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Ma ci mancherebbe Mazi, non pensare che abbia fatto quel post oggi in pausa pranzo per "suonartele" per quel che avevi scritto. Assolutamente. Parte che con persone come te mai mi passerebbe per l'anticamera del cervello, e poi credo che come al solito ci siamo capiti benissimo entrambi fin da principio. Infatti condivido i tuoi pensieri sulla 75. Alcuni suoi nei sono condivisi dalla sua erede, vedi gli interni ad esempio. Con obbiettività, non si può dire che la 75 dentro fosse bella (tralasciamo il ben fatta e robe varie, non buttiamola su montaggi e finiture altrimenti si apre un altro mondo... che è sempre il solito di mille discorsi ); aveva una plancia che pareva fatta di pezzi presi da 10 macchine (l'escalation di sezioni varie che si poteva apprezzare partendo dal bordo superiore del cruscotto per arrivare giù giù fino al cambio mi ipnotizza ogni volta che guardo quella plancia, perchè resto imbambolato a pensare "ma come si fa??" ) e anche fuori, era un'auto, secondo me, non bella secondo i canoni classici. Il mio parere è questo: molto valida in quanto eccellente opera di Cressoni nel rimaneggiare una Giulietta creando qualcosa di unico, tanto che secondo me è un'auto senza tempo. Forse perchè era già vecchiotta quando è nata, in linea generale, ma la sensazione mentre la guardo è sempre la stessa, anche oggi che ha 26 anni. La 75 è la 75, non inteso come "è il top del top", bensì "è lei e basta, se l'hai amata la prima volta che l'hai vista, la ami ancora oggi uguale" (parlando di estetica). Io sono uno di quelli. La prima volta che la vidi pensai "vecchiotta, cattiva e tremendamente carismatica" ed è la stessa cosa che penso oggi. Aveva nei anche lei come la sua erede, però ad aiutarti a superarli c'era il contesto. In primis la meccanica (e mi fermo qui, non andiamo oltre col dibattito ), poi c'era l'ALFA e tutto il bla bla che segue. Mi viene in mente il discorso che fece Lodola durante una delle nostre visite al Museo, parlando di Alfetta. "Finchè lo sprint era quello che era lecito aspettarsi, nessuno si lagnava di qualche finitura un po' così o di qualcosa che ballava. Allungammo i rapporti del cambio per quella scellerata decisione pro risparmio energetico. Dopo qualche mese cominciarono a saltar fuori lamentele sul rumorino, sul cassettino, sullo scricchiolio. Perchè? Perchè avevamo tolto una di quelle cose che facevano passar sopra agli altri difetti. Mancava in quel momento una parte della goduria e la gente cominciò a concentrarsi su altro notando cose su cui prima aveva sempre sorvolato alla grande e con piacere." Per 155 secondo me bisogna anche applicare questo ragionamento. La meccanica non era quella che gli Alfisti avevano ancora nel cuore. La linea era quel che si poteva ottenere date le basi. C'era un prodotto Alfiat a sostituire un prodotto ALFA. A quel punto, tutto ciò che di negativo poteva esserci, splendeva come un diamante nella teca di un museo. Con questo non voglio dire che Fiat non abbia le sue colpe riguardo questo modello. Anzi. Come ho scritto oggi, la "confezione" (come ha giustamente citato anche Maggio80) era pessima e svogliata. Dico solo che nella perdita di quel carisma che aveva la progenitrice, sicuramente la pochezza di certe cose è risultata evidenziata in maniera esponenziale. Del resto, anche 164 sostituiva, con un prodotto nato su base Fiat, Alfette e 90 dalle note caratteristiche meccaniche nel cuore degli appassionati. Tuttavia, la confezione, lo charme, il modo di porsi fu indubbiamente diverso e quest'auto è ricordata in modo diverso (ha sempre i suoi detrattori, perchè le cose sono lì' da vedere ed ognuno giudica secondo il suo gusto, com'è giusto che sia, ma è indubbio che venga ricordata anche da chi è Alfista in modo netto ma obbiettivo, come cosa buona in rapporto ai tempi e a come stavano andando le cose). @ vanny turbo ie: ce ne saranno altre di imprese del genere da raccontare, col passare del tempo. Ci fu un periodo in cui il Gianni praticamente ogni anno era là (come l'articolo citava all'inizio) con una italiana, fare un record. @ loric: Grazie mille! Sai, anche io mi sento vecchio quando scrivo queste cose; ho cominciato a sentirmi "vecchio" il giorno in cui, ad una fiera di auto d'epoca non ricordo quale, vidi negli stand auto che c'erano per le strade durante la mia infanzia e dissi a me stesso... "qui Paolo mi sa che è passato del tempo...", però lo faccio lo stesso, proprio perchè andare a riesumare, scrivere e condividere mi aiuta a ricordare e finchè porto avanti queste cose, proponendole anche a chi non le conosceva o a chi è venuto dopo, me le coltivo dentro anche io e mi sento meno vecchio
