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PaoloGTC

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  1. Secondo affondo in archivio per stasera (si sa mai che vi si distragga un pochetto ). Ora... trattasi di un articolo riguardante la gestazione della Giulietta, non troppo approfondito e scritto anche in modo molto semplice. Vale quindi la regola che ho già scritto al termine dell'altro topic di stasera, sul motore modulare. Se vi sono correzioni o aggiunte da fare, ben vengano. Le foto a corredo di questo topic in buona parte sono già apparse sul web da parte di altri autorevoli siti e forum, che le hanno rimarchiate col loro watermark. Essendone in possesso per via della rivista madre in archivio, ho pensato di postarle citando la fonte come mi è da tempo stato suggerito dall'amministrazione di AP. Questo per dire che non intendo far nessun torto ad altri siti. Le foto le avevo in archivio e penso sia giusto nel mio caso citare la fonte da cui ho attinto io. Buona lettura. PROGETTO 116.44/50 – GIULIETTA “Il primo periodo degli Anni 70 è stato decisivo per l'impostazione dell'attuale produzione Alfa Romeo, che dopo aver presentato in rapida successione i fondamentali modelli delle gamme Alfetta e Alfasud, si dedicava al nuovo progetto “116.44/50”, denominato più comunemente Alfettina, e con il quale si intendeva sostituire la prestigiosa, ma ormai anziana Giulia. Furono gli stilisti a iniziare per primi il lavoro nella primavera del 1973, producendo una gran quantità di schizzi di prima interpretazione dell'immagine della vettura. Come di consueto, sulla base delle più moderne e varie tendenze di styling, vennero proposte svariate soluzioni alternative: sulla forma ad esempio, si ebbero i più vivaci dibattiti tra i tecnici, ormai divisi tra le opposte tesi dei due e dei tre volumi. Ma non fu questo l'unico punto di contrasto; si doveva decidere sul profilo della fiancata, sul numero delle luci laterali, sull'andamento orizzontale della linea di cintura, sul taglio della coda, sull'inquadratura della fanaleria e su altri numerosi piccoli e grandi dettagli. Tra i primi schizzi creativi dell'immagine del progetto “116.44/50” troviamo anche questa berlina “fast-back” dalla linea non modernissima e poco personale, che sembrò successivamente poco adatta ad intepretare il ruolo della vettura Alfa Romeo di classe media. Di questo disegno venne ritenuta valida solo la soluzione data al paraurti che appare integrato nella linea del frontale e viene a formare uno spoiler nella zona inferiore. I disegni che rappresentano le soluzioni di forma a tre volumi risentono in alcuni casi di una certa mancanza di idee personali. E' il caso di questa berlina equilibrata, ma piuttosto corposa, disegnata verso la fine del '73. Fu scartata come idea per la soluzione data all'elaboratissimo bagagliaio. Un'altra soluzione di forma a due volumi può essere datata gennaio 1974 con fiancata a tre luci. Fino alle ultime battute i fautori di questa soluzione continuarono a proporre un gran numero di schizzi nella speranza, forse, di indurre il marketing a dare via libera a una Giulietta a due volumi. Immutato lo stile a cuneo della parte anteriore. Uno dei disegni più importanti nell'evoluzione stilistica della Giulietta è questo. Venne ribattezzato il “Giugiaro azzurro” perchè in esso si intravvedevano alcuni dei motivi più caratterizzanti del noto stilista torinese. L'importanza del disegno sta nel fatto che da esso, per successive elaborazioni, derivò il disegno definitivo della parte posteriore. Di nuovo nel campo dei tre volumi, questa “aragosta” la cui importanza è paragonabile al suddetto “Giugiaro azzurro”. Dall'unione delle idee più valide espresse dai due disegni derivò lo stile personale della Giulietta. Le uniche critiche furono rivolte al disegno della scanalatura curvilinea alla base del montante posteriore, che mal si armonizzava all'insieme, e alla forma dei fari. Ultimo sketch della rassegna... forse presagendo la prossima sconfitta, alcuni stilisti propensi al due volumi ricrearono soluzioni intermedie da contrapporre all'ormai imminente vittoria del tre volumi. Abbandonate le tre luci laterali e praticamente definita la linea filante della fiancata e del cofano, rimaneva in forse la sola linea posteriore, che appariva tozza. Le idee più promettenti prendevano forma nei modelli di plastillina solitamente realizzati in scala 1:10. L'esecuzione tridimensionale permette infatti di giudicare, in modo più attinente alla realtà, la validità estetica della forma e il suo equilibrio volumetrico, senza essere viziata dalla colorazione e dal senso di prospettiva a cui il grafico non può rinunciare nella stesura su carta. In queste fotografie i primi modellini