me assolutamente INEDITE (è da tanto che non "surfo" alla ricerca di chicche, troppo preso con le scansioni del vecchio cartaceo) e, come sempre, con considerazioni interessanti. Devo dire di essere pienamente d'accordo riguardo la preferenza tra le due fiancate della maquette asimmetrica. La destra, quella andata in produzione, vince a mani basse secondo me. La vetratura laterale a filo era una delle "colonne portanti" della pulizia stilistica di Calibra... mettere in produzione la fiancata sinistra con delle cornici tradizionali e con il montante centrale a vista secondo me avrebbe significato buttare via parte dell'ottimo lavoro svolto. Indi per cui, fecero bene a scegliere la soluzione più moderna. Al massimo avrei aggiunto la scomparsa (o tolto l'aggiunta... ) del finto deflettore. Non dava fastidio alla fine, sulla Calibra andata in produzione, nè alla vista e neppure nell'utilizzo, però sarebbe stata ancora più pulita. Probabilmente optando per la soluzione della portiera senza cornice fu necessario optare per una parte di vetro fissa, chissà... può essere che quel divisorio tra parte fissa e mobile del finestrino aiutasse a tenere la mobile "in riga" e con la giusta pressione sulle guarnizioni una volta chiusa la portiera. Può essere che in tutto l'insieme di soluzioni avanzate tipiche della carrozzeria di Calibra questa sia stata una scelta un po' conservatrice e prudente... del resto pochi anni più tardi uscirà una E36 coupè che le cornici porta non le ha e ha pure il finestrino in un pezzo solo, dettaglio che credo non abbia mai dato problemi di tenuta. Probabilmente sarebbe stato possibile osare, ma la scelta fu quella di lasciar perdere. Alla ricerca di un'elevata pulizia stilistica, il deflettore (questa volta sulla porta posteriore, che a quei tempi continuava ad esistere mentre l'anteriore era ormai scomparso dalla produzione) Opel sulla Vectra A aveva deciso di levarlo, e probabilmente si era trattato di una decisione presa poco prima del lancio, perchè molti prototipi ormai definitivi avevano ancora il finestrino posteriore diviso in parte mobile e fissa. Lo levarono, ed insieme alla fiancata più pulita arrivò anche il "neo" di un finestrino che ovviamente non scendeva completamente nella portiera. (questo prototipo presenta anche una lieve differenza nella forma del passaruota posteriore, ma direi che come Vectra ormai ci siamo). L'assenza del divisorio nel finestrino posteriore rendeva la Vectra particolare all'interno della gamma Opel, perchè le altre vetture a listino lo avevano. A quei tempi c'era in gamma Kadett E, e lo aveva, così come la prima Omega ed anche la seconda, e lo stesso vale per le versioni a cinque porte della Corsa A. Sarà poi la prima Astra, la F del 1991, a seguire Vectra presentandosi sul mercato con un finestrino posteriore in un pezzo unico. Così rimarrà solo una soluzione a rendere Vectra "unica" nel design Opel 80-90: quella delle portiere avvolgenti "alla Giugiaro". Con la Kadett E e la prima Omega le Opel si erano fatte aerodinamiche e arrotondate, ma conservavano una soluzione piuttosto tradizionale per la struttura delle portiere. Un telaio che non saliva sul tetto (in tinta sulla Kadett, nero sulla Omega). Nascerà poi la Vectra con le porte avvolgenti, seguita dalla Calibra che... beh abbiamo già visto ampiamente. Astra F nel 1991 arriverà con i telai neri. Corsa B nel 1993 avrà una soluzione "iso-Kadett" con i telai in tinta ma che non salgono sul tetto, identica a quella che avranno poi l'Astra G nel 1998 e anche la H nel 2004. Seconda Omega con i telai neri. Vectra invece manterrà le porte avvolgenti anche con la seconda generazione (probabilmente anche perchè la scocca non era del tutto nuova). Astra J e K, telai neri. Il resto è storia recente. Vectra è stata l'unica. Ma torniamo alla protagonista del topic, e vediamo se mi è rimasto qualcosa da appiccicare qui (i 25 anni di Calibra ai tempi dell'apertura di questo topic ormai sono diventati più di 30.... magari nel frattempo ho recuperato altro). Ah... ecco. Dei prototipi (scusate la penna sul cerchio nella prima foto... non sono stato io) ed un paio di schemini da AutoTecnica che mostrano le (secondo gli addetti ai lavori) eccellenti capacità di illuminazione ed ampiezza del campo visivo data dall'estensione delle superfici vetrate, basse ma vaste, separate da montanti sottili. Valutando il pacchetto generale, credo che Calibra rappresenti bene quale fosse la capacità progettuale Opel dei tempi. Vetture che senza scordare la tradizione di affidabilità tipica del Blitz (non si nega che ci