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Mi sembra che li facessero per un po' tutte le italiane, e che in alcuni casi fosse la Casa stessa a pensarci. Cercando la 164, ne ho incontrate diverse con dei fantastici inserti in legno chiaro cheeee.... non so chi li faceva ma
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Qui Bonneville, Utah: avvistata Tempra davvero molto veloce :D
nella discussione ha aggiunto PaoloGTC in Auto Epoca
Dopo avervi fatto star male con becere vicende ottantesche, vi sollevo il morale con la storia di un record tutto italiano. Faremo così la gioia di Nicketto fra gli altri, raccontandogli che il Tipo2-3 lasciò anche un segno speciale nella storia motoristica americana. Si. Sotto le sembianze di uno dei modelli più amati dagli Alfisti. La 155. :D:D Protagonista, insieme a lei, questo signore che tutti noi conosciamo, e per chi non lo conosce, aggiungo che si chiama Gianni Marin, direttore di Gente Motori “tempi d'oro”. Ma andiamo ad iniziare. Lascio la parola a Marco Mascardi e Bruno De Prato, autori dell'articolo. Daje col gas. La macchina è un'Alfa Romeo 155. Rossa. Targata MI 2W8039. Rugge nel sole e va. Non c'è quasi il tempo di leggerne la targa. Poi sapremo che è passata a più di 297 chilometri orari, esattamente 297,333. Ma, intorno, nessun vigile contesta l'eccesso di tutto: folle velocità, rumori e spruzzi. Gli spruzzi sono di sale, minutissime schegge sfaccettate che tagliano l'aria, briciole di luce. Ma qui il sale è a perdita d'occhio. Il panorama è così aperto che – unico luogo al mondo – si riesce a notare, lontanissima all'orizzonte, la curvatura della Terra. Il luogo e le cose hanno un sapore di mistero, d'incantesimo. Tutto è così lontano dalla realtà di ogni giorno che persino la sagoma familiare di un'automobile sembra celare chissà quale sortilegio. Ma non ci sono magie da temere. La bellissima () Alfa sta soltanto battendo un record mondiale sul mitico Lago Salato di Bonneville, nello stato dello Utah, USA. Al volante di questa strepitosa () “rossa”, legato da cinture – e altre sicurezze – siede Gianni Marin, direttore di questo giornale, ma anche più volte recordman mondiale sul Lago Salato con macchine italiane: la Tipo, la Dedra, l'Alfa 164 e, adesso, la 155. E, ogni volta, il suo primato è rimasto imbattuto, d'allora (è già nata una sorta di dinastia: guidata dal figlio Riccardo, una Lancia Y10 1.3 i.e. GT in edizione un po' speciale, è arrivata a toccare la punta massima di 176,402 km orari). Come si arriva – e perché? - a far sfiorare i trecento a una berlina, sia pure sportiva che, peraltro, può avventarsi a mordere i 225 orari, già così com'è? Intanto, è un fatto sportivo. Guidare sul Lago Salato è un'avventura bellissima. Anzi: unica. Non esiste un altro luogo al mondo simile a questo. Sulla superficie di sale purissimo l'attrito è ideale, e ideale è la scorrevolezza delle ruote. La superficie tuttavia non è perfetta. Sull'area di 17.600 ettari, pari ad altrettanti campi di calcio (o, se volessimo un paragone più insolito: pari a 440 campi da golf) è stata segnata – in un punto scelto perché assolutamente piatto – la riga nera lungo la quale corrono le macchine più potenti o strane o veloci, o leggere, o filanti del mondo. E' la Festa Totale della Velocità: qui, nel 1983, Richard Noble si avventò sul deserto di sale, spinse fino all'impossibile il suo incredibile veicolo che sembrava un proiettile da revolver, ingigantito da una qualche fantastica trasformazione, e riuscì a controllarne la corsa folle, fino a stabilire il record alla media di 1018, 447 sbalorditivi chilometri orari su due passaggi. Da allora, Richard Noble è l'uomo più veloce del mondo alla guida di un veicolo terreno. Nessuno ha più fatto meglio. La chiave avventurosa di questi tentativi di primato consiste principalmente nel fatto che i tempi registrati e validi sono due, uno di andata e uno di ritorno. In questa spianata biblica non manca mai il vento che, per la posizione della linea nera che indica la strada giusta, spira di lato. Per capire cosa significhi questo vento, basta pensare a quello che accade talvolta sull'autostrada, all'uscita delle gallerie. O sui viadotti. Per attimi terribili, la vettura sembra inguidabile, pare impazzita. Eppure, la velocità, in quel momento, è cauta e la tendenza è a frenare. A questo punto, proviamo a rovesciare la situazione: il vento è fortissimo, ma è fortissima anche la nostra velocità. Correggere la traiettoria sarebbe mortale, e frenare non si può. È tutta una manovra di resistenza alla spinta