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Adesso ti stupisco ahahahah. Non credo che uscì esattamente così.... però dai un cofano speciale ce l'ho anche io. Mi sa che non bastava la bombatura... non è nemmeno chiuso. Tra l'altro è strano vedere una Delta con muso Prisma.
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Vero, uno sbaglio grande tutto italiano è sempre stato quello di lasciare scoperte un sacco di nicchie. Già con 164 non si fece nulla, anche se si era ipotizzato, e dovettero passare 6 anni almeno prima che in gamma ci fossero una coupè e una spider (anche se con 164 non avevano niente a che fare). La SW mai arrivò, nonostante all'epoca il fenomeno SW fosse già forte e la piccola 33 SW stava lì a dimostrarlo. 166... non si fece nulla. Con la K lo fecero.... ma lasciamo stare dai. Ne abbiamo già parlato ampiamente Fiat rimase scoperta in alto. Non abbiamo mai avuto un fuoristrada, e non l'abbiamo nemmeno ora. Si, la polizia ha girato un po' con la Magnum che è tutto dire. Troppa poca attenzione.... ripeto, i concorrenti sono stati bravi a giocare bene, ma non è che hanno vinto loro. E' diverso. Abbiamo perso noi.
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Per quanto anche la 205 poi presentata a mio parere avesse uno stile molto piacevole e frizzante. Un'idea completamente diversa dalla Uno, e altrettanto valida secondo me. Ricordo che sorridevo pensando ai designer Opel che con uno sforzo pazzesco avevano partorito... la Corsa e me li immaginavo vedendo la Uno e la 205 mentre dicevano "opporca....". La Corsa a confronto sembrava più adeguata a battersi con la Fiesta come epoca... che però era del '76
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Pensa che mi fai ricordare una cosa che proprio non esisteva più per me... perchè quella Prisma con un cofano tutto suo io non l'ho mai vista in vita mia.
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"Inside" anni 80 anche per Peugeot (anni 80 per il modello, qui mi sa che come tempo siamo ancora più indietro) Studi per la Peugeot 205 (fonte Auto) L'idea c'è ma deve essere ancora affinata.... ricordo la cosa particolare della 205, che nacque solo a 5 porte, e la 3 porte arrivò in seguito, con lo stile differente della vetratura. Questa mostra uno stile decisamente più vecchio, pare solo un lieve miglioramento rispetto alla 104. Qui l'idea c'è quasi, ma certe proporzioni sono diverse.... Un "polistirolone" come li chiamavo io... (notare la maquettina sullo sfondo che ci parla della 3 porte ) Infine una maquette della plancia. (piuttosto moderna fra l'altro IMHO)
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Il mio parere personale è che questo affondare dell'auto italiana in certi segmenti può essere riportato a diversi fattori. Fra i più importanti, specie per certi modelli, un sacco di decisioni sbagliate da management che non capiva o non si degnava di capire molto su cosa fa bella un'auto, ergo diverse soluzioni stilistiche sbagliate, alcune di più, alcune di meno. Esempio, per Thesis, intesa non come l'auto in sè ma come modello Lancia nel segmento, credo ci fosse stato tutto lo spazio necessario per dire la propria. Magari, con un altro stile. Non mi vengano a dire che era un concetto tutto Lancia e che la gente non l'ha capita. Sicuramente la gente non l'ha apprezzata come meritava (inteso come bontà di progetto), ma dai, non si può dire che fosse una bellezza. La prima cosa che veniva in mente, prima di dire "beh sai è uno stile nuovo, la Lancia intende perseguire questa strada particolare"... no no, la prima cosa che veniva in mente, è che era brutta davanti. O almeno, infelice. Questo, secondo me, per quanto riguarda Thesis. 