siano stati problemi sulle versioni Turbo e 4x4, ma va detto che sono state tantissime le Calibra - viste anche qui, in officina - ad essere "versate" per qualcosa di nuovo dopo aver superato i 300 mila km lasciando un ottimo ricordo ai proprietari) avevano voltato pagina dal punto di vista dell'appeal estetico ma erano sempre concepite cercando di offrire tutto il possibile sotto i più svariati punti di vista. Calibra era veloce ed affidabile sulla strada. Bella da guidare, ma anche piuttosto spaziosa per essere una coupè (vogliamo confrontare la sua abitabilità posteriore con quella di una GTV 916 - che io amo eh - la quale se vogliamo esser cattivi non aveva nemmeno un bagagliaio degno di essere chiamato tale?? oppure con quella di una E36 nella quale si erano semplicemente dimenticati lo spazio per i piedi dei passeggeri posteriori - provato di persona - perchè i sedili anteriori erano praticamente "per terra"??). Aveva dei consumi - caratteristica tipica delle Opel dei tempi - bassissimi per la tipologia di vettura. Era tanto "brava" lei quanto era "brava" la Vectra come berlina media. Era una Opel fatta da quella Opel che sapeva costruire buone/ottime automobili. Poi... poi.
  5. Confronto sezioni laterali nuovo modello vs Rekord '66. Confronto sezioni trasversali berlina vs coupè. Il modello berlina in scala 1/5 in prova nella galleria del vento di Stoccarda. Diagramma delle pressioni nel piano di simmetria longitudinale. Poi... i risultati del primo ciclo di prove aerodinamiche, per gli amanti dei numeretti. I dati furono rilevati su 6 diversi modelli in scala ridotta: dall'alto in basso, un coupè ed una berlina Rekord del modello in produzione, una nuova Rekord nella versione berlina, una nuova Rekord sperimentale a coda integrata (tipo "fastback") e due studi di carrozzeria a coda tronca e convenzionale. Nelle ultime tre immagini, la visualizzazione dei flussi su un prototipo della berlina. Ho finito
  6. Qui vediamo invece la maquette asimmetrica della variante Commodore (sempre estate-autunno 1968), seguita dall'asimmetrica della coupè (primavera 1969, messa anche a confronto con il modello in produzione in quel momento). Oh... il montante B della prima Tigra Figurini e simulacro degli interni e i "clay" delle 2 porte, coupè e caravan. Si passa ai "fiberglass" asimmetrici (2 porte/4porte) che oltre al differente... numero di porte presentavano sulle due fiancate delle sezioni trasversali di carrozzeria leggermente diverse. Di seguito, il "fiberglass" della coupè.
  7. Torniamo a scrivere qualcosa, dopo taaanto tempo... Oggi andremo a parlare un po' di come nacque la Rekord VI serie, quella prodotta dal 1972 al 1977. Perchè proprio questa serie? Non c'è un motivo particolare che provenga dalla sua storia sul mercato o da una qualche importanza particolare possa aver avuto rispetto ad altre generazioni di questo modello o ad altre Opel. Più semplicemente, è uno dei modelli Opel di quegli anni sul quale si trova un po' di materiale, soprattutto dal punto di vista del “mai visto”, cioè mai nato, che è poi il tema di questo topic. Infatti pur andando a finire con la realizzazione di un'auto che non è affatto una mai nata, lungo il cammino di “mai nate” ne troveremo. Ai tempi in cui venne presentata la sesta generazione, l'Opel Rekord risultava essere la vettura di classe media più venduta in Europa. La generazione in età pensionabile aveva raggiunto, dall'autunno del 1966 all'inverno 1971/72 un totale di 1.400.000 unità prodotte, che sommate alla produzione delle generazioni precedenti portava ad un totale di 4 milioni e mezzo di esemplari. Quando il Centro Stile Opel ricevette l'incarico di progettare la nuova carrozzeria, apparve evidente che il “re-design” di un modello di tale successo richiedeva il massimo impegno. L'inserimento fra la Kadett e la Rekord della Manta/Ascona quale proposta di “intermedia” europea, aveva assicurato i dirigenti Opel sulla politica aziendale da seguire nel futuro; una politica basata sulle qualità intrinseche del prodotto derivanti da un'accurata ricerca di migliorie tecniche e di una maggiore abitabilità, nonché di uno stile di carrozzeria aggiornato al gusto europeo contemporaneo da mantenersi invariato a più lunga scadenza. Peraltro il re-design della Rekord, proprio in quanto leader già affermata nella sua classe, poneva tutta una serie di problemi diversi rispetto a quelli presentati da un progetto interamente nuovo. Nel corso delle discussioni iniziali con i responsabili tecnici e commerciali – riguardanti i criteri d'impostazione della nuova Rekord – l'Opel Styling respinse il tradizionale approccio del “più lungo, più basso, più largo” (in controtendenza, se vogliamo, allo spirito “giaguaro” con cui era stata immaginata l'erede – mai nata – delle KAD riportata alla luce da Angelo). Al contrario lo spazio interno doveva essere ampliato senza aumentare gli ingombri esterni, e si doveva incrementare l'abitabilità longitudinale senza allungare la vettura. Si sarebbe comunque potuto ridurne l'altezza totale abbassando i sedili con un'opportuna conformazione del pianale al fine di ottenere un baricentro più vicino al suolo con ovvi vantaggi di maneggevolezza e prestazioni. L'aspetto esterno doveva esprimere una semplicità intelligente ed evidenziare quel carattere internazionale della vettura che le avrebbe consentito ovunque la stessa favorevole accoglienza, e ciò nella convinzione che uno stile essenzialmente puro non doveva essere appannaggio esclusivo di costose vetture fabbricate artigianalmente in piccola serie. Dopo queste riflessioni preliminari i designer ed i tecnici del Centro Stile Opel stabilirono nel corso di approfondite valutazioni e dibattiti interni gli obiettivi di base del progetto Rekord 1972, che si possono riassumere nei punti seguenti. Si trattava di elaborare un veicolo funzionale di aspetto agile e sobrio che sostituisse la Rekord esistente badando in particolare alla compattezza delle dimensioni esterne ed a soddisfacenti caratteristiche aerodinamiche. La forma risultante doveva conservare il suo equilibrio estetico anche a veicolo scarico (considerazione non banale e raramente riportata... mi viene in mente la 132 “in picchiata” anche da fermo che risultava più gradevole a pieno carico) Doveva migliorare l'abitabilità – senza superare i limiti d'ingombro esterno – così come l'accessibilità all'interno (davanti e dietro). Doveva restare immutata la capienza del vano bagagli pur abbassandone la soglia. La visibilità doveva essere incrementata tramite una nuova proporzione fra cristalli e lamiera. L'interno doveva essere funzionale con tutti i comandi facilmente accessibili dal guidatore anche se munito di cintura di sicurezza (altra riflessione quasi mai condivisa dai testi che raccontano la genesi degli interni). Particolarmente curata doveva essere la sicurezza passiva dei passeggeri, così come quella dei pedoni all'esterno (maniglie incassate, protuberanze ridotte ai minimi termini, spigoli smussati, ecc.). Una stabiliti con precisione questi obiettivi, il loro sviluppo venne affidato all'ufficio progettazione carrozzeria in collaborazione con il cosiddetto “engineering packaging group”. Il confronto fra le rispettive sezioni (che vedremo in seguito) mostrava le differenze fra il nuovo modello e quello precedente; la più evidente era riscontrabile in sezione trasversa. Grazie alla rastremazione verso l'alto del padiglione (consentita dalla curvatura dei cristalli laterali e dall'abbassamento dei sedili) il contorno delle sezioni trasversali venne conformato in modo da mantenere uno spazio adeguato alle spalle pur con una riduzione dell'area di sezione maestra, con ovvio beneficio aerodinamico. L'impiego di cristalli curvi consentì inoltre di ridurre lo sbalzo della “cornice” rispetto al vetro, il che contribuì non poco a diminuire la rumorosità aerodinamica alle alte velocità. E' interessante notare come un simile concetto funzionale di forma della carrozzeria abbia richiesto da parte dei suoi artefici l'assoluta rottura con l'approccio tradizionale della “scatola sopra scatola” (padiglione su corpo vettura come entità distinte) ottenendo una vera e propria “monoscocca” con tuttii vantaggi ad essa inerenti. Definito lo schema architettonico del veicolo i designer iniziarono la consueta elaborazione sotto forma di schizzi o figurini stilistici delle varie proposte sul tema base. Gli indirizzi di progetto lasciavano sufficiente libertà ad ognuno di esplorare una varietà di idee alternative, ma l'intonazione stilistica generale si orientò verso una linea slanciata e sportiva. Diverse soluzioni formali suscettibili di durare a lungo in produzione senza cambiamenti, furono valutate tridimensionalmente su modelli in scala ridotta. Nel corso di queste prime valutazioni squadre di stilisti, tecnici e modellisti furono inviate presso le gallerie del vento di Stoccarda e Parigi per acquisire nei confronti della nuova carrozzeria la massima esperienza aerodinamica, in una fase in cui fosse ancora possibile integrarne i risultati nello sviluppo del progetto Rekord. Dopo le prime incoraggianti ricerche si effettuarono numerosi studi al