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PaoloGTC

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  1. Qualche 75. Le foto come la prima, quando sono della 75,mi piacciono un sacco...sfocate, b/n, sgranate, coi cespugli in mezzo.. veramente poetiche
  2. A distanza di qualche tempo ritorno sulla questione Uno-Panda Super per mostrare la figuraccia che fece GM all'epoca nei confronti di 4R. Antefatto: abbiamo già visto in precedenza come, giustamente, 4R aveva riportato foto della Uno camuffata da Panda indicandola con ragione come la Uno... con una simpatica camuffatura stile Panda. Antefatto dell'antefatto: GM doveva avere qualche sentimento represso fin dai tempi in cui tramite le pagine di Gente, aveva mostrato la "1000" dell'Alfa (Alfasud, le foto del muletto nero Hruska guidato da Chirico, il quale le ha riportate nel suo libro) per poi essere oggetto di "tirata d'orecchie" alla lontana da 4R che nel suo servizio "La VERA Alfasud" faceva notare come "qualcuno" avesse preso una cantonata. GM così un bel giorno, se ne esce con questo articolo che posto, dicendo a sua volta che "qualcuno"... ha fatto passare la Panda Super (auto mai nata, intesa non come allestimento ma come quella che "sognava" GM) per la Uno. (e sarebbero le foto di 4R di quella color azzurrino appunto). GM voleva mettere le cose in chiaro, e con queste pagine fece la sua bella figura di... Aprì le danze con questo fotoritocco della Uno. Che era ricavato da questa foto. Giusto, dire che era la Uno. Un po' meno giusto, invece, scrivere quello che si legge qui sotto, nell'articoletto. In pratica... "4R ha preso una cantonata... questa è la Uno, non la Panda Super, la Panda Super ve la mostriamo noi a pagina tot." (ma quale panda super????? :D) In poche parole GM sosteneva dell'esistenza di questa Panda Super, e diceva che 4R l'aveva scambiata per la Uno. Così', seguendo l'indicazione di questo articoletto.... Si andava a pagina 101.... e si leggeva questo... Insieme a queste foto... Cioè, accorgersi che è la stessa macchina, che 4R ha detto il giusto, che la Panda Super ve la siete sognata solo voi a GM, e stare zitti, no eh? Fossi stato io in redazione Domus avrei telefonato a Marin e avrei detto... "chi è che non capisce niente qui??"
  3. Nuovo arrivo nella carrellata di prototipi mai realizzati... senza stare a descrivere il tutto, faccio prima a postare sia la foto che l'articoletto che la riguardava, da GM.
  4. Ritornando sul progettone Tipo4, ho ritrovato le due famose foto del T4 by Lancia alle sue prime passeggiate, sotto forma di Trevi ibrida. Ne avevamo accennato, di queste foto di GM... eccole qui. Spettacolare la fusione fra parafanghi Thema e Trevi... Inoltre un'ulteriore immagine di un tipo di muletto già visto in precedenza... di quelli coi fari posteriori Gamma.
  5. Beh alla fine il danno non ha cambiato i progetti... cioè era una cosa prevista in quanto Kitt come lo vedi in questo filmato non era ancora finito... aveva già le parti essenziali come replica, ma era sulla base di una TransAm che di carrozzeria non era precisamente quella giusta... dovevamo fare diverse modifiche comunque per completare la replica e queste comportavano la riverniciatura... ora però non vorrei andare OT... magari in "Americane" apro un topic e ne parliamo un po'.
  6. Ora che mi ci fai pensare nel corso degli anni qui e là mi era sembrato di vedere esemplari con targhe di quei paesi, tutte in tinta. Pensavo fossero modifiche artigianali... non sapevo di questa versione. Ma anche dentro differiva? I brividi c'erano già prima... ora che conosco qual'è il posto, sono solo aumentati.
  7. Infatti, si intravvede a malapena che sotto il mascherone anteriore c'è un cofano col becco... dal foro tondo centrale. Loro però alla fine un po' aiutavano... tutta mascherata... non vedo perchè usare il nastro chiaro per definire la porta posteriore... anche ammesso che sia apribile (e non saprei)... usare un po' di nastro nero sui bordi per tenere i camuffi non era meglio? Alla fine qualche caramella ce la regalavano...
