E' scesa su un meteorite lontano 300 milioni di chilometri. Si spera
abbia preso un campione di roccia che riporterà a Terra nel 2007
Successo della sonda giapponese
E' atterrata sull'asteroide
di LUIGI BIGNAMI
ROMA - La sonda giapponese Hayabusa, partita da Terra nel 2003 è riuscita nell'intento di atterrare su un asteroide lontano 290 milioni di chilometri dalla Terra e ripartire da esso, probabilmente con un piccolo campione di suolo. Ora inizia il lungo viaggio che la riporterà sulla Terra nel 2007.
Hayabusa, che in giapponese significa falcone, aveva già tentato lo scorso 19 novembre di atterrare sull'asteroide. Dopo ore di apprensione durante le quali sembrava non essere riuscita nell'intento, gli esperti della Jaxa, l'Agenzia Spaziale Giapponese, ottenevano la conferma che la sonda era effettivamente atterrata e vi era rimasta per circa 30 minuti. Tuttavia in quell'occasione non si ebbe conferma che essa fosse riuscita a prelevare un campione di roccia dell'asteroide Itokawa, questo il nome di quel grosso macigno, dato in onore del padre dell'astronautica giapponese. Per questo motivo si è deciso un secondo tentativo.
Dopo alcuni rinvii la sonda è scesa quando in Giappone erano le 7 del mattino di sabato e tutto ha funzionato alla perfezione. Anche in questo caso tuttavia, non si ha la certezza assoluta che Hayabusa abbia prelevato un campione di suolo, in quanto non vi è un sensore che confermi tale operazione. La certezza dunque, la si avrà quando la sonda tornerà a Terra, nel deserto australiano, nel 2007.
Lo scorso 13 novembre Hayabusa aveva rilasciato sull'asteroide un piccolo robot, chiamato Minerva, il quale però si è perso in fase di discesa. Durante il precedente atterraggio invece la sonda aveva depositato sull'asteroide un involucro con la firma di 880.000 persone che avevano dato il nome alla Jaxa, per fissare la propria memoria su qual lontano oggetto spaziale.
La sonda è un vero e proprio concentrato di altissima tecnologia a partire dal suo propulsore. Spiega Jun'ichiro Kawaguchi, responsabile della missione: "Si tratta di un motore ionico, dove la spinta viene ottenuta da un flusso di ioni (atomi senza alcuni elettroni) che vengono accelerati ad altissima velocità da un campo elettrico. La sonda poi, che pesa circa 500 kg, è equipaggiata con un cervello di bordo intelligente". Questo infatti, doveva decidere autonomamente le manovre di discesa, perché il tempo di invio di un segnale da Terra, che impiega più di 10 minuti, non avrebbe dato modo di guidarla durante la delicata manovra di atterraggio. Poiché la forza di gravità dell'asteroide è solo di un centesimo di millesimo di quella terrestre, le possibilità che la sonda avesse potuto subire un rimbalzo durante il contatto con l'asteroide erano molto elevate. Per farsi aiutare Hayabusa ha fatto cadere su Itokawa (lungo solo 690 m e largo 300m) uno strumento che rifletteva il raggio laser inviato dalla sonda.
Durante i giorni in cui Hayabusa è rimasta parcheggiata attorno all'asteroide le macchine fotografiche di bordo hanno scattato oltre 1.500 immagini della superficie di Itokawa, uno spettrometro all'infrarosso (uno strumento che raccoglie le informazioni alla lunghezza d'onda dell'infrarosso) ha eseguito 75.000 misure e un laser altimetro ha inviato a Terra circa un milione e mezzo di informazioni della superficie.
Lo studio degli asteroidi risulta di grande importanza per conoscere meglio il nostro sistema solare. Essi infatti, sono i mattoni dei pianeti e sono rimasti tali da oltre 4 miliardi e mezzo di anni. Se davvero la sonda Hayabusa riuscirà a riportarci un frammento di Itokawa, gli scienziati avranno tra le mani un prezioso reperto per gettare uno sguardo ai nostri primordi.
(26 novembre 2005)