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Come siete moderni qui mi tocca contaminare il tutto con qualcosa di antiquato. Questo viene dagli studi per la 900 che verrà poi realizzata su base Vectra.
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Il fatto è che nella maggior parte dei casi ormai le "design stories" che vengono elargite dalle Case alla solita rivista (ormai anche lei fantasma di quel che fu) non sono altro che questo. Tanti bei bozzetti ipermegalusso che non mostrano altro che l'auto che già conosci. Condito dal bla-bla copia-incolla sul fatto che abbiano cercato: - la tradizione - la modernità - l'aggressività - il carattere - l'eleganza - la personalità. (poi tu su strada a 20 metri di distanza non sai se hai davanti una Tipo o una Focus, oppure un'Astra o un Golfotto) I tempi in cui per la novità del mese c'erano da mostrare (e far topic ) cinque o sei "mai nate" son finiti. Intanto, già che siam qui...
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Una "mai nata" ma non una "mai vista", perchè su queste pagine ne abbiamo parlato in diverse occasioni. La celebre "Alfasud Spider" che Giugiaro aveva progettato, Alfa in qualche modo un po' testato, ma che poi è rimasta in cantina. La curiosità in questo caso sta nel fatto che il famoso fotografo di prototipi Hans G. Lehmann (di ha avuto per le mani un po' di riviste negli anni '70-'90 - e anche oltre - ricorderà il suo nome sotto parecchie foto-spia nelle pagine degli scoop) la scelse come soggetto per il libro, scritto insieme al suo "socio", che racconta la sua carriera di "Autospione". Il libro è in tedesco quindi non di agevole lettura per molti di noi... me compreso. Un grande amico me lo regalò anni fa. Col tempo, col traduttore e con un po' di immaginazione (perchè il traduttore delle volte ti confonde le idee) lo sto traducendo e devo dire che quell'omino lì ne ha combinate di tutti i colori. Questa però è un'altra storia... volevo solamente far notare che la segretissima Alfasud Spider finì addirittura sulla copertina di un libro.
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A me lo dici? A casa mia (sono ancora vivo perchè vivo da solo ) non c'è stanza che non sia stata riempita di carta. Ho scelto questo appartamento nel 2013 dopo aver visto un corridoio di 4 metri con due pareti completamente prive di porte o finestre. Sono entrato, ho visto il corridoio e ho detto "librerie. Su entrambi i lati. Mia." Ma quegli 8 metri non son bastati. I lati est-sud della zona soggiorno sono totalmente finestrati, sotto c'era un metro di muro. Librerie. 67 anni di Quattroruote sono lì. Il mobile principale del soggiorno, dove la gente normale mette piatti e bicchieri, è pieno di modellini (che ricoprono anche il piano superiore delle librerie "basse" con i Quattroruote). La cucina (separata dal soggiorno da un bancone tipo bar, in pratica è un ambiente unico) era troppo piccola per il mega-frigo che avevano appena piazzato per proporre un semi-arredato, e quindi il frigo sta fuori sulla stessa parte del mobile principale del soggiorno, che poi diventa il corridoio menzionato prima. Però tra il mobile ed il frigo e tra il frigo e il corridoio c'erano rispettivamente un metro e mezzo e un metro liberi... altre tre librerie. Che non son bastate. Allora siam finiti in camera. Davanti al letto matrimoniale è nata un'altra libreria bassa, da un metro e mezzo, dove sono finiti gli Auto & Design e gli Style Auto più la roba varia di design. Ma ancora non ce la facevo. Quindi la parete che separa la camera dal corridoio di prima è stata coperta da un'altra libreria da 2 metri e mezzo, alta 1 e 20, con sopra una vetrina con altri modellini. In cucina, il mobile con antine che corre sotto il bancone che la separa dalla zona soggiorno si è riempito di fumetti Disney vari (50 anni di Topolino invece occupano un lato del corridoio insieme a riviste e libri). La settimana scorsa ho comprato un po' di quei contenitori trasparenti con coperchio in cui la gente normale mette gli abiti e le coperte che non usa o le varie cose di casa che si usano saltuariamente. C'è finita dentro la collezione di Rombo dal 1981 al 2001. Sotto il letto Nel box ho due scaffali pieni di manuali di officina. Quelli in casa non ci stavano. Si è salvato il bagno... ma sto tenendo d'occhio un angolo vuoto Quando qualcuno viene a casa mia per la prima volta, dice sempre la stessa cosa. "Ma cos'è??" Sfogati pure, ti capisco
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Molto bello questo topic, complimenti! Lo vedo solo ora perchè con le ferie ho un po' più di tempo a disposizione... di solito passano settimane fra una visita e l'altra. Mi piacerebbe poter contribuire, perchè anche io ho a casa una collezione di depliant (un migliaio di pezzi più o meno) e ne ho fatto anche la scansione... ma della sola copertina; dopo averne portati a casa un paio che pensavo di non avere (come fai a ricordarli tutti?) mi sono costruito una serie di album su FB, marca per marca, da consultare al volo quando ad un mercatino vedo qualcosa di interessante... ma ho fatto solo la copertina giusto per promemoria. Quindi avrei ben poco da mostrare perchè... "Si vabbè, grazie tante, la copertina, poi...?"