  8. Anche tu non scherzi quando si tratta di andare a toccare certe corde... questo video mi ha commosso. La canzone di Gianni poi è il tocco finale. Due domande... dove entra alla fine? E... nel testo sulla sua storia, mi sfuggono le due foto della rossa completamente in tinta... di che versione si tratta, è una modifica?
  9. Credo che nella maggior parte dei casi sia olio ed in generale comunque... niente di buono.
  10. Di quello non si è lamentato tanto... però le sue parolacce le ha dette lo stesso a fine giornata, al momento di levarle. Non essendo lui purtroppo dotato di MBS (Molecular Bonded Shell... termine con cui la Fondazione definiva la corazza molecolare)... è successo che al momento di levarle.... il sole, il caldo torrido, e la carrozzeria nera... abbiamo scoperto che non venivano via più. Si erano fuse ed incollate. Morale... KITT dopo due settimane è stato riverniciato.
  11. Passato alla pensione ormai da anni, Kitt si ricicla per i matrimoni. Sono un po' sborone... ci sono anche io all'inizio...(uno dei due bodyguard quello coi capelli castani... dopo la partenza ho filmato io... e si vede, scusate la qualità, non sono un cameraman ) P.s il tema musicale iniziale è di Knight Rider 2000, il film del 1990... la canzone invece è di David Hasselhoff... quando cantava queste cose.
  12. Uh che belle foto che ci sono, grazie mille bialbero! Molte persone mi sorridevano quando lo dicevo... ma sono uno di quelli a cui l'Alfa 6, proprio così come è, piace. Drammatica nel suo styling "vecchio", e col suo carattere. Oh che ci devo fare... a me piace. Intanto posto qualche altro muletto.... ma siamo in tempi piuttosto recenti. Uno dei primi (orribili) 166, la zona è Balocco, vicinanze della pista. Uno delle fasi finali... (pessima qualità di foto... era molto piccola... mannaggia questa mania di 4R di oggi di mettere PS enormi e muletti grandi come francobolli) Sulla pista, "in black". Questa invece è scattata nei cortili dello stabilimento, credo... Le prime scocche. E chiudo il post con un trio sulle fasi finali della 147. (qui vado un pelo fuori Balocco... confrontandola con altri muletti Fiat, mi sa che siamo alla Mandria)
  13. Comunque mi sa che Huckfeldt ci prende parecchio in questa.... non dovrebbe essere tanto diversa... e da possessore Opel sono per il "ni". La reputo migliore della 5p di ora, la quale però aveva un po' più di carattere, insomma la riconosci da lontano... questa nuova, sembra tante cose.. sicuramente Opel ha ripulito un po' lo styling... come per Insignia per esempio anche qui spariscono i parafanghini riportati in lamiera che sono 15 anni che li mettono, a partire dai plastichini che sbiadivano sulle Corsa B. Era ora di basta. Però.... non mi fa gridare al miracolo. Ho notato che adotterà i tergi tipo Zafira, che dal centro aprono verso i lati. L'interno visto in altre spy sembra molto Insignia, (un po' più poverello ovviamente) e quindi carino. Non si vedono ancora muletti del nuovo GTC... spero (ma ho i miei dubbi) che non sia solo un 3p di questa. Qualcuno tempo fa diceva che la sua carrozzeria sarebbe stata nuovamente cosa dedicata... lo spero. Altrimenti questa che ho ora, rimarrà superiore ancora per un bel pezzo.
  14. Mamma che mal di testa mi è venuto a guardare questi interni. Un po' più di particolari no? Io avrei calcato ancora un po' la mano col design.. è troppo semplice :D Bello il tunnel alto 90 cm stile "te che sei di fianco, chi sei? non ti conosco"... non solo non puoi più fare il piedino alla sfitinzia (come si diceva negli 80... cioè quando hanno cominciato i collaudi della Saràvera ) che hai abbordato... ora è difficile anche metterle una mano sulla coscia. Preferivo la 126 di mia nonna dove potevi spostare il piede sull'acceleratore e schiacciarglielo più di quel che faceva lei... così lei urlava a me e al mio cuginetto "ragazzi tenetevi forte la macchina è impazzita!!!". Altro che Saràvera...
