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Artemis

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  1. Davvero belle. Peccato la mancanza del noise cancellation.
  2. Ho consultato un paio di audiofili miei amici, ma purtroppo hanno rifilato consigli di merda Il problema è che loro per l'audio ne capiscono moltissimo e mi hanno consigliato cuffie con audio eccezionale, ma non è quello che mi serve. Si, vedono essere buone, non c'è dubbio, ma io non ascolto musica in camera mia con la porta chiusa, da uno stereo hifi. La ascolto in ufficio, in metropolitana, in tram, in treno, in aereo, in palestra. Mi interessa quindi qualcosa sia "mettibile" in esterni, quindi decentemente compatta e guardabile, e che soprattutto abbia una buona noise cancellation per togliere la maggiorparte dei rumori continui di sottofondo, come ad esempio il rumore dei motori dell'aereo. Se poi la qualità non è ultramegaproiper meravigliosa sticazzi. Deve suonare bene, non essere il miglior hifi della storia. Gli audiofili solitamente mi consigliano solo il miglior hifi e se ne sbattono di tutte le altre caratteristiche, che per me sono più che importanti.
  3. Ciao a tutti, chiedo qui un consiglio perché, non essendo un grande esperto di suono (o comunque non esperto della tecnologia ad esso correlata), effettivamente mi rendo conto di star facendo fatica ad informarmi. La storia è questa: Avevo degli auricolari Nokia by Monster di cui ero piuttosto contento che usavo con il Lumia 920. Andava tutto bene, se non fosse che hanno deciso di sfasciarsi, con la completa perdita di auto dall'auricolare sinistro. Ho quindi riesumato i vecchi auticolari in-ear standard Samsung che erano in dotazione al Galaxy Nexus ma, francamente, mi fanno venire voglia di strozzarci qualcuno: a parte che suonano di merda (e sarebbe magari anche il meno), ma sono scomodi come pochi e offrono un'isolamento acustico trascurabile. Sto quindi pensando di comprarmi delle cuffie (non più auricolari) degne, ma mi serve qualche suggerimento. I requisiti sono: 1) deve avere noise cancellation attiva 2) deve avere almeno il microfono, se poi ha anche i tasti volume sono più felice, ma non è essenziale. 3) NON deve essere per iPhone/iPad, perché tasti/microfono di quel tipo di dispositivi non è compatibile con il resto del mondo, o almeno, nei casi in cui ho provato io (earpod, cuffie da 300 euro della Bose vendute all'Apple Store) così è andata: niente microfono funzionante. Il budget è virtualmente infinito. Certo, vige il principio del buon senso. Posso spendere cifre per qualcosa che valga quei soldi, le cose buone costano, ma se mi consigliate cuffie da 400 euro vi sputo Quale idea?
  4. se Citi, cita bene: Un pelo meglio in virtù della minore aberrazione cromatica. PS: il vero disastro è quell'aborto di HTC One, purtroppo. Ben peggio dell'S4. Sto fantomatico ultrapixel è una delle più grosse fregature di questa generazione di telefoni. Manca tremendamente di risoluzione (non è un discorso di correre ai mpx, è semplicemente che è TROPPO bassa) e la luce che prende in più da pochi vantaggi al buio ed in compenso brucia i bianchi come niente alla luce.
  5. Ma io ho detto che la fotocamera dell'iPhone è INFERIORE a quelle di LG, HTC e Samsung? Ma perchè la gente si ostina a non leggere mai un cazzo di quello che scrivo e saltare a conclusioni praticamente casuali? Sembrano discorsi tipo "Sai il cielo è così azzurro oggi!" - "Penso che dovresti sollevare quel pc dal tavolo sennò si surriscalda." Cosa c'entra? Niente. In ogni caso, no, l'S4 non ha la camera peggiore del mercato perchè monta stesso sensore e stessa elettronica di quasi qualsiasi cellulare da 13mpx oggi sul mercato. E' un sensore di Sony. La lente si, è migliorabile sull'S4, così come la mancanza di stabilizzazione. Ed il mio odio per Samsung è tale che mi sarebbe molto comodo dire che fa stracagare ma no, purtroppo non è così. Né quella dell'S4, né quella del Note3.