realizzati in plastillina al Centro Stile dell'Alfa Romeo. La linea della fiancata ha in entrambi i casi lo stesso profilo discendente posto in risalto dalla forzatura del cofano verso il basso e dal moderato rialzo della modanatura alla base del montante posteriore. I fianchi si differenziano nel taglio della vetratura posteriore che nella fotografia sopra è a tre luci (con la terza fissa che alleggerisce l'incidenza del montante) mentre in basso è a due luci e viene tagliata da una vistosa grigliatura a sviluppo verticale che avrebbe dovuto mimetizzare le uscite dell'aria dall'abitacolo. L'idea di inserire i paraurti nella linea della vettura verrà dopo. Il modello in plastillina ritratto qui sotto differisce dal precedente per due soluzioni particolari: il profilo del cofano presegue alla linea di cintura senza forzature verso il basso, donando al frontale una maggiore compostezza. Il cofano bagagli risulta lievemente allungato per conferire un maggior slancio alla parte posteriore e una più elevata capacità al vano bagagli. In questa versione il lunotto veniva parzialmente incassato rispetto al profilo del montante e facilmente si sarebbe realizzato un portellone posteriore. E' in genere a questo punto che cominciano i guai per gli stilisti. I tecnici dell'Alfa Romeo, infatti, sino ad allora poco più che semplici osservatori, si “lanciarono in picchiata” sullo stilista che stava cominciando ad illudersi dell'indipendenza artistica del suo lavoro. Ingombri meccanici più precisi, calcoli strutturali, corrispondenza alle legislazioni dei vari Paesi e possibile funzionalità dei vari particolari vennero posti in discussione e impietosi colpi d'accetta tagliarono i rami dell'inventiva stilistica alla ricerca del funzionale e del realistico. Verso la fine del 1974 un gruppo ristretto di modellini venne presentato ai massimi dirigenti dell'Alfa Romeo che espressero la loro approvazione sul lavoro effettuato, mentre i soliti invisi esperti per la parte commerciale stabilirono in quattro e quattr'otto che la forma a tre volumi meglio si addiceva alla collocazione della vettura (“perchè così non avrebbe dato un'idea utilitaristica”) e che la soluzione della fiancata a tre luci “avrebbe fatto troppo limousine” in contrasto con il fatto già appurato che l'Alfettina era una vettura di classe media da individuarsi tra le medio-inferiori Alfasud e la medio-alta Alfetta. Naturalmente anche questo ulteriore esame non fu definitivo, ma fu egualmente scelta una serie di soluzioni come “quel frontale”, “questo corpo vettura”, “quella coda” e così via; ma ormai gli stilisti stavano tirando le somme del loro lavoro e, in stretta collaborazione con i progettisti, realizzarono il primo manichino della “116.44/50”in scala reale. La linea a questo punto (si era nei primi mesi del 1975) era definita nel suo sviluppo generale, ma molto lavoro attendeva ancora gli stilisti che dovevano definire i particolari (paraurti, luci, prese d'aria, ecc.) nonché ingegnarsi nella definizione degli interni a partire da un simulacro dimensionale denominato “filo di ferro” perchè realizzato con sottili tubi saldati tra loro e ricoperti in alcune zone da pannelli di legno. Vediamo ora alcune immagini dell'allestimento dell'abitacolo durante la fase di studio. Qui uno scorcio della parte anteriore. Si noti la soluzione della canalizzazione dell'aria alla base del parabrezza. Un esempio delle prove di stile del pannello porta posteriore sinistra realizzata sul “filo di ferro”, fotografato al Centro Stile. La soluzione già riporta delle bande protettive. Sullo stesso “filo di ferro” la soluzione provata sulla portiera di destra. Fu scartata perchè non prevedeva il posacenere incorporato e appariva misera nella parte alta. Il modello in scala reale fu prelevato e “dato in pasto” ad un gruppo di tecnici appartenenti al “DACAR”, una sezione più comunemente conosciuta in Alfa Romeo come “quelli del calcolatore”. Un apparecchio elettronico spaziale (ohè non sto parlando di Capitan Harlock... e state un pochino attenti )rilevò la forma della vettura, integrando opportunamente le imprecisioni del manichino realizzato a mano dagli stilisti. Linee continue e superfici geometriche perfette venivano memorizzate e trasferite su nastro per servire da comando alle fresatrici a controllo numerico che realizzavano stampi di elevata precisione da cui sarebbe nata la vettura. Così il calcolatore rappresentava la linea esterna del corpo solido. Un corpo chiamato Giulietta, ma questo non era essenziale per una macchina che agiva esclusivamente sulla base di numeri 0 e 1. Contemporaneamente, secondo un procedimento matematico denominato “a elementi finiti”, le superfici e i componenti strutturali della carrozzeria, ridotti