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PaoloGTC

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  1. Non mi pare che accada spesso di vedere un cerchio in lega che si frantuma in così tante parti da essere difficilmente rintracciabile dopo l'urto.
  2. Quello che mi preoccupa è che ci sono ancora un sacco di numeri e di lettere da usare.
  3. edit: trovato grazie ad appassionati della 3rd gen di Camaro e Firebird. Un libro interamente dedicato alla Camaro in questione, riportandone la foto, indica il mulo come un derivato di Buick Skylark. E in effetti la porta pare lei. Mistero svelato, possiamo chiudere la questione e dedicarci alla nuova barca mulettata.
  4. Io ho già raccontato come cambiano le cose a seconda che stia guidando il 164 oppure l'Astra. L'ultima di oggi, niente a che vedere con la road rage, ma mi son fatto una risata. Statale di campagna, scendo verso Novara, limite dei 90, strada larga come una pista di atterraggio ma con la linea continua e quindi me ne sto al mio posto, supero quando arriva il tratteggio. Comunque non posso evitare di arrivare dietro ad una Micra con su due, guida lei, lui di fianco, lui con lo schienale mezzo abbassato, lei col cellulare all'orecchio sinistro, a 38-40 orari, entrambi senza cinture. Arrivo dietro, e non ho mica detto nulla! Nè suonato nè sfanalato, semplicemente pensato "guarda due di quelli furbi", aspettando un attimo, perchè so che a poche centinaia di metri inizia il tratteggiato. Mentre aspetto, lei butta un occhio allo specchietto. Cazzus, l'Alfa blu!! (ignorante che sei!) Telefono volato sul tappeto, lui si è tirato dritto, cinture a manetta. Che due pisquani.
  5. Quale distribuzione? Quella dal cielo, del buonsenso? Lui non lo sa. Era in bagno a sbuffarsi il ciuffo col phon quel giorno. (parlo io....)
  6. PaoloGTC

    Genesi della Fiat Regata

    Regata. Per quello che posso raccontare basandomi su ciò che mi ha sputato addosso oggi l'archivio durante una rapida ricerca, sembrerebbe che Regata venga fuori così distante dall'originaria Ritmo del 1978 perchè non fu messa in piedi come "variante della Ritmo", bensì fu creata perchè era ora di "dare un'erede alla 131". A questo punto trovo sia interessante rivedere insieme le parole di Gian Paolo Boano. "Il problema di fondo era quello di sostituire la 131 con una nuova vettura più moderna, al passo con i tempi. Si avvertiva la necessità di una berlina che coprisse il segmento di mercato della 131 e che non dimenticasse la tradizione Fiat in questo settore di automobili di media cilindrata e prezzo. Dapprima si era pensato di operare con un profondo restyling sul corpo della 131. Procedendo in questo senso ci siamo presto resi conto di quanto fosse difficile impostare una berlina nuova, rifacimento totale della 131, senza appesantire la linea con irrilevanti miglioramenti di abitabilità. In sostanza, si appesantiva una 131 senza avere più nulla di una 131. Allora è emersa una nuova idea: partire da un telaio che era quello della Ritmo e per sinergie, ma soprattutto perchè presentava soluzioni d'avanguardia quali la maggiore compattezza e la trazione anteriore. Così siamo arrivati ai primi modelli su fondo Ritmo. Abbiamo cercato di personalizzare un disegno molto incisivo per fare una vettura diversa nella categoria della 131. Era spontaneo fare una vettura più grossa, ma consci delle esigenze di mercato ci siamo imposti i canoni di una automobile compatta che non fosse di classe superiore alla Ritmo solo per le maggiori dimensioni bensì per un reale incremento di prestazioni e di comfort. In quest'ottica è stato allungato il pianale e tutta la parte posteriore è stata rifatta, però non abbiamo voluto 'gonfiare' la vettura. I risultati finali hanno portato ad un risparmio di peso di ben 180 kg rispetto alla 131. Ma erano ancora presenti particolari che richiamavano troppo la Ritmo quali, ad esempio, la scalfatura nella parte bassa della fiancata ed il pronunciato bisello sotto le cornici dei vetri laterali. La 'pelle' delle porte doveva rimanere inalterata e quindi, giocando con le fasce protettive, con un profilo cromato applicato sul bisello e con nuove maniglie, ci siamo spinti il più possibile verso una vettura dotata di un'immagine nuova e personale. Anche il frontale con la calandra e i fari quadrati in cui si inserisce il family feeling contribuisce al distacco dall'eredità Ritmo. Quando abbiamo provato i primi modelli nella galleria del vento ci siamo accorti che per motivi aerodinamici era necessario alzare la coda. Alzando la coda abbiamo dovuto raccordarla e quindi sono nate queste 'sciabole' (i "baffi" sui passaruota posteriori, ndGTC) per poter allineare il paraurti posteriore a quello anteriore e per snellire un passaruota che deve poter ospitare pneumatici di dimensioni notevoli. Anche il montante posteriore risultava troppo voluminoso e la soluzione del lunotto avvolgente è stata adottata per trovare un migliore equilibrio delle masse. (comunque a livello di bozzetti, che ora non trovo, fu studiata anche una soluzione col terzo vetro laterale, "appoggiato" alla porta posteriore, vetro che praticamente occupava quasi tutto il montante C, ndGTC). Gli ampi scudi di protezione sono un nostro credo ed anche sulla Regata abbiamo seguito la filosofia del paraurto fasciante. Forse si sarebbero ottenuti risultati migliori (gli stavano chiedendo se secondo lui il tutto non fosse un po' pesante, ndGTC) con paraurti dello stesso colore della carrozzeria, però questo avrebbe implicato l'adozione di un altro materiale perchè il policarbonato non è verniciabile, ed i costi sarebbero saliti notevolmente. Il designer oggi si deve adattare ad un nuovo concetto di progettazione che è poi il concetto di contenimento dei costi. E, proprio alla luce dei costi variabili, siamo oggi costretti a scartare soluzioni decisamente valide dal punto di vista stilistico. Comunque non è detto che in un prossimo face lifting diventi economicamente accettabile il 'tagliare' i paraurti con una fascia di vernice. In tema di aerodinamica i risultati sono dovuti ad una coda alta che dona una certa aggressività alla vettura accentuata dall'adozione di un profilo anteriore piuttosto basso. Le parti meccaniche sulla parte anteriore sono state fasciate ed è stato studiato attentamente il corretto intubamento dell'aria. Con questi accorgimenti siamo riusciti ad ottenere un valore di Cx pari a 0.37-0.38, che scende a 0.35 per la Energy Saving, contro lo 0.41 della Ritmo. (perchè