laterale, che i piloti da record conoscono bene perché hanno dovuto impararla a loro spese, ma non la rivelano volentieri, se non in parte. Parlano di leggerezza, di dolcezza di guida, di manovre lente per reagire all'inizio di scarrocciamenti (come si dice parlando di barche). Ma in sostanza dicono poco. C'è un motivo: la consorteria dei piloti da record ha tutta una sua religione. I più autorevoli sono quelli che scrivono il loro nome nell'albo di coloro che hanno saputo volare sul sale alla velocità minima di 200 miglia, più di 320 orari. Poi ci sono i primatisti, e sono tredici (e fra loro Gianni Marin, unico europeo), divisi per categorie, cilindrate e persino per il tipo di carburante usato. Nella lista c'è anche Pat Zimmermann, che ha guidato una vettura sperimentale a più di 322 chilometri orari. Pat è ingegnere e ha cinque figli. Soltanto che di questi bambini non è il padre. E' la mamma. Un primato mondiale sul Lago Salato dello Utah è una lunga operazione. La macchina dev'essere trasformata nel modo più particolare per renderla adatta a questa corsa, quasi un decollo, che ha cinque miglia di rincorsa, un miglio per battere il record e altre quattro miglia per una decelerazione che, forse, è la parte più pericolosa. Tutto dura pochi minuti, e ci si gioca tutto. L'Alfa 155 Q4 che ha battuto il record alla velocità di 293,307 km orari è stata preparata, potenziata, rifatta dall'Abarth e anche dall'Ufficio Tecnico che il Gruppo Fiat ha a Detroit. In partenza, la macchina aveva 190 cavalli che, per un motore di due litri, 4 cilindri in linea e 16 valvole, con turbocompressore, scambiatore di calore aria-aria e boost drive, era già un bell'andare, con una velocità massima accertata di 225 km orari. Cioè, era una 155 Q4 come si può comprare dai concessionari. Per la prova sul Lago Salato, sono entrati in scena i tecnici dell'Abarth. Quindi – trasferita la macchina a Detroit – la pennellata decisiva l'hanno data gli esperti dell'Ufficio Tecnico di Detroit, che vivono in America e sul record di questo genere hanno imparato tutto. Il potenziamento del motore è stato molto elevato: dai 190 cavalli di serie si è passati ad oltre 360. Si tratta quasi di un raddoppio, visto che il rapporto è di 1,89. Chiaramente, amministrare 360 cavalli non è un lavoro da niente. Lo sterzo è d'una leggerezza che allarma perché si sa per certo che un colpo di volante meno che lieve basterebbe da solo a farci saltare come fuscelli. Mentre la macchina vola sugli 80 metri al secondo, e il rombo del motore è pieno, mentre sibilano mille ruotismi in una sinergia disperata, bisogna stare al volante come se la vettura fosse ferma, in bilico su un precipizio. E tira vento... Al primo miglio siamo sul filo dei 289 e qualcosa. C'è solo da dare l'ultimo colpo di gas e sperare che tutto tenga. I quadranti rassicurano, pressioni e temperature sono del tutto normali. Si avverte, appena, la progressione della velocità, ma è un'impressione. La lancetta del contagiri guadagna lentamente terreno, al di sopra di certi segni blu, gialli, rossi. Per il motore, il rosso sarà certamente l'anticamera dell'inferno. La velocità sale, siamo sui 295. Non basta. Il vento si era già fatto sentire quando la macchina veniva avanti sotto i 250, poi era sparito. Ora, sopra i 290, si è rifatto sentire. E' un fatto personale, tra il vento ed il pilota, che lo fa scivolare di fianco, senza lasciarsi deviare. È una sorta di controsterzo al rallentatore, ma la manovra riesce. Al terzo miglio, i cronografi diranno: 297,333 orari è la velocità massima raggiunta. E questa è stata solo l'andata. Ora Marin è fermo, alza la visiera dal casco. Si guarda in giro, come sorpreso da tanta immobilità. Solo il vento sibila sempre più rabbioso. Marin è teso, stretto dalle cinture e dai manicotti che, trattenendolo per le braccia, in caso di incidente, dovrebbero impedirgli di essere scagliato fuori dall'abitacolo. A trecento all'ora, strisciare sulla superficie di sale, estremamente abrasiva, non lascerebbe speranza. Per radio gli danno due notizie: buona la prima, ed è quella dei 297 orari; l'altra è cattiva: si è alzato troppo vento, bisogna rimandare la seconda prova a domani. E' un guaio perché tutto era in temperatura. Anche Marin. L'indomani c'è il sole e poco vento. I tecnici scaldano il motore, mentre altri di loro controllano le gomme, che vanno gonfiate in modo assolutamente lontano dal normale. Un addetto pulisce parabrezza e visiera del casco con un'attenzione ossessionante. Niente deve creare riflessi inattesi. Marin studia il vento come un marinaio (non so perché ma io me lo vedo bagnarsi il dito e puntarlo in aria