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Anche a me fa piacere vedere delle linee un po' meno incasinate... sul concept non mi esprimo, oggi vanno queste cose, son io che son vecchio. Per il resto.... fantasia, portami via. Cioè (secondo me ovviamente) "dobbiamo fare una nuova Lamborghini". "Ok, come la facciamo?" "Beh, metti questo, questo e quell'altro." "Ma è quello che mettiamo sempre!" "E' una Lamborghini, le Lamborghini sono fatte così."
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Viene da un volume promozionale dello Studio I.De.A di fine anni '90.
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All'indietro, direi (si vedono verso l'abitacolo i diametri delle due pulegge camme) ed esattamente di 52 gradi. Eccolo qua. Tutto ciò che resta fisicamente della "152" è il suo propulsore. p.s. ho ingrandito il disegno e nel farlo mi sono ricordato di aver dimenticato che nei due abbozzi di profilo cofano si poteva leggere "Alfettina"
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Sì sì la trazione anteriore venne presa in considerazione diverse volte, arrivando fino alla costruzione del prototipo nel caso della 103, e restando "sulla carta" in altri, come ad esempio quello della "152" di cui vediamo qui sotto lo schema datato 25 giugno 1974. L'Alfetta era già sul mercato, la sua "figlia" Nuova Giulietta era all'inizio dello sviluppo ma era già chiaro che sarebbe stata una TP, nascendo dal "116", ma parallelamente si continuava a valutare la possibilità di costruire una berlina TA... almeno sulla carta. La "152" cadrà nel dimenticatoio più o meno in coincidenza con la scomparsa di Satta, e si tornerà a parlare di TP. L'ammiraglia 6 già definita, la Nuova Giulietta seguirà la filosofia TP ed anche i progetti totalmente Alfa "154" e "156" (le eredi di Giulietta ed Alfetta) che prenderanno vita prima della collaborazione "suggerita" da Roma con Fiat per la 164 saranno a TP, ma col cambio anteriore a 6 marce.
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Non solo nella meccanica. Questo progetto (fonte: Fondo Luraghi) di "vetturetta Tipo V" è datato 1954. Se osserviamo forme, proporzioni, le ruote ai quattro angoli della carrozzeria, la Mini è già lì.
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Parlando della mitica V10 che avrebbe dovuto montare il motore della 164 ProCar... una proposta dello studio I.De.A. Seguita da quella di Synthesis Design. Poi ci sarebbe questa, sulla quale non mi pronuncio perchè non sono ancora riuscito a capire da quali mani sia nata... il background nelle foto (un po' scarse ma quelle sono...) non mi pare il solito di Arese. Questa invece fu pubblicata da 4R... non sappiamo se di fantasia oppure basata su qualche sbirciata. Passando a qualcosa di molto più moderno e potente... 3 giugno 1952. Progetto di vettura a trazione anteriore con motore trasversale in blocco con cambio, differenziale e freni. Cilindrata 600 cc. 20 ottobre 1948, primo studio (di Giuseppe Busso) per la 1900, con trazione ANTERIORE, motore longitudinale in blocco con cambio, differenziale e freni.
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Non si preoccupi, la 130 nera è parcheggiata sul lungomare di Celle Ligure e i suoi occupanti stanno passando le vacanze sulla spiaggia libera sotto l'ombrellone di Azzurra del 1983 (il rag. Pautasso vigila sempre). Naturalmente in completo nero, con cappello e occhiali da Men in Black. Dopo averla tranquillizzata, ne approfitto per aggiungere altre piccole testimonianze che ci restano oggi di questo progetto.