166 ha comunque fatto più successo di Thesis, è innegabile, ma anche lei secondo me ha sofferto in parte uno styling non proprio accattivante nel frontale, specie per il fatto di essere lanciata dopo quel gioiello di stile che era 156. E il confronto in casa era pesante. La grande era meno felice della media. Non starei nemmeno a nascondere il fatto che alcune di queste auto non siano state il top dell'affidabilità. Non dico che le tedesche invece lo siano e lo siano sempre state, tutt'altro (Mercedes stessa avrebbe di che nascondersi, negli ultimi anni, e a volte un'Audi non è quel gioiello di affidabilità che racconta di essere con le sue finiture incredibilmente curate).. però sicuramente va detto che su questo lato il popolo italiano è stato molto di parte (non dalla parte della nostra industria, intendo). Alle tedesche spesso viene perdonato di tutto (vedi anche Golf che non è mica vero che sia questo dono divino dell'affidabilità.. però tante volte viene messo a tacere dagli stessi proprietari, perchè è la Golf) mentre alle italiane il minimo scricchiolio o difettuccio non viene minimamente perdonato. Si parte già prevenuti, e alla minima... "ecco, toh, te lo dicevo! Fiat!" Discorso del cavolo, questo. Parlando di Fiat... beh che dire, a mio parere indubbiamente un management che si è meritato di raccogliere quel che ha seminato. Pensare di sostituire una Croma che con i suoi pregi e difetti aveva servito il popolo con impegno, con una Marea... ho detto tutto. Con tutto il rispetto per la Marea in questione... ma quando lessi che sostituiva anche Croma, una Brava col baule e i fanali a fagiolo dietro, e una mascherina leggermente diversa.... E' un management che si commenta da sè. Credo semplicemente che i tedeschi abbiano avuto buon gioco a saper affondare il coltello, colpire duramente dove l'Italia dell'auto è stata la prima a volersi lasciar colpire.
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Vero, era molto simpatica anche a me. In famiglia avevamo avuto una sua progenitrice, intesa come carrozzeria. Una De Tomaso Turbo, ricordo, blu con dei fendinebbia supplementari (giallognoli ovviamente). Mannaggia a quei tempi, pensare di fare un sacco di foto a tutto quel che c'era, quanto sarebbe bello rivederle oggi. Invece son tutti ricordi sfocati. Ricordo che "beveva" leggermente... e che aveva un difettuccio al pianalino copribagagli. Sotto il sole si era ristretto... e ad ogni buco un po' grande cadeva nel vano. I passeggeri saltuari si spaventavano sempre... ma mio zio "ah niente.. è caduto il pianale" A volte mi sento veramente nostalgico... parlare di tutte queste auto, e sapere che non si vedranno più.
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Vero, negli ultimi anni lo strapotere delle Corazzate pare divenuto invincibile, sia per la moda esterofila, sia perchè molti marchi o hanno gettato la spugna, o ci hanno provato con pessime idee o con scarsa convinzione. Opel, che vabbè non faceva molto nemmeno allora, però una volta giocava con la Senator, almeno ci provava... ha mollato pure la Omega, che nel modello '94 era quantomeno carina e come confort non era male. Poi vabbè, lasciamo perdere la Vectra carrarmato e la Signum (auto dal grande confort ma... la conosciamo tutti com estetica... la stessa Opel ha dimostrato di non crederci fin dal principio, sentendo i concessionari ufficiali e la sede di Roma).. e così è finita fuori da quel poco che faceva. Ora spera nella Insignia... che in effetti non pare male.. .anche se per certi marchi credo che ormai sia una battaglia persa. Peugeot... dopo la 605, storia analoga con la 607.... si, se ha venduto, ha venduto in Francia. Là loro se le comprano tutte, le auto che fanno, prima di comprarne una straniera. Renault... la Safrane credo sia stata l'ultima che poteva stare nel mucchio. Stenderei un velo su VelSatis e compagnia bella.... lodevole l'intenzione di provare qualcosa di diverso rispetto al trevolumismo tedesco (credo che anche Lancia con Thesis volesse crearsi un ambito suo d'altra parte)... però ragazzi... già si parte in svantaggio rispetto a certi colossi di immagine... se poi si fa anche una ciofeca (IMHO) Citroen? La XM per quel che vendeva, andava in giro con orgoglio... la C5 primo modello non