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  1. ...no? Non vi va? E io scrivo lo stesso, guarda un po'! Cominciamo con qualche breve cenno storico, così come lo leggiamo sul web (non è che ci sia moltissimo in giro riguardo questa concept). All'inizio degli anni '70 Piero Rivolta decise di studiare una supersportiva a motore centrale da aggiungere alla gamma delle sue auto, per “accompagnare” l'immagine della sua azienda come partecipante al mondo delle corse. Ercole Spada fu incaricato di disegnare la Varedo, che prendeva il nome dalla città in cui aveva sede la società. La Varedo doveva essere un'auto completamente votata alle prestazioni, sicché Piero optò per la fibra di vetro come materiale da impiegare. Equipaggiata con un V8 Ford da 351 cubic inches ed un cambio manuale ZF a cinque marce, fece scalpore quando venne presentata al Salone di Torino del 1972. Successivamente dimostrò di avere anche “le carte in regola”, durante dei test sulla Pista di Monza, ma purtroppo la sua storia fu molto breve, anzi, possiamo dire che nemmeno iniziò. Sappiamo come andarono le cose tra la famiglia Rivolta ed il mondo dell'auto, e la Varedo ne fece le spese. La concorrenza di marchi famosi e la crisi petrolifera misero alle strette la famiglia Rivolta, che decise di vendere al finanziere Ivo Pera, il quale dimostrò di non essere interessato a quest'auto. Ne fu costruita soltanto una quindi, della quale possiamo vedere qui qualche fotografia dal sito www.conceptcarz.com Ne riporto un paio, insieme al link che vi permette di fare una carrellata completa sull'auto, dettagli inclusi. 1972 ISO Rivolta Varedo Images. Photo: 72-Iso-Rivolta-Varedo-DV-10-GG_08.jpg Perché siamo qui a parlare di quest'auto? Perché oggi possiamo aggiungere un racconto al materiale presente sul web. Il sottoscritto in mezzo alla cartaccia ha trovato l'articolo di AutoSprint che parla del giorno in cui la Varedo si sgranchì le gambe sulla pista di Monza (con qualche piccolo inconveniente ), guidata e poi raccontata da Enrico Benzing. MONZA – Pochi mesi fa, all'ultimo Salone di Torino, la Varedo dell'Iso-Rivolta era quel che si dice una macchina di gesso, un manichino da esposizione, mera ricerca di forma. Oggi è un'auto finita, una magnifica vettura sportiva, e siamo i primi a provarla sulla pista di Monza. In meno di quattro mesi, perciò, è stato raggiunto un obbiettivo ambizioso; e di questo ne può già andare orgoglioso il giovane ing. Rivolta. Sta bene l'esperienza delle Grifo, Fidia e Lele, ma la macchina sportiva autentica sta ancora un bel passo più avanti. Tutta la dinamica della Iso, del resto, è quanto mai ammirevole in questi ultimi tempi, dal nuovo stabilimento di Varedo, il cui nome è auguralmente dato a questa novità corsaiola, al telaio della Formula 1 e a quantità di altri programmi interessanti, compresa anche la costruzione d'una motocicletta per fuori-strada, un ritorno alle due ruote. Ma restiamo alla Varedo, la grossa attrattiva dell'oggi. Una prova, la nostra, è bene dirlo subito, non troppo completa e meticolosa, perché la macchina è tuttora in piena fase di collaudi e chissà quanti particolari ancora verranno modificati prima della sua completa definizione. Chiamiamola una prova d'assaggio, una ENTUSIASMANTE prova d'assaggio, perché girare sulla pista stradale dell'Autodromo di Monza con trecento cavalli dietro le spalle, in una macchina di 1.140 chili, esattamente 3,8 chili per cavallo, è sempre un'esperienza esaltante. Ad un certo punto, tanto per dare un'idea, c'era in pista anche una “Formula 3”, una Branca: e siccome ci interessava particolarmente vedere da vicino il comportamento della sospensione posteriore di questa vettura al curvone e alla parabolica, ci potevamo permettere