a elementi geometrici semplici, venivano sottoposti all'esame del calcolatore che ne verificava la resistenza agli sforzi e alle deformazioni. Venne anche costruito un particolare modello in legno che riproduceva in elementi semplificati la struttura della nuova Alfa Romeo. Passo dopo passo il calcolatore effettuava, per ognuna delle centinaia di elementi geometrici finiti, un calcolo strutturale del quale gli ingegneri ben conoscono la complessità, nella sua formulazione integro-differenziale, correlandone inoltre il comportamento complessivo. Va ricordato che con questo metodo i tecnici ottengono il massimo e più uniforme utilizzo delle strutture con il minimo spreco di materiale evitando soprattutto concentrazioni di tensioni (carichi a cui può essere sottoposto un singolo elemento) dannose alla sicurezza e alla resistenza. Tra la fine del 1975 e gli inizi del 1976 la Giulietta (così pensavano di chiamarla i poco fantasiosi maghi del marketing) era praticamente definita nella sua completezza e iniziava così la sua lunghissima sperimentazione su strada sotto le mentite spoglie dei prototipi, che ne mascheravano le linee più caratterizzanti. Molto era già stato fatto per i gruppi meccanici derivati da quelli dell'Alfetta e per i motori che in versione 1300 o 1600 avevano già percorso almeno 250.000 chilometri sotto il cofano di apparentemente normali vetture Giulia e Alfetta. Altre lunghe prove dovevano ancora essere portate a termine; in particolare quelle relative agli assetti (di importanza vitale in casa Alfa), le analisi del comfort, le prove di sicurezza e le analisi aerodinamiche. Il primo studio aerodinamico era stato realizzato su modelli in scala. La Giulietta aveva dimostrato la sua validità specie sul piano della deportanza, ma ciò non bastava a tranquillizzare i tecnici che ne proseguivano le prove dapprima su strada con un prototipo dalla linea il più vicino possibile al reale, compatibilmente con le esigenze di segretezza, denominato guarda caso “Aereo”... (qui lo vediamo in una delle tante foto dell'epoca, già viste in precedenza; in questo caso siamo allo steering pad di Balocco) ...e successivamente alla galleria del vento di Pininfarina, dove talune soluzioni rimaste in dubbio, come le prese d'aria sul cofano e la sistemazione del paraurti-spoiler vennero definite. Si era ormai agli sgoccioli: solo i tecnici della sicurezza continuavano allegramente a spaccare Giulietta contro le barriere, nei roll-over, nei tamponamenti guidati, tempestandole di colpi e strappi. In un altro laboratorio si prova la resistenza sotto trazione delle cinture di sicurezza di una Giulietta a cui, per comodità, sono state tagliate la paratia parafiamma e l'ossatura del cruscotto. La prova avviene ponendo contemporaneamente in trazione il ramo diagonale e quello ventrale delle cinture, con una forza di 1200 chilogrammi, superiore alla resistenza stessa del fisico umano. La forza esercitata idraulicamente tramite robusti cavi d'acciaio, agisce su tutto il sistema di ritenzione che è composto dalle cinture di sicurezza, dagli attacchi e dalla struttura del tessuto. Il cofano motore viene sollecitato allo strappo da una forza applicata pneumaticamente del valore di 800 chilogrammi per verificare la resistenza del dispositivo di blocco ed eliminare il pericolo di sganciamento. Il cofano è costruito in modo da piegarsi all'urto frontale senza penetrare nell'abitacolo. Spettatori davanti a tutti questi tipi di prove, persino i colleghi dei terreni speciali di Balocco ne venivano impressionati, ma malgrado tutto ciò si riuscì solo a dimostrare che l'analisi strutturale del calcolatore elettronico era esatta e la Giulietta andò a conoscere il suo pubblico.” Fine. Foto e info di testo da Gente Motori 1978 – Gianni Montani
  2. Ultimamente non si fa altro che parlare d'Alfa. Alfa Alfa Alfa Alfa. Ma basta parlare d'Alfa! Parliamo un po' di Alfa Un salto nel tempo e andiamo ad un articolo della seconda metà degli anni 80. ALFA ROMEO – IL MOTORE MODULARE “Fra i vari problemi che ancora oggi affliggono i motori ad accensione comandata (ciclo otto), ve n'è uno particolarmente importante che riguarda il rendimento del motore, cioè la sua capacità di trasformare in lavoro meccanico una percentuale il più possibile elevata dell'energia calorifica potenzialmente disponibile nel carburante. Infatti, durante la normale marcia su strada il rendimento del motore di un qualsiasi veicolo non è mai costante ed il suo valore si modifica moltissimo e rapidamente (in funzione del regime e dell'apertura della farfalla) raggiungendo in genere il massimo solo in condizioni di piena ammissione (farfalla tutta aperta) e all'incirca attorno al regime di coppia massima. Statisticamente però