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Adesso di va moolto indietro. Sarò pesante, ve lo anticipo (ma no, dai... più che altro credo si tratti di una storia assai lontana da tutti noi, in senso temporale). Si va a parlare di una "mai nata" Alfa Romeo che forse è nata, almeno in parte, in un altro Paese. La "Gazzella". Per farlo andremo a leggere un testo che, SOTTOLINEO, non mi appartiene: io l'ho solo riscritto. La penna "originale" era nientemeno che quella di Giuseppe Busso, il quale collaborava con Ruoteclassiche durante i primi anni di pubblicazione del mensile. A voi. LA MISTERIOSA GAZZELLA ALFA ROMEO, MAI NATA.... OPPURE...? L'ingegner Wilfredo Ricart, famoso nel mondo dell'auto storica per la Pegaso che ultimamente è stata trattata più volte dalle riviste di settore, trascorse all'Alfa Romeo il periodo che andò dal 1936 al 1945. Proprio la Pegaso, alla fine di questo racconto, sarà la protagonista della domanda che potremo porci e che in parte ho già svelato nel titolo. Ricart era entrato al Portello come consulente per i problemi relativi ai motori Diesel, ma quattro anni dopo gli venne affidata la direzione della Progettazione e delle Esperienze per tutti i settori dell'Alfa Romeo, e la tenne fino al giorno in cui fece ritorno in Spagna. Arrivò in Alfa con un notevole passato alle spalle, come progettista e costruttore, ma si dovette scontrare con il periodo in cui Alfa come tutti aveva a che fare con la Guerra, ed il risultato fu un'attività di progettazione fatta di alti e bassi, luci ed ombre. E' qui che inizia la storia della Gazzella, che secondo molti è un modello poco riuscito (e mai nato ovviamente) che a Ricart deve essere imputato, ma ad esempio secondo le memorie del compianto Giuseppe Busso le cose non stavano esattamente così. Secondo Busso, infatti, le idee di Ricart per una moderna vettura del dopoguerra erano ben differenti da quelle caratteristiche del progetto Gazzella, ed erano rappresentate da un'altra misteriosa vettura contraddistinta dalla sigla di progetto 1350, il cui studio, iniziato nel 1941, fu stoppato due anni dopo e rimpiazzato proprio da quello per la Gazzella. Si veniva da un periodo (post-Jano, conclusosi nel 1937) in cui le tendenze della Progettazione e soprattutto la responsabilità della stessa nel settore Auto dell'Alfa Romeo erano poco chiare. C'erano due progetti di una certa importanza, quello per la vettura S10 con motore a 12 cilindri di tre litri e mezzo e quello per la S11 con un 8 cilindri di 2,2 litri circa. Progetti che portavano ancora le tracce del pensiero-Jano: le sospensioni posteriori con geometria Porsche, da lui introdotte nel 1935 e rimaste ovunque fino alla fine della produzione della 6C (fine anni '40), e la regolazione del gioco valvole introdotta nel 1927 sulla 6C. Quest'ultima particolarità potrebbe sembrare di scarsa importanza nell'ambito del discorso che stiamo facendo, ma in realtà secondo Busso era utile per individuare meglio i periodi in cui Ricart “c'era” o “non c'era”, come pensiero trainante fra i tavoli della Progettazione. Secondo Busso, infatti, Ricart non avrebbe mai dato l'ok per la realizzazione di una tale soluzione, che Jano aveva fatto sua reinterpretando l'idea originale di Birkigt (fondatore della Hispano-Suiza), il quale l'aveva brevettata nel 1915. In Fiat esisteva il progetto di un motore, denominato 401, che adottava il sistema Birkigt per la regolazione del gioco valvole, perché evidentemente a Torino pareva corretto adottarlo in toto, e così fu anche per Busso quando decise di adottarlo nel 1948 per il motore della 1900. Jano invece aveva reinterpretato, arrivando ad una sua soluzione, più pesante, più costosa e senza possibilità di usare il sodio per il raffreddamento della valvola di scarico, forse non per aggirare i brevetti di Birkigt ma per fare, a livello italiano, qualcosa di diverso da Fiat. Cosicché i motori dei progetti S10 ed S11 avevano questo tipo di regolazione “Jano”, che era semplicemente agli antipodi rispetto alle idee di Ricart. S10 ed S11 furono due progetti che subirono diversi tira e molla per quanto riguardava le sospensioni. Per