il lusso, con tanta accelerazione a disposizione, di lasciarcela sfuggire a Lesmo, per riacciuffarla già al sottopassaggio prima dell'Ascari. Purtroppo, però, solo prova d'assaggio: veramente non si poteva fare di più. Per due condizioni, che ci sono costate qualche disavventura: un posto guida non ancora ultimato, quindi tutt'altro che in ordine, e un selettore del cambio durissimo, per una lieve avaria avutasi poche ore prima durante le prove dei collaudatori della Casa, che rendeva la macchina difficilissima da condurre. E' stato così che in una quinta-quarta all'ingresso del curvone – ci si perdoni se c'è mancato il coraggio di affrontarlo in quinta, pur frenando – abbiamo perfino piegato la piastra del selettore. E poi, alla parabolica, non c'è riuscita una scalata quinta-quarta e quarta-terza, per cui abbiamo preferito far conoscenza con la sabbia, eccezionale terreno di decelerazione. Era la terza che non c'era verso di ingranare e già un giro prima, per un ritardo nell'innesto, avevamo fatto tutta la parabolica con il fiato mozzo. Queste sono piccole contrarietà che normalmente s'incontrano a voler provare macchine non ancora finite: sciocchezze, ovviamente, che citiamo soltanto per scusarci con i lettori della prova abbastanza lacunosa. È il prezzo a cui si devono pagare le primizie. E ne parliamo anche per un altro motivo assai più importante, quello della critica a taluni elementi collegati al fatto. Il primo è questo: si dispone di un bel sedile, un'ottima pedaliera, un volante gradevolmente regolabile, tutto in un bell'abitacolo spazioso, con eccezionale visibilità eccetera, ma si riscontra un difetto per noi gravissimo, specie in una vettura di queste prestazioni, la mancanza d'un appoggio per il piede sinistro, anche se stretto, per potersi puntare quando necessario. Ed è veramente impossibile guidare una macchina di queste prestazioni, con velocità di percorrenza delle curve così alta, senza una salda posizione di guida. L'appoggio verrà fatto, comprensibilmente, data l'importanza; e il fatto spiacevole è la sola mancanza al momento della nostra prova. Punto secondo: IL CAMBIO; la durezza d'innesto è un fatto accidentale, in seguito ad una avaria al selettore dopo lunghe prove di durata; quel che non ci soddisfa è la posizione delle marce. Infatti, lo schema è con prima in alto a sinistra, terza e seconda allineate, rispettivamente all'avanti e all'indietro, come pure quinta e quarta; ciò può riuscire di qualche comodità nelle decelerazioni, limitatamente alle scalate quinta-quarta e terza-seconda, con un movimento diretto longitudinale, sia pure in direzione contraria alla normalità. Ma le scalate quarta-terza e seconda-prima (quest'ultima meno frequente) sono oblique, dall'indietro all'avanti, con un movimento d'una innaturalezza tremenda. Lo stesso dicasi in fase ascendente: prima-seconda e terza-quarta, così oblique, con movimento esterno, sia pure nella direzione normale dall'avanti all'indietro, sembrano fatte apposta per non raggiungere mai un minimo di precisione d'innesto. L'abbiamo osservato anche mettendoci a fianco dei collaudatori, per una riprova. Perché nella guida, specie a livello sportivo, ci si adatta veramente a tutto; noi stessi, provando molte macchine, abbiamo il nostro buon spirito di adattamento. Tuttavia, ogni allontanamento dalla consuetudine deve avvenire solo in funzione di perfezionamenti autentici, con cui raggiungere veramente una guida più razionale e redditizia. Con questo schema non ci pare che si facciano progressi in questa direzione; anche nelle macchine da corsa si preferisce un movimento interno, passando sempre da rapporti più bassi a rapporti più alti in direzione antero-posteriore. Inoltre, se guardiamo alla