  15. Ricollegandomi alle foto del muletto Alfa 6 postato più sopra e all'accenno sulla sua genesi che ho fatto l'altro giorno, riporto il testo dell'articolo che fu pubblicato da Gente Motori e che riguardava appunto la sua tormentata nascita. Non ci sono foto, perchè non vi sono muletti. Vi sono delle varianti di design, che semmai si potrebbero postare in "Mai nate" ma prima di postarle ho bisogno di chiarire una cosa in pvt. Pertanto, ora eccovi il testo. Da Gente Motori. (citandolo ricordo che ci potrebbero essere delle inesattezze riguardo la storia "reale"... non che voglia dubitare del lavoro di GM di allora.. però sapete bene tutti che i giornali non sempre sanno tutto neppure loro) -- La nuova Alfa Romeo a 6 cilindri riportava l'industria automobilistica italiana in un settore dominato da anni dai costruttori esteri. Fu quindi un atto di coraggio, il segno tangibile delle capacità tecnologiche italiane. E, questo, andava detto. Ora mi interessa soprattutto richiamare l'attenzione sul retroscena umano. La presentazione dell'Alfa 6 infatti, segnò per i tecnici e le maestranze che l'avevano concepita, messa a punto e realizzata, la fine di una fase di lavoro molto importante durata complessivamente cinque anni. Impegno tecnico a parte, non si può certo dire che quel periodo di tempo fu facile per gli uomini Alfa. Oltre al diffuso clima di incertezza sociale, le pesanti difficoltà economiche della Casa e lo smarrimento provocato da rapidi mutamenti ai vertici aziendali non avevano certo avuto un peso positivo. Ciononostante i ritardi non riuscirono a bloccare la nascita di questo modello, e credo che questo sia stato possibile grazie all'impegno di tutti. Ai tempi, infatti, si sapeva che l'Alfa Romeo impiegava, in situazioni di normalità, circa quattro anni per “generare” un nuovo modello, e si deve pure tenere presente che nello stesso periodo era stata progettata e messa a punto una vettura come la Giulietta, di importanza vitale per la Casa di Arese. Sulla nascita dell'Alfa 6 tante cose sono state scritte, e non tutte confortate da fatti reali. Per questo, abbiamo deciso di riprendere più ampiamente la storia della “119-Alfa6”. Questa storia ci riporta indietro di 11 anni rispetto alla data di presentazione. Allora gli stilisti dell'Alfa stavano elaborando le prime proposte estetiche del progetto “118”, una vettura tipo berlina con motore a 4 cilindri di 2200 cc., che avrebbe dovuto riconfermare la presenza Alfa Romeo nel settore “2 litri” situandosi al di sopra della 1750 berlina. Il gruppo “Stile”, in base alle caratteristiche di massima descritte nel “Capitolato 118”, aveva disegnato una berlina di generose dimensioni esterne, tradizionalmente impostata secondo la linea a tre volumi. I figurini non convinsero e il partito degli oppositori al “progetto 118" divenne ben presto maggioranza. Inoltre, i tecnici progettisti del motore, denominati anche scherzosamente “i puri”, avevano sempre osteggiato l'idea di un motore a 4 cilindri, con cilindrata unitaria superiore ai 500 centimetri cubi. A loro presto si unirono i “commerciali” che, visto il successo della 1750 berlina, cominciavano a considerare di buon occhio una versione di “2 litri” sullo stesso corpo vettura. Gli “amministrativi” controfirmarono questa ipotesi che permetteva loro di non impegnare grossi capitali nella progettazione di una nuova carrozzeria. Fu la fine, prematura, della berlina denominata “118”. I contrasti tra “favorevoli” e “contrari” non erano però terminati. Anche per raggiungere una sorta di compromesso, fu deciso di iniziare la progettazione di un propulsore a 6 cilindri di 2200 cc., da utilizzare sulla scocca “tipo 118” modificata e aggiornata nei particolari. I tecnici si misero subito al lavoro. Alla fine del 1970, ecco il “6 cilindri” sulla scocca modificata della vecchia “118”. Che fosse vecchia se ne accorsero tutti. Gli stilisti dovettero elaborare una nuova linea più adatta, esteticamente, a sostenere il ruolo dell' ”ammiraglia a sei cilindri”. Preparata tra il '71 e il '72, questa vettura, che riprendendo le prime