le condizioni di piena ammissione (con riferimento all'uso medio della vettura, specie se di cilindrata medio-alta) si verificano con frequenza nettamente inferiore rispetto al funzionamento ai carichi medi e medio-bassi (farfalla semi aperta – traffico urbano e suburbano). Ne deriva che nella maggior parte dei casi i motori delle nostre auto funzionano con rendimenti molto bassi. A riprova di quanto affermato possiamo osservare l'andamento generale dei consumi specifici di un motore a 4 tempi: essi variano fra un minimo di 180 g/cvh in condizioni di piena ammissione ed attorno al regime di coppia massima e massimi di 300-500 g/cvh nelle altre situazioni. Le cause di questo fenomeno sono da ricercarsi soprattutto nel fatto che attualmente la potenza del propulsore viene regolata dal pilota parzializzando la quantità di aria aspirata per ogni ciclo, cosa che genera una depressione a monte della valvola di aspirazione in grado di consumare parte dell'energia necessaria per l'immissione nella carica di miscela nel cilindro. Si ha così una forte dissipazione che per le basse produzioni di potenza penalizza molto il rendimento. Va aggiunto che la bassa densità della miscela immessa nel cilindro ai carichi medio-bassi e bassi ostacola la rapida e regolare propagazione della combustione (fronte di fiamma), con conseguente ulteriore dissipazione di energia sotto forma di energia termica. A questo punto è chiaro che se si riuscisse ad ottimizzare il rendimento del motore nelle diverse situazioni di marcia si arriverebbe automaticamente ad una grossa riduzione dei consumi senza penalizzare le prestazioni della vettura. Proprio in quest'ottica l'Alfa Romeo ha recentemente sviluppato, nell'ambito delle ricerche finanziate dal CNR, un motore che abbinando fra loro i concetti di sovralimentazione e modularizzazione è in grado se non di risolvere perlomeno di contenere i termini del problema. Il costo di questo programma di ricerca, supportato all'80% da finanziamento pubblico, ammonta a circa 3 miliardi di lire. Prima di descrivere l'ultima versione del motore, che è da ritenersi definitiva per quanto riguarda sia l'architettura sia la logica di funzionamento e di controllo, vediamo assieme cosa si intende per “Modularizzazione” e quali sono state le fasi propedeutiche dell'attività di ricerca (alcune svolte dall'Alfa Romeo per proprio conto) che hanno portato a questo tipo di scelta. La regolazione per la modularizzazione consiste sostanzialmente nel vincolare il numero di cicli attivi prodotti nell'unità di tempo dal motore alla richiesta di potenza da parte del pilota. Per ottenere ciò ai bassi carichi si opera una diminuzione del numero dei cilindri attivi del motore agendo sull'alimentazione, che viene esclusa in alcuni dei cilindri stessi. Ciò permette di far lavorare agli altri con carichi medio-alti ottimizzandone di conseguenza lo riempimento e migliorandone la combustione. Il loro rendimento risulta così aumentato. I vantaggi derivanti dalla modularizzazione si avvertono soprattutto ai bassi carichi, nonostante un'intrinseca diminuzione del rendimento meccanico del sistema dovuta ai cilindri inattivi che sono trascinati dagli altri. Nel 1981 fu allestita una flotta sperimentale di dieci taxi che svolsero regolare servizio pubblico nella città di Milano. La vettura impiegata era l'Alfetta 2000 e la modularizzazione era ottenuta escludendo di volta in volta due cilindri. Il motore, aspirato, aveva un rapporto di compressione (R.C.) 9 e camere di combustione emisferiche. Successivamente, sempre sullo stesso tipo di motore, furono analizzate e provate varie soluzioni di modularizzazione e di parcellizzazione del combustibile; al fine di valutare l'influenza del rapporto di compressione su consumi, emissioni allo scarico e prestazioni e per pervenire ad un adeguato software di regolazione e controllo. Questa ricerca inoltre permise la scelta dei sensori e degli attuatori più idonei (a minima inerzia di risposta) e la verifica delle diverse combinazioni di funzionamento dei cilindri. Nel frattempo furono avviate anche le sperimentazioni sul motore a 6 cilindri a V (2500 Alfetta GTV) e fu allestito un prototipo funzionante su vettura caratterizzato da alimentazione aspirata su entrambe le bancate e da un alto rapporto di compressione (R.C. 13). Per pervenire ad una scelta ottimale della camera di combustione, si allestirono e provarono anche motori prototipo dotati di camere tipo Heron (R.C. 13) ed emisferiche (R.C. 12). La soluzione con camera di combustione tipo Heron diede luogo però a fenomeni di detonazione alle alte velocità (causate da insufficiente smaltimento del calore prodotto durante la fase di scoppio) che portavano a principi di grippaggio. Il ridisegno