normale utenza, non è assolutamente pensabile la consegna d'un cambio rovesciato; proprio oggi che si combatte per l'unificazione internazionale dei comandi. Comunque, non è questo il punto da mettere a fuoco in una prova in anteprima di questo tenore: l'essenziale è indagare sull'efficienza di una vettura di questa concezione, con un grosso motore Ford Cobra V8 in posizione posteriore-centrale di 5762 cc, che regala 325 cavalli SAE a 5800 giri, pari a 295 cavalli DIN, con forti coppie e alta concentrazione di potenza. Soprattutto in una vettura con un passo di 2,675 metri e distribuzione dei pesi ben riuscita. IL MIGLIOR COMPROMESSO – Ed abbiamo scoperto un autotelaio veramente pregevole, di grande maneggevolezza, quasi perfettamente neutro, condizione difficile da conseguire con questo schema, e di altissimo pregio per garantire la più vasta possibilità d'impiego della vettura, anche da parte di guidatori meno esperti, pur sempre al di sopra d'un certo livello di conoscenze. Si sente benissimo in questa impostazione la mano dell'ing. Bizzarrini, lui stesso guidatore sensibile di vetture molto potenti, con una dote abbastanza rara nei progettisti di autotelai avanzati: quella di trovare i migliori compromessi tra esigenze e comportamenti contrastanti. Tutte le macchine in cui vi sia l'intervento dell'ing. Bizzarrini, in misura parziale o totale, sono ben equilibrate, il più neutre possibile, con grande dolcezza per ogni variazione dinamica e con ampi margini di correzione. E' un punto d'arrivo che non smetteremo mai di lodare, perché facilita la già impegnativa guida d'una macchina con trecento cavalli e perché conserva un legame stretto con il comportamento più tradizionale della vettura a motore anteriore, in questo caso con tutti i vantaggi di riduzione dei momenti d'inerzia propri del motore posteriore-centrale. Per la competizione – diciamolo apertamente, la Varedo è l'anti-Pantera – ci vorrà più sottosterzo; ma tutto l'assetto dovrà variare in funzione dell'impiego di gomme più specializzate, gomme slick con tutt'altre caratteristiche. A noi basti per ora valutare la Varedo in questa che sarà la versione diciamo normale, la “sportivissima” di commercio, che avrà anche il pregio d'un prezzo non proibitivo, nell'ordine degli otto milioni e mezzo di lire. Nelle curve veloci il suo assetto è perfetto; magnifica l'inscrizione nelle curve a raggio via via più stretto, fino agli 80 metri circa della parabolica. Temevamo un grande sovrasterzo di potenza, dati i valori in gioco, nell'accelerazione in curve di questo tipo, visto che le curve di Lesmo rientrano ormai nel novero di quelle più veloci, dove noi non abbiamo l'incoscienza di spingerci ai limiti, senza le necessarie conoscenze della macchina in prova. Invece, all'interno della parabolica abbiamo provato ad accelerare in tutti i modi, sia entrandovi in terza, sia affrontandola in quarta, con forti strappi o con bella progressione; ebbene, questo tipo di sovrasterzo di potenza è assai limitato, e richiede solo leggere correzioni. La rigidezza di deriva è più che buona e l'ottimo assetto della vettura è dato prevalentemente dall'efficienza dell'avantreno, con qualche apporto anche dalla gomma di minor sezione. Altrimenti avremmo avuto un forte sottosterzo all'ingresso, ciò che non è apparso minimamente, neppure a buoni limiti. Avremmo voluto rilevare attentamente la velocità di percorrenza della parabolica, leggendo almeno i giri alla corda, al cancelletto; ma come non bastassero tutti i problemi di cambio, di appoggio del piede sinistro e di sedile, ecco aggiungersi anche un contagiri nella posizione più infelice, coperto dal volante proprio nel campo più importante, dai 4000 giri in su. Un vero peccato, anche perché si