tre cifre della sigla del motore (119.00) veniva denominata “119”, non risultò in linea con i tempi. Già si ventilavano possibili limitazioni fiscali alle vetture con cilindrata superiore ai 2000 cc. Qualche mese più tardi, i “commerciali”, lanciatissimi sull'onda dell'enorme successo registrato dall'Alfetta 1800 e dell'ottimo andamento commerciale della 2000 berlina, si sentirono tanto sicuri da chiedere che tutte le forze fossero impegnate nella produzione della gamma esistente, in modo da poter far fronte alle pressanti richieste del mercato. Il primo “progetto 119” di cui ancora oggi (ai tempi ndGTC.. ora non saprei) si conserva al Museo Alfa il modello in gesso e legno (lo styling ricordava molto le linee della 2600 Sprint disegnata da Bertone), si concluse con un nulla di fatto. Solo nel 1973, i “commerciali”, con un notevole atto di coraggio, dati i tempi, cominciarono una vasta ricerca di mercato. L'obbiettivo fu quello di determinare quale fosse nei quattro principali mercati europei, il cliente “fino a 6 cilindri”. Si cercava insomma di chiarire se fosse il caso di sviluppare un nuovo progetto per offrire un'alternativa Alfa Romeo alla fascia di utenti delle “oltre due litri”. Dai risultati di queste indagini nacque il progetto “Alfa 6”, che dagli addetti ai lavori venne chiamato ancora “119” perchè non erano cambiate le prime tre cifre della sigla del motore (119.13). Gli stilisti elaborarono i primi schizzi nella primavera del 1974:è questa la vera data d'inizio del progetto. Non vi furono, all'inizio, particolari problemi. Tradizionale, classica, sobria: erano le tre qualifiche che ispirarono la linea “119”. La forma a tre volumi, coi cofani ben delineati dal corpo centrale vettura, era chiaramente l'unica che potesse sostenere l'immagine tradizionale e classica. Ma la sobrietà era qualcosa di difficile da esprimere, e c'era il rischio di cadere in un prodotto poco originale o anonimo. Il tema dato agli stilisti intanto si arricchiva di nuovi valori. Ai 2,6 metri del passo e 1,4 metri circa di carreggiata, si aggiungevano le specifiche sull'ingombro dei gruppi meccanici: in particolare, il propulsore doveva essere previsto con cambio disposto anteriormente in asse con il motore, sia nella versione meccanica che in quella automatica. In un primo momento, infatti, l'esperienza costruttiva iniziata con l'Alfetta aveva portato i tecnici ad insistere sullo stesso schema “transaxle” con motore anteriore e gruppo cambio-frizione-differenziale posteriore. Accadde però che il pesante condizionamento che il gruppo cambio dava all'abitabilità posteriore, le capacità di erogazione del motore (che nella versione di 2500 cc disponeva di almeno 60 cavalli/litro) che rendevano inadatti i cambi già disponibili, e la mancanza di particolari necessità di aumentare il peso gravante sull'asse di trazione, convinsero i tecnici a rinunciare allo schema “transaxle”. Seguendo la tradizione Alfa Romeo, fu operata la scelta della larghezza e quindi della sezione frontale. Nei limiti del possibile, con l'esigenza di abitabilità, la larghezza della vettura venne contenuta in 1,7 metri per non gravare sulla sezione frontale, che è la prima responsabile del risultato aerodinamico. In questo modo, si dava preferenza allo sviluppo longitudinale dell'abitacolo e della vettura ottenendo una buona agibilità posteriore e un coefficiente Cx più basso (in quanto tende a diminuire con l'aumentare della lunghezza del mezzo). Settembre 1974: in una delle consuete riunioni aziendali, vennero selezionati alcuni schizzi di stile che più di altri sembravano interpretare l'immagine ideale della nuova vettura. Di norma, gli schizzi prescelti vengono lasciati “a riposo” per alcuni mesi e poi riesaminati per constatare se la loro validità non fosse dovuta solamente ad una prima impressione, alla stregua di ciò che accade quando si tende a sopravvalutare le qualità di un motivo musicale molto orecchiabile. Mentre i primi componenti meccanici, fabbricati con mezzi artigianali dai reparti “esperienze” venivano messi alla prova nelle officine e