come faceva Boss Hogg per capire da dove arrivavano i Duke ). E fa il suo piano, consulta le tabelle. Il primato da battere è stato stabilito a 179,707 miglia all'ora, pari a poco più di 289 km orari (che come abbiamo visto ha già superato ma in un tentativo solamente e per omologare il record serve la media due passaggi). Non c'è molto margine, ma quel che c'è basta per sperare in bene. Sicuro e lento, Marin parte. Sa che a metà percorso c'è più vento. Dopo i primi 400 metri dall'inizio del tratto di rilevamento è arrivato ai 269 orari, più lento di ieri. Ma poi, giunto al primo miglio, ci arriva con un filo di gas più di ieri (poco sopra i 291). L'impresa di ieri è inutile tentare di ripeterla, le condizioni, purtroppo, sono diverse. Fermo il piede, tra il primo ed il secondo miglio, c'è solo un leggero calo, per pochi attimi, quando il vento arriva per un istante proprio di prua. Ma poi, alla faccia del vento contrario, tutto finisce come doveva. La media dei due passaggi è di 293,307 km orari. Record battuto con un margine che supera i quattro chilometri. A questi livelli, altro che i chilometri: qui contano i palmi. Qui sotto vediamo i cartellini dei due passaggi registrati ed omologati. Ora, dopo la cronaca del record, andiamo un po' a vedere di che pasta era fatta questa 155. L'Alfa 155 Q4, con il suo Cx di 0,29, costituisce, grazie a questa sua caratteristica aerodinamica, un'eccellente base per tirarne fuori una vettura da record di velocità assoluta, da impegnare sul lunare scenario della pista di sale di Bonneville. La scelta della versione Q4, come base da cui procedere per la realizzazione della vettura con cui abbiamo sfiorato di 300 orari, ha molte motivazioni positive rispetto alla eventuale scelta di una delle versioni a sola trazione anteriore, sia per quanto riguarda la capacità di mettere a terra la potenza che i tecnici dell'Abarth sono riusciti a ricavare dal suo due litri, sia per evidenti motivi di sicurezza, in quanto alle velocità estreme cui la vettura sarebbe stata spinta, l'autotelaio in versione 4x4 avrebbe garantito un comportamento più omogeneo e controllabile, come hanno avuto modo di dimostrare i test di collaudo e messa a punto finale condotti sulla pista di prova di Nardò prima che la vettura fosse imbarcata per la sua destinazione nello stato dei Mormoni. Il meticoloso regolamento in base al quale, tutti gli anni a settembre, gli appassionati della velocità assoluta ingaggiano sfide tuonanti sula magica pista di cristalli di sale ha iscritto la 155 Q4 di Gente Motori nella classe G/PS, in cui G indica la cilindrata fino a 2000 centimetri cubi, P sta per production, cioè vettura di serie, ed S sta per supercharged, cioè sovralimentata. Per quanto riguarda l'aspetto esterno, il regolamento è molto rigido e non consente alterazioni che avvantaggino l'aerodinamica del veicolo; appendici aerodinamiche possono essere applicate solo se incluse nella lista degli optionals disponibili da parte della Casa. Per questo, fortunatamente, la 155 di Gente Motori ha potuto godere dei vantaggi derivanti da un leggero “labbro” che amplia lo spoiler anteriore e di un alettone posteriore: ambedue infatti sono inclusi nella lista degli optionals installabili dal concessionario sulla 155. Non ci sono invece limitazioni per quanto riguarda la riduzione dell'altezza da terra del veicolo, a parte, ovviamente, la necessità di evitare interferenze con la levigata superficie su cui dovrà viaggiare. Conseguentemente, i tecnici dell'Abarth hanno provveduto a ridurre di 50 millimetri l'altezza delle sospensioni, che sono state debitamente irrigidite. L'abbassamento del corpo vettura e l'applicazione delle appendici aerodinamiche hanno comportato un incremento della qualità aerodinamica della 155 Q4 valutabile in almeno 0,03 punti di Cx, ma il vero vantaggio è stato quello di annullare completamente la portanza, sia anteriore che posteriore, ottenendo così un veicolo che si è rivelato sia più sicuro sia più dotato di aderenza al suolo. Il cuore della preparazione per un record di velocità, affinamenti aerodinamici a parte, rimane sempre il motore. Il quattro cilindri Alfa-Lancia da 1995 cc, bialbero, 16 valvole, turbosovralimentato costituisce una base di enorme affidabilità sulla quale i tecnici dell'Abarth hanno avuto modo, in anni di esperienza fatta nelle gare con la Lancia Delta, di raccogliere una somma di riferimenti che hanno consentito di andare a colpo sicuro nell'allestimento del propulsore da record. Il primo passo è stato quello di sostituire il turbo di serie, un Garrett T25 di piccole dimensioni (a suo tempo scelto dai tecnici Alfa