della camera e della testa del pistone, non che l'ottimizzazione del flusso del liquido di raffreddamento, permisero di eliminare, almeno in buona parte, tali inconvenienti, ma la scelta finale cadde comunque sulla camera di combustione di tipo emisferico, per la quale furono effettuate, dapprima al freno dinamometrico e poi su vettura, tutte le prove necessarie alle completa definizione delle principali grandezze motoristiche (rapporto aria/combustibile, anticipo di accensione, ecc.) e dell'algoritmo che sovrintende alla logica modulare (zone di funzionamento a 3 o 6 cilindri attivi e transitori). Si arrivò così alla definizione dell'ultima versione del motore, per il cui prototipo definitivo ci si è avvalsi del motore 6V 2500cc dell'Alfa 90. L'allestimento prevede che le due bancate di tre cilindri siano così realizzate: -la bancata sinistra (cilindri 4-5-6) è aspirata, ad alto rapporto di compressione (R.C. 12) ed è destinata al funzionamento continuativo. L'alto rapporto di compressione consente un notevole risparmio di combustibile alle velocità medie e basse ed in particolare nell'impiego cittadino; -la bancata destra (cilindri 1-2-3) è invece sovralimentata (R.C. 8,3) ed è caratterizzata da funzionamento intermittente. In evidenza, nella vista dall'alto, la centralina elettronica con le sue due schede di logica e di potenza. La vista frontale è dominata dalla presenza dello scambiatore di calore. Sulla bancata destra (osservando appunto frontalmente) il turbocompressore.... ... che vediamo meglio qui. Notare in questo trio di foto la notevole compattezza del propulsore, disturbata solo da turbo e spinterogeno. La bancata sovralimentata, inattiva e trascinata ai carichi parziali, entra in funzione per la richiesta di alte prestazioni, quando i valori combinati dell'angolo di apertura della farfalla e del numero di giri (letti ed integrati da una centralina elettronica) superano il limite massimo previsto per il funzionamento con i soli tre cilindri ad aspirazione naturale. Essa permette di aumentare la potenza massima disponibile fino a 192 cv a 5800 giri/minuto (contro i 160 cv della versione base) e coppia massima a 26 kgm a 4500 giri/minuto. Inoltre tale bancata è alimentata in maniera costante per mezzo di un turbocompressore Garrett T2 azionato dai gas di scarico della bancata aspirata, dotata, allo scopo, di un collettore di scarico progettato in modo da massimizzare il rendimento della turbina. Al raffreddamento dell'aria uscente dal turbo provvede uno scambiatore di calore di tipo aria/aria. Da un punto di vista alimentazione ed accensione le due bancate sono completamente indipendenti: i circuiti di alimentazione del combustibile e dell'aria sono infatti separati, come pure la regolazione e la gestione dell'anticipo di accensione e dell'iniezione di combustibile. Esse risultano, pertanto, costantemente alimentate in modo ottimale, ricevendo la quantità di benzina strettamente necessaria al momento e dispongono anche del correttore dell'angolo di anticipo. Il sistema di controllo elettronico, basato su di un microprocessore Intel 8051 dotato di banchi di memoria da 8Kbytes, sovrintende all'apertura delle valvole a farfalla, all'avviamento ed al mantenimento di un regime costante per il funzionamento al minimo. Inoltre il sistema governa e gestisce le zone di funzionamento a 3 ed a 6 cilindri attivi. Per quanto riguarda i transitori che, come noto, sono i più difficili da gestire, il prototipo presentava problemi di guidabilità rispetto alla vettura di serie soprattutto nel passaggio da 3 a 6 cilindri. Furono studiate numerose soluzioni per assicurare l'attivazione e la disattivazione progressive della bancata destra, fra le quali meritano di essere ricordate quelle basate sulla riduzione dell'anticipo di accensione della bancata sovralimentata e sull'apertura della valvola waste-gate del compressore. La soluzione decisiva fu comunque individuata nella separazione dei gruppi di aspirazione delle due bancate mediante l'adozione di un sistema a tre farfalle (una per cilindro) per quella aspirata ed un sistema monofarfalla per quella sovralimentata. Il monofarfalla è poi azionato da un motorino passo-passo gestito dal sistema di regolazione centrale e tutto il sistema nel suo complesso consente di eliminare quasi completamente i disturbi di guidabilità nei transitori e di realizzare un'ulteriore riduzione dei consumi poiché, mantenendo tutto aperto il monofarfalla, diminuiscono le perdite di pompaggio nella bancata trascinata. Le prove su vettura, come constatato anche da chi scrive, hanno dato risultati più che soddisfacenti ed il passaggio da 3 a 6 cilindri e viceversa, non dà luogo a vibrazioni di particolare intensità, né a problemi di