l'anteriore era di rigore la geometria classica Porsche, pur condita da un anomalo uso di cuscinetti a sfere, a semplice e doppio rango di sfere. Arriviamo a parlare di questo particolare perché è proprio il suo essere riproposto sulle sospensioni della Gazzella, qualche anno più tardi, che può far venire il dubbio che la mano sia sempre la stessa, e cioè quella di Jano e non di Ricart. Guardando al retrotreno dei progetti S10 ed S11, invece, le idee erano davvero confuse, ed arrivavano fino alla proposta di adottare due sistemi differenti: il solito ponte pendolare Porsche per le versioni Turismo ed il ponte rigido con le sacramentali balestre per le versioni Sport. C'è da dire che si era nel 1940-41 ed in quel periodo il ponte pendolare, già da anni abbandonato da Mercedes ed Auto Union sulle monoposto, aveva finalmente fatto venire a qualcuno il dubbio che fosse una soluzione talmente inadatta che persino un comune ponte rigido sarebbe stato migliore. In tutto questo marasma, il direttore generale Ugo Gobbato (giunto in Alfa nel 1935 per portarci poi l'anno successivo Ricart) ad un certo punto decise di intervenire con un taglio netto, ed emise una comunicazione (che vediamo qui) datata 31 maggio 1941, con la quale disponeva l'arresto immediato di tutti i lavori relativi ad S10 ed S11, e dava inoltre a Ricart l'incarico di progettarne una nuova. Questa comunicazione, in verità piuttosto brusca, in pratica è l'atto di nascita del progetto 1350, ed è un documento molto importante, soprattutto perché probabilmente fu la causa dell'inizio di una serie di rancori che non avrebbero tardato a venir fuori in seguito. Purtroppo già nei decenni immediatamente successivi non rimaneva molto del progetto 1350, in quanto a documentazione. Molti disegni, certo, e alcune comunicazioni interne, che però non sono utili per capire se si arrivò al prototipo marciante o almeno parzialmente costruito (quasi certamente no). Lo stesso Busso sottolineava di saperne ben poco della 1350, nonostante avesse vissuto da protagonista quegli anni. Alla fine del 1942, dopo i bombardamenti, molti reparti dell'Alfa sfollarono in località abbastanza lontane, tra cui il Lago d'Orta, ove fu trasferito Ricart con tutte le Progettazioni, molto materiale e alcune macchine utensili di pregio. Arriva il 1943, anno contraddistinto da avvenimenti che ebbero influenza su tutto e tutti, con ribaltoni in ogni campo e probabilmente sconvolsero anche le vicende di progettazione delle automobili di cui stiamo parlando. I disegni di questo periodo ci dicono che a metà del 1943 alla Progettazione c'è di nuovo qualcosa che assomiglia ad un gran caos. Quello che è certo è che le date dei disegni del progetto 1350 non vanno oltre il mese di giugno, e altrettanto sicuramente nasce una nuova sigla, il progetto 1352, con un nuovo motore, il 1304. Purtroppo il perché di questo cambio non si trova da nessuna parte. Così non possiamo fare altro che cercare di capirci qualcosa sfogliando i disegni. Uno dei primi studi di questo motore 1304, per il quale ritorna la soluzione dei due assi a camme in testa, ci dice subito che Ricart “non c'è”, o è come se non ci fosse. Perché? Perché lo studio, datato 8 agosto 1943, ci mostra la regolazione del gioco valvole “alla Jano”. Controprova, quando in seguito, volente o nolente Ricart dovrà pur finire per mettere mano al motore della Gazzella, la sua versione definitiva avrà la regolazione Birkigt, mica la “Jano”. A dire il vero, nemmeno la distribuzione a due assi a camme in testa ci dice “Ricart”, perché lui aveva espresso differenti pensieri alla nascita del progetto 1350; ma, data la tradizione Alfa Romeo, si trattava di una soluzione che probabilmente sarebbe giunta alla produzione anche in una 1350 “di Ricart”. Tornando alla 1352-Gazzella, a quel punto ci sono preoccupanti segni di involuzione a livello di sospensioni. Nessuno osa più pensare, nel 1943, ad un ponte pendolare al retrotreno, tuttavia si riesce a tirar fuori di peggio! La vecchia sospensione anteriore tipo Porsche non solo è confermata, ma si intende usarla anche al retrotreno. Una specie di “indietro tutta” indubbiamente