la Ritmo è diventata di colpo 0.41 che al lancio era sparata con lo 0.38 non so, nd GTC) I nuovi cerchi da soli consentono un miglioramento di oltre mezzo punto. Per quel che riguarda l'interno (la parola passava a Claudio Mottino) la ricerca si è spinta su un arredamento sobrio, con innovazioni favorit dall'accessoristica ed il più spazioso possibile. Non si è voluto fare una plancia che 'mangiasse' l'abitacolo: chi entra in automobile, chi siede a fianco del guidatore non deve essere oppresso dalla plancia portastrumenti (sarebbe bello far leggere queste parole a certi designer d'oggi, ndGTC). Abbiamo pertanto cercato una forma di plancia che portasse i volumi in alto ed in basso, sforzandoci di vuotare la zona intermedia: in questo modo, a livello di cintura si ottiene uno spazio decisamente più elevato. Il vetro della strumentazione è a filo dei piani della plancia e, al fine di evitare riflessi fastidiosi, abbiamo adottato il 'bauletto' sul piantone che incorpora i tasti devioguida. Per alleggerire questa zona siamo poi passati ad un volante a quattro razze che risponde meglio di un massiccio due razze a problemi di solidità e vibrazioni. La plancia è di finta pelle accoppiata su uno stampo di resina e presenta caratteristiche molto simili ad un materiale schiumato. Lo studio dell'abitacolo è iniziato nell'81. Pur avendo a disposizione delle misure interne che erano in pratica quelle della Ritmo, siamo riusciti a guadagnare qualcosa studiando l'inclinazione dello schienale posteriore e la conformazione dei sedili anteriori. Qui le esigenze erano contrastanti: era necessario migliorare l'abitabilità e contemporaneamente si voleva un sedile più ricco, adeguato alla categoria superiore della vettura. Così siamo arrivati ad un disegno che occupasse il minor spazio possibile abbellito dalla particolare forma delle cuciture e del taglio. Inoltre, pur essendo una tre volumi, il sedile posteriore è sdoppiato e ribaltabile per un migliore sfruttamento delle capacità di carico. Una soluzione del genere sarebbe stata impossibile sfruttando il corpo 131, che aveva il serbatoio carburante dietro al sedile posteriore. L'abitabilità complessiva risulta superiore a quella della 131 con una maggiore sensazione di spazio." Volendo dare un po' di date, il primo studio di "Regata" fu realizzato nel novembre del 1980, ed aveva quest'aspetto. Nel dicembre del 1981 venne approntata la seconda ipotesi, che si staccava maggiormente dalla Ritmo, sia che fosse prima o seconda serie (la quale a fine '81 credo fosse ormai definita). Nel 1982 la Regata che tutti noi conosciamo era praticamente pronta, a parte il fatto di avere le frecce anteriori arancioni e di non essere ancora abbellita dalla cromatura sotto i finestrini. Pochi mesi dopo la vettura era completamente definita. OT Progettual-Fiattaro Mi strabilia sempre pensare che mentre questa vettura era sul punto di arrivare nei concessionari, in Fiat stessero lavorando al progetto 158. Si, avete letto bene, 158. Chi sa bene che la Tipo (in quanto genitrice del tutto) è conosciuta come progetto 160, potrebbe chiedersi che diavolo sia il 158. Ho scoperto di recente l'esistenza di questa sigla. Riporto quest'intervista che riguarda Tipo ed i suoi collaudi ma che parte proprio da quel periodo e ci aiuta a capire una cosetta. Torino 1988 – La Tipo è stata concepita sei anni fa: esattamente nel momento in cui i tecnici ed i progettisti di Mirafiori hanno dato il via ad una serie di studi e di verifiche di fattibilità e funzionalità di due prototipi che presentavano soluzioni aerodinamiche, strutturali e meccaniche estremamente avanzate e indirizzate nell'ottica di montaggi automatizzati. Da questi due esemplari sperimentali, lungamente testati, dapprima al banco e poi su strada, doveva, di lì ad un anno nascere il progetto 158 che nella sua evoluzione sarebbe divenuto prima 160 e poi Fiat Tipo, una vettura all'avanguardia tecnologica che si appresta a conquistare l'Europa. Per vedere quali sono state le tappe salienti di questo progetto, attraverso la storia delle sperimentazioni e dei collaudi a cui il modello è stato sottoposto prima di assumere la sua configurazione definitiva e di essere immesso sul mercato, siamo andati dall'ingegner Giuseppe Piritore, responsabile tecnico dei modello, che ha seguito la Tipo fin dall'inizio e che ora si appresta ad assisterla nell'ingresso in Europa. “L'importanza di quei due prototipi – ci racconta – è stata notevole. Proprio in quei mesi, infatti, abbiamo maturato quella mole di esperienze che si sono rivelate poi fondamentali nella prosecuzione del lavoro sul nuovo modello che, allora, si incominciava appena ad intravedere. Mentre si terminava positivamente quella fase, prese forma il modello 158 (progenitore della Tipo) del quale a metà 1984 iniziammo a costruire i primi dei trenta prototipi che complessivamente furono poi ultimati e con i quali abbiamo subito cominciato i test.” In che cosa consistevano le prove su queste trenta vetture sperimentali? “Prima abbiamo analizzato in laboratorio: essenzialmente prove al banco sulla rigidezza statica e dinamica e la resistenza a fatica delle scocche e prove sulla robustezza e sul comportamento dei singoli organi meccanici (sospensioni, motori, sterzo, freni, ecc.). Inoltre una serie di prove di urto frontale, laterale e posteriore per verificare il comportamento della vettura in caso di incidente.” Tutti questi collaudi tendevano essenzialmente ad accertare la validità e l'affidabilità del progetto che, redatto per forza di cose sulla carta, anche se con l'ausilio dei più moderni mezzi come il CAD, presenta sempre la necessità di migliorie che in laboratorio devono essere messe a punto. “Mentre si completava questa fase – continua Piritore – si è iniziata la messa a punto dei singoli gruppi e della vettura completa su strada, a partire dai propulsori (quanti chilometri a velocità massima macinati sulla pista di Nardò!), dai freni, dagli impianti elettrici fino ai più piccoli dettagli del comfort: dalla perfetta chiusura delle portiere, all'agibilità dei sedili alla funzionalità dei comandi. Abbiamo terminato questa fase verso la fine del 1985, quando il progetto 158 ha subito una profonda revisione formale divenendo 160. Solo dopo questo lavoro di perfezionamento la Tipo ha assunto l'attuale conformazione.” Come si è svolto questo lavoro? “Abbiamo costruito complessivamente 33 prototipi (nove scocche meccanizzate e 24 per le prove su strada) con i quali si sono