tunnel: ogni variante di carrozzeria, incluse alcune versioni alternative di coupè, venne attentamente sperimentata sotto forma di modelli in scala (che poi vedremo). L'esecuzione di questi modelli venne curata con attenzione particolare, il che si riscontrò essere di vitale importanza per il conseguimento di risultati probanti in rapporto alle successive prove su modlli in grandezza naturale, di cui vedremo in seguito le prove di visualizzazione del flusso. In concomitanza a questi eventi ed in stretta collaborazione con gli autori degli stessi, l'Interior Studio elaborava un interno consono allo stile ed alla classe della Rekord '72. La sua impostazione venne determinata in funzione dei requisiti sia del traffico degli anni '70 che del mercato internazionale dell'automobile. Si doveva cioè soddisfare le esigenze di sicurezza protettiva nonché di abitabilità e comfort moderni, il tutto entro dimensioni esterne compatte. Basandosi su questi criteri, i progettisti Opel svilupparono le loro idee per un abitacolo spazioso e funzionale nel pieno rispetto della miglior tradizione europea nel settore. Queste prime proposte fornirono un'importante base di partenza per il raggiungimento del miglior compromesso possibile sul piano della funzionalità e della realizzabilità. I primi schizzi e relativi simulacri d'abitabilità al vero mostrarono quale miglior soluzione una strumentazione raggruppata davanti al guidatore, che liberava da ogni componente accessorio il resto della plancia, interamente imbottita e priva di asperità. Una costante disamina critica ne migliorò gradualmente il concetto base, risultandone un ambiente interno rispondente ad ogni esigenza. La plancia portastrumenti fu impostata in base a criteri strettamente funzionali, senza inutili “gadgets”; essa era raccordata al rivestimento delle porte, conferendo un'identificazione formale all'intero abitacolo. Adesso un po' di foto, iniziando da un mix di bozzetti che però a mio parere è composto da illustrazioni più vicine all'auto che si intendeva mettere sul mercato ed altre appartenenti ad una ricerca più avanzata, perchè ci sono lavori datati 1970 (secondo il testo che mi ha fatto da fonte) che mostrano vetture assai futuristiche per l'epoca... e la suddetta Rekord viene presentata due anni dopo. Per cui... credo ci siano delle divagazioni futuristiche in queste immagini, realizzate in un momento in cui l'auto era già stata definita. A seguire altre immagini... intanto guardatevi queste. Qui vediamo altri studi di frontale e coda, insieme al primo schemino di configurazione spazio abitabile e meccanica, seguito dalla stessa ipotesi sotto forma di figurino laterale aerografato. A seguire, i primi modelli in clay (estate-autunno 1968).
  8. La Passat dovrebbe essere in quella tinta che si vide moltissimo al lancio del modello perchè protagonista della prima campagna pubblicitaria (cartacea... e forse anche televisiva... ma non sono sicuro: forse la Passat dello spot con il Maggiolino-cucciolo che le girava intorno era di un altro colore)... ora non riesco a vederla benissimo ma dovrebbe essere quella. Fu anche protagonista della copertina di Quattroruote (aprile 1988) in uno di quei casi, non così frequenti, in cui la foto di copertina se scattata in studio non era un lavoro "fatto in casa", cioè a Rozzano, bensì dagli shots di una campagna pubblicitaria. Se la memoria non mi inganna, sfondo e pavimento di quella copertina di Quattroruote erano in comune con quelli visti nella campagna pubblicitaria VW intitolata "Nuova Passat: avete fatto bene ad aspettare". Per la serie "e cosa ce ne frega a noi" aggiungo pure che questa tinta mi piaceva molto.
  9. Una volta si usava quando c'erano di mezzo quei restyling "non toccar la latta che costa" mode Quante Thema prima serie giravano negli anni '90 facendo finta di essere della seconda ... anche perchè un paio di fari anteriori, anche nuovi, non costavano uno stipendio o anche di più. Se uno, vista l'uscita della Y10 seconda serie, voleva grossomodo aggiornare la sua esternamente perchè andava ancora tanto bene e non era il caso di cambiarla, due fari posteriori, due frecce e quattro coppe... non doveva saltare le ferie Aggiungiamoci la penuria di ricambi nuovi tipicamente italiana che ha fatto schizzare i prezzi di ciò che rimane in giro, e il gioco è fatto. Tornando all'esempio-Thema, quante ne ho viste "invecchiate" posteriormente negli ultimi anni, tra fiere e raduni... perchè il proprietario aveva rotto un faro posteriore 2a serie e ne ha montati un paio della prima... perchè ha trovato quelli.