più subito che voluto da Ricart. Possiamo ipotizzare che per un bel po' di tempo egli non abbia potuto occuparsi del progetto e che anche quando lo ha fatto (se, lo ha fatto) non debba essere sceso troppo in profondità nelle analisi. Non era da Ricart un motore con la regolazione Jano, così come non lo era una vettura con un certo tipo di sospensioni. La Gazzella continuò a subire torture progettuali a livello di sospensioni, con il riproporsi di inadatte soluzioni che prevedevano l'improprio uso di cuscinetti a sfere, già viste sulla S11 “uccisa nella culla” nel 1941. Ci fu persino un tentativo di resurrezione del motore 12 cilindri della S10, con uno schizzo datato 13 maggio 1943. Tutto appariva come uno sfogo, su questa povera vettura ancora lontana dal nascere, da parte della frazione perdente così rudemente stoppata da quella comunicazione di Gobbato del 1941. Facendo un quadro generale prima di chiudere con il quesito che ci siamo posti all'inizio, Busso era concorde con l'ingegner Garcea, direttore delle Esperienze negli anni '50, quand'egli amava ripetere che fra la (ipotetica) Gazzella ed una delle automobili di tutti i giorni c'era la stessa differenza che si poteva trovare fra una locomotiva ed una bicicletta. Era proprio così, una vettura troppo complicata, inutilmente complicata, e costosa in maniera inaccettabile. E Ricart, comunque responsabile allora di Progettazione ed Esperienze, ne portava il peso. Male fece, se lo fece, a lasciare che il progetto Gazzella prendesse, per mille motivi, una sua strada che possiamo definire una brutta piega. Quella vettura era condannata prima di nascere. Andò in strada nell'ottobre del 1945 e quasi subito finì fra i ferrivecchi. Ricart se n'era già andato da sei mesi. Quand'egli tornò in Spagna, a coloro che si aspettavano di parlare con lui di autocarri, rispose con il progetto di una vettura, la Pegaso Z-101: il motore era un 12 cilindri con lo stesso sistema di comando e di regolazione del gioco valvole che lui voleva per la 1350, la sospensione anteriore era a quadrilateri trasversali e dietro c'era il DeDion guidato dal Watt. I disegni di questa vettura erano del 1949, e da lei Ricart derivò la Z-102 che andò in produzione dopo la presentazione al Salone di Parigi del '51. Stavolta il motore era un 8 cilindri a V con due assi a camme in testa, e non c'erano né Jano né Birkigt fra le valvole. Ricart era tornato a fare quello che desiderava. Così noi possiamo chiederci se, chissà, forse un pochino la Pegaso rappresenta la Gazzella che Alfa Romeo non ha mai costruito. Ora vediamo qualche immagine, partendo da alcuni bozzetti che ci mostrano come avrebbe potuto essere la "Gazzella". Disegno tecnico del telaio "1350", datato 31 gennaio 1942. Disegno tecnico del motore siglato 1301/1302, aspirato e compresso. La lettera di Gobbato, datata 31 maggio 1941, che ferma i precedenti progetti "S10" ed "S11", dando praticamente il via al "1350", il quale a sua volta, come abbiamo visto, non avrà alcun futuro. I disegni qui sotto, realizzati da Giuseppe Busso sulla scorta dei progetti dei singoli componenti realizzati fra il 1941 ed il 1942, raffigurano lo schema della sospensione posteriore della vettura "1350". Questi invece sono i disegni della sospensione posteriore della Pegaso Z101, prima vettura progettata da Ricart dopo il suo rientro in Spagna. Più che di similitudine con la geometria della "1350" si può parlare di assoluta uguaglianza, anche nei difetti; entrambi i progetti hanno in comune una cattiva geometria di guida del ponte De Dion, alla quale Ricart porrà rimedio, probabilmente indotto dai risultati delle prove su strada, sulla Z102, prima Pegaso prodotta in serie. Fine. Posso immaginare che il testo in alcune parti sia poco comprensibile, che non sia facile seguire il filo del discorso, ma vi assicuro che non ho mescolato le informazioni. Io stesso quando mi sono messo a riscrivere questa storia ci ho messo un po' a farmi scorrere nella mente le varie fasi di questa vicenda. Il fatto è che Giuseppe Busso (chi ha letto il suo libro lo sa) si spiegava così... a volte non era facile stargli dietro.