nei laboratori, il reparto stile sviluppava diversi temi estetici. Si cercava soprattutto di definire le linee di raccordo del padiglione e delle fiancate il cui disegno doveva rispondere a quel famoso concetto di sobrietà. La soluzione più idonea venne trovata moderando l'angolo di inclinazione del parabrezza, che non doveva diventare sfuggente elevandosi fino ad un altezza massima da terra di circa 1,4 metri. Si modellò quindi il padiglione con un'ampia superficie, leggermente convessa, smussata sui bordi, che discendeva percettibilmente sino all'asse posteriore, a cavallo del quale era seccamente tagliato dal montante. In questo modo la superficie vetrata veniva a snellirsi procedendo verso il posteriore, e tutto il corpo vettura assumeva un moderato slancio. La linea della fiancata, in armonia con il padiglione, doveva discendere lievemente a partire dall'attacco del parabrezza fino a chiudersi nella mascherina anteriore; si manteneva poi sensibilmente orizzontale nella linea di cintura, interrompendosi alla base del montante posteriore, a un livello di circa 6 cm più basso rispetto alla congiungente lunotto-cofano bagagli. Questa soluzione, molto usata in tutta la produzione Alfa Romeo, consentiva di avere migliori capacità del bagagliaio e in particolare per la “119” permetteva di chiudere il cofano posteriore con una linea discendente dall'attacco del lunotto, all'ideale proseguimento della linea di cintura. La fiancata, dapprima solo bombata e liscia, veniva sottolineata da un diedro più marcato. L'unione delle due diverse superfici superiore e inferiore, dava così maggiore risalto al motivo discendente dei cofani e contribuiva, snellendoli, a rendere più equilibrata la disposizione dei volumi. In omaggio alla sobrietà della linea, era questo l'unico motivo stilistico presente. I primi mesi del 1976 furono decisivi per la “119”. Da ormai un anno, “innocenti” 1750 berlina camuffate con grosse ruote a 5 bulloni e cofani bombati, percorrevano migliaia di chilometri, provando e riprovando tutto ciò che era possibile. Affiancate e successivamente sostituite da prototipi specifici più vicini alla soluzione definitiva, queste strane vetture furono viste (e spesso fotografate) su pista e nelle zone più impensabili, dal massiccio africano dell'Atlante al Circolo Polare Artico. Anche gli stilisti, ormai rotti gli indugi, avevano realizzato il primo modello in gesso e legno della “119” e l'avevano rapidamente trasformato in un prototipo in lamiera chiamato, chissà perché, “Alfa Romeo 33-B6”. Fu a questo punto che ulteriori informazioni vennero dagli esperti di mercato: “tradizione” significava anche che la “119” doveva avere un'aria di casa, facilmente riconoscibile, e ispirare non aggressività, ma imponenza, forza, robustezza. Questa variazione non fu bene accolta dagli stilisti che stavano lavorando intensamente alla definizione dei particolari esterni. La personalizzazione Alfa Romeo non era difficile: uno scudetto sulla mascherina e una coda alta e tronca già “alfizzavano” l'estetica della vettura; inoltre le stesse mani e le stesse menti avevano lavorato pochi anni prima sull'Alfetta, e come marchio di fabbrica era sufficiente. Maggiori problemi dava il concetto di imponenza non aggressiva. Alla fine, prese forma un'idea-trucco che risolse la situazione. Venne infatti deciso di allungare la vettura prolungando lo sviluppo dei cofani anteriore e posteriore, terminandoli con un taglio non secco, bensì con un accentuato smusso. L'idea-trucco prevedeva di sostituire i raccordi morbidi con smussature piuttosto ampie ed evidenti a loro volta raccordate con raggi brevi sulle superfici di innesto. Ne derivava, specie nel frontale e nella coda, un aspetto più quadrangolare, massiccio e in definitiva imponente. Su questa impostazione si trovarono favorevoli tutti i tecnici che, estetica a parte, ne apprezzarono gli evidenti vantaggi funzionali. Miglioravano il Cx, da 0,421 a 0,419, e la portanza, che ottimizzavano le caratteristiche di sterzo e di assetto della vettura. La maggiore spaziosità dei vani motore e bagagli