disponeva d'un contagiri Jaeger elettronico, il più preciso che abbiamo trovato finora, dopo tante tarature; per cui un altro provvedimento urgente dovrà proprio essere quello di trovare una posizione migliore per la strumentazione. STERZATURA IDEALE – Poi, lo sterzo: mettendoci al volante della macchina e constatando quattro giri e mezzo di volante tra i due fine-corsa, abbiamo avuto un bello choc; invece, come avviene per le vetture sportive, con un rapporto di 15.5, c'è una progressione sensibile, ottenuta dalla geometria. Perciò si ha uno sterzo abbastanza diretto in un campo che potremmo dire di due giri di volante, uno a destra e l'altro a sinistra, l'ideale per la migliore direzionalità in rettilineo e nei raggi transitori di buona ampiezza e fino a curve come la parabolica monzese. Sul misto stretto, comprendiamo, le cose potrebbero peggiorare; in quali termini non abbiamo sperimentato. Abbiamo sentito parlare il dott. Sala, direttore commerciale della Iso-Rivolta, di prove con scatola dello sterzo con comando più diretto; in questo caso ci sembrerebbe un errore (al di fuori della competizione, s'intende), perché con questa demoltiplicazione siamo già ai limiti dell'impegno. Quel che è da variare è la geometria e la progressione della sterzatura, se si vuole un piglio più corsaiolo e una maggiore resa su circuiti a conformazione mista: se pensiamo allo sterzo della Stratos, ci sentiamo ancora invadere dall'entusiasmo, non avendo mai provato una tale progressione nemmeno sulle piccole monoposto di formula. Ovviamente vi sono mutamenti di condizioni sensibilissimi, per dimensionamento della vettura, da passo lungo a passo tremendamente corto, da competizione a turismo. Perciò, in definitiva pensiamo che l'ideale sia la migliore messa a punto dell'avantreno per la media dei guidatori capaci e per trarre il maggior profitto dalle curve veloci e dai leggeri transitori, com'è stato fatto in questa prima versione sperimentale della Varedo; solo ad uno stadio di evoluzione successivo si potranno aggiungere perfezionamenti, per un migliore compromesso tra piccoli e grandi angoli di “braquage”. Sulla rigidità di questo telaio, con elementi d'acciaio annegati in vetroresina, non possiamo ancora esprimerci; rimarchevole è la visibilità, per l'indovinata curvatura di un parabrezza così inclinato, mentre d'un certo aiuto sono anche le finestrature sulle portiere. L'idea del costruttore è quella di allestire una macchina con doti sportive autentiche per l'impiego più comune, con elevata potenza, prelevata da un propulsore tranquillo e relativamente economico, americano di serie, in cui si debbano solo sopportare i costi della cilindrata. Questo obbiettivo è stato centrato in pieno. Quindi, si vuole una costruzione spartana, senza tanti lussi di finiture interne, per cui l'unico optional è il condizionatore d'aria; ed anche su questo punto siamo perfettamente d'accordo. Nondimeno, una soluzione per l'apertura dei cristalli andrà trovata ed anche quella per la visibilità posteriore, ovviamente. Noi abbiamo guidato senza retrovisori, pur con moto da corsa e “F.3” in pista; è una sensazione sgradevolissima, che faremmo provare soltanto a quegli automobilisti che spesso dimenticano sull'autostrada di possedere anche questo accessorio. AERODINAMICA RIUSCITA – Di conseguenza, lo stile originale delle cofanature dovrà ricevere qualche ritocco. Aerodinamicamente, al primo sguardo, la macchina sembra ben riuscita, specie per l'andamento della sua linea d'asse nella parte posteriore; s'è voluto un padiglione molto largo, per un'ottima abitabilità, ma questa ampiezza ci pare persino eccessiva e una limatina laterale farebbe guadagnare qualcosa in sezione frontale. Anche se con un metro e