  6. Ne ho 30, a 3 anni venivo addestrato da mio padre a regolare una Kodak Replica Monochrome per scattare. Esperienza quasi trentennale. ventisettennale, per essere precisi PS: Nokia mediamente da due lunghezze abbondanti a qualsiasi altro smartphone. Anche senza scomodare i camera phone tipo il 1020 o l'808, le fotocamere marchiate Zeiss di Nokia mediamente hanno prestazioni nettamente migliori della concorrenza, soprattutto nelle capacità in low light e nella risoluzione di dettagli piccoli ai lati della foto. L'iphone, anche il 5S (che pur è migliorato rispetto al 5 in carenza di luce), risolta ancora molto carente. E' paragonabile alle 13mpx moderne di Samsung/LG, nonostante scatti foto più piccole, ma non è assolutamente paragonabile nella capacità di risolvere dettagli minimi e non centrati. Soffre inoltre parecchio di aberrazione cromatica.
  7. Io non ho mica parlato di megapixel, e di certo la mia esperienza quasi trentennale con la fotografia non mi rende una persona che parla di megapixel. C'è molto altro, in un cellulare, che rende la fotocamera ben usabile. Tuttavia il discorso non cambia. - - - - - - - - - - AGGIUNTA al messaggio già esistente - - - - - - - - - - Francamente? Piuttosto che mettere una pellicola frontale sul telefono mi sparo nelle palle. Sono terribilmente odiose, e per terribilmente intendo proprio terribilmente. Mediamente odio anche le cover, qualunque esse siano. Ho trovato il compromesso con la mia coscienza usando le bustine, o calzette, o come altro le si vuol chiamare.
  8. Quasi qualsiasi telefono moderno di alta gamma offre una fotocamera migliore degli iPhone 5/5c/5s. Da quelli che lo schiacciano rovinosamente, Lumia 1020 in testa, a quelli che sono un pelo meglio ma in fondo chi se ne frega, come potrebbero essere i vari 13mpx accattoni che vanno ora tipo S4 o LG G2. Ma siamo offtopic, ho fatto una battuta prima, ora lasciamo il thread agli applefag...ehm, applefan
  9. Sono dell'idea che a sta gente gli ci vorrebbe qualche anno vissuto in un regime di sanità e previdenza privata come quello americano, per capire quando è giusto lamentarsi.
  10. Avere bisogno della fotocamera eccellente e comprare l'iPhone, è un po' come avere bisogno di tanto spazio per famiglia e bagagli e comprare un SUV... Oh wait, in effetti parecchi lo fanno. Mamma mia gli umani, mi stupiscono sempre.
  11. Si, è tecnicamente possibile, ma a parte che è burocraticamente un suicidio, ma soprattutto offre possibilità molto limitate. Ogni paese ha periodi di contibuzione minima che cambiano di paese in paese, sotto i quali nulla viene riconosciuto. Tra l'altro questo limite è spesso piuttosto alto, nell'ordine di 5 anni, che devono essere consecutivi, spesso anche di più. Considerando che i progetti nel mio settore hanno durate di 6 mesi - 1 anno, e che quelli fortunati o particolarmente grossi o strategici vedono i due, capisci che già assicurarmi di contribuire nello stesso paese per almeno 5 anni è qualcosa di tendenzialmente tendente al fantascientifico. E' questo il problema: è tecnicamente possibile, ma non esiste una regola unica a dirti come è possibile, ma ogni paese ha la sua legge che stabilisce solo limiti ed obblighi per portare fuori la contribuzione da quel paese. Ed ovviamente ognuno da il suo gioco. Conosco più di una persona che, di fronte a questo problema, ha urlato "FUCK THAT SHIT" e ha semplicemente risolto ignorando la cosa. Dirigenti con 25 anni di esperienza eh, con stipendi e pensioni non da poco, mica ignorantelli qualsiasi. Italia si' Italia no Italia gnamme, se famo du spaghi. Italia sob Italia prot, la terra dei cachi.
  12. In effetti non ci avevo pensato, ma hai fottutamente ragione. Purtroppo. Si ok, farsi il welfare da soli è estremamente pericoloso, e, ti dirò, non mi piace l'idea che avvenga. Tuttavia la regolamentazione, specialmente in tema previdenziale andrebbe COMPLETAMENTE rivista a livello comunitario. Due sono le possibilità: la prima è che io, se non voglio accumulare previdenza in un paese, possa non farlo, mentre la seconda è che la previdenza accumulata valga allo stesso modo ovunque io la accumuli, e che usandola io usi sempre tutta quella accumulata a prescindere da dove mi trovo. Una delle due. Siccome la seconda è praticamente impossibile ed entra nel merito di una legislazione complicatissima, la prima mi sembra la più ragionevole.