Romeo in ragione della sua bassa inerzia e quindi della sua pronta risposta) con un ben più grosso Garrett TB 3-85, sicuramente più lento nel salire a regime, ma anche in grado di fornire una spinta di sovrappressione ben più elevata. Per accogliere degnamente il nuovo turbo e consentirgli di rendere al meglio, il collettore di aspirazione è stato debitamente rilavorato, maggiorando il diametro interno dei condotti. Inoltre si è provveduto a sostituire l'intercooler di serie con uno più grande, del tipo di quello impiegato sulle Delta Evoluzione dominatrici del mondiale Rally. Ugualmente, è stato rifatto il sistema di scarico, ricorrendo anche qui a tubi di diametro maggiorato, sia nel collettore che nel condotto finale, che è passato ad un diametro effettivo di 55 millimetri. A proposito del complesso di scarico, è interessante notare come i tecnici dell'Abarth abbiano preferito mantenere la soluzione ad uscita posteriore, anziché ricorrere a quella ad uscita laterale che, ovviamente, avrebbe comportato un leggero innalzamento da terra della linea della vettura. Il turbo di maggiori dimensioni ha fatto salire la pressione di sovralimentazione a ben 1,2 bar, con ottimo rendimento, sia per le maggiori dimensioni dell'intercooler, sia perché questo è stato completato con un sistema di spruzzatori d'acqua che ne migliorano ulteriormente le capacità di scambio termico e che intervengono quando la pressione di sovralimentazione (e quindi la temperatura della carica compressa) supera un certo valore. Per mettere il propulsore nella condizione di accogliere al meglio la superiore quantità d'aria che il nuovo sistema di sovralimentazione è in grado di introdurre nei cilindri, il rapporto di compressione è stato abbassato a 7,75:1, mentre sono state adottate le cammes della Delta Evoluzione da corsa. Ugualmente derivati dalla Delta Evoluzione da corsa sono stati i pistoni e le bielle. I primi sono di tipo forgiato (quelli di serie sono in fusione) e le seconde sono lucidate. Il complesso bielle-pistoni è stato associato ad un albero motore anch'esso di derivazione Delta Evoluzione da corsa, completo dello speciale volano in acciaio su cui agisce una frizione con speciali guarnizioni in metallo sinterizzato. Per mettere il complesso dell'iniezione nella condizione di fornire tutto il carburante che deve corrispondere all'incrementata quantità di aria compressa dentro i cilindri, è stata utilizzata una pompa di alimentazione maggiorata, mentre, molto più importante, sono state riprogrammate le EPROM del microprocessore che governa il tutto. Risultato finale: una potenza di circa 365 cavalli che si mantiene costante dai 6000 ai 6500 giri. Come si vede, un regime di rotazione relativamente basso, che non avrebbe potuto produrre punte di velocità da record se non si fosse provveduto ad adottare un rapporto di quinta marcia ben più lungo di quello originale (che è leggermente surmoltiplicato) con 36 denti nell'ingranaggio dell'albero primario e 33 nell'ingranaggio dell'albero secondario. In casa Alfa Romeo, tale rapporto era già disponibile sotto la forma della coppia di ingranaggi della quinta marcia del cambio della 164 TD. Le ruote, per regolamento, sono rimaste quelle di serie, come pure l'impianto frenante. Per ragioni di sicurezza, le viti che serrano le ruote sui mozzi sono state sostituite con prigionieri ed il bloccaggio è stato realizzato per mezzo di dadi, a loro volta dotati di sistemi di sicurezza che ne impedissero anche il parziale svitamento. Per migliorare l'aerodinamica delle ruote, il regolamento di Bonneville consente di montare i tipici dischi in alluminio tornito che annullano gran parte delle turbolenze. Sono stati montati pneumatici stradali Michelin nella misura originale 205/50 ZR 15, con il battistrada quasi completamente raspato, per migliorare il grip e, soprattutto, ridurre la resistenza al rotolamento. A questo scopo i pneumatici sono stati gonfiati ad una pressione di 3 bar. Tutti gli altri interventi, da questo punto in avanti riguardano la sicurezza, che nello sport motoristico americano rimane sempre un argomento prioritario. A questo proposito, prima di concludere, vediamo in dettaglio alcune specifiche riguardanti la dotazione di sicurezza appunto. Il sistema antincendio prevede un circuito di tubazioni e bocchette specifico per il pilota. Accanto al sedile del pilota è disposto il comando del paracadute-freno. L'abitacolo prevede ovviamente la gabbia di roll-bar Sparco e le cinture di sicurezza sono fissate ad attacchi ricavati posteriormente. Il vano motore ha ricevuto un rivestimento ignifugo ed ignifuga è anche la verniciatura