ho mai capito chi l'abbia deliberata e come abbia fatto, quella di ora (ovviamente siamo un po' più sotto come segmento) gioca a fare l'Audi ma ho il sospetto che sarà sempre una di quelle auto ai margini del mercato... e la C6, tanto di cappello all'orgoglio e al coraggio... ma ragazzi... ormai certi marchi si sono arroccati su una posizione che... è una battaglia persa. Io personalmente spero tanto in quel che possa tirare fuori Alfa un domani... credo che in lei ci sia il potere per dare uno scossone. Se ci sarà un modello con le p..le... io credo che avrà ciò che merita. Anche Lancia può sempre tentare un grande ritorno.... se mai verrà deciso... ma per lei la vedo molto più dura tornare nell'Olimpo dopo che Torino un pezzetto alla volta se l'è mangiata per bene. Tornando alle dotazioni, pensavo oggi a quanto erano semplici le cose... nel senso... il poco che bastava per fare una versione speciale. La Uno Sting, su tutte. La righina sulla fiancata, col nome, e non ricordo... forse dei tessuti diversi, e le coppe integrali? Eppure appena uscita fu un'invasione, sembrava dicesse chissà cosa rispetto alla 45 normale. Ci fu anche la Smart, se non erro.. che forse però aveva qualche accessorio in più. Ricordo anche la 205 Junior... la riga blu sul fianco, e i sedili in jeans... le due cose più importanti tanto da venire citate pure nello spot (che ricordo a memoria perchè sono psicopatico ) "205 Junior, ce l'ha portato qui e s'è subito capito che tra noi lui era il boss, con quei sedili in jeans e quella banda lateral, ci soffia le ragazze ma tu guarda che final!" Le versioni "speciali" le avevano un po' tutti... ricordo le Corsa Spot e Calypso, c'era la AX Thalassa, la Fiesta Friend se non erro, le Ibiza poi si sprecavano, non mi ricordo come si chiamava quella tutta bianca, paraurti e coppe ruota comprese. E la Uno Rap? "Uno Rap è una Uno ma le cose sono sei il tetto apribile le ruote ok paraurti e specchietti sempre in tre colori quinta marcia e un prezzo che è proprio da fuori! Uno Rap è la Uno che mi acchiappa di più sembra fatta per me sembra fatta per TU!" (ottimo modo per comunicare gli accessori speciali in uno spot ) Molto spesso le cose in più rispetto ai modelli base erano davvero poche.... però era così, perchè tutti noi eravamo più semplici.
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Qualcuno disse che l'esperienza telaistica si, era confluita nella Palio 178, dopo che per questa Trino-Bino si era vociferato un futuro Est (qualcuno sosteneva che avrebbe dovuto essere l'auto della svolta del mercato per paesi che andavano ancora a Zhiguli). Però non ho mai sentito o letto niente di certo. Riguardo la plancia della Thesis che ha citato, sono anche contento di leggere questa sua esperienza. Non ricordo quando, non ricordo dove, eppure avevo in testa il fatto che questa plancia fosse qualcosa di reale, anche se sulla foto era ritoccata. Pur ritoccata, mi sarebbe sembrata troppo "concepita" per essere un PS privo di fondamento, ho sempre pensato che fosse una cosa scartata ma realmente esistita, anche se la foto in questione era notevolmente abbellita. Forse in qualche Design Story c'è una maquette di plancia molto simile... devo andare a verificare.
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Personalmente mi piaceva molto la 25 primo modello, le versioni lusso erano davvero appaganti (salvo poi magari la qualità delle plastiche che in alcuni casi non era poi diversa da quella della Supercinque )... tutte bottoni, equalizzatore, interni in cuoio coi pulsanti di regolazione direttamente sui sedili, gran palpebra con un sacco di strumenti.... era bello starci dentro. Questione di gusti, certo, però sotto quest'aspetto 164 appariva un po' come un carretto (ma ovviamente in Alfa non era l'effetto R25, che cercavano). La 25 V6 Turbo tra l'altro aveva un frontale tutto suo, ricordate? Anche la Safrane seguì quest'onda, e mi appagava molto anche lei dentro... ma qui siamo già negli anni 90.