percorsi milioni di chilometri sulle strade di tutta Europa. Terminate le consuete esperienze nei laboratori di Mirafiori (ci siamo concentrati in particolare sulle sospensioni per le quali abbiamo ideato prove stressanti da equivalere a percorrenze triple di quelle normali), abbiamo dato il via alle prove a vettura completa: massacranti percorsi misti ai banchi di prova con le auto a pieno carico (utilizziamo per questo appositi manichini ripieni di acqua) per valutare la resistenza a fatica della scocca, dello sterzo, delle sospensioni, fino alle prove di rumorosità e di vibrazione.” E Piritore spiega: “A questo proposito abbiamo inventato un apposito ciclo di prova per eliminare gli scricchiolii che talvolta spuntano fuori nel percorrere strade dissestate. Ad esempio: abbiamo registrato, e poi riprodotto, uno dei percorsi più micidiali che tutti i torinesi conoscono: quello del cavalcavia di corso Sommellier con pavè, binari del tram, lose di pietra e sbalzi vari. Questo lavoro ci è stato molto utile perché siamo riusciti a rendere la Tipo veramente silenziosa.” Particolare cura è stata dedicata dai tecnici di Mirafiori anche al contenimento del rumore proveniente dal motore: tramite strumenti elettronici hanno “disegnato” l'emissione acustica all'interno dell'abitacolo per renderne poi possibile l'eliminazione tramite accurate imbottiture fonoassorbenti o isolamenti particolari. Quel fastidioso fruscio che talvolta si avverte guidando a velocità sostenuta, causato da accidentali infiltrazioni di aria, è stato eliminato dalla Tipo dopo una serie di studi e verifiche nella galleria del vento di Orbassano. “Ma tutto questo, ovviamente, non bastava – prosegue Piritore – anche se i test di laboratorio hanno raggiunto, grazie alle sofisticate apparecchiature di cui disponiamo, una grande precisione ed attendibilità. Occorreva la prova della strada.” Le Tipo, accuratamente mascherate per sfuggire alle spie della concorrenza, hanno così cominciato a percorrere le rotte d'Europa: percorsi misti sulle strade delle Langhe e del Grossetano, la pista di Nardò per le prove dei motori e dei pneumatici (100 mila chilometri a piena velocità per ciascun prototipo), le micidiali discese delle Alpi austriache per il collaudo dei freni nelle condizioni più severe, compresa la simulazione del traino di una roulotte, le vie di Stoccarda dove insieme alla Bosch è stato messo a punto l'impianto Antiskid ABS e quello di iniezione elettronica, Colonia dove si è provata la compatibilità elettromagnetica degli impianti elettronici di bordo (oltre ai test compiuti nella nuovissima sala anecoica del Centro Ricerche di Orbassano), il freddo inverno svedese e quello della lontana Patagonia dove s'è verificata la bontà di freni, sospensioni, impianto di riscaldamento, accensione e resistenza dei motori alle più basse temperature. Per l'impianto di condizionamento e per il comportamento generale nei climi caldi, infine, si sono percorse a lungo le strade del Marocco in piena estate. Questa fase del lavoro è stata completata con l'analisi critica di tutto il progetto eseguita dagli enti interessati alla luce delle risultanze dei test che via via affluivano nei calcolatori di Mirafiori dalle strade italiane, tedesche, austriache, marocchine, svedesi e della Patagonia. Questo ha consentito di introdurre tutta una serie di migliorie. “Un'importante novità introdotta con la Tipo è stata la particolare durata e severità di alcuni collaudi rispetto a quando era stato fatto fino ad allora. Un esempio: fino a qualche tempo fa i test più severi per una vettura nuova prevedevano che essa dovesse superare senza alcun danno almeno 1500 chilometri di pavè (quanti ne percorre mediamente una vettura in 10 anni di vita): per la Tipo questo limite è stato portato a 5000 chilometri in modo da garantire la massima affidabilità anche in condizioni estreme di esercizio. Ecco un dato che la dice veramente lunga sull'affidabilità del nuovo modello. Completate queste prove con i prototipi – conclude l'ingegner Piritore – è stata avviata la fabbricazione delle preserie: 200 di queste vetture sono state prelevate dalle linee e sottoposte, da capo, al ciclo di prove, in laboratorio e su strada.” Un ossessionante tour de force che alla fine ha consentito ai tecnici della Fiat Auto di eliminare complessivamente oltre 1000 piccoli e piccolissimi difetti, molti dei quali emersi con la messa in atto di un ciclo produttivo industriale. Infatti la realizzazione di molti elementi con tecnologie definitive genera variazioni di caratteristiche geometriche o di comportamento che vanno analizzate. Terminata questa fase, con una vettura tradizionale si sarebbe passati tranquillamente alle consegne. Ma con la Tipo la Fiat ha voluto fare di più. Ha messo in atto un ulteriore ciclo di prove di affidabilità compiute esclusivamente nell'ottica del cliente su vetture di normale produzione non più da collaudatori professionisti ma da semplici utenti. È nato così il Crash program. Oltre sette milioni di chilometri percorsi complessivamente da 250 Tipo affidate alla guida di seicento persone che le hanno utilizzate in tutte le possibili situazioni per due turni di otto ore giornaliere totalizzando circa 10 mila chilometri al mese. Questi i dati essenziali del Crash program, un gigantesco lavoro di controllo e affinamento qualitativo svolto dopo tutti i consueti ed accurati test sui prototipi e sulle preserie. La Tipo è il primo modello Fiat per il quale è stato attuato un simile programma di collaudo finale così intenso e complesso. Lo scopo del lavoro (della durata totale di undici mesi) è quello di verificare quanto più possibile l'affidabilità delle vetture secondo l'ottica di un normale cliente. Si sono così consegnate 250 Tipo a seicento dipendenti che le hanno usate come acquirenti esigenti. Dalle loro osservazioni è scaturita un'enorme mole di informazioni con l'indicazione di tutti i possibili interventi di correzione ed affinamento del prodotto atti ad eliminare in anticipo i consueti e fastidiosi piccoli difetti tipici della fase iniziale della produzione, nonché di quelli che altrimenti sarebbero stati evidenziati soltanto dall'uso quotidiano della vettura da parte della clientela. Allo scopo di seguire meglio il lavoro sono stati preparati tre centri di coordinamento: Rivalta, Cassino e Agadir, in Marocco. A ciascuno di questi faceva capo un certo numero di utenti assistiti da un'equipe di collaudatori e tecnici. I percorsi prestabiliti in ciascuna