  10. Buondì, con un certo ritardo vorrei ringraziare moltissimo Angelo per il materiale che ha pubblicato riguardo la possibile erede delle KAD. Mi è capitato in passato di... "veder passare" qualcosa sul cartaceo in biblioteca riguardo questo progetto, ma sempre in momenti in cui ero alla ricerca di altro e non ho mai digitalizzato nulla. Non credo fossero comunque testi che parlavano di questo progetto; più probabilmente (andando così a memoria) si trattava di alcuni bozzetti dati "in pasto al pubblico" all'interno di articoli che parlavano della gestazione di altri modelli Opel poi effettivamente prodotti (Rekord e Senator). Modelli dei quali erano state mostrate maquettes e bozzetti, accompagnati però da immagini "miste" della ricerca stilistica Opel/GM (disegni appesi alle pareti, fogli che si potevano sbirciare sullo sfondo, cose così) e che ai tempi io avevo immaginato come divagazioni sul tema, appartenenti alla fase in cui la ricerca è più variegata. Ora invece, vedendo questa maquette, son certo che almeno uno di quei bozzetti fosse proprio della "nuova KAD". Spero di trovarlo.
  11. Niente Langhe. La foto fu scattata lungo un percorso che i collaudatori avevano compiuto più volte, un "anello" che toccava vari paesi della campagna milanese/pavesotta ecc. ecc.... stavo cercando la mappa di questo percorso ma non la trovo... dovrebbe esserci nel topic dedicato alla gestazione di 164 che aprii qui sei/sette ere geologiche fa Comunque siamo nel lumbard. Non era però una foto-spia eh... alcuni ricorderanno l'articolo che avevo riproposto anni fa... questo servizio fotografico fu realizzato da AutoCapital in collaborazione con Alfa Romeo, la quale fornì un prototipo guidato da uno dei collaudatori che si erano occupati della nuova nata, che era già sul mercato da qualche settimana. Siccome in quei mesi si parlava ovunque di 164, raccontandone tutto il possibile, AutoCapital aveva deciso di raccontare anche un po' dei luoghi in cui era stata sviluppata al di fuori di Balocco. Le foto erano parecchie, spero si vedano ancora nel topic di gestazione 164. Non le metto qui perchè altrimenti l'insalata continua
  12. Beh ovvio... non sono così creativo da mettere giù un testo del genere... semmai abbastanza demente da fare questo abbinamento
  13. "We are dreamers, we are young One two three, solo M-o-v-n to the beat everyone, get on on your feet We're the future superstars, That is who we are Clap your hands, now on the floor Clap your hands, one two three four Everybody, let's move to the beat..." Scusate (la peperonata)
  14. Beh una volta quei tempi di progettazione e collaudo erano pressochè la norma... i 4/5 anni li troviamo un po' dappertutto, sia in Italia che all'estero. Penso che a diluirsi fosse più che altro la fase dei collaudi, rispetto ad oggi. Vectra nacque nel 1988, la sua progettazione iniziò nel 1984, e se non ricordo male gli studi per l'Astra F, lanciata nel tardo 1991, iniziarono nel 1986/87. Giusto per fare un paio di esempi. I tempi erano più brevi solo quando il nuovo modello non era poi così... nuovo. Alfa decide nel 1982 di sostituire Giulietta ed Alfetta con due modelli "mezzi nuovi" e ci mette 2/3 anni, cercando pure di fare in fretta perchè la 90 doveva arrivare sul mercato insieme alla Thema. Forse un tempo, una volta congelato il modello sulla carta, non rappresentava un problema una fase di sperimentazione più lunga (si simulava ben poco al computer...) perchè c'era anche il tempo... i modelli sul mercato duravano di più. Pensate a quanto tempo ha lasciato correre Fiat prima di presentare la Tempra, che già circolava con la carrozzeria definitiva nel momento in cui la Casa presentava la Regata II atto, la quale continuò a vendere bene anche se nel frattempo erano nate la 405, la Vectra e via dicendo. Il modello nuovo si presentava quando era il momento. Riguardo i muli Thema con la mascherina definitiva, sicuramente era necessaria per qualche verifica, e poi... beh come si dice, se non vuoi far notare una cosa, devi metterla in bella mostra. Chissà quanti possono aver pensato che fosse un componente "tanto per". "Non sarà certo quella definitiva, altrimenti ti pare che l'avrebbero messa lì davanti a tutti?" Già che siamo qui, aggiungiamo un altro prototipo e un breve articolo di 4R (aprile 1979... quindi un po' in ritardo come "news") in cui si dicon tante belle cose ma le notizie sul modello che sarà sono un po' confuse.