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Sui crash test si può fare.... personalmente non ho moltissimo, sono foto singole sparse qui e là su centinaia e centinaia di riviste. Una volta le rassegne su questi test erano pochi, si poteva contare solo sulle foto che a volte venivano messe a corredo del lancio di un modello, oppure su qualche test di gruppo stile "Auto Motor und sport" Oggi invece EuroNCAP e Youtube forniscono tutto. Tuttavia, col tempo mi cimenterò.
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Tiriamo fuori qualche "inside" anni 80. Renault 21, vettura al cui sviluppo prese parte pure Marcello Gandini. Versione scartata. (fonte Auto) Un bozzetto molto simile alla stessa maquette. (fonte Auto) Altra maquette scartata, leggermente americaneggiante. D'altra parte gli influssi in casa Renault arrivavano a quei tempi, c'era sempre l'occhio all'America. Infatti poi per l'accordo con la AMC la 21, seppure riveduta, venne venduta come Medallion. (fonte Auto) Pure questa maquette fu scartata. Lo stile 25 nelle porte era evidente, non ancora "a tetto" come poi le ebbe la 21. Questo progetto sembra essere stato avanzato di più rispetto ad altri, tanto che alcuni muletti provarono con questa soluzione, fino agli ultimi collaudi. (fonte Auto e Quattroruote per il muletto) Ora andiamo più indietro e sbirciamo nella genesi della Renault 5. Questi bozzetti presentano ancora dei paraurti il lamiera, classici. Il colpo di genio finale dei paraurti in plastica, che furono poi imitati da tutti, non era ancora arrivato. Alla presentazione nessuno li capì... le persone cui veniva chiesto se l'auto piaceva rispondevano "si... la comprerò.... ma ci metterò dei paraurti" (fonte Auto per entrambe) (il secondo sembra già orientato ad un misto plastica-metallo)
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La Plymouth Fury 1958... "Christine" per gli amici...
nella discussione ha aggiunto PaoloGTC in Altri marchi Americani
Vorrei dedicare un pezzo ad una delle "Fifties" che amo di più, sia per la sua estetica, sia per la sua interpretazione diabolica nel film "Christine" di John Carpenter, datato 1983. Nella foto la Fury replicata identica a Christine, di proprietà di un signore di Torino. Intanto vediamo un po' di storia su di lei. PLYMOUTH FURY ’58 Nel 1954 il volume di vendite della Plymouth subì una forte contrazione; questo stato di cose, convinse il consiglio di amministrazione del gruppo Chrysler a prendere immediate decisioni per il rilancio del famoso marchio statunitense. In quell’anno infatti i dati di vendita non furono confortanti, e portarono la Plymouth dalla terza solida posizione di mercato mantenuta nell’ultimo decennio, ad un quinto posto con appena (si fa per dire) 399.000 unità vendute. Kaufman Thuma Keller, amministratore delegato della Chrysler Corporation ammise che ciò era dovuto oltre all’impegno delle commesse militari per la guerra in Corea, anche ad alcune personali convinzioni sulle forme istituzionali di una vettura, che quindi determinarono l’immobilismo dal dopoguerra nella evoluzione stilistica del gruppo Chrysler. Era infatti nota nell’ambiente la sua convinzione, per cui una vettura valida dovesse consentire ai passeggeri di salire a bordo con il cappello sul capo. Da qui, si intuisce il motivo del proseguire la produzione, mantenendo le goffe linee anteguerra fin oltre l’inizio degli anni cinquanta. Gli storici ricordano bene che il decennio ’50, fu di fondamentale importanza per l’evoluzione dell’industria automobilistica d’oltreoceano, gli automobilisti americani cominciavano a manifestare la tendenza a preferire per i giovani, o come seconda automobile il coupé o la sportiva, o almeno apparentemente tale. Il boom della semplice automobile da famiglia o berlina che dir si voglia, era ormai al tramonto, i gusti dell’utenza si spostavano verso le sportive coupé o cabrio europee, vedi