delle tre zone comportavano l'alternarsi di tratte urbane, extraurbane, autostradali (ove possibile) e il superamento di forti dislivelli. Le Tipo dovevano essere guidate, e talvolta “strapazzate”, come può fare un qualsiasi automobilista. Lo scopo non era solo quello di coprire in breve tempo un chilometraggio elevato, e quindi di sollecitare meccanica e strutture, ma anche di riprodurre un uso intensivo di tutti gli accessori della vettura: dalle serrature agli alzacristalli. Per questo, nel corso della giornata di prove, all'automobilista era richiesto, ad esempio, di aprire e chiudere consecutivamente per cinquanta volte il portellone o di avviare e spegnere venti volte il motore, per sottoporre la vettura ad uno stress tale da evidenziarne tutte le eventuali imperfezioni. L'allestimento dei modelli per il Crash program comprendeva gli optional più complessi (dal condizionatore al tetto apribile ai lavafari) per eseguire i controlli nella maniera più completa possibile sull'intera gamma. Il programma è stato svolto su gruppi successivi di vetture così da mettere in luce le eventuali anomalie, l'adozione delle adeguate correzioni e la successiva verifica della validità dei provvedimenti adottati. Inoltre si è controllato il comportamento delle vetture nelle diverse condizioni stagionali. Per seguire costantemente lo svolgimento del programma, a Torino è stato allestito un centro di coordinamento per l'elaborazione dei dati che giornalmente provenivano dalle squadre di prova, per l'analisi dei pezzi difettosi, l'individuazione dei problemi emergenti e per l'attivazione di opportune azioni correttive sulle vetture, sui processi di fabbricazione o sui materiali di fornitura esterna. Una considerevole parte delle vetture che hanno completato la prova è stata sottoposta infine ad un severo ciclo di ulteriori prove specifiche che prevedevano, dopo le verifiche generali, lo smontaggio completo di tutti i componenti ed il loro controllo in laboratorio. La novità della procedura ha richiesto un grande coinvolgimento verso la qualità e l'affidabilità del prodotto con la partecipazione di tutte le funzioni tecniche dell'azienda e – novità importante – di molti dipendenti i quali sono stati per la prima volta chiamati a provare e valutare un prodotto immedesimandosi completamente nel cliente. I risultati ottenuti hanno confermato la validità del metodo: le piccole anomalie riscontrate sono state totalmente corrette. La qualità della vettura ora è veramente europea. Fine. Uhmmmmm....due prototipi avanzati, dai quali scaturì la prima fase prototipale sotto la sigla 158.... possiamo oggi dire che il "158" era l'Unone e che prima dell'Unone... "due prototipi avanzati...." ....... ...... ...... FRANKIE! SEI TU! Finalmente abbiamo capito cos'eri Fine OT Progettual-Fiattaro
  7. Io di gomme capisco poco e niente ma se posso bridgestone dappertutto. L'Astra me la diedero con le Continental SportContact, che rispetto alle Bridge Putenza (su Astra per carità, non so se vale per tutte) erano solo un po' meno rumorose. In compenso, con le Conti, due mezzi buchi, due bolle sulla spalla, due gomme buttate. Mai più successo con le Putenza (e ho preso botte anche peggiori). L'unica cosa che, CAVOLO, almeno le mie 225/45 17 sui cerchi Astra (anche qui non so se vale per tutte), metterle su è sempre un cinema. Son dure di spalla, tutte le volte che cambio un treno mi porto le patatine e mi siedo a vedere lo spettacolo. Ti dirò, mi vanno benone anche le Turanza da 15 sul 164. Trovo che vada bene anche sul bagnato e rumore zero (ma non so se è la macchina).
  8. Dunque: -aggratis mi ha mostrato solo il bianco gelato ed un blu di cui non ricordo il nome (può essere blu profondo?) che non ho visto bene ma mi ha detto "praticamente quello dei carabinieri"; poi c'erano altri pastello tipo l'arancione che si pagavano (ma non so quanto, non ho indagato perchè il bianco comunque interessava da principio, a mamma piace la Punto bianca, il vicino ne ha una da qualche mese ed è da quando vede quella che si è fissata così; quindi tra preferenza e risparmio, due piccioni con una fava) -il 1.2 è più che sufficiente per le esigenze di mamma e anche per le mie in caso di utilizzo per andare a lavoro, perchè son 10 km di strada pianeggiante a 70-80 orari massimo; il vicino, che la usa in maniera consona, dice che non c'è da lamentarsi riguardo i consumi; ovviamente se si pretenderà di farle fare cose per cui non è stata creata, sbevazzerà senza darti grosse soddisfazioni comunque. In ogni caso, nello specifico, tra le vetture circolanti in casa i suoi consumi sostituiranno quelli della 164, credo che cadremo comunque in piedi. -il quinto posto è di serie - - - - - - - - - - AGGIUNTA al messaggio già esistente - - - - - - - - - - Non mi sembra di aver scritto di averlo pagato nella prima riga ho scritto il colore insieme al modello ma 12.100 euro è il prezzo della macchina
  9. "Mazda tu mi ami vero Mazda? E allora vedi che la cosa è reciproca? Mazda?? Pronto Mazda?? Che strano, dev'essere caduta la linea."
  10. Ecco le fotine residue del raid. Le Strada in compagnia della riproduzione del LEM di Apollo 11... ... un paio di scatti in compagnia del Titan 1... .... Miami.... ... e per concludere, dedicata agli amanti delle cifre la tabella riassuntiva con tempi, chilometraggi, velocità e consumi. That's all. Possiamo archiviare quest'avventura, ma presto ce ne sarà un'altra con la Ritmo (questa volta europea) come protagonista. La TransAmazzonica '80. In futuro vedremo (in altro topic ovviamente, quando tornerò a metterci mano) le Delta impegnate nel ripercorrere il sentiero dei mitici Pony Express, e poi a seguire la 131 di produzione nel raid "La Croce del Sud", alle calcagna delle ufficiali di Rohrl e compagnia bella durante lo svolgimento del Rally Codasur 1980, in Argentina. Prima di chiudere, torno un attimo alla questione "servofreno", perchè ricordo che leggendo la prova di durata di 4R ci fu chi rimase sorpreso nello scoprire che il servofreno non era presente nella dotazione nel primo periodo di produzione. Ricordavo di avere qualche annotazione in proposito, nelle note tecniche di aggiornamento che Fiat divulgava, e andando a spulciare ho trovato una (chiamiamola) "comunicazione" del 1980. Il servofreno a depressione, dapprima presente soltanto sulle Ritmo 75, veniva montato anche su 60 e 65 a partire dai numeri di telaio 4 096 357 (per le vetture prodotte a Cassino) e 2 229 823 (per le vetture prodotte a Rivalta).