cinque centimetri d'altezza per una larghezza massima di 1,93 metri, non vi è alcun eccesso di sezione maestra. Ed ora non ci resta che il rilievo delle prestazioni: l'accelerazione l'abbiamo registrata fino in quarta, dove abbiamo ripetutamente raggiunto il regime massimo consentito di 5800 giri, con una puntata fino a 6000 giri. In quinta non abbiamo potuto compiere che tratti brevissimi, al culmine dei due rettilinei monzesi, e non sappiamo quali velocità massime si possono raggiungere. Come s'è detto, disponendo di un contagiri Jaeger elettronico non c'è bisogno di taratura (il tachimetro mancava del tutto) e possiamo perciò calcolare le velocità effettive, sulla base delle conoscenze delle caratteristiche dei pneumatici, che erano i nuovi Pirelli Cinturato HS CN 12 della serie 60, 255-15, gomme veramente ammirevoli per scorrevolezza e dolcezza di deriva. RAPPORTI BEN DISTANZIATI – Il cambio propone una quarta ed una quinta surmoltiplicate, con un distanziamento dei rapporti molto progressivo e abbastanza ampio: rapporti più ravvicinati si avranno per l'impiego sportivo. Vediamo ora questi rapporti: prima di 1:2,23 seconda di 1:1,47 terza di 1:1,04 quarta di 1:0,816 quinta di 1:0,705 che danno percentuali, riferite al rapporto più lungo, rispettivamente del 31,6-47,9-67,7 e 86,3 per cento. Le velocità teoriche, con un rapporto al ponte di 1:3,77, risultano, al regime di potenza massima di 5800 giri: 85,68 km/h in prima 129,98 km/h in seconda 183,72 km/h in terza 234,16 km/h in quarta 271,03 km/h in quinta Ma queste sono le velocità che la Varedo raggiungerà quando disporrà di un motore più potente di almeno 150 cavalli, cioè nella versione da competizione. Del resto, i nostri calcoli delle potenze resistenti dicono che, in prima approssimazione per i valori della sezione frontale e di un Cx probabile, occorrono 330 cavalli effettivi, cioè 300 alle ruote, per sviluppare una velocità effettiva di 260 km/h. La macchina da noi provata aveva un accorciamento ulteriore del rapporto finale di 1,12, per rapporti finali di: 1:9,42 in prima 1:6,21 in seconda 1:4,39 in terza 1: 3,57 in quarta 1:2,98 in quinta Quanto alle velocità, visto che non si aveva alcun principio di sfarfallio delle valvole, ci siamo spinti a 6000 giri nelle prime quattro marce, raggiungendo: 79,108 km/h in prima 120,000 km/h in seconda 169,749 km/h in terza 208,739 km/h in quarta In quinta non siamo andati oltre i 5500 giri, pari a 229,228 km/h effettivi; ma è chiaro che il motore aveva a questo punto ancora una buona riserva di potenza e tendenza a continuare l'accelerazione. Se lo spazio (e le nostre preoccupazioni per il cambio) l'avessero consentito, la macchina avrebbe sicuramente raggiunto i 5800 giri in quinta, pari a 241,731 km/h reali, guadagnando forse anche qualcosa in più dato il rapporto finale accorciato. PRESTO I 500 ESEMPLARI – Sono, comunque, velocità di tutto rispetto per una vettura di questa concezione; e, quel che più sorprende, è la prontezza con cui questi limiti vengono raggiunti, com'è indicato dal diagramma delle accelerazioni qui sotto (ndGTC: che ho parzialmente rivisto con photoshop perché alcune cifre non si leggevano causa macro del cavolo fatto dal sottoscritto in tempi di scanner febbricitante ) in congiunzione con coppie così alte da garantire una ripresa eccezionale in quarta da 50 km/h, com'è stato da noi rilevato. Ben si capisce, allora, quanto viva sia l'attesa per questa Varedo, che entrerà in produzione a breve; auguriamoci che il suo ritmo produttivo sia tale da raggiungere presto i 500 esemplari, che ne consentiranno l'omologazione nel Gruppo 4 e l'ingresso nelle competizioni. Fine …. e purtroppo così non andò. GTC
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