Porsche, Jaguar, MG ecc. ecc. Infatti in seguito a tale tendenza Ford e Chevrolet avevano pronti i prototipi di Thunderbird e Corvette. Nel 1955, Keller al convegno del gruppo Chrysler illustrò la nuova gamma Plymouth pronta per essere presentata al Salone di Detroit e, durante una sua visita al centro design, rimase famoso l’episodio in cui i designer esclamarono “A noi non sembra male”, dopo che egli ebbe ammirato il “manichino” della nuova e avveniristica Fury, “sarà bene che non lo sia!” replicò secco Keller. Ma la Fury del ’55 non tradì le aspettative del manager, la nuova nata riuscì fin dal primo modello a centrare i gusti e le nuove tendenze degli americani. La Fury era nuova, attraente e veloce, ricca di accessori esclusivi, ricalcava infatti la politica iniziata da Walter Chrysler fondatore del marcio Plymouth, il cui obbiettivo fu da sempre “the best for less”, automobili molto economiche che offrivano il meglio in fatto di efficienza, longevità e dotazione di accessori, che in altre marche erano esclusivo appannaggio su vetture di lusso. La Ply Fury presentata al Salone di Chicago il 10 gennaio del ’56 era abbastanza diversa dal modello precedente, rappresentava una rivisitazione stilistica dei modelli Savoy e Belvedere due porte hard top, di cui ereditava lo stesso chassis, con diverse appendici esterne e modanature che invece erano caratteristiche della Fury. Infatti oltre alla verniciatura esterna bianco uovo caratteristica della Fury del ’55, il modello del ’56 aveva le stesse modanature laterali a cuneo con un inserto in alluminio dorato: il muso era ancora appesantito da un enorme ed articolato paraurti in acciaio, e da due grossi fari sotto le appendici del cofano anteriore. All’interno la Fury era caratterizzata da sedili anteriori sdoppiati in vinile dello stesso bianco Egg-Shell della carrozzeria, con inserti in stoffa a disegno Pied de Poule. Le ruote avevano borchie stampate tipo ruote a raggi. Ma quello che realmente distingueva la Fury, era il motore; infatti i progettisti della Chrysler, per la Fury, non si limitarono a pompare un vecchio propulsore già esistente come invece avvenne in casa Chevrolet e Ford, che, sulle loro Corvette e Thunderbird, usarono inizialmente i lenti motori tratte dalle goffe berline in produzione, quindi nelle versioni successive passarono a spremere cavalli dagli stessi propulsori obsoleti e sorpassati. La Fury venne dotata del V8 da 303 pollici cubici Polyhead, già usato sulla Windsor, e sulla Dodge Royal. Il motore rispetto all’originale era dotato di cammes ad alzata maggiorata, pistoni bombati ad alta compressione e bilancieri speciali, oltre ad un rapporto di compressione di 9,25/1 e ad un carburatore quadricorpo; il motore così al banco forniva 240 cavalli, ma soffriva di una erogazione non brillante ai bassi regimi, cosicché a causa del peso elevato della vettura, l’utilizzo alle basse andature ne era penalizzato. La trasmissione standard era con cambio manuale a tre velocità, ed una frizione surdimensionata; era disponibile come optional il cambio semiautomatico Chrysler Powerflite a due velocità comandata mediante pulsanti sulla console. La Fury godeva di una eccellente stabiltà: era dotata di un sistema di sospensioni rinforzate molto più rigide rispetto alle altre vetture prodotte dalla Casa; inoltre l’aggiunta di barre antirollio all’avantreno contribuivano ad evitare pericolose imbarcate in curva. Lo stesso giorno della presentazione a Detroit la Fury venne sottoposta ad un test a Daytona Beach sulla pista di sabbia, dove spuntò tempi di tutto rispetto per essere una vettura di serie, con una punta massima di 124,400 mph (circa 205 km/h). Si preannunciava un valido avversario per le altre case alla imminente Daytona Speed Week, ma la Nascar avvisò la Plymouth non avrebbe potuto gareggiare nella classe “Stock Car” Derivate di Serie, in quanto il nuovo modello