soddisfece i tecnici dell'assistenza, sempre preoccupati dell'accessibilità degli interventi; mentre gli “uomini della sicurezza”, agevolati dal maggior spazio e approfittando degli smussi per irrobustire le strutture lamierate, raggiunsero in prova valori da record: -4500 kg di forza per collassare l'avantreno -2800 kg per schiacciare il tetto (il 50 per cento in più di quanto richiedevano le norme). Non vi furono altre variazioni importanti. A tre anni dal primo abbozzo di stile e di progetto la vettura era definita. Iniziava la seconda fase, meno emotivante, ma più concreta, che riguardava il futuro lavoro di produzione. Al reparto “Stile” la ricerca dei piccoli particolari di finizione proseguì: fu concesso molto spazio agli smussi, che dominanavano nello styling dei rostri, dei paraurti e nel taglio dei fuochi posteriori. Un ultimo contrasto, quasi un ritorno di fiamma: ne fu coinvolta la forma dei fari. Quelli previsti, rettangolari, furono sostituiti da quattro fari gemellati allo iodio. Era ormai la fine del 1978. Pochi mesi dopo la nuova ammiraglia italiana, l'”Alfa 6”, era realtà. -- Fine
  16. Grazie commissario Giraldi! Ieri sera stavo pensando a questi film e mi è venuto in mente un dettaglio su cui voglio fare un po' luce osservando le pellicole... perchè ricordo di aver letto in uno di questi forum sui film cult che parlavano di Maurizio, che ci fu un caso in cui uno stuntman si fece veramente male.... non so in quale film e in che scena. Però questo mi ha fatto venire in mente un frame in particolare... ma devo rivedere il film in questione. Perchè non ricordo i dettagli. Ricordo solo questa scena (ovviamente senza trucchi di oggi, e nemmeno manichini mi pare di vedere) dove un'auto (e non ricordo nemmeno quale) si intraversa in frenata mentre dei banditi si erano fermati scendendo per spararle addosso... e l'auto intraversandosi lo colpisce con una violenza pazzesca col parafango posteriore, facendolo letteralmente volare via... la scena è senza stacchi e non ci sono evidenti difetti tipo "giunzione pellicola perchè abbiamo messo il manichino"... la prima volta che l'ho vista ho strabuzzato gli occhi... ora non ho qui i DVD e non posso dire di più... non mi ricordo proprio i dettagli... ma se qualcuno si ricorda... a me pareva uno stunt andato male... anche per essere uno stunt, mi sembrava un po' troppo violento, quel ragazzo vola via e cade a terra senza nessun controllo (di solito si nota che sanno come cadere...)
  17. Quoto perchè putenza era tanto che non lo sentivo.... mi hai strappato un gran sorriso. me lo sto ripetendo un po' di volte e rido da solo come un piiiirl... all'una di notte Grazie
  18. Condivido pienamente. Dai discorsi dei miei genitori, specie di mio padre... per certi aspetti materiali (vedi automobili, vedi Alfa) periodi da ricordare.. per la società... meno male che sono passati. Io ci ho fatto solo 3 anni, sono del 77, e quindi è come se non li avessi visti. I primi ricordi li ho del colorato mondo alla BimBumBam degli anni 80. KITT in modalità supervelocità... o SPM come da definizione tecnica. (super pursuit mode)... mi hai toccato un tasto dolente Fu l'inizio della fine. L'ultima stagione di Supercar, con quelle due modifiche, supervelocità e Kitt cabrio.. che fecero solo ridere. Una TransAm che nel posteriore aveva un kit di modifica di alettoni, inoltre accoglieva il tetto ripiegato in cabrio (non si capì mai dove finisse il vetrone posteriore in tutto ciò ) e nonostante questo in configurazione normale aveva il suo bel bagagliaio rivestito in "supervelluto tinta TAN" (come da brochure Pontiac GM). Quelli che fanno le CC oggi, non hanno capito niente la Fondazione Knight si che sapeva come si faceva :D
  19. Ricordo anche John Saxon (che rividi nella parte del padre della ragazza protagonista nel primo Nightmare ) che da qualche parte spuntava sempre fuori, di ruoli ne interpretò parecchi.. e se non erro in uno era alla guida di una Ferrari 412 blu.
  20. Ma la Roewe "75" come si incastra in tutto questo?
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