  13. Eh, ci siamo vicini, in effetti E' perchè non pensi quadridimensionalmente!
  14. Giusta considerazione. Per quanto mi riguarda il mio esempio era comprensivo di assicurazione sanitaria, che è praticamente sempre obbligatoria e già scalata dalla busta paga. Non è un grande stipendio, onestamente, conosco immigrati in singapore che, pur non essendo capi di un cavolo di nulla, prendono tranquillamente cifre doppie. La voce contributo previdenziale è chiaro che non ci sia, come in quasi tutti i lavori specialistici che campano per immigrazione di teste. E' gente che non lavorerà "la vita" li, è quindi solitamente è ben più sensato pagarli di più e lasciare che se la gestiscano, piuttosto che gestirne la previdenza a livello statale. Io, francamente, forse per deformazione professionale, sono piuttosto d'accordo. Io per ora ho pagato contributi solo all'italia ma, onestamente, è *estremamente* improbabile che sarà l'italia a pagarmi la pensione. Questi anni di contributi avrei potuto mettermeli via io, non mi avrebbe fatto schifo. Le ottieni? Non le ottengo mica, le devo lavorare. Prima che tu te lo chieda, quelle pagate sono 8 al giorno e via (siamo pur sempre in italia)
  15. E' per quello che confrontare i lordi mi da sempre fastidio: Dipende dalle varie contribuzioni, che ovviamente cambiano da paese a paese, per titolo, entità, e "step" di retribuzione in cui vengono trattenuti. Alla fine quello che conta è il cash che rimane in tasca. Io ti posso dire che una persona che fa il mio lavoro, di primo impiego uscito dall'università, restano in tasca intorno ai 2000 euro, in olanda. Forse qualcosa di più se non è proprio un contratto da pezzente. Io arrivo a 1100 con 4 anni di esperienza, per circa 400 ore settimana, e le persone che mi chiedono come va il lavoro mi rispondono di sentirmi fortunato perchè ho un lavoro. Così, ad occhio, mi sembra un po' iniquo. PS: preciso che l'azienda per cui lavoro, seppur piccola, fa senza dubbio parte di quelle che in questo topic definiremmo con vari aggettivi, tipo "eccellenza italiana" o "italia di successo". E' una azienda che in piena crisi nazionale continua a cercare persone, aprire nuovi progetti, spingendo su tecnologie informatiche estremamente nuove (cioè tipo 10 anni buoni avanti alla media italiana del settore) e spingere per i rapporti di consulenza con grandi partner esteri. Insomma, un'isola felice.
  16. L'alto l'hanno messo in alto le persone che descrivi. L'alto andrebbe ribaltato, senza nessuno dei crismi tradizionali. La mentalità europea andrebbe imposta dall'alto a danno di tutti, finché tutti non si abituano. Il problema (non trascurabile) è che la democrazia non funziona così. E a quanto mi risulta, tecnicamente non siamo ancora un totalitarismo.
  17. Sono assolutamente d'accordo con te. Purtroppo, devo mettermi anche nei panni di quelli che ancora fanno (o che non hanno mai smesso). Non ha senso, ma veramente nessuno, chiudersi nel buco aspettando il 27 del mese e vivere a metà o, ancora peggio, combattere ogni giorno, dalla mattina alla sera, verso un sistema (ovvero TUTTE le altre persone) che distrugge e deprime.
  18. Siamo arrivati al punto che vado ripetendo da anni a tutti quelli che conosco. Si piange tanto per la politica, gli sprechi, l'inefficienza, la crisi. In realtà NOI siamo la politica, gli sprechi, l'inefficienza e la crisi. Un paese E' i suoi abitanti. Noi siamo dei profittatori, fannulloni, furbi, disonesti? Il nostro sistema di leggi ci asseconda, il nostro mercato del lavoro ci asseconda, la nostra politica ci asseconda. Detto questo, parlare di "eccellenza" italiana non ha molto senso. Non c'è proprio dell'eccellenza. C'è qualcosa che, in un sistema storto, riesce ad usarlo un po' meglio e ad andare bene. Io faccio le valigie e me ne vado dove la gente fa quello che deve fare. Tutto qui.