non era in produzione dai 90 giorni minimi richiesti dal regolamento; gli sarebbe stato consentito di correre solo a fini sperimentali per la casa. Nel 1956 la Fury costava 2866 $. Fu prodotta in 4485 unità. Nel 1957 la gamma fu ridisegnata dal designer Virgil Exner, assunto alla Chrysler nel 1949. Egli stravolse abbastanza il progetto del modello precedente, infatti nel ’57 la Fury cambio completamente il muso, scomparvero le protuberanze del grande paraurti cromato che occupavano anche parte della bocca anteriore, lasciando il posto ad una grande semplice e bella griglia anodizzata color oro, a sviluppo orizzontale e quantomai semplice e lineare. I fari anteriori erano diventati quattro di ugual misura e scomparve il motivo dorato presente sulle borchie ruota. I Bumpers Extenders che erano le appendici laterali dei paraurti a protezione dei parafanghi, divennero dotazione standard sulla Fury. La lunghezza della carrozzeria aumentò di 1,5 pollici, l’interasse era più lungo di 3 pollici e l’altezza diminu’ di 5,5 pollici. I cerchi furono sostituiti con altri di un pollice più piccoli, mentre i pneumatici aumentarono il diametro di un pollice. Tra gli oprional previsti c’erano: servosterzo, aria condizionata, servofreno, sedili e vetri elettrici, pneumatici a fascia bianca e cinture di sicurezza. Gli standardi invece includevano volante bicolore, tergicristallo a velocità variabile, lunette parasole, cuscini in schiuma espansa e orologio. Il motore divenne un 318 pollici cubici, con due carburatori quadricorpo, e nuove testate: il grosso otto cilindri erogava 290 cavalli a 5800 giri/min. All’avantreno la Fury del ’57 adottava sospensioni indipendenti a barra di torsione, che la rendevano più maneggevole e guidabile anche su strade sconnesse a velocità elevata. I giudizi della stampa furono entusiastici. Tranne quelli di Sports Car International che non fu molto clemente, riportando fedelmente nell’articolo, i difetti e le perplessità riscontrate dai collaudatori. Durante il test effettuato sulla pista di Paramount, il tester considerò la Fury “una falsa auto sportiva”, avendo riscontrato vistosi problemi di fading ai freni e scarsa ripresa del motore, che non coniugavano nella realtà la linea aggressiva e pretenziosa di muscle car con le reali prestazioni offerte, tuttavia le innegabili doti di maneggevolezza e tenuta in curva vennero evidenziate a dovere. Ne nacque così una controversia tra il gruppo Chrysler ed il famoso magazine. Nel 1958 si raggiunse a detta degli esperti l’apice nella evoluzione del modello. La Fury ’58 era cambiata di poco esteticamente rispetto a quella precedente: all’anteriore i quattro fari erano di ugual misura, ed in aggiunta una griglia ovale identica a quella più grande venne sistemata sotto il paraurti. Per questa versione fu disponibile il nuovo motore V8, il “The Golden Commando”, così chiamato per la sua livrea dorata. La cubatura era aumentata a 350 pollici cubici (5740 cc) e la potenza erogata era di 305 o 315 cavalli, a seconda dell’alimentazione, con i due grossi carburatori quadricorpo o ad iniezione meccanica. Le camere di scoppio vennero ridisegnate, come anche i condotti delle testate, mentre il collettore di aspirazione si accorciò drasticamente permettendo ai gas freschi un percorso più breve. La Fury del 1958, con il nuovo motore, ottenne soprattutto una migliore erogazione della coppia ai regimi più bassi, l’accelerazione migliorò notevolmente ed anche la velocità massima. Il nuovo test eseguito sulla pista di Paramount da diversi collaudatori famosi ebbe esito positivo sia per le prestazioni, incredibilmente migliorate, che per la tenuta di strada. Non altrettanto per l’impianto frenante che rimase quasi identico, con la sua fastidiosa tendenza al fading. La nuova Fury ottenne tempi incredibili per una vettura di serie, dovuti oltre che al nuovo motore, anche ad una tenuta di strada