guidabilità. La riduzione dei consumi inoltre sta confermando i risultato delle prime sperimentazioni al banco e le ipotesi di progetto. Può essere indicativo notare che con funzionamento a 3 cilindri aspirati si è raggiunta una velocità di 162 km/h. Inoltre la riduzione dei consumi, valutata sul ciclo Europa Ece 15, risulta del 34% circa rispetto al normale motore di serie (6 cilindri aspirati con R.C. 9). La modularizzazione rappresenta quindi, soprattutto per le vetture del segmento altro dell'attuale gamma, una soluzione di grande interesse e validità al fine di consentire un impiego cittadino con consumi contenuti, senza rinunciare al comfort ed alle prestazioni proprie delle vetture di questa classe.” SCHEMA DI FUNZIONAMENTO “Per capire meglio il principio di funzionamento di questo motore ricorriamo ad uno schema esemplificativo. Su tutti i motori a 4 tempi la potenza erogata è controllabile dal pilota mediante l'acceleratore, parzializzando il condotto di aspirazione dei vari cilindri. Tutti però lavorano congiuntamente e pertanto forniscono la stessa potenza unitaria che, moltiplicata per il numero dei cilindri stessi, da appunto la potenza totale richiesta dal guidatore. Ciò però provoca gli inconvenienti già descritti sopra. Nel motore Alfa Romeo, invece, finchè il pilota chiede poca potenza questa viene fornita dalla bancata di sinistra i cui cilindri pertanto lavorano sempre in condizioni di parzializzazione ridotta e di conseguenza con buoni rendimenti. La bancata destra invece resta inattiva perchè non riceve carburante (i suoi organi meccanici però si muovono in quanto solidali con l'albero motore). Quando la potenza richiesta dal pilota supera un certo valore il computer inizia ad alimentare anche la bancata destra che, da quel momento, comincia a produrre lavoro. Il suo funzionamento pertanto non è continuativo ed il fatto che sia sovralimentata dal turbocompressore azionato dai gas di scarico della bancata opposta (essa pertanto non risente di contropressioni allo scarico) gli permette di raggiungere elevati livelli di potenza specifica. Va precisato che lo schema qui sopra riportato è riferito ad una delle prime versioni del motore e come si può notare la parzializzazione dell'aspirazione era ottenuta tramite due farfalle, una per ogni bancata. Successivamente tale soluzione è stata modificata e per la bancata aspirata si è fatto ricorso ad un gruppo di tre farfalle (una per ogni cilindro) poste a monte dei collettori di aspirazione. Inoltre, l'aria uscente dal turbo prima di essere avviata ai cilindri viene raffreddata da uno scambiatore di calore. In pratica una vettura dotata di questo motore è come se fosse equipaggiata con due motori a tre cilindri, uno dei quali interviene solo quando necessario.” IL SISTEMA NERVOSO DEL MODULARE “Vediamo ora in questo schema l'insieme dei sensori e degli attuatori che presiedono e controllano il funzionamento del modulare. A sinistra sono stati raggruppati i sensori, alcuni dei quali sono sdoppiati, in modo che i punti di controllo delle due bancate risultino indipendenti fra loro. Sensore giri e fase motore: permette al computer di bordo di conoscere istantaneamente il regime di rotazione e, grazie al segnale fornito dal sensore di inizio ciclo motore, la posizione istantanea dell'albero motore e di conseguenza quella di tutti gli organi meccanici ad esso collegati. Sensore angolo farfalla: ogni bancata ne utilizza uno; il computer attraverso di essi può rilevare la posizione delle farfalle. Tale dato, insieme ai valori della pressione e della temperatura aria, viene poi utilizzato per individuare in modo preciso la quantità di aria aspirata nei cilindri e di conseguenza la quantità di carburante da iniettare in ciascun cilindro. Sensori pressione assoluta: leggono la pressione nei condotti di aspirazione di ciascuna bancata e quello relativo alla bancata sovralimentata controlla la waste-gate. Sensori di temperatura aria: permettono di rilevare la temperatura dell'aria in prossimità dei collettori di aspirazione a monte degli iniettori. Sensore di temperatura acqua di raffreddamento: la sua funzione è basilare durante il periodo di riscaldamento del motore per il controllo del regime di minimo. Sensore di detonazione: montato sulla bancata sovralimentata provvede a variare l'anticipo nel caso insorgessero fenomeni di detonazioni e nei casi più gravi concorre all'azionamento della waste-gate. Sensori di posizione acceleratore: permette al computer di valutare la richiesta di potenza effettuta dal pilota e quindi di decidere se alimentare o meno la seconda bancata”. Fine. Immagini e info di testo da Automobilismo – 1986 – Lionello Negri p.s. Come sempre, i miei post non hanno la pretesa di scrivere una pagina di storia da parte di chi c'era, ha visto e ha fatto (come potrei). Sono semplicemente la presentazione agli utenti di AP di cose che ritengo interessanti, incontrate viaggiando attraverso gli anni dell'archivio. Se ci sono modifiche da fare a quanto scritto, dettagli da aggiungere o correzioni necessarie per via di imprecisioni, ben vengano. GTC
