Be', io la vedo in modo diverso.
E' vero, per tre mesi il governo è entrato in uno stato letargico, anche perché finito nella palude soffocante dei veti incrociati, a parte la riforma del lavoro che è stata comunque caratterizzata da pressioni esogene con l'aggravante della probabilità che essa possa essere affossata in Parlamento.
Con l'ultimo colpo di scena il governo ha però cambiato marcia.
Si è distaccato dalla sua maggioranza, ha condannato ufficialmente tutti coloro che puntavano sulla disubbidienza fiscale (sia coloro che lo fanno oggi, sia quelli che l'hanno fatto in passato) e ha ingranato non dico la quarta ma almeno la terza.
Così facendo, tuttavia, ha smesso di essere un governo tecnico ed è diventato un governo politico. Le conseguenze le stiamo già vedendo, maggioranze che si creano e disfano nel corso delle votazioni e che ieri hanno portato all'approvazione di una norma populista, contro il parere del Governo, sulle pensioni dei manager di Stato, norma che non potrà mai passare il vaglio della Corte Costituzionale (e ci finirà certamente davanti alla Corte Costituzionale).
Dicevo del cambio di registro del governo: i nuovi "tecnici" servono a controbilanciare l'assetto politico assunto dal governo. E' una mossa disperata, sono il primo a dirlo, un modo per sparigliare le carte prima di gettare la spugna, ma secondo me non c'erano alternative. Poi se le cose dovessero finire male, ognuno si assumerà la proprie responsabilità.
Aggiungo un paio di cose.
Gli interventi preannunciati da Monti investono campi che i partiti hanno sempre rivendicato come propri: la struttura dei partiti, le agevolazioni per le organizzazioni sindacali*, la RAI, le spese degli enti locali (il vero buco nero della P.A.). Tutti campi che sono fabbriche di clientele e su cui nessuno in passato si era mai sognato di incidere.
Staremo a vedere.
* i sindacalisti dipendenti di aziende pubbliche o private in regime di distacco sindacale hanno i contributi pensionistici pagati non dal sindacato, ma dalla collettività.