del quattro cilindri. Il comando del bloccaggio della portiera è stato incapsulato per sicurezza, il bloccaporte era già stato disattivato in Italia. Il lunotto viene bloccato con barre di sicurezza. Per evitare che l'acceleratore rimanga a fondo corsa il pilota può richiamarlo con il fermapiede applicato al pedale. La sistemazione del già citato paracadute di frenata. ... ho finito. Anzi no. Spesso concludo i miei papiri sul vecchiume chiedendomi (e chiedendovi) dove saranno mai finiti oggi certi veicoli. Beh, questa non bisogna cercarla. Si sa benissimo dov'è. (scusate per la qualità delle foto) (basta andare a Legnano ) ... ho finito. Anzi no. Finisco ora, con questa foto-dedica personale, che potrà essere condivisa o meno ma io da parte mia la inserisco volentieri. Si potrà dire che già era giornalismo d'auto che faceva “il simpatico”, ma in periodi come questo, dove spesso si legge che bisognerebbe cercare di esser positivi nei confronti dell'Italia dell'auto e non dare sempre contro, beh io mi sento di dedicare un pensiero a questo signore, perchè con le sue innumerevoli e pittoresche avventure, spesso e volentieri ha portato a spasso con orgoglio, e anche un po' di sboroneria che male non fa, l'auto italiana nel mondo. ...ho finito. Anzi no. Scherzavo, ho finito, ho finito.... GTC -
Era proprio questo il senso del mio discorso, o meglio, del mio post. E' indubbio che queste cose oggi facciano sorridere, per non dire spanciarsi dal ridere; però, entrando nell'ottica, è amarcord. A quei tempi si facevano quelle cose, erano la moda in quell'ambiente, e se non lo fossero state, non sarebbero state realizzate comparative sulle riviste in modo tale che oggi si possano rivedere col sorriso. Quindi, non mi sento di condannarle. Oggi di certo nessuno di noi le farebbe più sulla sua auto, però se fossimo stati adulti patentati a quei tempi, forse molti di noi non sarebbero impegnati a scegliere gli stickers per la Mini o la 500, o i cerchi da 18 da montare su una media 1600 cc. (il discorso è lo stesso, come lo è il girare con una macchina che sembra un fuoristrada ma non lo è). Saremmo a decidere se sta meglio lo spoiler X o quello Y. Certo, molti che leggono potranno dire "ah no guarda, io non l'avrei mai fatto nemmeno a quei tempi", ma si sta ragionando con la testa ed il gusto d'oggi. Cosa ne sappiamo di cosa avremmo combinato sulla nostra Uno, Ritmo o Golf, se fossimo stati appassionati di tuning e patentati? Probabilmente può dirci con certezza cosa avrebbe fatto chi magari di anni ne ha 20 ancora più di noi ed ai tempi girava già in macchina. Ci dice che non avrebbe mai combinato robe del genere, ma appunto perchè non era un appassionato di tuning estetico. Se lo fosse stato, ragazzi, l'onda era quella. Magari fra 20 anni rideremo delle Case che mettevano le luci a led nei fari anteriori, però, se ricorderemo con obbiettività, potremo dire che in questo momento era quel che ci voleva per distinguersi.
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Grazie a te doctor per il contributo di memorie anche tu in quanto a divertire non scherzi mica. Il tipo Scandinavo alto un metro e una lattina di fanta non so perchè ma me lo vedo proprio però con gli occhialazzi scuri ci andava lo stecchino in bocca per essere al top
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Mi aggiungo a quelli che han cercato almeno una volta di farsi un quadro chiaro e netto del casino di marchi di quegli anni. Anzi, negli ultimi due anni mi è capitato tre volte di inciampare in tomi più o meno complessi che la raccontavano, e per tre volte mi ci son messo d'impegno a cercare di impararla. E' sempre finita che chiudevo i tomi e mettevo su un episodio di Supercar. per dirla alla maniera di Alex Drastico "mma ghemminghia me ne futt'ammia...", finivo così.
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Ah beh se me la mettete così mi costringete ad andare in archivio a tirare fuori qualche tonnellata di "Auto" dei tempi d'oro, quando in copertina ogni mese Hormann, Schnitzer, Hamann, Gemballa (R.I.P. che minxxia hai combinato non lo sapremo mai...) Strosek, Hartge e compagnia bella la facevano da padroni. Tanto che salvarono la rivista, sapete? Ricordo un dialogo personale con Diego Eramo (che oggi non è più ad Auto e non riesco a rintracciare, ma ai tempi c'era, anzi c'era già nel 1985 col primo numero) il quale mi disse che prima di cominciare a mettere tuning in copertina, erano veramente nei casini. La rivista non vendeva e pensavano che di lì a poco avrebbe chiuso baracca e burattini. Poi ebbero l'idea di sbattere in copertina una truzzata 80-90, e fu il botto.