  11. Ruotini poi mica tanto, ad occhio saran dei 18" quelli. Cosa devono metterti, i 32" plasma full HD?
  12. L'insegnante di sostegno bussata va in pensione , il mese prossimo andrà a farsi ritoccare le piccole rughe dovute all'età e poi una volta lucidata a specchio finirà in vetrina dal socio di bro-bro per il 2013-2014 (facendo una passeggiatina ogni tanto ovviamente, per restare in forma), e poi nel 2015 si vedrà. E' in splendida forma, tagliandata, revisionata e gommata, non ho voglia di consumarla ancora. Certo la userò molto, molto meno, ma l'idea che si ponga in vetrina a farsi guardare (chiusa.. a meno di richieste speciali, mica tutti che "oh sali guarda qui tocca là ti ricordi") mi sfagiola ogni giorno di più.
  13. Comprata un'ora fa la macchina pemmammà. Punto Street 1.2 3p bianco gelato 296 euri 12.100 clima euri 800 radio cd mp3 con comandi al volante euri 510 fendinebbia euri 200 ruota di scorta euri 100 IPT euri 200 Totale iniziale euri 13.910 Totale con campagna (sconto più clima e radio compresi nel prezzo) più IPT, fendi e scorta euri 9450 Sconto euri 4460 La macchina non c'è, perchè in stock c'erano solo diesel 5p per cui ordinata (tanto non c'è fretta). Consegna entro fine settembre, a meno che (ci risentiamo fra 10 giorni) non spunti qualcosa nelle vicinanze in rete.
  14. CCcccccomunque gli specchietti staccati dal montante, sostenuti dall'estremità del braccio, io li disegnavo nel 2003. (vista parziale di un mio bozzetto per un progetto Leon arrivato secondo su Maxi Tuning - un concorso di pregio )
  15. Mi hanno telefonato adesso dal Nord nord nord dicendomi di farvi notare come siano tutti arrabbiati e offesi per aver definito il loro lavoro il prodotto di un qualche desainer emergente che ha voglia di farsi notare. Comunque state tranquilli, hanno anche detto che qui dentro non conoscono praticamente nessuno di persona, per cui nel mucchio se la prenderanno con Becker.
  16. Estate, estate e sedili di finta pelle che ustionano i glutei. Marin l'estate la desiderò ardentemente quando si ritrovò a vivere quest'avventura. IL RAID DEI 24 PARALLELI di Gianni Marin e Benny Manocchia - fotografie di Vanni Belli - da Gente Motori 1979 Una piccola considerazione (anzi due) prima che iniziate la lettura: noterete che le foto a corredo non sono esattamente abbinate al testo, come "scaletta". Questo perchè il resoconto del raid (pubblicato in due parti) non seguiva esattamente un A-B-C, e le foto dei servizi anche loro eranon inserite in modalità piuttosto "random". Inoltre, il numero di immagini era troppo elevato rispetto al limite di upload immagini per singolo post, per cui seguirà un secondo messaggino con le foto rimanenti e le loro didascalie. La traversata atlantica sta per terminare. Il DC10 dell'Alitalia si avvicina all'isola di Terranova; l'Oceano è in molti punti ghiacciato, qua e là navigano degli imponenti iceberg. Ecco lo stretto di Caboto, il golfo di San Lorenzo, Quebec. La voce della hostess: “Ci apprestiamo ad atterrare a Montreal. La temperatura a terra è di meno venticinque gradi centigradi”. Un brivido corre lungo la schiena. Pensiamo di aver frainteso, ma basta uno sguardo, che si scontra con quello degli altri passeggeri, per toglierci ogni speranza. A Montreal sono proprio 25° sotto zero. Montreal, Canada Ce ne rendiamo subito conto quando prendiamo posto sulle navette che collegano l'aereo con l'interno dell'aeroporto. Baveri alzati, colbacchi, fiato che si condensa in nuvolette simili alle folate di una pipa ben attizzata. “E' un freddo record”, dice il tassista che ci accompagna all'albergo. E dura da diversi giorni. “Meglio così”, continua, “fin che fa freddo non nevica”. La situazione insomma non è delle più allegre. Ci troviamo a Montreal per compiere uno dei nostri raid; ma le attrezzature se non sono proprio quelle di tutti i giorni (l'unica precauzione è stata quella di utilizzare delle tute termiche della ditta Benning di Thiene e degli scarponcini Lotto) certamente non sembrano le più adatte per una situazione così esasperata. Siamo qui per provare la Fiat Strada che il 6 gennaio la Fiat USA ha presentato a Las Vegas alla stampa locale. Gente Motori vi ha già mostrato la vettura in forma statica. Avevamo apprezzato le modifiche estetiche, avevamo giudicato gli aggiornamenti tecnici alle normative di antipollution e di sicurezza americane. Ma volevamo vederle e soprattutto provarle. E' così nato il “Raid dei 24 Paralleli”, da Montreal a Miami, per un totale di 3500 chilometri. Almeno sulla carta. E ancora sulla carta avevamo pensato di andare dal freddo al caldo, dall'inverno di Montreal al “quasi-estate” di Miami; il tutto però, come l'eroe manzoniano, “con judicio”. Invece, alla prova dei fatti, questo raid si è rivelato il più duro e probante test fra tutti quelli portati a termine da Gente Motori. I – 25° diurni di Montreal sono diventati 35 durante la prima tappa nelle ore serali e di primo mattino (le due Strada sono rimaste parcheggiate all'addiaccio e ci ha fatto piacere vedere al mattino la loro “prontezza di riflessi” nel momento in cui abbiamo deciso di rimetterle in marcia). La temperatura si è poi mantenuta costantemente intorno ai 10 gradi sotto lo zero, quando abbiamo affrontato l'autostrada numero 95 da New York fino a Washington. Sino a quel momento avevamo attraversato il Vermont, il New Hampshire, il Massachussets, il Connecticut, lo stato di New York, il New Jersey, il Delaware, il Maryland; eravamo entrati in quello che non è un vero e proprio stato ma un distretto della Columbia, cioè Washington. Inconsciamente e con grande leggerezza avevamo pensato: “Il più è passato, ora ci avviciniamo alle zone calde e la marcia diventerà più facile”. Non sapevamo cosa stava per accaderci. (fu così che quel giorno, per la prima volta, il Gianni si ritrovò a pensare che forse a Milano in redazione con i glutei sulla poltrona non si stava tanto male) Ma proseguiamo nel racconto. Lasciata la capitale nord-americana sotto un forte vento proveniente da sud, ecco le prime