  3. Quello che pensavo stamattina mentre facevo il bagno al cane. Ci sono un sacco di ragionamenti (più qui penso che fra di loro.. ma ne avranno anche loro ) su cosa si farà cosa non si farà, che modello e come e quando, che hanno come punto di arrivo il risultato che pensano di ottenere: facciam così facciam cosà e arriviamo a tot di venduto che ci serve per poi... Ma c'è questa certezza, che questo vendibile venga venduto, che piaccia? Cioè alla fine il prodotto è sempre il protagonista... i piani che hanno in mente (come modelli) li ritengono così validi da poter prendere il risultato X (necessario) come scontato? Mah... ho paura che ci sia una visione non troppo realistica là dentro (che non lo sia rispetto a "ciò che dovrebbe essere" ormai è scontato ci sono fiumi di pagine di AP che lo spiegano... io mi riferisco proprio ANCHE a quel "poco" che bene o male hanno in mente.. son così certi di vendere poi?) (anche il cane mi ha detto "booooh")
  4. Si vede che MB e BM in quel momento cercavano di non rompersi troppo le scatoline loro stoppano questa mentre BM la 3er cabrio la fa e con un certo successo... loro invece poi tirano fuori il cabrio dal CE mentre BM stoppa la 5er...
  5. Si perchè l'aveva già depositato per sè stesso quel signore che deve dirci se mangiamo e aresiamo e lodoliamo oppure no.
  6. Tre fotine in regalo per il sabato sera. Niente di eclatante ma da aggiungere alla collection prototipal-mulettosa. Duetto 33 Restyling
  7. Un'altra immagine del 190 cabrio mai realizzato. Imho non era neanche male.
  8. Gennaio 1988. La Tipo è pronta, la produzione è partita alla grande ormai. 16 mila pezzi pronti all'invasione del mercato, recitano i giornali. L'attacco alla Golf è dichiarato, e le Tipo ormai si vedono a decine attorno agli stabilimenti. Tuttavia, se osserviamo bene, si può avere il sospetto che qualcosa andrà storto.
  9. Eh vabbè, vorrà dire che farò attenzione ai pali.
  10. .... ma io rispondevo sopra le righe viste le tue faccine. Però devo dire di aver visto tante macchine di tante marche conciarsi in maniera del genere dando un bacino al palo, anche di recente.... secondo me il palo fa passare ogni auto per una bara, tutto qui... imho non è da qui che si può giudicare se la Camaro è piu-meno sicura di altre... questa è una botta fuori catalogo secondo me...
  11. Eh si sicuramente.... sei sempre il solito. Son sicuro che se capitava ad una RX-8, lei vedendo arrivare il palo si sdoppiava in due Demio e poi si ricomponeva dopo il palo. Trooooppo avanti.
  12. Cooomunque non in tutte le storie il vicino di casa di Paperino è Anacleto Mitraglia. A volte l'abbiamo visto alle prese con un certo Jones, se ricordate. Non era lo stesso personaggio a cambiar nome, ma si trattava proprio di due tizi diversi. Anacleto Mitraglia alto, magro, brutto e spesso con la bombetta. Jones più basso, tarchiato e i capelli direi stile marines. Comunque la litigiosità era agli stessi livelli. @ Superkappa: si si è la stessa storia, riassumendola avevo tralasciato la lite per il cambio di colore della Perrari, che poi è stato citato nei post seguenti. @ ACS: Edy è un personaggio alla moda. Devo dire però che l'inflazione di supereroi non l'avevo gradita molto... mi bastava Paperinik (e le sue storie iniziali che partono dai ruderi della villa di Fantomius sono qualcosa di stupendo), poi vennero Paperinika, Paperbat (che non era male come scemenza intendo), Farfalla Purpurea (la versione femminile di Paperbat) e in alcune storie "di mezzo" (insomma avete capito, non le grosse storie di inizio o fine Topolino ma quelle che stavano nelle pagine centrali) c'era la squadra dei supereroi composta da qualunque genere di personaggio trasformato in "super" (c'era perfino Basettoni). Tra le storie "di mezzo", ecco, andavo matto per quelle ambientate al Papersera, con Zio Paperone direttore del quotidiano, Paperino e Paperoga redattori, Paperina alla rubrica per signore e via dicendo.... spesso erano davvero divertenti (riproducevano bene l'ufficio medio italiano ) Oh ecco ecco, visto che si fanno i test... e visto che l'ho citato, come si chiama di nome il Basettoni? E sua moglie? Comunque anche oggi i Paperi sono sulla cresta dell'onda, non sono stati affatto dimenticati. Spesso e volentieri sono alle prese con le vicende di oggi, anche quelle automobilistiche, anche quelle di Autopareri. Non ci credete?