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Nello stesso fosso dove ho trovato gli schemi tecnici di stamane, c'erano anche questi due bozzetti, sempre del 1960 e direi ad occhio relativi alla versione "tuttodietro". Noto una certa somiglianza al posteriore con la 1300-1500 che arriverà l'anno successivo sul mercato, mentre all'anteriore c'è una certa ispirazione all'ammiraglia di casa. Mi ha incuriosito la guida a dx del primo bozzetto... potrebbe trattarsi di una semplice immagine ribaltata (non da me... io in vita mia ho ribaltato solo una Uno TD) ma così l'ho trovata e così ve la propongo.
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Certo "lo so lo so, non lo sapessi ma lo so..." Stavo ipotizzando l'abbinamento da lui fatto, mettendo insieme TP e Simca. Poi... che il passare degli anni l'abbia reso un po' rimba lo sappiamo. Comunque, visto che abbiamo citato anche il "122"...
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Un lavoro notevole davvero... sia per questa Uno che per l'Alfacabrio 33S, che ho rivisto (o meglio, visto per la prima volta dal vivo dopo tutti gli anni passati dagli articoli di Auto Oggi) con piacere e stupore al Museo di Arese in occasione dei 40 anni della 33. Stupore perchè avendo visto solo alcune fotografie della sua vita post-passerella, e tutte piuttosto datate, mi ero fatto l'idea che fosse andata demolita. Ciò che mi indispettisce un po', riguardo i racconti che si scrivono oggi sulla 33 Cabrio, è la più totale assenza di riferimenti al coinvolgimento del settimanale in questo progetto. Ok, loro fisicamente non avranno fatto molto (ed infatti spiegavano per filo e per segno tutte le caratteristiche della vettura, citando le persone e le aziende che se ne erano occupate), ma per presentarla (magari esagerando un po', à la Gianni :D) come "la 33 (o la Uno Turbo) DI AUTO OGGI" saranno sicuramente stati parte dell'iniziativa ed anche sponsor. Altrimenti già ai tempi si sarebbero levati dei "ma come vi permettete?". Invece, oggi... nulla. Queste vetture le hanno create i bravissimi Tizio e Caio (e tanti complimenti, sicuramente dovuti) ma una parolina di quella povera rivista che manco esiste più? Nada.
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Nuca citava, parlando del clone Simca, la 123 TP... quindi credo si riferisse alla Simca 1000.
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Decimo e ultimo articolo, un po' più in là nel tempo, da Auto Oggi del 22 agosto 1991. Dedicato alla tecnologia di bordo. Chiudo qui, con una foto d'addio. La domanda è: dove sarà finita? Esisterà ancora? Andate a cercarla, io so' stanco, mi fanno male i ditini.
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In occasione dei 40 anni della "comodosa e risparmiosa, scattosa e sciccosa", mi riallaccio a questo vecchio topic per riproporre la storia (a pagine, chè non ho il tempo di scrivere) di una Turbo molto speciale, della quale che io sappia si sono perse le tracce, a differenza della Alfacabrio 33. Credo ci vorra più di un post per caricare tutto, dato che le paginette son pesanti e la capacità di carico in questi post e simile a quella dell'Audi 80 '86. Primo articolo, Auto Oggi 13 dicembre 1990. Secondo articolo, Auto Oggi 14 marzo 1991. Terzo articolo, Auto Oggi 21 marzo 1991. Quarto articolo, Auto Oggi del 6 giugno 1991. Dedicato all'interno ignifugo. Quinto articolo, Auto Oggi del 13 giugno 1991. Dedicato all'impianto stereo. Sesto articolo, Auto Oggi del 20 giugno 1991 (che io facevo 14 anni.... va là va là), dedicato ai cristalli speciali. Settimo articolo, Auto Oggi del 27 giugno 1991, dedicato allo speciale impianto antifurto. Ottavo articolo, Auto Oggi del 4 luglio 1991. Dedicato alle scarpette. Nono articolo, Auto Oggi dell'11 luglio 1991. Dedicato ai porta-scarpette.
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Andando un po' più indietro.... siamo nel 1960, in periodo che va da gennaio a luglio. In Fiat si pensa alla "123" e si stanno valutando, anche per la "media", i due differenti tipi di schema meccanico. Si deciderà poi di proseguire con il "tutto dietro" solo per la piccola 850, mentre al posto della "123" arriverà la 124. edit: per chi avesse visto il post subitissimo, chiedo scusa, avevo caricato due volte l'immagine dello schema TP. Ho corretto.
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