avvisaglie di neve. Prima dei fiocchi radi, poi sempre più fitti, poi sempre più ampi. Si stava scatenando una bufera: da venticinque anni non si registrava un fenomeno simile sulla zona. Il dramma era agli inizi. Il dilemma anche: fermarci o continuare? La pattuglia della polizia, ferma a lato strada, ci consiglia di uscire e di fermarci al primo motel. A mano a mano che procediamo le colonne in uscita sono sempre più numerose. È domenica: anche gli americani in week end sono stati presi alla sprovvista. La nostra piccola troupe tiene consiglio via radio: opinioni discordi, poi prevale il “continuiamo”. Da quel momento ha inizio il dramma dei quattro italiani al volante delle due Strada, un dramma durato 301,9 miglia, pari a 486 chilometri molti dei quali compiuti in piena notte sotto la neve, a cui si debbono aggiungere altre 185,5 miglia pari a 298 chilometri su di un'autentica lastra di ghiaccio, quindi molto di più del solito “fondo ghiacciato”. Virginia, Nord e Sud Carolina, e la parte iniziale della Georgia sono stati percorsi dalle Fiat Strada in queste condizioni. Da tener presente che nel Nord Carolina, in piena notte, abbiamo incontrato l'occhio del ciclone, proprio nella regione denominata Rocky Mount; una zona desolata, di montagna, un posto dimenticato da Dio e dagli uomini, dove vivono ancora oggi i cosiddetti hillbillies, cioè i “montanari”, gente nomade che spara addosso agli agenti delle tasse, si rifiuta di andare alle armi, distilla il moonshine, una specie di whisky schifoso, preparato nottetempo in caverne segrete. (praticamente Dinamite Bla) Ricordare oggi a tavolino questa impresa ci fa anche dire: “Siamo stati dei pazzi”. Le Strada erano assolutamente normali. Era stata presa un'unica precauzione: quella di sostituire la miscela antigelo, il cui limite era di – 23°, con una adatta per i – 36°. il tutto è poi stato affidato alle automobili, alle loro sospensioni, ai loro freni, alla loro tenuta di strada e alle gomme: i Pirelli P3. Ebbene alla Ritmo e alla Strada, sua diretta derivazione, si possono trovare molti nei (e avremo occasione di parlarne) ma non potremo mai criticare la tenuta di strada e il comportamento dei pneumatici Pirelli, che si sono trovati a dover lavorare in condizioni assolutamente impossibili. Con la massima modestia, ci sentiamo di affermare che forse nessun collaudatore della Fiat e della Pirelli si è venuto a trovare in condizioni tanto difficili. Non avevamo catene, né chiodi, né preparazione da rallies; eravamo nelle condizioni di un qualsiasi automobilista, in una situazione ambientale assolutamente eccezionale. Il nostro Vanni Belli ha tentato (e le pagine fotografiche che corredano queste nostre note ne sono una pallida testimonianza) di trasmettere al lettore l'immagine di quei momenti (o meglio: di quelle lunghe ore); ma, come abbiamo detto, è una “pallida testimonianza”. Come fotografare nel cuore della tormenta? Come fotografare di notte mentre la neve si accumulava centimetro su centimetro? Come fotografare mentre stavamo superando sul ghiaccio i grossi camion americani che sollevano tornado di neve, acqua e ghiaccio? Ci siamo quindi affidati alle parole, alla nostra testimonianza di giornalisti onesti che sempre hanno raccontato dal vivo e con la massima obbiettività le proprie esperienze motoristiche. Montpellier, Canada Montpellier, Canada Se ci chiedessero di ripetere una simile esperienza, forse rifiuteremmo, pensando anche ai pericoli reali a cui siamo andati incontro. Però oggi possiamo ben dire di aver compiuto un'impresa eccezionale con una vettura e dei pneumatici straordinari. Le cifre parlano chiaro. Abbiamo percorso 3468 chilometri in 41 ore e 42 minuti, la media generale è stata di 83.165 chilometri all'ora e quella autostradale di 89,868. Si tenga presente che la velocità massima consentita negli Stati Uniti è di 55 miglia all'ora, cioè di 88,495 chilometri orari. Una curiosità: lo stato del Wyoming ha chiesto di portare questo limite a 70 miglia: il presidente Carter ha risposto di “sì”, ponendo però come condizione il decadimento di tutti i contributi governativi di cui gode questo stato americano. Ritornando alla nostra media, possiamo dire che anche questa è stata eccezionale; in tre occasioni abbiamo avuto guai con la State Police, cioè la Polizia della Strada locale. Ci sembra interessante riportare un ultimo dato che consente di giudicare in maniera obbiettiva il modo in cui si è svolto il nostro test: il percorso da Montreal a Miami City dove la temperatura era di 26° (l'escursione termica dal momento della partenza a quello dell'arrivo è stata di 61°) è stato percorso in cinque giorni effettivi di marcia. Agli uomini e alle automobili è stato chiesto il massimo, in ogni momento ed in tutte situazioni. Inquadrato così il Raid dei 24 Paralleli organizzato da Gente Motori, parliamo ora in maniera più approfondita delle automobili e del viaggio. La Strada, come ormai coloro che ci seguono sanno, è la versione americana della Ritmo. La scocca è rimasta immutata. Le differenze estetiche sono nella mascherina anteriore e nei paraurti. Il primo impatto a Montreal è piuttosto sconcertante. Decisamente la Strada, anche se ha perso in personalità nei confronti della Ritmo, è a nostro avviso più armonica, più facile da capire. (61 gradi di escursione termica in 5 giorni sono decisamente troppi) Richmond, Virginia Sulle fiancate è stata applicata una modanatura in gomma, non presente sulla Ritmo, che slancia maggiormente la vettura. Vi è un fregio applicato sotto il montante anteriore che ha la utilissima funzione di evitare l'imbrattamento del vetro laterale. Sulle fiancate posteriori troviamo le luci di ingombro, e i cerchio hanno un disegno (o meglio una colorazione) diverso. All'interno le modifiche sono minime. È più elegante il rivestimento in materiale plastico delle portiere, vi sono dei poggiabraccia diversi, un cicalino avverte guidatore e passeggero di allacciare le cinture. Un'altra diversità la noteremo al primo rifornimento: il bocchettone di immissione