migliorata. Il tempo migliore sui due giri effettuati da Eric Hauser fu di 1’ e 55”, mentre la Mercedes 300 SL in versione gara sullo stesso circuito dopo dieci giri ottenne il miglior tempo di 1’ e 47” e la Porsche Super Speedster dopo sei giri non andò sotto il 1’ e 57”. Al Papp, altro famoso personaggio nell’ambiente delle gare per Stock Car, dopo averla provata, dichiarò che una Fury del ’58 preparata per quel genere di competizione, avrebbe potuto senza alcun problema ottenere un tempo di 1’ e 47” sul giro. Le serie successive della Fury a partire dal 1959, subirono degli adeguamenti dovuti al periodo di recessione economica degli USA in quegli anni, di conseguenza il modello subì anche numerosi restyling. Negli anni successivi infatti la Fury venne prodotta in versione Sport, Berlina e Wagon. Si perse quindi la caratteristica trainante del modello, che la proponeva come “purosangue” della produzione Plymouth. Il modello del 1958 fu prodotto in 5503 esemplari, e costava di base 3067 dollari. Attualmente dai collezionisti la vettura è molto richiesta in virtù del suo particolare passato come antesignana delle Muscle Car, tornate poi di moda negli USA verso la seconda metà degli anni Sessanta, e del limitato numero di esemplari prodotto. Il valore approssimativo per un esemplare in perfette condizioni è di 20,000 $. E ora passiamo al perchè divenne una star su pellicola. Il film "Christine" è tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King, il quale ha sempre avuto una passione per questo modello, al punto da ritrarlo anche in altri film tratti da suoi bestseller. Qui ad esempio la vediamo in una comparsata ne "L'occhio del gatto", film famoso anche per la celebre canzone dei Police "Every breathe you take". Dicevamo della passione per King per questa Plymouth (l'ha infilata anche in un recente lavoro cinematografico intitolato "Riding the Bullet", dove uno zombi da un passaggio al protagonista a bordo di una Fury bianca e rossa, model year leggermente differente.. ma la citazione è evidente) che lo portò a scrivere un romanzo dove questa Fifties posseduta veniva ritrovata da un ragazzo un po' sfigatello, di nome Arnie Cunnigham, il quale la restaurava e col tempo ne veniva sempre più posseduto, cambiando caratterialmente fino a perdere tutti gli amici, mentre una serie di morti misteriose colpiva tutti coloro erano stati cattivi col povero Arnie in precedenza. Lei amava lui e faceva di tutto... ma pretendeva il suo amore in cambio, tutto per sè. Al punto da metterlo contro anche il suo migliore amico Dennis e la sua fidanzata Leigh, i quali furono protagonisti del rocambolesco finale in cui Arnie perse la vita e lei cercò di vendicarsi prima di venire... sodomizzata direi che è la parola giusta, da parte di Dennis a bordo di un cingolato Caterpillar. (un paio di foto del set) Le Plymouth utilizzate in questo movie furono secondo alcune fonti, 13, secondo altre 15. Molto poche però erano le vere Fury. La maggior parte erano Belvedere, la "sorella povera" diciamo, che differiva per alcuni dettagli estetici che ovviamente vennero modificati per renderle tutte uguali. Se ne salvarono soltanto due, e oggi non è ben chiaro di chi siano in possesso. Tutte le altre vennero distrutte durante il making del film, tagliate, accartocciate, incendiate (memorabile la scena in cui "Lei" aggredisce dei poco di buono ad una stazione di servizio, precipitandosi dentro e facendola esplodere, per poi uscire completamente avvolta dalle fiamme ed inseguire l'unico superstite rimasto). Non furono poche le reazioni da parte dei collezionisti, per lo scempio, visto che si trattava già di un modello molto raro. Alcune vetture erano strettamente di serie, altre vennero modificate nel motore e nell'assetto per essere più performanti. Una cosa che le accomunava era la tinta, completamente sbagliata. In primis perchè si trattava di un rosso Ford, ed