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si mi sa che questa, tra ammeniccoli vari e cerchi Delta HF 16v, non è mica tutta di serie. Un minuto di raccoglimento per quella marmitta, che sempre resterà impressa nei secoli dei secoli, come uno dei dettagli più belli realizzati nella storia dell'automobile. :muto:
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Già, in effetti potremmo discutere anche sul tipo di foto :lol:
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Come queste? cercando un'immagine mi sono imbattuto in un forum, che si chiama Autopareri dove nel 2005 (mentre io cominciavo a cazzeggiare in bro bro e non conoscevo ancora questo luogo di perdizione) un utente che si chiama Abarth03 le linkava come serie speciale del 1986. Non mi ricordo che nome avevano. Mi viene in mente solo la Palinuro ma era ben differente come livrea.
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Ma devi guardarle in ottica paninara :lol: (oh, piano con quella compilescion di schiaffazzi... ) Devo dire comunque che a tutte manca un dettaglio QUALIFICANTE. Ai tempi un mio paesano l'aveva piazzato sulla Regata 70, appena sotto la mascherina. La fila di luci rosse che imitava lo scanner di Kitt. Senza quelle non eri nessuno.
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e io quoto te anche perchè parlando di Beta, beh... la berlina è quella lì, non l'ho mai vista come una gran bellezza. La Trevi, babba bia. La coupè... boh ho incontrato tanti che la apprezzano ma io guardandola, con quel sedere arrotondato sui fianchi a sembrar grasso e cose che mi davan fastidio come i fari posteriori, strani sedili e volanti, l'ho sempre trovata, scusate, "sfigata". L'HPE in quella gamma trovo che sia stata una gran bella pensata. Non so però ora, cercando di ricordare, se abbia avuto successo o meno. Effettivamente non ne ho mai viste molte in giro....
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Te sei nato nell'epoca sbagliata
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Uè Seb questa si che è diventata una rarità ormai. Correggetemi se sbaglio, la TI era un 1600 sui 100 cv vero? (il lunotto più grande che sia mai stato realizzato per una 2v penso )
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Eccoci al secondo topic (anch'esso di secondaria importanza direi) terribilmente ottantesco. Si parla di quel tuning che io definisco “wild boys” vista l'epoca. In questo caso lo vediamo sfogarsi sulla Fiat Uno. Presento quindi un trio di kit estetici che oggi fan sorridere ma evidentemente in quel 1984 erano roba “trooooppo giuuuusta”. Ecco quindi la Uno di Bubble Car. Anzi no, prima... atmosfera. ecco, adesso possiamo partire. La Uno di Bubble Car. Ovviamente il leit motiv era rappresentato dai quattro fari rettangolari (li appiccicavano su ogni genere di auto), qui accompagnati da minigonne, codolini, cerchi in lega e paraurti originali ma ridipinti in tinta carrozzeria. Questa Uno però è strana, sembra incompleta. Mentre sul paraurti posteriore ci sono codolini applicati per raccordarsi a quelli dei parafanghi, all'anteriore questo componente manca. Spero che fosse un'auto incompleta, perchè anche nell'ottica del tuning ottantesco, vista frontalmente è un altro calcio nei colli oni. Però devo dire che, pur nell'ambito del buon (cattivo) gusto anni '80, gli interni mi garbano. Per l'epoca credo che fossero un bel vedere (ovviamente per chi apprezzava queste cose). Passiamo ora alla Uno interpretata dalla Helvetia. Orribile a mio parere. Avrebbe avuto almeno bisogno di distanziali, e forse li avranno anche proposti. Lo spero! Tutto quel plasticume creava un effetto ruotine non da poco. Otto fanali all'anteriore nella seconda proposta... io ne avrei messo ancora qualcuno. Ora vediamo la Uno by Personal. Quella imho più digeribile, accettabile. Come mai? Beh, era opera del Giugi. Un kit estetico Personal da lui realizzato, lavorando sul gioiellino di stile che da pochi anni aveva sfornato. Evidentemente aveva cercato di restare nell'ambito delle cose gradevoli. Dopo le goduriose immagini di kit estetici ottanteschi per l'erede del 127, passiamo a qualcosa di più succoso. Si perchè siamo nel 1984, la Uno è fuori da un po' ma la Turbo ancora non c'è, e quindi nel torinese troviamo chi, oltre a metter mano sull'estetica della compatta torinese, decide di guardarla a cofano aperto e dire “vediamo che sai fare”. Passo la parola ad Autocapital. A questo punto si entra