Il fatto è che nei licenziamenti economici la scelta dei lavoratori da licenziare non è discrezionale, bensì derivante dall'applicazione di criteri oggettivi stabiliti dalla legge e derogabili solo con accordo sindacale. Essi sono anzianità di lavoro, carichi di famiglia ed esigenze tecnico-produttive.
Nell'ambito delle medesime mansioni, per fare un esempio, un lavoratore con 5 anni di anzianità è più "blindato" contro i licenziamenti di uno assunto in corso d'anno.
La violazione di detti criteri di scelta comporta l'illegittimità del licenziamento.
Oggi da questa illegittimità deriva quanto segue:
1) pagamento delle retribuzioni (e relativi contributi) decorrenti dal momento del licenziamento a quello della sentenza che dichiara l'illegittimità del recesso datoriale, con un minimo di 5 mensilità.
2) diritto di reintegra del lavoratore o in alternativa, a scelta di quest'ultimo, il pagamento di ulteriori 15 mensilità a titolo risarcitorio
Domani (se passerà la riforma), dalla declaratoria di illegittimità del licenziamento deriverà solo il pagamento dell'indennità che va da 15 a 27 mensilità.
Quindi, per rispondere alla tua domanda, l'azienda potrà effettivamente decidere di licenziare i lavoratori più anziani in barba ai criteri di scelta, basta che metta sul piatto 27 mensilità di retribuzione. Io però non ci trovo nulla di scandaloso, l'indennizzo è sufficientemente alto da scoraggiare licenziamenti ad minchiam.