del carburante è caratterizzato da uno sportellino a molla interno che si apre su pressione del becco della manica della pompa di benzina. Crea qualche difficoltà nei rifornimenti, perché la parte terminale della pompa di benzina ha una specie di spirale che tende a incastrarsi su questo sportellino. Meccanicamente il motore è la parte che ha subito maggiori modifiche per soddisfare i capitolati imposti dalle leggi nord-americane in fatto di antipollution. La cilindrata è di 1498 cc, che sviluppa una potenza di 64 cavalli (SAE). È quindi paragonabile alla Ritmo 65 con motore di 1300 cc. La velocità massima da noi cronometrata è di circa 174 chilometri all'ora a 5110 giri in quinta, riscontrabile anche in quarta a 5800 giri al minuto. (a me sembrano troppi 174 all'ora per una Ritmo con 64 cv) Burlington, Vermont Con partenza da fermo abbiamo raggiunto la velocità di 30 miglia/ora (pari a 48,2 km/h) in 3,5 secondi; quella di 60 miglia/ora (pari a 96,5 km/h) in 12,3 secondi, e quella di 90 miglia/ora (pari a 144,8 km/h) in 38 secondi. La grande bufera di neve è terminata: ci aveva accompagnato per tutta la prima parte del viaggio; una presenza sinistra e “infernale”, di cui vi abbiamo raccontato ampiamente. Ora ci stiamo avvicinando alla Florida dove la temperatura, assicurano i bollettini meteorologici, è primaverile. Alle spalle ci siamo lasciati quattordici stati (compreso il Quebec che fa un po' storia a sé, tanto più che da anni sta cercando di separarsi dal resto del Canada per diventare indipendente). Di questi, ben undici (Delaware, New Jersey, Georgia, Connecticut, Massachussetts, Maryland, South Carolina, New Hampshire, Virginia, New York, North Carolina) appartengono al gruppo delle tredici colonie che nel 1775 combatterono la guerra di indipendenza contro gli inglesi. Come ricordarli tutti sotto il profilo turistico? Il Vermont è famoso per i suoi marmi ma soprattutto per la sua produzione di latte: ha più vacche (oltre 400 mila) che abitanti. Anche il turismo invernale è molto sviluppato: gli amanti dello sci lasciano ogni anno nel Vermont 350 miliardi di lire. Poi il New Hampshire: montagne bellissime, 1300 laghi, fiumi e foreste. Le sue industrie di pelletteria sono conosciute in tutto il mondo. Ed ecco il Massachussetts con il motto “Ense petit placidam sub libertate quietem”: (“con la spada chiede pace sotto la libertà”). È lo Stato della famiglia Kennedy e dell'Università di Harvard. Moltissimi gli italiani e gli irlandesi. I “padri pellegrini” inglesi a bordo della Mayflower sbarcarono per primi a Plymouth e fondarono, nel 1620, la prima colonia anglosassone d'America. Il Connecticut, uno degli Stati più ricchi degli Stati Uniti, è la patria degli elicotteri Sykorksi (a Bridgeport) e dell'Università Yale (a New Haven), l'università per chi “deve” diventare qualcuno. Lo chiamano il “garden state” (lo Stato giardino): è il New Jersey, ma le raffinerie di petrolio lo hanno trasformato in “pollution State”, lo “Stato inquinamento”. A Perth Amboy sbarcano tutte le automobili provenienti dall'Italia. Sempre nel New Jersey, lo scorso anno, è stato legalizzato come in Nevada il gioco d'azzardo: Atlantic City è oggi la Las Vegas dell'Est. Il Delaware, attraversato dal nostro Raid dei 24 Paralleli, è stato il primo Stato dell'Unione; è molto piccolo ma ricco. Quartier generale della DuPont, colosso dell'industria chimica, sede dell'accademia navale USA a Annapolis, popolatissima di italo-americani, tanto che il suo motto in italiano è “fatti maschi, parole femmine”. Che dire della Virginia? Ha dato otto presidenti agli Stati Uniti: Washington, Jefferson, Monroe, Madison, Tyler, Harrison, Taylor e Wilson. Ad Appomattox il generale Robert E. Lee (del Sud) si arrese nel marzo del 1864 al generale Ulysees Grant dando così fine alla guerra civile fra nordisti e sudisti. Della North Carolina e degli hillbillies che abitano le Rocky Mount abbiamo già parlato in precedenza; possiamo ricordare soltanto che nel 1903 a Kitty Hawk i fratelli Wright compirono il loro primo volo. Del South Carolina ricordiamo una nota di colore: Charleston è diventata famosa per avere dato il nome ad un particolare tipo di musica e di danza. Parlare della Georgia ci sembra inutile: Plains è la patria di Jimmy Carter. È però meno inutile per noi che abbiamo affrontato l'avventura di questo raid con le Strada: proprio in Georgia, pressappoco all'altezza di Savannah (dove vivevano i parenti ricchi dei Dukes), il ghiaccio è sparito rendendo più facile la nostra marcia. Atlanta, capitale della Georgia, è considerata oggi la New York del Sud; divenne famosa nel 1939 perché fece da sfondo al film “Via col vento”. Nella Little White House di Warm Springs morì il 12 aprile 1945 il presidente Franklin Roosevelt. New York nella morsa del gelo. Laggiù in lontananza la Statua della Libertà si gode il freschetto New York New York, l'Hudson River prossimo allo stato solido Cinque giorni al galoppo per le due Fiat Strada e per i due equipaggi. Eccoci finalmente in Florida che fu scoperta, dice la storia, da Ponce de Leon nel 1513 e dove esiste la città più vecchia degli Stati Uniti, St.Augustine, fondata dagli spagnoli nel lontano 1565. La Florida è sede della Disneyworld (vicino a Orlando) e di Cape Canaveral (nei pressi di Titusville) da cui hanno preso il via tutte le spedizioni spaziali americane. Il primo lancio americano in orbita attorno alla Terra risale al 31 gennaio 1958; il primo lancio con astronauta a bordo, al 5 maggio 1961; il primo lancio dell'uomo sulla Luna, al 16 luglio 1969. Ogni giorno visitano Cape Canaveral circa 10.000 americani: vanno a vedere, dicono i maligni, come vengono spesi i loro soldi. Aranci, pesca, sole, paradiso per i golfisti, sede invernale del famoso circo P.T: Barnum and Bailey, 33 milioni di turisti che spendono qualcosa come 16 mila miliardi, 600 mila cubani scappati dall'Avana di Fidel Castro, regno incontrastato del cemento armato: questa è la Florida con Miami, Miami Beach e West Palm Beach, la spiaggia dei miliardari