  15. Gira e gira, guarda cosa trovo?? Una roba che ho fatto io qualche secolo fa. Posso riportare in vetta questo topic ed aggiungere gli aneddoti che mi sono stati raccontati dal caro Roberto anni fa, e che avevo conservato in un file sul pc. Però... ora mi sta venendo un dubbio: potremmo averne già parlato, nelle 34 pagine che compongono questo topic... ma onestamente ragazzi non posso mettermi a rileggerle tutte (con questo vecchio pc, dotato di un vecchio Windows e di ogni altra cosa vecchia che ci possa essere nell'informatica, sono ancora in balìa dei vari banner che ogni tanto si aprono.... davvero non posso reggere la lettura di 34 pagine per capire se ciò che vado a scrivere l'ho già scritto 10 anni fa... magari dopo il mio post qualcuno scriverà "era già stato postato qui" e vabbè!! Dovevate rileggervelo!! ) Comunque... si va. Dicevo nel topic dei prototipi camuffati per sembrare altro, i primi muletti del Tipo 4 furono delle Beta 2 volumi come quella bianca che ho postato l'altro ieri, ed iniziarono a circolare nel 1978-79. Le Trevi/Tipo 4 arrivarono dopo. Ora vado a citare il caro Roberto, attraverso le parole che mi scrisse anni fa tramite mail. I muletti realizzati con le Beta 2 volumi furono tre o quattro; Roberto onestamente non ricordava quanti furono quelli costruiti su base Trevi. Bisogna comunque tenere presente che i muletti non erano "congelati", ma venivano spesso modificati ed aggiornati in base alle necessità di prova e sperimentazione. Su questi muletti vennero provate e messe a punto molte soluzioni nuove quali i materiali usati (acciai alto resistenziali) per il telaio ausiliare anteriore ed i bracci delle sospensioni anteriori, l'aerodinamica interna del climatizzatore e delle prese aria motore, le sollecitazioni dovute alle dimensioni del parabrezza (sui muletti non era quello standard), l'alloggiamento, oltre ai test dinamici, delle varie motorizzazioni e la loro compatibilità con i vari accessori. Non era evidente, ma nei muletti passo e carreggiate erano diversi da quelli delle Beta/Trevi e spesso anche fra di loro. Moltissimo tempo (e migliaia di km) fu impiegato per dirimere la diatriba sulle sospensioni posteriori fra Lancia e Saab, che, ovviamente, si desiderava fossero unificate: la prima sostenitrice del suo schema a ruote indipendenti, gli svedesi assolutamente irremovibili dal loro assale rigido. Risultato: nonostante i test avessero riconosciuto la superiorità del sistema Lancia, in Saab svilupparono un loro pavimento posteriore con attacchi ed alloggiamento specifici per il ponte rigido (fu una delle poche parti di scocca non intercambiabili fra le due auto). La somiglianza del frontale degli ultimi muletti con quello definitivo della Thema era dovuta probabilmente anche alla necessità di modifiche per alloggiare gli organi meccanici ed i radiatori. Nel 1980 non c'erano ancora in circolazione prototipi completi della Tipo 4 Lancia perchè molte parti della struttura vennero definite solo all'inizio del 1981, quindi si andò avanti a "pasticciare" sui muletti già costruiti. Tornando a parlare in maniera più specifica del muletto Beta/4 bianco postato l'altro ieri, Roberto mi faceva notare (cosa che ho scordato di scrivere rispondendo a Giopisca poco fa) che la differenza che si nota riguardo il profilo in gomma (che è un po' più in alto rispetto a quello sulla portiera) non è solo per la posizione ma per la sua lunghezza. Invece di partire dal ripetitore laterale, esso inizia dopo il passaruota, perchè quest'ultimo è di diametro maggiore rispetto a quello della Beta di serie. Il parabrezza modificato (e i tergi "incrociati"): almeno due muletti furono allestiti con dei parabrezza modificati. Il profilo anteriore era ad altezza normale nella parte centrale, mentre lateralmente scendeva decisamente all'interno del cofano, insomma una specie di "greca", che serviva per verificare il comportamento del parabrezza (nella "4" ben