decisamente nel mondo delle minibombe dove il turbo scende in campo con le sue potenze da circuito. Un vero specialista del settore è l'avvocato torinese Roberto Loy (mmmh....), grande appassionato di elaborazioni su motori di serie e titolare dell'officina Rob-Motor. Questa è la “sua” Uno. (che secondo il mio parere, tra interni ed esterni, seeeempre nell'ambito del truzzing eighties, è la più riuscita) Loy propone tre elaborazioni turbo: -la prima parte col montaggio di un solo carburatore doppio corpo Weber e dei relativi collettori di aspirazione; si lascia l'albero a camme originale ma si sostituiscono le valvole di scarico e di aspirazione e naturalmente si monta il turbo, un Roto-Master (Usa) con valvola waste-gate Rob-Motor, valvola limitatrice di pressione Malpassi e pompa della benzina elettrica. A tutto ciò vanno aggiunte le modifiche all'assetto della vettura e i freni da sostituire. Le Uno così elaborate guadagnano circa 50 cv mentre la spesa è di 1,8 milioni. (ovviamente si sta parlando del 1301 cc) -se i cavalli non bastano, la Rob-Motor calca la mano e alla preparazione appena esaminata aggiunge la lavorazione della testata con relativi interventi descritti nella prima fase di elaborazione e uno scambiatore di calore Langerer. Con una spesa globale di 850 mila lire si guadagnano quindi altri 30 cv arrivando a quota 80. -per chi infine vuole fare l'autostrada Milano-Roma a tempo di record e non vuole prendere l'aereo, Loy gioca tutte le sue carte proponendo un'elaborazione capaci di portare le Uno a 220 cv a 7 mila giri al minuto. Si parte dalla preparazione appena vista ma per prima cosa si alleggerisce l'albero motore, si equilibrano le bielle, si monta un carter secco dell'olio con relativo radiatore dell'olio da sette kg; si monta inoltre una frizione sinterizzata e si sostituisce il cambio con quello a cinque marce della Ritmo 105 TC (con i rapporti al ponte della Regata). Completano il tutto l'accensione elettronica e una centralina elettronica denominata Turbo Control System, capace appunto di controllare l'alimentazione e l'accensione ritardando l'anticipo ed evitando il battito in testa con conseguente rottura immediata del cielo dei pistoni. Questa centralina è dotata al cruscotto di un pulsante di disinserimento (per la guida a basse andature). Nell'abitacolo si monta un pirometro capace di misurare la temperatura dei gas di scarico, il manometro e termometro dell'olio ed il manometro del turbo. Si sostituiscono i cerchi con dei Compomotive in lega, componibili e si montano dei Pirelli P6. Il jet a quattro ruote è pronto, basta solo pagare il conto di 4,5 milioni di lire a cui vanno aggiunti gli altri 6,5 milioni per le operazioni necessarie già elencate. Loy assicura che, senza voler esasperare il turbo, si possono raggiungere i 228 km orari con un'accelerazione da 0 a 100 km orari in 5,8 secondi. Chi ha la Ferrari è avvisato. Fine “wild boys, wild boys, wild boys...” :mrgreen: p.s. Giusto per curiosità, l'indirizzo della Rob-Motor era Via Macedonia 32, 10092 Collegno (TO). Sono andato a controllare ed esiste ancora. Il web però riporta come proprietaria una signora, oggi. Mi chiedo anche se per caso... avvocato, torinese, scritto un po' Loy un po' Loi... non è che per caso... c'è qualcuno che ha un passato “scomodo”?
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Se questo ti sembra un tuning da quattro soldi, aspetta di vedere cosa sto per proporre nel nuovo topic Comunque concordo. L'ho riportato non per elogiarlo bensì per mostrare a chi non c'era e ricordare a chi invece c'era, che si faceva anche questo. Alcuni tocchi li condivido, come la modifica ai plasticoni sui montanti posteriori, altri molto meno. A partir dal fatto che se si trattava di voglia di ringiovanirla, io i cerchi sia come disegno che come dimensione li avrei cambiati. Anche se credo che il discorso di ringiovanimento sia venuto fuori più che altro dalle impressioni di chi scrisse l'articolo che dall'obbiettivo che aveva Trussardi. Credo che lui volesse più che altro interpretare, senza mirare a rimodernare un'auto o invecchiarla, la Beta dal suo punto di vista di stilista, con tutti i pro ed i contro dati dal gusto suo e dell'epoca in generale, che ovviamente, oggi, passati decenni, appaiono decisamente fuori tempo. Detto questo, il lavoro in generale è deprecabile dal mio punto di vista perchè l'auto per me è bellissima com'è, è l'unica Beta per cui spenderei dei soldi se potessi.