inoltre perchè storicamente sarebbe stata una livrea impossibile, dato che la gamma '58 non prevedeva, nella realtà, la colorazione rosso-tetto bianco. Le Fury utilizzate nel film sono visibili nella prima scena, alla catena di montaggio, tutte bianche tranne lei, che spicca col suo rosso demoniaco. Una di queste venne "invecchiata" a regola d'arte, per recitare la parte del "relitto" ritrovato da Arnie nelle prime fasi del film. Un'altra discrepanza tra film e libro sta nella versione descritta... King nel libro descrisse in vari punti la Fury come una quattro porte, modello che effettivamente esisteva.... ma Carpenter la portò su pellicola a due porte, per il semplice fatto che di quattro porte non se ne trovava abbastanza. Una mia considerazione personale a chiudere, per il momento... è che King fece centro scegliendola. Molte sue caratteristiche stilistiche secondo me la rendono non solo una delle "Fifties" più belle, ma anche una delle più adatte ad interpretare una "str...za" a quattro ruote, specie nel frontale, che ispira davvero qualcosa di poco amichevole. (se qualcuno ne fosse appassionato o se la cosa dovesse interessare, ho diverse foto del set recuperate qui e là.. sapete bene che a me piacciono gli "inside" però ora non le ho postate perchè credo che in teoria dovrebbe essere più un topic sull'auto che sul film.... però se dovesse andare bene, le posto ) Per gli appassionati del V8 questo film è carino anche per l'inserimento nella colonna sonora di sound motoristici molto efficaci, che celebrano il tipico sound dei big e small block di Detroit & Company. "La sua infinita tenacia, la sua furia indomabile." -
Un po' quello che intendevo io. Su certi segmenti l'evoluzione è sicuramente più palpabile, in certi casi addirittura straordinaria. Però non credo che si tratti di vera evoluzione. Ciò che rende, secondo me, una piccola o una media infinitamente migliore rispetto ad una sua antenata, è in parte evoluzione "finta". Semplicemente le sono state travasate addosso tecniche e dotazioni che anni prima facevano parte del corredo di auto più grandi... ergo, non si è inventato niente. Sono fatte meglio, e costano più care. Oggi una Bravo credo che sia molto più confortevole di una Ritmo, ma penso che all'epoca ci fossero auto più grandi che davano ciò che da la Bravo. Se si può parlare di evoluzione, in questo caso, è nel dire che certi livelli sono venuti disponibili anche a chi può permettersi auto medie o piccole. Vale per il confort, per i freni, per gli accessori. Si è spalmato sui segmenti inferiori ciò che c'era al di sopra, in certe cose. Se si sta sul segmento dell'eccellenza, dove si "osa", dove si spende e si fa spendere, allora si può vedere un po' di evoluzione, nel senso che credo che un CLS Mercedes stia sopra ad una 130. Quando stiamo su segmenti medio-bassi, quel che ci danno, è la concessione verso il basso di ciò che si faceva in alto ai tempi, e quindi credo che quando confrontiamo auto che possiamo permetterci un po' tutti con grandi auto del passato, restiamo ammirati da quanto buone fossero e sono ancora, parlando di 130, ad esempio, e cioè di auto fatte da chi la praticava l'eccellenza, all'epoca. Poi ci sono tutti gli altri casi, c'erano le carrette all'epoca, le ammiraglie "per modo di dire" all'epoca, e ci sono anche oggi le auto che valgono poco e vengono surclassate da modelli vecchi di anni e anni.
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Altre spy del 112... qui siamo già in periodo di restyling. (fonte 4R)
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Già, ai tempi si era parlato tanto anche della Mini-Guzzi, ricordi? (ovviamente non c'è molto da vedere, queste foto stavano a corredo di uno degli articoli sulla mini 2 cilindri) Erano i tempi in cui DeTomaso ne inventava una ogni cinque minuti, se non vado errato...
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