più ampio che nella Beta) e della relativa cornice di sostegno. Posso ipotizzare che quel sistema di tergi, piuttosto inusuale su una berlina a quei tempi (ma anche oggi), fosse dovuto in parte alla necessità di montare qualcosa di diverso per via dei test che si stavano facendo su parabrezza e relativa cornice, ma anche alla sperimentazione del sistema in sè... il quale aveva certi vantaggi come la pulizia di una zona più ampia del parabrezza, e la possibilità di montare lo stesso sistema sia su vetture con guida a sinistra che con guida a destra. Il neo era il costo del meccanismo, un po' più complicato. Ora... riassumo qui tutte le immagini di questi mostriciattoli che rappresentano l'inizio della storia di un progetto che ci ha tenuto compagnia per moltissimi anni sulle strade. Alcuni di loro si possono vedere, anche se per pochi secondi, in una sequenza all'interno di un video caricato su youtube dal Centro Storico Fiat (o Archivio Storico Fiat? boh... sto bevendo una birra)e dedicato al lavoro dei collaudatori del Gruppo; ad un certo punto c'è una carrellata su un'ammucchiata di muletti/prototipi, parcheggiati in maniera che lascia intendere una fine assai vicina per loro, su un piazzale all'interno della pista della Mandria. Ci sono delle Thema con la carrozzeria definitiva, ed anche alcuni di questi "frankie". Sono un nostalgico malato di queste cose. Personalmente li avrei salvati tutti. Oggi sarebbero "tanta roba" da vedere all'HUB. P.s. quei cerchi, di cui dobbiamo ancora capire la provenienza, furono montati anche su dei prototipi Thema con la carrozzeria definitiva... allego in fondo un paio di foto. P.s. 2: notavo ora un dettaglio che si ricollega a quanto dettomi da Roberto anni fa, e cioè che il passo non era lo stesso (modificato) su tutti i muletti Beta/Trevi. osservando sia la Trevi qui sotto che il muletto bianco visto di tre quarti con i tergi incrociati, pare che questi due fossero modificati solo all'anteriore, con tutto l'avantreno (e parte della carrozzeria) Tipo 4, perchè la ruota posteriore sembra al solito posto. La Beta bianca invece sembra nascondere anche il passo effettivo della Thema.
  16. Anche se non si nota al primo colpo, passo e carreggiate di quella Beta sono stati modificati. Se confronti quella foto con una di una Beta standard noterai che la ruota posteriore è un po' più lontana dal taglio della portiera e che il suo parafango è un po' più sporgente, così come lo è, in maniera poco visibile da questa angolazione, anche quello anteriore, che è stato anche rimontato in posizione leggermente differente (nota il profilo in gomma che non combacia con quello sulla porta). I primi muletti Tipo 4 furono proprio delle Beta due volumi; le Trevi/Tipo 4 che conosciamo meglio furono costruite in seguito... ma qui si va ad approfondire la storia e quindi vado a cercare il posto giusto qui siamo pur sempre OT. Cioè, non esattamente OT ma si parla di un'auto in particolare e sarebbe meglio farlo in un topic a lei dedicato... ora vado a vedere se c'è.
  17. Il buon Roberto.C (non so se ci legge ancora) ci potrebbe spiegare velocemente il perchè di quei tergicristalli, così come lo spiegò a me anni fa quando iniziammo una fantastica corrispondenza dopo esserci conosciuti qui tramite il mio topic sulla genesi della Delta. Io lascerei volentieri la parola a lui, che ne sa molto più di me e soprattutto perchè ai tempi era coinvolto in tutto ciò... ma appunto non so se ci legge ancora. Lo spiegherò io, per quel che mi ricordo dei nostri dialoghi di parecchi anni fa. Se poi lui ci leggesse e volesse spiegare meglio, o correggermi se ho scritto una cazzabubbola, non potrei che esserne felice. Il problema è che per spiegare ciò dobbiamo addentrarci un pochino nella storia dei collaudi Thema... e andiamo un po' OT. Per cui chiedo, dato che son pigro (eccheccazz sior Abarth facci qualcosa pure lei): c'è già un topic Thema? Se c'è mi sposto "di là".