  13. Speriamo che il 370 Turbo basti.
  14. Ah ma allora sei tarato anche tu... mica solo io. Bene bene, chiamate le suore e dite che il pullmino 9 posti per il matticomio non basta più, che cerchino un 370 Turbo. (riguardo le aggiunte alla descrizione della storia, sei anche peggio di me, non me le ricordavo tutte queste cose.. però leggere di Bolsonieri in postazione scomoda mi ha riproposto davanti agli occhi la vignetta di lui sospeso in aria attorcigliato al filo del microfono... che Topolino ragazzi... poi mi dicono "eh ma perchè ripiombi sempre negli anni '80".... eccheccavolo... certe cose erano.. un'altra cosa )
  15. L'Alfa Marameo è già esistita. Topolino anni '80, storia in cui Paperone (tanto per cambiare) coinvolge nipotame in un'avventura in Formula 1 (antagonista ovviamente il solito Rockerduck) come sempre movimentata e spassosa (come tutte le storie disegnate da G. Cavazzano). Nel "cast" vi erano comparse come -Riccardo Pretese sull'Alfa Marameo -Alain Crost sulla Perrault -Nicky Bagnacauda sulla McLallen. (per tacer dell'apparizione del sig. Perrari in persona, che Paperone incontrava due volte, la prima con esito negativo vista la richiesta economica per i motori, la seconda positiva perchè Paperone all'ultima spiaggia decideva di spendere i suoi amati dollari per comprare il Perrari Straturbo da montare sull'auto di Paperino... solo che Rockerduck ci metteva lo zampino mescolando il motore di Paperone, ottenendo però l'effetto contrario perchè i suoi tecnici lavorando con l'intento di pasticciare il pasticciabile, creavano a loro insaputa un motore migliore del Perrari Straturbo) p.s per dovere di cronaca il bolide della scuderia De'Paperoni era la TurboPaper MK1. (altro che wikipedia. non ho messo neanche una faccina divertente perchè questa è una cosa molto seria a confronto con certe cose che accadono nell'automotive italiano)
  16. Beh però a prescindere dai dati di vendita, sicuramente avevano il loro bell'interesse a livello di progetto comune, il solito discorso del risparmio di progettazione o meglio dei costi spalmati su TOT invece che su tot. E avevano cominciato imho in modo non tanto diverso dai discorsi che sentiamo oggi... perchè al primo giro il Vetturone Ulysse-Evasion-806-Z era un rebadging spietato. Un po' gli roderà sicuramente, al di là del fatto che quel che fan da soli lo vendono bene. (a proposito, ma coi furgoni? andranno avanti?)
  17. Piccolo OT su Mike e 4R A dire il vero io ho sempre pensato che certi bozzetti di 4R come quello postato qui sopra, fossero, del Mike. Fatti per 4R tanto come faceva quelli con cui commentava lo stile delle ultime novità del mercato (cosa che ora non vedo più). La mano mi pareva quella... a volte quelli dell'analisi stilistica del tal modello erano precisi perfetti come prospettiva perchè erano evidentemente costruiti su delle foto (troppe volte ho visto bozzetti suoi in quelle pagine, in prospettive perfettamente identiche a quelle di certune foto ufficiali... ikkia ho scritto certune... ora parlo come IlFusi ) mentre quando andava a mano libera mi è parso si perdesse un po' per strada il Mike. Fine piccolo OT su Mike e 4R.
  18. L'idea di fondere fari mascherina e scudo si notava anche in un bozzetto di Perini del 2002, nel mezzo della ricerca stilistica del CS per 939, se non ricordo male... devo andare a rintracciarlo.
  19. Ruolo che mi ero riservato non a caso... visto che ogni tanto si degnava di arrivare in due posti GM brobro (tra l'altro lo stesso brobro, quindi...)
  20. Però dicci la verità, ti garberebbe aprire la porta della macchina ed essere già in sala da pranzo eh?
  21. I miei 2 cents? Beh per quel che ne so io anche se chiudesse il brand resta di proprietà del gruppo e siccome da più parti pare di capire che non lo venderanno mai, manco morto e sepolto, credo che resterebbe sempre e comunque "not available".
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