dove anche Rose Kennedy, la matriarca del clan, possiede una villa meravigliosa. Ma la Florida, non bisogna dimenticarlo, nel suo angolo sud-occidentale, non lontano dal parco di divertimento di Walt Disney, a sud del lago Okeechobee, ha un parco nazionale che non ha eguali al mondo: quello delle Everglades che con i suoi 5230 chilometri quadrati è il terzo degli Stati Uniti in ordine di grandezza. Un'immensa distesa di erba costellata di fitti boschi che si estende sino alle coste della Baia della Florida e del Golfo del Messico coperte di mangrovie; ma anche tante paludi, popolate di serpenti e coccodrilli. Il Washington Monument Washington, il Lincoln Memorial Washington. Una dimora abbastanza conosciuta Washington, il Campidoglio In Florida si è concluso il raid degli inviati di Gente Motori con le due Fiat Strada, che abbiamo illustrato sia sotto il profilo stilistico sia sotto quello tecnico e meccanico nella prima parte di questa storia. Una prova così massacrante, che ci ha visti impegnati su un percorso di 3468 chilometri macinati nel giro di cinque giorni, aveva alla base un esame tecnico delle vetture e dei pneumatici. Iniziamo quindi dalle automobili: prima i pregi, poi i difetti. A suo tempo avevamo scritto che la Ritmo è forse la più corretta e gradevole vettura costruita dalla Fiat dopo la 131 Abarth Rally. Nelle condizioni al limite di aderenza nelle quali ci siamo trovati a dover guidare, la Strada ha mostrato sempre un comportamento neutro che si trasformava in un controllatissimo sottosterzo quando la velocità aumentava in relazione al raggio di curvatura. Decelerazioni improvvise in piena curva, moderati colpi di freno e di sterzo non si sono mai rivelati dannosi per la correttezza dell'assetto e hanno potuto provocare al massimo, su terreno a scarsa aderenza, innevato o peggio ancora ghiacciato, lievi deviazioni laterali del retrotreno che però venivano assorbite praticamente da sole. Si tenga presente che le due vetture messe a nostra disposizione non avevano subito alcuna particolare messa a punto. Ci siamo trovati, cioè, nel bene e nel male, nelle stesse condizioni di un normale utente che ritira la propria auto presso un concessionario. Ottima anche la trasmissione e il cambio. Avevamo il cambio a cinque marce che offre la possibilità di ridurre i giri del motore a velocità di crociera e di raggiungere ottimi valori di consumo: otto litri di carburante ogni cento chilometri, 12 chilometri e mezzo circa per ogni litro. Se questa prova avesse previsto delle votazioni avremmo assegnato un dieci anche al comfort: silenziosità interna, disegno dei sedili, spazio in tutti i sensi, buona visibilità senza angoli morti. Cape Canaveral Cape Canaveral Non dobbiamo però nascondere i “ma” e i “se”, per quella obbiettività che ci ha sempre contraddistinti. Dove la Strada mostra il suo punto debole (e questo vale anche per l'europea Ritmo) è nell'impianto di ventilazione. Quando dopo Washington ci siamo trovati ad affrontare la più grande bufera di neve che si sia riversata sugli Stati atlantici negli ultimi venticinque anni, abbiamo sofferto e non poco l'insufficiente ventilazione e climatizzazione della vettura. L'impianto non riesce a sbrinare il parabrezza; la portata e la distribuzione dell'aria è quindi insufficiente. Questo è l'unico vero difetto della Strada-Ritmo. Messo a punto l'impianto di ventilazione la Ritmo sarà una vettura che non conoscerà rivali. Tutto il resto può rientrare in una serie di “peccati veniali” o di preferenze soggettive. Una delle due vetture non aveva il lavatergi posteriore: questo accessorio non può essere opzionale ma deve diventare di serie. Ci sembra piccola la fanaleria posteriore, non soltanto per il mercato americano, ma anche nel contesto europeo dove i “fanalini” diventano sempre più “fanaloni”. La mancanza del servofreno può essere considerata un neo. Il pilota esperto preferisce questa soluzione ma l'americano, la donna europea, l'automobilista alle prime armi può trovarsi leggermente in difficoltà. Con questo non vogliamo dire che la vettura non frena, anzi frena, e bene. È soltanto una questione epidermica o psicologica. L'arredamento interno, che non piace sulla versione europea, è stato migliorato sul modello americano. Cape Canaveral, il posto di blocco all'entrata. Qui senza raccomandazione non si passa, ma il Gianni ha sempre ottenuto ciò che voleva Cape Canaveral. Sullo sfondo, la torre costruita in quel periodo, necessaria al "futuro" (ai tempi) lancio della navetta Columbia Qualcuno ora vorrà sentirci parlare di prestazioni. Come abbiamo già scritto in precedenza, il motore della Strada ha una cilindrata di 1498 cc; è stato dotato in un sistema antinquinamento, richiesto dalle leggi americane. Nelle prestazioni assomiglia molto alla nostra Ritmo 65 con motore di 1301 cc. Da “un litro e mezzo” un automobilista europeo si aspetta qualcosa di più, ma per l'americano pensiamo che il motore sia sullo stesso piano di competitività con la concorrenza, che va dalle Omni e Horizon della Chrysler, alla Rabbit (Golf) della Volkswagen, alla miriade d'auto giapponesi. La vettura, come si dice in gergo, c'è. Nessuno nasce perfetto ma può diventarlo: la Strada-Ritmo lo sarà. Un'ultima parola infine sui pneumatici: i Pirelli P3. Sono pneumatici estivi, che mai avremmo pensato di utilizzare in condizioni invernali. E invece questi P3, che sull'asfalto danno sicurezza e comfort, sono stati capaci di superare neve e ghiaccio. Ci si può chiedere perché Secondo noi, il segreto sta nel particolare disegno del battistrada, tutto cosparso di lamelle che catturano la neve originando una specie di chiodo naturale. Certamente, avranno contribuito anche le particolari cinture di acciaio e nylon e soprattutto il tipo di mescola che, pur essendo molto resistente all'usura, sembra avere caratteristiche da bagnato. In fondo, questa prova è la dimostrazione che il prodotto italiano (auto e gomma) è sempre all'avanguardia. Fine GTC:b37:saggio:ahsi:
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