  18. Finchè non trova la sua testa ci può anche stare... l'importante è che non trovi quella di un altro! Comunque il problema lo risolviamo in fretta, certe foto sono sempre pronte all'uso! Spero solo che a questo punto veramente non si stia abbandonando troppo il tema "vetture camuffate per far credere di essere altro" (ad esempio le celebri Sr5 E34 con lo scudetto Alfa Romeo ) per piombare nel "frankenstein" Ne metto solo un paio: quella con il paraurti che non "funzionava" perchè già adagiato sul sedile posteriore, e la celebre Trevi stescion "Diesel o cambia tutto?" di Gente Motori. Ora che ci penso, una che calza a pennello c'è, e forse è la prima spy in assoluto del Tipo 4. Anche qui 4R scriveva che nel futuro della Beta c'era il diesel... Riguardando ora la foto della Beta "diesel" bianca mi spunta però una domanda: ma quei cerchi lì, che poi furono montati anche su alcuni prototipi di Thema con carrozzeria definitiva, di quelli camuffati con le pinne sul posteriore, di che macchina sono? (io la testa non la trovo nemmeno al pomeriggio)
  19. Personalmente non ho mai visto nulla, riguardo questa ipotesi, che si potesse identificare come "venuto da Torino", inteso come variante pensata "qui". In effetti pure io credo che avrebbe potuto soddisfare certe esigenze una versione del genere. Tipo quelle delle persone che in seguito hanno comprato le varie Agila, Wagon R e via dicendo, e magari hanno scartato sia Cinquecento che Panda perchè avevano solo due porte. Il conce di famiglia (che è ancora lì, nonostante tutto...) ricorda sempre che l'Agila, la prima Agila, è stata un bellissimo regalo. Vettura presa in giro spesso e volentieri per l'estetica, ma che è stata venduta assai bene, almeno qui dove i paesi "di una volta" su per le rive non sono pochi, ed erano abitati soprattutto da persone di una certa età, che magari non badavano tantissimo al fashion ma hanno trovato in quella scatoletta ciò che serviva. Lo spazio necessario, una larghezza contenuta ideale per infilarsi in vecchi passi carrai e garages di una volta, la praticità di una seduta comoda per chi ha qualche anno in più ("nell'Agila non si scendeva o saliva per entrare, il sedile era messo al punto giusto, e questo non sembra ma mi ha fatto vendere un sacco di auto"). La larghezza non esagerata era caratteristica anche delle Cinquecento e Panda, le quali però avevano solo due porte. Posso capire la Cinquecento, ma in effetti ho sempre trovato questa mancanza un grosso neo della geniale Panda di Giugiaro. Ispirarsi alla semplicità di una R4 o di una 2CV, e poi farla due porte. Mah. Costi, probabilmente. Filosofia torinese, anche... però.... Certe vetture, a cui a volte non si presta molta attenzione, per alcuni possono essere l'ideale. Ho un parente ad esempio che è stato molto contento quando ha trovato nella gamma Peugeot la 206 SW. Lui ha sempre guidato Peugeot e ha sempre avuto il problema della larghezza del box che è situato in un'abitazione di concezione molto vecchia. Dovendo cambiare l'auto, aveva apprezzato la 206 normale e aveva fatto una prova con quella di un conoscente, appurando che era possibile ritirarla nel box, ma si era bloccato perchè aveva bisogno di un po' di bagagliaio in più. Quando Peugeot ha tirato fuori la SW, gli ha dato la macchina perfetta. Personalmente devo dire di preferire la 124 coupè che abbiamo visto sul mercato... non la trovo riuscitissima al posteriore, ma amo il suo frontale. Sì, è il mitico Unone. Ho scelto una foto in bianco e nero con quell'atmosfera un po' "Torino nella nebbia del mattino" che è tanto romantica.
  20. 124 coupè molto provvisoria. Ogni tanto passiamo a trovare anche lei
  21. Mi pare sia così. Ricordo che quando vidi, in quel servizio di 4R, la foto che ho postato sopra e notai quelle che taaaanto tempo fa durante un pranzo parerista ribattezzammo "le orecchie di Dumbo" (ossia i due longheroni che scendono verso il frontale con quei due giganteschi fori) dissi "aaancora!" (insomma, questi... qui su 9000)
  22. Uhm... non so. Mi sembra di vedere proporzioni e dimensioni diverse, più piazzata e corposa di una Dedra che pur molto bella secondo me (sempre adorata) soffriva un po' (sempre secondo me) il mix lunghezza da tre volumi/altezza della Tipo/larghezza ferma a 170. Certamente sarebbe stata una classica e se vogliamo pure noiosa evoluzione, ma altri lo facevano e continuano a farlo, e possono anche prendere delle pernacchie sui forum degli appassionati, ma vendono. Non ho mai visto Lancia come un marchio che deve osare, parere mio ovviamente.
  23. In fin dei conti non credo si vada troppo lontano dalla realtà dicendo che come misure generali dell'engine bay la 166 fosse ancora una Tipo 4... s'è vista la fatica di infilare un 8V (che comunque come larghezza non era un 6L) nella Thema. Quei due "cosi" che spuntano là sotto la traversa in questa foto sono sempre una testimonianza inequivocabile del "da dove veniamo"
  24. Anche il mio è gratis. Infatti sono ancora povero nonostante tutto l'ambaradan che ho organizzato in casa negli ultimi 30 anni
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