  19. Ecco appunto. Li ti volevo. In italia c'è una totale nebbia per qualunque cosa abbia a che fare con le responsabilità. Io non ho mai capito che le persone tentino sempre di farsi fuori a vicenda per colpa di questa nebbia o se sia per questo comportamento che la nebbia esiste. Ma tant'è. Una cosa che amo dei centroeuropei (e anche degli inglese, nonostante siano un pelo più stronzi) è che fanno esattamente quello che devono fare, quando devono farlo. E nient'altro. Non è che richiede chissà quale genialità o chissà quale sovraimpegno. Fanno solo quello che c'è da fare, e già solo con questo l'80% delle cose già funzionano meglio.
  20. Sono più produttivi e ben più pagati anche per i lavori non specializzati (non ancora la Polonia, ma ci arriveranno soon). Eppure sono normodotati: due gambe, due braccia ed un cervello spesso piuttosto mediocre. E non lavorano 200 ore al giorno, anzi. Se possibile lavorano mediamente meno degli operai/impiegati della maggica PMI italiana. Come si spiega?
  21. Non mi risulta che nel resto d'europa funzioni in questo modo, nonostante la meritocrazia si molto ma molto più applicata che in italia. Anzi, succede regolarmente che anche colori che qui sono sotto il limite di sopravvivenza li siano ben sopra. Non è il modello yankee che pavento, che è, onestamente, un orrore, bensì quello dei paesi centro europei, come Olanda, Belgio e Germania (e ormai anche Polonia, a quanto mi riferiscono). Noi in italia non si vede mai la via di mezzo. O è assistenzialismo spinto, o ti devono buttare giù dall'ambulanza se non hai la tessera dell'assicurazione.
  22. Cioè proponi di inventare la meritocrazia in italia. E' un bel ragionamento, credimi, mi trovi pienamente d'accordo. Purtroppo, però, la meritocrazia in italia NON ESISTE. E non è un discorso di fino, in cui considerare dove è più apprezzata, dove è repressa... no, è un imperativo categorico. Non esiste MAI. Le persone sono educate fin da piccole al fatto che la meritocrazia non esiste, e la cosa continua, ovviamente, sul posto di lavoro. Per chi è bravo non c'è gratifica, per chi è mediocre non c'è punizione. E soprattutto per chi è bravo non c'è carriera. Qualsiasi carriera, in italia, passa sempre per una serie di paletti fissi ed inamovibili che dipendono dall'età e dall'esperienza. Cioè proprio quelle due cose che, per essere brillanti, non contano praticamente un cazzo. Però, fammelo dire, questo è la causa e contemporaneamente l'effetto di un problema di fondo: i salari solo tali da permettere solo di sopravvivere. Questo ha una serie di conseguenze, tra cui anche quella di appiattive verso il basso il merito. Se il mio stipendio è appena appena sufficiente a sopravvivere non potrò mai rimanere senza lavoro per cercarne uno in cui posso dare il meglio. Non farò proposte, non spintonerò a destra e a manca per far valere le mie idee, rischiando di inimicarmi qualcuno che mi lasci a casa. Non lavorerò più del necessario, visto che tanto non aumenta se mi impegno di più. E' vero che per avere salari migliori bisognerebbe distinguere per merito, ma è anche vero che per distinguere per merito le persone dovrebbero avere più sicurezza dietro le spalle. Non per niente, la mania del tempo indeterminato è una mania tutta italiana.
  23. Le nostre città sono di una bruttezza imbarazzante, più o meno tutte. Da un lato la riqualificazione degli edifici storici fatta spesso con interpretazioni quantomeno "stravaganti" delle leggi vigenti, e dall'altra concessioni edilizie che generano palazzine a tonnellate in qualsiasi buco libero della città. Palazzine bruttissime peraltro, in quartieri senza alcuna organicità. Per uscire da questa crisi, l'ultima cosa da fare è appellarsi all'edilizia. Tra l'altro un'altra nota a fronte riguardo all'oggetto del topic: l'italia di successo. Quest'italia di successo, non so nel caso specifico della scavolini ma è vero molto molto spesso, è comunque un'italia che capitalizza su un uso scriteriato (e legale) del precariato e che fornisce salari irrisori rispetto alle qualifiche del lavoratore. I lavoratori di queste anziende di eccellenza non vivono meglio della maggiorparte degli altri lavoratori. Sono dell'idea che una solida base economica di una nazione passi necessariamente per il benessere dei suoi abitanti, sul lavoro, nella retribuzione e, conseguentemente, nel potere d'acquisto.
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